Con questo primo articolo passiamo adesso ad esaminare quell’altra parte del “fronte” che vede gli Stati Uniti opposti alla Cina, alla ricerca evidente di qualsiasi pretesto possibile per arrestare il proprio declino, peraltro a mio parere insito, integrato nella grave disfunzione socio-economica della politica (e, forse, del modo di vivere) americano, quel famoso “sogno” che, ad essere “scorretti”, si è sempre fondato sulla rapina, l’annientamento, lo spreco e la distruzione. Ovvio che non ritengo la Cina un paese di santi, né un seminarista il suo presidente, ma vorrei che vi domandaste quante guerre la Cina ha dichiarato e combattuto di propria iniziativa, senza andare troppo indietro nel tempo, a partire dal 1839, anno della prima “Guerra dell’oppio“, cioè dell’inizio di quello sfruttamento selvaggio di risorse e manodopera cinesi avviato dalla britannicissima Compagnia Britannica delle Indie Orientali e proseguito poi anche da altre nazioni, tra cui la Francia ancor oggi potenza predatrice grazie al suo famigerato franco CFA.
Amber Wang – South China Morning Post – 13 marzo 2023 (cortesia di MSN.com)
L’impegno del presidente Xi Jinping a cercare uno “sviluppo pacifico” delle relazioni è considerato parte di un messaggio coerente su Taiwan.
Ci vuole tempo perché le due parti diventino “un’unica famiglia”, precisa l’osservatore, facendo riferimento a un precedente commento del nuovo premier cinese Li Qiang
Durante le due tradizionali sessioni parlamentari di inizio anno (dopo il Capodanno cinese), Pechino ha mostrato una posizione cauta sulla politica nei confronti di Taiwan, cercando di ridimensionare le voci secondo cui l’isola potrebbe diventare la prossima Ucraina, mentre le tensioni tra le due sponde dello Stretto aumentano.
La Cina promuoverà attivamente lo “sviluppo pacifico” delle relazioni tra le due sponde dello Stretto, ha dichiarato lunedì il presidente Xi Jinping alla massima assemblea legislativa del Paese, pochi giorni dopo aver ottenuto un terzo mandato senza precedenti.
Xi ha aggiunto che le interferenze esterne e le attività separatiste “indipendentiste di Taiwan” saranno risolutamente contrastate, mentre ha promesso di promuovere “incessantemente” la riunificazione della madrepatria.
I suoi commenti sono stati accolti da un prolungato applauso da parte dell’Assemblea nazionale del popolo, i cui deputati venerdì avevano approvato la proroga del suo mandato con un voto unanime.
Più tardi, lunedì, il nuovo premier cinese Li Qiang ha sottolineato che i connazionali su entrambe le sponde dello Stretto di Taiwan sono “un’unica famiglia”.
Il ripristino del normale scambio e della cooperazione tra le due sponde dello Stretto è “l’aspettativa comune di tutti e richiede sforzi congiunti”, ha dichiarato Li nella sua prima conferenza stampa da quando ha assunto il nuovo incarico.
I commenti di entrambi i leader sono arrivati mentre calava il sipario sulle “due sessioni”, le riunioni annuali dell’NPC e del massimo organo consultivo cinese che offrono indicazioni sulle principali direzioni politiche e sulle priorità di Pechino.
Secondo gli analisti, il tono dei funzionari e dei rapporti governativi durante le due sessioni ha posto l’accento più sugli scambi [commerciali] che sull’uso della forza per riprendersi l’isola.
Pechino considera Taiwan autogovernata come un territorio separato in attesa di riunificazione e non ha mai escluso l’uso della forza per raggiungere questo obiettivo.
Stephen Tan, amministratore delegato dell’International Policy Advisory Group, una società di consulenza politica e sui rischi geopolitici con sede a Taipei, ha affermato che le osservazioni di Xi sugli scambi tra le due sponde dello Stretto sono state caratterizzate da un tono moderato.
“Xi ha a lungo sostenuto la riunificazione pacifica [anche se] si è opposto all’indipendenza di Taiwan. Le dichiarazioni relativamente caute su Taiwan rilasciate durante le sessioni parlamentari annuali riflettono questo tono di base della sua politica verso Taiwan“, ha detto Tan.
Ha poi aggiunto che, invece che la forza, Pechino preferirebbe utilizzare metodi più moderati per raggiungere la riunificazione, tra cui l’integrazione economica introdotta in precedenza e, più recentemente, l’integrazione culturale.
“Se si tratta di integrazione culturale, è improbabile che si ricorra alla forza. Quindi, gli scambi civili, compresi quelli accademici, artistici e turistici, dovrebbero diventare più attivi in futuro. Dopo tutto, ci vorrà tempo perché le due parti diventino una sola famiglia“.
Le relazioni erano migliorate durante gli otto anni di mandato dell’ex presidente taiwanese Ma Ying-jeo, del Kuomintang, favorevole a Pechino, ma si sono deteriorate dopo l’insediamento del suo successore, Tsai Ing-wen – del Partito Democratico Progressista, favorevole all’indipendenza – nel 2016.
La Signora Tsai ha adottato una linea più dura verso l’altra parte dello Stretto, avvicinandosi sempre più agli Stati Uniti.
In aprile è previsto che faccia tappa negli Stati Uniti durante un tour in America Centrale e, secondo quanto riferito, avrebbe in programma un incontro con il presidente della Camera Kevin McCarthy in California.
È la mossa più recente che potrebbe scatenare l’ira di Pechino e possibili ritorsioni, dopo che in agosto una visita a Taiwan del predecessore di McCarthy, Nancy Pelosi, ha scatenato giorni di esercitazioni a fuoco dal vivo intorno all’isola da parte dell’esercito cinese.
Zhu Songling, professore presso l’Istituto di studi su Taiwan dell’Università dell’Unione di Pechino, ha affermato che le osservazioni di Xi sottolineano la politica di “promozione dello sviluppo pacifico” delle relazioni tra le due sponde dello Stretto, una posizione “coerente” assunta da Pechino.
“L’entità della reazione di Pechino [al previsto incontro di Tsai con lo speaker della Camera degli Stati Uniti] dipenderà da ciò che McCarthy le dirà e dal fatto che tali osservazioni siano o meno provocatorie per la Cina continentale“, ha detto Zhu.
La reiterazione di questa posizione coerente da parte dei vertici di Pechino arriva mentre gli avvertimenti militari statunitensi di un imminente attacco a Taiwan da parte dello Cina sono diventati più frequenti dopo l’inizio dell’Operazione Militare Speciale russa contro l’Ucraina nel febbraio dello scorso anno.
Pechino ha risposto a queste valutazioni respingendo il parallelo tra l’ex Stato sovietico e Taiwan.
“La risoluzione della questione di Taiwan è materia che riguarda il popolo cinese“, ha dichiarato la settimana scorsa il ministro degli Esteri cinese Qin Gang durante la sua prima conferenza stampa nel suo nuovo ruolo.
Qin, che fino a due mesi fa era ambasciatore della Cina a Washington, ha anche avvertito gli Stati Uniti di non interferire e di non oltrepassare la “linea rossa” su Taiwan.
Amber Wang è una giornalista del South China Morning Post
Scelto e tradotto (IMC) da CptHook per ComeDonChisciotte