The Ecologist
L’industria finanziaria è stata pronta nel negare il proprio ruolo nella spinta dei prezzi dei generi alimentari ma, con le prove che si accumulano giorno dopo giorno, l’Ecologist si libera del politichese per spiegare la realtà della speculazione sul cibo
La speculazione finanziaria nei paesi
ricchi e industrializzati come il Regno Unito e gli Stati Uniti ha spinto in alto i prezzi delle fibre come il mais nelle nazioni a basso reddito.
Le banche come Goldman Sachs e Barclays hanno creato fondi che permettono agli investitori di speculare sul prezzo delle coltivazioni più importanti. Tutto ciò ha generato enormi profitti e si stima che Goldman Sachs ha ottenuto più di 1 miliardo di dollari nel solo 2009 e Barclays nello stesso anno circa 340 milioni di sterline grazie agli scambi delle commodity sul cibo.
Un report delle Nazioni Unite ha
recentemente stimato che il totale investito negli strumenti relativi al settore alimentare è passato dai miliardi di dollari del 2003 a più di 55 miliardi nel 2008.
Comunque, scommettere sui prezzi degli
alimenti ha un costo. Gli elevati volumi delle contrattazioni di questi
fondi portano a una maggiore volatilità dei prezzi, come riferiscono
gli attivisti, che va a colpire le famiglie povere dei paesi meno industrializzati,
tanto da non potergli permettere il consumo di alimenti basilari e rendere
così sempre più difficile la pianificazione e gli investimenti da
parte degli agricoltori.
Le organizzazioni di beneficenza come
Christian Aid e persino alcuni rappresentanti delle Nazioni Unite
stanno chiedendo regole più rigide per tenere a freno la volatilità
dei prezzi, un qualcosa a cui l’industria bancaria si oppone con decisione.
Per aiutarvi a farvi un’idea
degli argomenti proposti dalle due parti, l’ex broker Brett Scott
ci fornisce questa guida per capire le speculazioni sugli alimenti
Cibo vero Vs. derivati
È importante capire la distinzione
tra il mercato reale degli alimenti e il mercato dei derivati sull’agricoltura
che si riferisce al vero mercato del settore agricolo. Un agricoltore
ucraino che esporta la farina in Nord Africa si impegna a promettere
a qualcuno che entra in un contratto di futures basati sul grano. Il primo è una transazione
fisica spot e il secondo consiste in una transazione basata
sui derivati.
I derivati sono contratti tra due contraenti.
Ci sono opzioni e futures sul settore agricolo e ci
sono swap e forward over-the-counter che vengono affidati dai venditori alle banche
d’investimento. Questi contratti derivati sono, più o meno, analoghi
alle scommesse sul mercato reale alimentare, così come le scommesse
sportive si riferiscono a un evento sportivo. Prendere una “posizione”
nei futures del grano, ad esempio, vuol dire mettersi nella posizione
di vincere o di perdere a causa di un cambiamento del prezzo del grano.
È concettualmente simile, anche se non è proprio la stessa cosa, al
comprare fisicamente il grano fisico. È proprio come se uno lo stesse
davvero comprando.
Lo scopo originario dei derivati sul
settore agricolo era quello di permettere ai produttori di beni materiali
di usare questa scommessa per proteggersi dai cali delle quotazioni
hedging) e agli utilizzatori
di questi beni di usare una scommessa per proteggersi da un incremento
di prezzo (long
hedging). Se non sei un
produttore o un utilizzatore di commodities reali e tutto quello
che realizzi è una scommessa, in questo caso sei considerato uno speculatore.
La controversia sulla “speculazione sul cibo” si riferisce alla
speculazione del mercato dei derivati del settore agricolo, non tanto
alle transazioni fisiche di questi beni.
La controversia può essere separata
in due differenti istanze. Prima domanda: sono i players finanziari
del mercato dei derivati sulle commodity che provocano la dissociazione
da quello che “dovrebbe essere” il suo prezzo se esso riflettesse
il bilanciamento tra la domanda e l’offerta del bene sottostante?
Secondariamente, una tale dissociazione nei prezzi dei futures
si può trasmettere al prezzo vero degli alimenti?
Sembrano domande semplici, ma non lo
sono. Si può attribuire, ad esempio, una casualità tra un’attività
speculativa sul cambio dei derivati americani e il vero cambio di valore
del costo di una borsa di grano in Sud Africa? È quest’area grigia
che fa sì che il dibattito si dirami in modo confusionario.
Cosa è che determina il prezzo?
La maggior parte delle teorie finanziarie
ritiene che i prezzi dei futures siano determinati dalla cosa
su cui scommette il future stesso, in modo molto simile al modo
in cui una corsa di cavalli determina il valore delle scommesse sulla
stessa corsa. In pratica, nella teoria finanziaria i prezzi dei derivati
sono strutturalmente legati al valore del bene su cui sono basati e
si suppone che seguano lo stesso andamento attraverso un processo chiamato
arbitraggio per assicurarsi che, nel caso il prezzo del derivato si
discosti troppo dal prezzo spot dell’asset sottostante, venga
così riportato verso questo stesso prezzo.
Ecco un esempio del mondo reale dai
mercati del petrolio: all’inizio del 2009 i prezzi dei futures
sul petrolio si sono alzati “troppo in alto” rispetto al prezzo
spot del petrolio che poteva essere comprato in quel momento. I
traders d’arbitraggio acquistano petrolio fisico, lo immagazzinano
nelle petroliere e simultaneamente vendono i futures. Lo scopo
della transazione è quello di comprare petrolio al prezzo odierno e
poi trattenerlo per venderlo in futuro a un prezzo più alto. Questo
tipo di scambio teoricamente consente ai traders di assicurarsi
un profitto privo di rischio, a patto che il costo del “trasporto”
del petrolio (ad es. l’immagazzinamento, l’assicurazione e i costi
finanziari) non sia superiore alla differenza tra il prezzo spot e quello
dei futures. Teoricamente, con questo processo, il prezzo
spot e quello dei futures dovrebbero allinearsi per rimuovere
l’opportunità di un profitto privo di rischio.
Sembra complicato? È abbastanza
complicato. Ad esempio, chi ha in effetti la possibilità di noleggiare
navi per immagazzinare petrolio? Ha importanza la qualità del
petrolio stivato? Tutto ciò comporta un abbassamento dei prezzi
dei future o fa innalzare il prezzo spot del petrolio?
Ho l’impressione che nessuno lo sappia con certezza, perché la cosa
importante, nel mercato delle commodities, è che i processi
di arbitraggio sono complicati perché accedere alle commodities
fisiche per mettere in pratica le relazioni di arbitraggio è difficoltoso.
La saggezza convenzionale delle relazioni
matematiche tra prezzi spot e quelli dei derivati è stata comunque
messa in discussione dal fatto che questa relazione può interrompersi,
fino ad invertirsi, così che i prezzi spot sottostanti cominciano
a muoversi verso i prezzi dissociati dei derivati, e non all’opposto.
È analogo all’idea che scommettere sui cavalli possa determinare
il risultato della corsa, un classico caso di “un cane che si morde
la coda”.
Perché le banche hanno iniziato
a scommettere sul cibo
Il fatto che le commodity fisiche
siano sporche e ingombranti ha comportato che la speculazione su questi
tipo di beni è generalmente dominata da agenzie specializzate negli
acquisti fisici, come Glencore e Cargill. Ci sono delle indicazioni
che suggeriscono come le banche siano sempre più coinvolte nel trading
fisico così come, ma solo in uno stato iniziale, l’attività speculativa
degli investitori si è sempre più sviluppata nel mercato dei future
sulle commodity. I classici della finanza, come “Market Wizards”
pubblicato nel 1988, contengono interviste interessanti con speculatori
che descrivono i loro successi negli anni ’70 nei mercati dei future
della soia, del frumento e del grano, quando operavano a fianco di quelli
che erano in questi mercati per scopi non speculativi. Molti di questi
traders si troverebbero a loro agio nel mondo degli hedge funds o
nei rami “proprietary
trading” delle banche
d’investimento.
I futures, comunque, devono essere gestiti giorno per giorno.
Questo va bene per un hedge fund specializzato, ma non per gli
investitori istituzionali come i fondi pensione. Se gli hedge funds
sono dei predatori scaltri, i fondi pensione sono come degli immobili
brontosauri, spesso all’oscuro degli andamenti al rialzo o al ribasso
del day-to-day. La maggior parte dei fondi pensione che investono
in azioni, obbligazioni e beni di proprietà non ha il tempo o la capacità
di entrare e uscire dai futures. Vogliono comprare qualcosa che
possa essere tenuto per anni, non contratti con una data di scadenza
di sei mesi.
L’idea di “investire” in commodities
si è potuta realizzare solo grazie all’avvento dei prodotti d’investimento
collegati agli indici che sono stati progettati dalle banche d’investimento
negli anni ’90. Tra questi ci sono gli exchange-traded
fund (ETF) e gli equity-linked note basati sulle commodities. Questi strumenti
sono molto interessanti per gli investitori: l’investitore mette semplicemente
il proprio danaro nel prodotto e la banca d’investimenti che lo gestisce
adotta una strategia commerciale per dare agli investitori un ritorno
direttamente collegato all’indice di quella commodity, come
se essi avessero davvero acquistato fisicamente il bene, ma senza la
scocciatura di doverlo fare. Col tempo, questi prodotti hanno consentito
un incremento sbalorditivo del numero delle persone che hanno investito
in questo settore.
I prodotti basati sugli indici delle commodity, comunque, si basano essenzialmente sui
futures. Qui c’è la parte tecnica: per creare prodotto finanziario
basato su un indice, le persone che vendono alle banche entrano in transazioni
swap con gli investitori, per mezzo delle quali passano i profitti
dal mercato dei futures agli stessi investitori. Questi non ne
sono necessariamente a conoscenza e la transazione swap potrebbe
essere inserita tacitamente o all’interno di un prodotto d’investimento
complesso, ma l’effetto pratico rimane lo stesso: il compratore sta
tenendo posizioni futures per conto degli investitori e l’attività
nel mercato degli swap crea così un’ombra nei mercati dei
futures. Per coloro che sono interessati, questa ombra può essere
osservata nei “Commitment
of Traders Reports” del CFTC
che illustra le posizioni del trading sui futures che
sono state tenute dai partecipanti al mercato. La categoria chiamata
degli swap dealers indica sempre posizioni “lunghe”, ossia
significa che stanno comprando futures, probabilmente per conto
degli investitori.
La speculazione va condannata?
Ma perché sono importanti tutte queste
cose? Il dibattito acceso è centrato sullo stabilire se l’aumento
del numero di questi investitori finanziari ha portato a sconvolgimenti
nei prezzi dei futures delle commodity. La discussione
si è infiammata dopo che un report stilato nel 2010 da due accademici,
scritto per conto dell’OCSE, ha messo in discussione la connessione
tra la finanziarizzazione del mercato delle commodities e l’enorme
incremento dei prezzi di quest’ultime nel 2008.
Le sfumature di questo dibattito sono
troppo per essere qui elencate, ma è bene buttare a terra qualche specchietto
per le allodole. Qui non si discute se gli speculatori abbiano, in linea
di principio, una funzione positiva per il mercato. I testi della finanza
ci suggeriscono che gli speculatori sono utili perché forniscono liquidità,
perché aumentano il numero degli ordinativi nel mercato, che a sua
volta migliora l’abilità di tutti gli attori nel commerciare. Facendo
questo, si pensa che rafforzino un processo razionale di “scoperta
del giusto prezzo”, consentendo un bilanciamento della domanda e dell’offerta
che esprima effettivamente prezzi che siano basati sui fondamentali.
Non c’è dubbio che gli speculatori
possano ricoprire un ruolo importante nel funzionamento dei mercati.
Io, ad esempio, ha passato due anni lavorando in alcuni dei mercati
meno illiquidi nel mondo finanziario, sviluppando nuovi tipi
di curiosi derivati. Desideravo con tutte le forze che gli speculatori
entrassero, solo per far partire la cosa. Ma quello che determinante
è il grado della presenza speculativa nel mercato.
Può darsi che un mercato che ha il
30 per cento di attività speculativa possa funzionare bene, ma cosa
può succedere in un mercato che ne ha il 60 per cento? E con l’85
per cento? Queste non sono relazioni lineari; un mercato non diventa
automaticamente più efficiente se vi entra un gran numero di speculatori
ed è facile immaginare che c’è un punto di equilibrio in cui troppi
speculatori destabilizzano i prezzi invece che aiutare a contenerli.
La maggior parte della speculazione è costituita da transazioni a breve
termine per profitti a breve termine e funziona se è svolta nell’ambito
di un mercato che tiene di conto i fondamentali di lungo periodo. Ma
cosa succede se tutto questo avviene in un mercato che è per larga
parte formato da speculatori? Si tratta di speculazione sulla speculazione,
ed è così si formano le bolle.
Un qualsiasi trader ve lo potrebbe
confermare, ma il dibattito tecnico presente sulle riviste accademiche
ripete con monotonia le solite cose, che mancano totalmente delle sfumature
di colore che vengono da coloro che effettivamente operano in questi
mercati. Comunque il substrato informale di questo dibattito proviene
dal mondo delle speculazioni finanziarie e viene rielaborato nei termini
della distinzione tra i traders fondamentali e tecnici.
Un trader che si basa su un’analisi
fondamentale è uno speculatore che si occupa di speculare sulla domanda
e sull’offerta di commodities. Un trader che opera seguendo
un’analisi tecnica si occupa di una speculazione basata sui modelli
del mercato che si forma con le attività degli altri traders.
I traders fondamentali sono preoccupati del fatto che l’aumento
del numero dei trader tecnici aumenta la casualità e il rumore
di fondo dei mercati. Se i traders tecnici basano le loro decisioni
sugli altri traders e il loro numero aumenta, il mercato diventa
circolare e autoreferenziale e corre il rischio di scollegarsi dalle
connessioni tra domanda e offerta.
La chiave per operare in questo ambiente
diventa una variante dello schema piramidale, ossia andare avanti seguendo
il trend, cercando di uscire prima che tutti riescano a capire
l’andazzo. Questo non è un segreto.
Perché non tutti gli investimenti
sugli alimenti sono un male
Focalizzarsi sull’argomento della
speculazione a breve termine può oscurare un fattore più importante
nei mercati. La pura speculazione dalla parte dei traders proprietari
e degli hedge funds sembra alimentare i movimenti del mercato
verso l’altro e verso il basso, creando volatilità, ma come questo
si relaziona alle attività dei player a lungo termine come i
fondi pensione? Non è cosa nota il fatto che gli investitori istituzionali
“speculano” in modo aperto sulle commodities. Un fondo pensione
non mette i soldi in un ETF sulle commodity
per toglierlo una settimana dopo. Pensano alle tendenze di lungo termine,
non alle oscillazioni nel breve. Stanno “investendo”.
Una differenza ulteriore è che, differentemente
dagli hedge funds che possono shortare i mercati con le scommesse
su un calo delle quotazioni, le organizzazioni più grandi tendono a
stare solo sul lungo, dato che investono solo in cose che credono possano
salire di valore. Quindi, in pratica, se un forte numero di investitori
istituzionali decide di investire nei mercati delle commodities
con i prodotti basati sugli indici, il risultato indiretto è quello
di un calo nella domanda dei futures. Il mercato dei derivati,
di conseguenza, è a somma zero, e se esiste un contratto, ci deve essere
un compratore e un venditore che prendono decisioni opposte. Se gli
investitori istituzionali formano solamente una domanda, ma non l’offerta
relativa, sorge la domanda su chi venda questi contratti future,
e se gli investitori sugli indici rappresentino una forza strutturale
di pressione verso l’alto dei prezzi dei derivati.
C’è un argomento curioso trovato
in un report dell’OCSE che ha causato qualche controversia.
È l’idea che, siccome il mercato dei derivati è a somma zero, questi
nuovi investitori devono corrispondere ad altri venditori, e quindi
per definizione non possono rappresentare una fonte di eccesso di domanda
nel mercato dei futures, e quindi hanno un piccolo effetto sui prezzi.
È un modo strano di vedere la cosa, perché chiunque operi nel mercato
dei derivati sa che i partecipanti in genere sono più interessati negli
acquisti, il prezzo dei derivati si deve alzare per indurre altri a
vendere.
Il grado di quell’incremento può
essere una funzione della profondità di un mercato: un mercato più
piccolo ha meno possibilità di assorbire grandi ordinativi. Immaginatevi
l’arrivo di Sainsbury in un piccolo mercato di frutta di un villaggio
in cerca di merce per i propri scaffali. Non è affatto vero che i venditori
possano comparire naturalmente senza uno sconvolgimento dei prezzi,
e sembra plausibile che un forte incremento nella quantità di danaro
a senso unico nel mercato dei futures possa aver avuto un impatto
verso l’alto.
Ci sono molti aspetti tecnici nel dibattito,
tra cui le dinamiche fisiche delle commodities, parole strane
come contango e backwardation, convenience
yields e il rolling dei contratti
future. C’è
una possibile circolarità dei prodotti basati sugli indici, ossia il
fatto che questi cercano di seguire il mercato delle commodities
investendo in questo stesso mercato, ma quando si ingrandiscono una
parte sempre maggiore del mercato delle commodities è collocato
sulle loro posizioni, cosa che può portare quindi a seguirsi da soli.
C’è anche la possibilità per un incremento della correlazione tra
i prezzi dei derivativi sulle commodity.
Investire sugli indici spesso si basa
su un paniere di beni, ossia significa che un investitore compra un
prodotto che contiene una vasta gamma di commodities tutte insieme.
Questo comporta un simultaneo acquisto di diversi futures sulle
commodity, che può portare una gamma di futures sulle
commodity a muoversi in tandem. Questo pone un problema per la diversificazione:
se i soldi escono dai prodotti basati sugli indici, allora tutto il
mercato dei futures sulle commodity può andare in
crash, e non solo i futures su una sola commodity.
Non è mai possibile predire esattamente
come i mercati rispondano a queste nuove pressioni. Le decisioni del
trading non sono determinate da astratti modelli economici messi
in essere dal comportamento razionale. Gli accademici possono usare
la matematica per provare che i mercati sono efficienti, ma nessuno
sembra darci grande importanza e certamente pochi sprecano il tempo
a confermare che i mercati si affidano a teorie statiche. I mercati
lavorano su strategie umane dinamiche e sulle emozioni, come testimoniano
i tanti crash spettacolari che abbiamo visto negli ultimi decenni.
Come salgono i prezzi
La ragione per cui questi dibattiti
sono importanti va oltre l’efficienza della determinazione del prezzo
nei mercati dei derivati. Sta nel fatto che le quotazioni dei derivati
possono avere un impatto sul prezzo vero degli alimenti, specialmente
nei paesi meno industrializzati che dipendono dalle importazioni. Gli
studi statistici hanno evidenziato un’interruzione della causalità
tra prezzi spot delle derrate e prezzi dei futures, illustrando
che i prezzi dei futures determinano i prezzi spot. Qual
è il meccanismo che provoca tutto questo?
Intanto il benchmarking. Non c’è una risposta semplice alla domanda
“qual è il prezzo mondiale del grano”. Cresce in modi differenti
in paesi differenti, ma quando si un compratore e un venditore si accordano
per effettuare una transazione in grano fisico, come decidono il prezzo?
Possono essere aiutati se c’è un benchmark esterno e indipendente
da cui possono ricavare il prezzo. Questo è il motivo per cui il prezzo
dei derivati li può aiutare. I prezzi dei futures servono di
fatto come prezzi benchmark, l’unica indicazione visibile da
tutti di un’apparente sguardo d’insieme su domanda e offerta. Se,
per esempio, i contratti d’importazione si riferiscono al prezzo dei
futures CBOT, ciò provoca una diretta trasmissione dai
prezzi dei futures a quelli degli alimenti beni reali.
In secondo luogo, i prezzi degli alimenti
possono alzarsi a causa dell’accaparramento. Questa è una situazione
del mondo reale. Se i prezzi dei futures si alzano, tutto questo
può incentivare quelli che hanno la possibilità di immagazzinare gli
alimenti, ad esempio, grandi venditori all’ingrosso di grano, di farlo
mentre vendono i futures. Raccogliere nei magazzini le merci
in anticipo per consegne future può creare una carenza dell’offerta,
spingendo in alto i prezzi.
Alcuni scettici argomentano come anche
le derrate alimentari che non hanno un mercato dei derivati hanno mostrato
allo stesso modo un rialzo di prezzo, attribuendo così tutti gli aumenti
del cibo agli aspetti fondamentali, come la domanda sempre più forte
che proviene dall’Asia orientale. È un punto importante, ma è anche
un argomento che sorvola sul concetto di sostituzione. Se il prezzo
globale delle qualità più diffuse di grano aumenta, allora i consumatori
sono incentivati a cercare delle alternative, cosa che porterà poi
a una convergenza di prezzi.
Il concetto della sostituzione solleva
un altro argomento dibattuto: la connessione tra i prezzi dell’energia
e i prezzi degli alimenti. Il rialzo del prezzo del petrolio crea incentivi
per spostarsi sui biocarburanti, che vengono ottenuti dal granturco
e dallo zucchero, e questa è una delle ragioni per cui la speculazione
sul petrolio ha avuto effetto sui prezzi degli alimenti. L’energia
è anche il più grosso input nell’agricoltura commerciale
attraverso la meccanizzazione, il trasporto e i fertilizzanti creati
con processi produttivi che hanno un’alta intensità energivora.
È probabile che questi problemi non
vengano risolti molto presto. Nel frattempo, i prezzi degli alimenti
mostrano un rialzo record molto preoccupante. Quando si cominciano a
sentire chiacchiere nei pub della City sulle commodities, accadono
poi cose strane. È l’ora di prendere la cosa sul serio.
09.06.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE