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UNIONE EUROPEA, DALLA CRISI ECONOMICA AL DISASTRO COSTITUZIONALE

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A cura di supervice
Il 18 Dicembre 2011
66 Views

DI HANNES HOFBAUER
Strategic Culture

La riunione di Bruxelles del dicembre 2011 intendeva risolvere un gigantesco problema fiscale e di bilancio nell’eurozona (in realtà economico). Ha portato a una scissione politica all’interno dell’Europa a 27 e rischia di scatenare un disastro costituzionale.Cosa è successo a Bruxelles? Superficialmente, la Cancelliera tedesca Angela Merkel ha convinto quasi tutti i suoi partner dell’Unione Europea a concludere una politica monetaristica sotto forma di un patto fiscale restrittivo come scudo protettivo contro il capitale speculativo. È quindi riuscita a rigettare i piani francesi che chiedevano una condivisione del rischio tramite l’emissione di Eurobond invece delle obbligazioni emesse da ciascuno stato. La politica della Merkel era ed è guidata dal capitale tedesco orientato alle forti esportazioni. L’industria tedesca dell’export è minacciata dalla pressione del capitale speculativo in diverse nazioni dell’UE, portando all’aumento dei tassi di interesse per i titoli di Stato e di conseguenza a un maggiore indebitamento che indebolisce ancor di più la domanda degli stati membri dell’Unione meridionali e orientali. Non era possibile rompere questo circolo vizioso a Bruxelles, se mai questa sia stata l’intenzione.

I modi per implementare una tale politica

fiscale restrittiva sono ben noti da venti anni, quando nel dicembre

del 1991 gli allora membri della Comunità Europea si incontrarono a

Maastricht nei Paesi Bassi per formulare i cosiddetti criteri di convergenza.

Riguardano i limiti di deficit di bilancio dei governi, che non devono

eccedere il 3% e il debito pubblico, che non deve non eccedere il 60%

del PIL. La riunione di Bruxelles del dicembre 2011 ha reiterato il

regime fiscale di Maastricht e ha cercato di renderlo più stringente.

La Merkel e Sarkozy si sono accordati per legare il tetto del debito

e il deficit pubblico. Ogni stato membro dell’UE subirà automaticamente

sanzioni nel caso in cui venissero superate le linee guida monetaristiche.

A proposito: al momento solo 4 (dei 16) paesi dell’Euro soddisfano

questi criteri. Per imporre il nuovo regime di penalità automatiche,

dovrà essere introdotto un coefficiente di controllo. Ciò potrà essere

fatto da una Corte Europea di Giustizia potenziata o come uno strumento

diretto dato alla Commissione Europea. Il Vice Presidente della Commissione

Olli Rehn ha asserito che un tale rafforzamento avrebbe bisogno di una

modifica contrattuale. Modificare il Trattato di Lisbona potrebbe essere

un progetto rischioso, perché alcuni stati potrebbero essere costretti

dalle loro costituzioni a tenere un referendum. Ed è ben noto

che i popoli sono sempre più critici verso l’Unione Europea, che

viene considerata un ente di amministrazione del capitale bancario.

Valutando i possibili esiti di ciò

che è stato deciso a Bruxelles, possiamo presagire un certo numero

di problemi che attanagliano l’Europa. Cerchiamo di analizzarli nei

termini economici, (geo)politici e democratici.

Economicamente, il rinnovo di Maastricht

e l’intensificazione delle conseguenze in caso di inadempimenti dei

criteri comportano nuove politiche di austerità che dominano l’intera

struttura dell’Unione Europea. La politica monetaria gioca quindi un

ruolo chiave. Gli interventi keynesiani per stimolare la domanda sui

mercati regionali, nazionale o sovranazionali non hanno mai funzionato

al livello dell’Unione Europea, ma talvolta sono stati introdotti

a livello nazionale. Con un nuovo regime fiscale restrittivo,

simili interventi politici, sotto forma di investimenti e di acquisti

da parte degli stati, difficilmente saranno ancora possibili. E senza

uno stimolo economico, le economie deboli non saranno in grado di riprendersi.

L’iniziativa dei governi sarà ristretta alla politica fiscale, che

è controproducente per risolvere la crisi economica.

Anche il settore bancario non è soddisfatto.

La agenzie di rating con sede negli USA – come Standard & Poor’s

e Moody’s – non hanno apprezzato i risultati della riunione di Bruxelles,

minacciando entrambe di abbassare, nel frattempo, i rating creditizi

di quindici paesi dell’Euro e di numerose banche e compagnie di assicurazione.

Anche se tutti gli economisti lo sanno perfettamente, le agenzie di

rating non creano mai le condizioni per gli investimenti, ma riescono

solo a intensificare gli stimoli alla crescita (prima del 2008) o al

declino (dopo il 2008), e i governi nell’eurozona non sono capaci

o desiderosi di liberarsi della loro influenza. Nessun punto di vista

politico si sta opponendo alle forze dei mercati. Fino a questo momento

c’è stato un solo esempio di intervento politico al cosiddetto libero

mercato, quando il governo ungherese ha di recente fissato per legge

un nuovo tasso di cambio per evitare l’insolvenza di milioni di debitori

privati che hanno preso in prestito somme denominate in Franchi svizzeri

negli ultimi quindici anni. Tutti gli altri governi sono ancora in stato

di shock di fronte alle forze di mercato; ad esempio l’Italia, dove

i titoli di Stato vengono ancora emessi a un tasso di interesse del

7,2 % senza alcun tentativo politico di contrasto.

Il summit di Bruxelles ha anche dimostrato

una frattura profonda nei diversi approcci verso il mercato dei capitali.

Segnala una linea divisoria geopolitica all’interno dell’Unione

Europea. Sembra esserci un conflitto tra le banche che si basano sul

business del credito e gli hedge fund. Anche se non può

essere fatta una netta distinzione per la natura del capitale che cerca

sempre il modo migliore per incrementarsi, si è saputo che l’Europa

dell’UE continentale voglia tagliare o controllare maggiormente la

speculazione degli hedge fund rispetto al Regno Unito, dove hanno

sede i quartier generali dei capitali speculativi, principalmente in

zone offshore come le isole del Canale o l’isola di Man. Gli

hedge fund con le loro vendite a breve e gli effetti leva fanno

un gioco molto rischioso e per questo non sono ammessi in Germania dal

2004. L’ipotesi di tassare ogni transazione finanziaria colpirebbe

molto più gli hedge fund rispetto alle banche “normali”,

perché operano con molto più capitale e per questo dovrebbe contribuire

di più. Il suo “no” alle restrizioni fiscali di David Cameron riflette

la posizione britannica all’interno dei mercati occidentali. Perciò

rimane saldo di fronte al suo alleato atlantico e si comporta come un

cavallo di Troia americano nel contesto europeo. Il suo “No” è

anche sostenuto dai Repubblicani negli Stati Uniti e dal loro rifiuto

di nuovi possibili salvataggi per i peccatori dei deficit con l’aiuto

delle linee di credito del FMI. E il presidente Barack Obama potrebbe

seguire questa razionalità transatlantica, perché anche gli Stati

Uniti e il Regno Unito hanno i propri guai fiscali e finanziari.

Si può notare all’orizzonte

la comparsa di nuovo problema, dopo che i dirigenti dell’UE si sono

incontrati a Bruxelles per decidere le nuove restrizione fiscali per

l’eurozona. Potrebbe esserci un problema costituzionale. La nuova

piattaforma fiscale costringe tutti gli Stati membri dell’UE a seguire

la Germania nell’introduzione dei limiti al debito a livello della

Costituzione. Berlino fu la prima a implementare questo limite nel 2009.

Oltre agli impatti economici e sociali negativi, questa variante politica

abusa della costituzione di uno stato per favorire un certo interesse

(politico o economico) o una certa intenzione. Le costituzioni stabiliscono

procedure basilari e standard per disciplinare i possibili conflitti

in uno specifico stato. Non sono fatte per disciplinare i contenuti

dei conflitti. Se racchiudono un contenuto codificando un dato limite

al debito, la prossima crisi del debito non causerà solamente un nuovo

problema economico e politico, ma anche costituzionale. Non avverrà

solo a livelli nazionali, ma anche a quello dell’Unione.

Il patto fiscale di Bruxelles, che

pretende di stabilizzare l’economia punendo automaticamente i peccatori

fiscali, può essere reso nullo solo se una maggioranza qualificata

dei membri dell’eurozona decide di farlo. Ciò differisce dai vecchi

criteri di Maastricht, che prevedevano il contrario. Le sanzioni contro

i peccatori fiscali erano possibili solo se una maggioranza qualificata

votava a favore della loro imposizione. Nel caso in cui i debiti non

vengano ripagati e il tetto del debito ecceda i limiti stabiliti, l’Unione

Europea potrebbe facilmente affrontare non solo un appesantimento della

crisi economica, ma anche un disastro costituzionale. Di fronte a queste

possibili turbolenze, la settimana che ha preceduto il summit

di Bruxelles è stata piena di dubbi e scetticismo e l’intera procedura

è stata messa in discussione a livello parlamentare in Finlandia, Irlanda,

Repubblica Ceca, Ungheria e Svezia.

**********************************************

Fonte: European Union: From economic crisis to constitutional disaster

17.12.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

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