VENEZUELA : GLI EFFETTI DELLA SOPRAVVALUTAZIONE DELLA MONETA

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SEGUITI DA QUELLI PROVOCATI DALLA SVALUTAZIONE

blankDI ERIC TOUSSAINT
Mondialisation.ca

Dal 2003 in poi, le imprese che vogliono importare merci e servizi devono acquistare dollari da un’istituzione dello Stato chiamata CADIVI. Questo è un utile sistema di lotta alla fuga di capitali. Il problema è che il tasso di cambio tra Bolivar e Dollaro ha sovrastimato il valore del primo. Ciò ha rafforzato un comportamento pervers : in effetti, per un capitalista che dispone di bolivar in grande quantità, è più conveniente cambiare questi ultimi con i dollari venduti a buon mercato dallo Stato e importare prodotti provenienti dagli Stati Uniti o da altre parti, piuttosto che investirli nell’apparato produttivo del paese. La politica della ipervalutazione del bolivar ha inibito l’investimento produttivo e ha favorito l’attività commerciale orientata verso l’importazione frenetica di beni di consumo e la vendita degli stessi tramite la grande distribuzione. Questa importazione massiccia viene di fatto sovvenzionata dallo Stato, dal momento che quest’ultimo vende al settore privato dei dollari a buon mercato accumulati grazie all’esportazione del petrolio. Il Bolivar sopravvalutato e l’alto valore di importazione da esso consentito aumentano il tasso di inflazione, che è stato particolarmente elevato negli ultimi anni in Venezuela (più del 25% nel 2009). Questa inflazione divora gli aumenti di salario decisi dal governo o ottenuti attraverso le lotte dei lavoratori.Ecco un esempio degli effetti negativi di questa politica del bolivar sopravvalutato e dei regali del governo alle banche private: lo Stato venezuelano ha acquistato dei titoli di debito emessi dall`Argentina tra il 2004 e il 2005. Il problema è che lo Stato ha venduto una parte di questi titoli argentini emessi in dollari alle banche private. Queste li hanno acquistati in bolivar al tasso di cambio ufficiale sopravvalutato. Un gran numero di queste banche ha venduto i titoli agli Stati Uniti in cambio di dollari. Ciò ha permesso che venisse aggirato il controllo esercitato dallo stato venezuelano sul transito di capitali. In effetti, ufficialmente, le banche non hanno esportato capitali, ma hanno semplicemente fatto uscire dal paese dei titoli di debito argentino. Da allora i regali dello Stato alle banche sono proseguiti con la stessa astuzia. L’impresa petrolifera PDVSA e altre entità pubbliche emettono titoli di debito pubblico in dollari. Questi titoli vengono acquistati dalle banche venezuelane al tasso di cambio ufficiale. In seguito, queste rivendono una parte di questi titoli sul mercato internazionale in cambio di dollari.(1) In breve, la politica dello Stato ha due conseguenze negative: in primis permette la fuga di capitali attraverso una specie di dirottamento perfettamente legale; in secondo luogo, spinge le banche a vivere di rendita (attraverso l’acquisto di titoli di debito) a scapito dell’investimento produttivo. Benché lo Stato tenti di mettere in opera una politica di sviluppo endogena, orientata verso la soddisfazione della domanda interna attraverso un aumento della produzione realizzata all’interno del paese, la maniera in cui opera la redistribuzione delle entrate petrolifere, unita alla sopravvalutazione del bolivar, tende a rafforzare il sistema capitalista e le sue inclinazioni all’importazione.

Nel Gennaio 2010, il governo ha messo in atto una svalutazione. In che cosa consiste questa manovra? Sono stati stabiliti due corsi ufficiali della moneta: il primo rappresenta una svalutazione del 21% del bolivar in rapporto al dollaro (al posto di 2,15 bolivar, d’ora in avanti occorreranno 2,6 bolivar per avere un dollaro); il secondo corso rappresenta una svalutazione del 100% (bisogna pagare 4,3 bolivar per un dollaro invece di 2,15). Il primo corso (2,6 bolivar per 1 dollaro) è in vigore per gli acquisti considerati come vitali o in ogni caso prioritari: importazione di alimenti, di medicinali, di tecnologie, di equipaggiamenti per la produzione industriale o agricola, le importazioni realizzate dal settore pubblico, il pagamento di borse di studio agli studenti venezuelani all’estero, il versamento delle pensioni ai pensionati residenti fuori dal paese. Il secondo corso (4,3 bolivar per un dollaro) è applicato per le importazioni di automobili, di bevande, di tabacco, di telefoni cellulari, di computer, di elettrodomestici, di tessuti, di prodotti chimici e metallurgici, di caucciù… A breve termine, questa svalutazione aumenterà le entrate fiscali dello Stato. I dollari che la vendita di petrolio all’estero frutta allo Stato saranno venduti per un ammontare più importante di bolivar. E’ certamente uno degli obbiettivi principali perseguiti dal governo che ha visto volatilizzarsi le sue entrate fiscali, a causa dell’impatto della crisi internazionale sull’economia del paese. Ma attenzione, lo stato venezuelano non vince ad ogni ripresa. Il rimborso del debito pubblico, di cui il 67% è valutato in dollari costerà molto caro al governo. I banchieri venezuelani e gli altri capitalisti che hanno acquistato titoli di debito in dollari si arricchiranno ancora di più.

Com’è ovvio, ci sono anche altre conseguenze: per i lavoratori e per tutti coloro che hanno entrate poco significative e percepite in moneta nazionale, la svalutazione significa perdita di potere d’acquisto, visto che il costo dei prodotti di consumo è aumentata in ragione del fatto che una grande quantità di essi viene importata o viene fabbricata all’interno del paese con una considerevole componente di prodotti importati. Importatori, commercianti, fabbricanti faranno pesare sul prezzo di vendita i costi addizionali che essi stessi subiranno. Questa perdita di potere d’acquisto non può essere limitata o annullata che attraverso un aumento dei salari proporzionale al costo della vita, cosa che non può avvenire. Hugo Chavez ha decretato il 1 Maggio 2010 un aumento del 15% del salario minimo e delle pensioni ma, come si è visto, l’inflazione aveva raggiunto il 25% nel 2009 e questa percentuale sarà probabilmente sorpassata nel corso del 2010.
La svalutazione mira ad obbiettivi a lungo termine, ma è azzardato pronunciarsi sulla possibilità di raggiungerli. Tra gli obbiettivi, promuovere la sostituzione dell’importazione è certamente il più importante. Nella misura in cui importare costerà d’ora in avanti il 21% o il 100% più caro (a seconda dei prodotti importati), le importazioni dovrebbero calare e i produttori locali dovrebbero trovarsi avvantaggiati sul mercato nazionale. Meglio ancora: la svalutazione dovrebbe convincerli che conviene produrre quello che prima veniva importato. Ciò potrebbe generare un circolo virtuoso grazie al quale il paese rafforzerebbe la propria base industriale e la propria produzione sostituendo prodotti locali a prodotti importati.

Note

(1) Le testate finanziarie straniere The Economist e Financial Times sottolineano regolarmente che le banche private venezuelane sono molto soddisfatte di questa possibilità offerta dallo Stato di aggirare il controllo sul movimento di capitali.

Titolo originale: “Venezuela : Les effets de la surévaluation de la monnaie suivis de ceux provoqués par la dévaluation”

Fonte: http://www.mondialisation.ca
Link
21.06.2010

Traduzione per comedonchisciotte.org a cura di SASCHA CORSINI

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