DI AMBROSE EVANS-PRITCHARD
Telegraph.co.uk
L’eurozona in teoria potrebbe essere salvata, nel caso venissero soddisfatte due condizioni; se i leader di Germania, Austria, Finlandia e Paesi bassi accettassero un’unione fiscale e un bacino comune per il debito, e se riuscissero a convincere i loro parlamenti e tribunali a ratificare una simile rivoluzione.
Se il blocco tedesco acconsentisse a fare a pezzi il mandato della Banca Centrale Europea cambiandone l’obbiettivo, dall’inflazione alla creazione di posti di lavoro (“La disoccupazione non dovrà eccedere il 10 per cento in due o più stati dell’UEM, o una formulazione del genere), darebbe il mandato alla BCE di introdurre stimoli dai tre ai cinque anni sulla
falsa riga della Federal Reserve.Ciò permetterebbe alla Spagna di smaltire il debito totale che ammonterebbe al 300 per cento del PIL senza dover deflazionare i salari e sprofondare ancora di più in una spirale deflazionistica a causa del debito. Consentirebbe all’Italia col debito al 250 per cento del PIL di ripristinare la sua competitività perduta senza vedersi autoimmolata dal proprio crollo perenne.
Comunque questi stimoli della BCE avrebbero delle ripercussioni fastidiose: un’inflazione che minaccerebbe di arrivare tra il 5 e il 6 per cento in Germania. Berlino si troverebbe nelle stesse pastoie in cui versavano Madrid e Dublino sei anni fa: potrebbe doversi impegnare in una stretta fiscale massiccia e in una repressione finanziaria per compensare una politica monetaria totalmente inappropriata.
Dubito fortemente che il Bundestag, la Tweede Kamer o la Eduskunta finlandese accetteranno condizioni di questo tipo. Perché dovrebbero? I cittadini del blocco tedesco non voteranno mai per un Tesoro dell’UE, per un’unione
fiscale o per l’evirazione delle prerogative parlamentari che tutto questo comporta, se gli venisse consentito di votare. In effetti, gli è stato detto che una cosa del genere non può succedere. Il leader dell’Unione Cristiano-Sociale Edmund Stoiber fece una battuta dopo Maastricht, dicendo che un futuro salvataggio da parte della Germania di un qualsiasi stato dell’UEM era possibile quanto “la fame in Baviera”.
Visto che queste attitudini non si cancelleranno molto facilmente, la mossa saggia è quella di prepararsi per una rottura ordinata dell’unione monetaria.
Una sola possibilità di scelta potrebbe dare più ordine. La Germania e le sue economie satelliti si dovrebbero ritirare dall’UEM, lasciando il blocco greco-latino con l’euro residuale e le istituzioni dell’unione monetaria. Chiamiamo il gruppo erede l’”Unione Latina” in onore dei suoi antenati di diciannove secoli or sono.
L’euro latino calerebbe pesantemente nei confronti di yuan, yen, won, zloty, eccetera, così come sul marco teutonico, permettendo all’Unione Latina (con l’Irlanda) di riguadagnare vitalità economica e di poter onorare agevolmente i contratti esistenti del debito in euro. Il FMI dovrebbe essere pronto a introdurre linee di credito flessibili per aiutare i Latini a superare le prime settimane dopo la scissione.
Quando le cose si saranno calmate, diventerà chiaro che Italia, Spagna, Irlanda e, forse, Portogallo avranno riguadagnato abbastanza competitività per poter trovare una propria strada in modo da sfuggire alle trappole del debito. La paura dell’effetto domino potrebbe placarsi.
L’alternativa è di imporre l’austerità e la deflazione del debito senza alcun sollievo – à la grecque – a tutta una serie di paesi fino a che le
loro economie cadranno a pezzi, e i capitali prepareranno in modo disordinato un’uscita dall’UEM iniziando dagli stati più deboli, in una catena che raggiungerà l’Italia, il terzo maggior debitore al mondo. Come hanno dimostrato i nervosismi sui bond delle ultime due settimane, ci siamo già spiacevolmente vicini.
La Francia è ovviamente un ostacolo. Il paese non è un caso senza speranza al di fuori dell’UEM, anche se il peggioramento degli scambi e i dati sul debito stanno a poco a poco rosicchiando anche la vitalità francese.
L’Eliseo considera la separazione dalla Germania una catastrofe. Sicuramente si tratta di una valutazione fuori dal tempo nel XXI secolo. La Germania non ha più bisogno di essere vincolata con le corde di seta alla politica dell’UE. È una democrazia pacifica in un continente che sta invecchiando, mentre è sempre più ai margini dell’ordine globale cino-statunitense.
La Francia potrebbe persino trovarsi un nuovo ruolo come leader di un’Unione Latina di 220 milioni di persone e con oltre il 60 per cento del PIL dell’eurozona, con una certa influenza economica sul Nord Africa. Il quartier generale della BCE si potrebbe spostare a Marsiglia, un grande centro millenario di civilizzazione, per essere rinominata Banca Centrale del Mediterraneo. La divisa di questo blocco diventerebbe rapidamente una forza in Europa.
L’Irlanda non ha posto in quest’avventura. Dovrebbe aspettare il momento opportuno e poi allontanarsi quando l’euro latino sarà ai minimi – e i debiti in euro dell’Irlanda più svalutati – per lanciare il suo Punt Éireannach. Questa moneta dovrebbe senza dubbio salire, non scendere. L’Irlanda dovrebbe d’ora in poi attivare politiche monetarie per il proprio interesse, come Israele, Nuova Zelanda, Cile e Svezia hanno fatto con successo.
Quanto lentamente potrà cadere l’euro latino? HSBC ha elaborato alcune varianti di questo scenario. Ha calcolato che l’”euro periferico ” (EUP)
andrebbe a 0,65 sul dollaro, mentre l’”euro centrale” (EUC) replicherebbe la recente tendenza del franco svizzero e salirebbe a 1,83 dollari.
Io credo che questo sia esagerato, ma il fatto che il gruppo che studia le divise alla HSBC riconosca che il Sud vedrebbe una svalutazione di due terzi contro il Nord se le forze del mercato non venissero soffocate è una condanna severa della struttura esistente dell’UEM. Come si è verificato un tale disallineamento?
HSBC mette la Francia nel euro centrale. Se la Francia optasse per l’Unione Latina, sarebbe davvero tutta un’altra storia. Il tasso potrebbe stabilizzarsi al 30 per cento di perdita dopo lo scotto iniziale.
L’Unione Teutonica potrebbe ovviamente includere Germania, Paesi Bassi, Finlandia, Austria, Slovacchia (forse, le Fiandre). Sarebbe un blocco formidabile, ma la parte più piccola.
Sarebbero forse necessari dei controlli temporanei sul capitale per edulcorare la scissione. Le banche dell’area teutonica soffrirebbe una notevole e immediata perdita di valore per i titoli detenuti sul debito dello svalutato euro latino.
I governi dovrebbero ricapitalizzare e forse nazionalizzare alcuni di questi prestatori per preservare il sistema finanziario, ma sarebbe una cosa meno costosa rispetto alle somme tra i 2 e i 3,5 trilioni di
euro che vengono ipotizzate dagli analisti come costo ipotetico per fermare la crisi dell’eurozona, e più semplice da giustificare ai propri parlamenti. Il Nord riceverebbe in ogni caso una manna dall’implicita
riduzione dei debiti nazionali nominati in euro.
Se i leader dell’UE invece lasciassero che gli eventi seguano il loro corso, rischierebbero un qualcosa di simile alla Lehman e ripeterebbero il collasso avvenuto tra il maggio e l’ottobre del 1931 quando fu permesso al sistema bancario
dell’Europa Centrale di disintegrarsi (a causa della mancanza di leadership e della rigida adesione ai tassi fissi del Gold Standard, che da allora ha perso la bussola). La crisi è rimbalzata fino a Londra e New York, dando inizio alla seconda fase del crash bancario statunitense, e trasformando la recessione in crisi globale.
Vale la pena leggere La propagazione internazionale della crisi finanziaria del 2008 e un paragone con quella del 1931 di William Allen e Richhild
Moessner, un racconto scioccante appena realizzato dalla Banca dei Regolamenti Internazionali, se vorrete comprendere cosa è successo alla rete delle banche globali e delle parti interconnesse durante la crisi della Lehman. Solo Washington (la Fed, il Tesoro, la Casa Bianca) hanno impedito il collasso.
Un collasso dell’euro stile Lehman sarebbe ancora peggiore perché Washington non è in Europa e i creditori nel frattempo hanno perso un bel po’ di fiducia nelle nazioni sovrane. Coinvolgerebbe all’istante Londra e New York sotto molteplici aspetti. Una ricerca di Fathom Consulting ha scoperto che le banche tedesche, francesi, olandesi e belghe hanno assicurato gran parte del debito del Club Med con clienti anglosassoni tramite i credit default swaps (CDS). I contratti lordi in CDS sull’Italia sono di 292 miliardi di dollari, e 168 sulla Spagna.
Se la rottura dell’euro è stata ben progettata e gestita, con tutte le misure di freno poste in essere, potrebbe alla fine essere meno traumatica di quanto aspettato. Come disse una volta il premier ceco Vaclav Klaus, è sorprendentemente semplice porre fine a un’unione monetaria: i cechi e gli slovacchi lo hanno fatto tranquillamente dalla sera alla mattina.
Non c’è alcuna ragione per cui l’UE non riesca a superare una crisi di questo tipo, continuando a porre in essere utili funzioni come il rafforzamento della competizione e le discussioni sul commercio globale. Un’Unione Europea più moderna, senza le sue vanaglorie da grande potenza e la nostalgia imperiale del XX secolo, potrebbe essere un’organizzazione più sana. Il sistema di Schengen dei confini aperti potrebbe continuare. La vita continuerebbe. I cittadini ci potrebbero presto chiedere il perché di tutto quel casino.
Riusciranno i leader dell’UE a fare buon viso a cattivo gioco? Sfortunatamente, la gran parte delle élite al governo in Europa è ideologicamente compromessa col Progetto e tenterà di difendere l’UEM così com’è a costo di fare terra bruciata. Possiamo solo sperare i giudici meno accomodanti della Verfassungsgericht tedesca riescano a velocizzare le decisioni da prendere per settembre.
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17.07.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE