DI MARK SELDEN
Japan Focus
La Seconda Guerra Mondiale rimane imbattuta negli annali della guerra per cifre importanti come il numero di persone uccise e la dimensione della distruzione di massa. In quella guerra, non è stato il bombardamento delle città ma il genocidio nazista contro Ebrei, Cattolici, Rumeni, omosessuali ed altri tedeschi così come i Polacchi, l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica e la strage giapponese di non combattenti asiatici, ad esigere il costo più elevato in vite umane. Ciascuno di questi esempi ha avuto carattere ed origini storiche ed ideologiche unici. Tutti si basavano sui presupposti di disumanizzazione dell’ “altro” ed hanno prodotto stragi su vasta scala di popolazioni non combattenti. La guerra del Giappone alla Cina ha prodotto notevoli casi di atrocità che, allora ed in seguito, attirarono l’attenzione del mondo. Includevano i massacri di Nanjing, i bombardamenti di Shanghai, Nanjing, Hankou, Chongqing ed altre città, lo sfruttamento delle donne per il piacere dei militari oltre agli esperimenti di vivisezione e le armi biologiche dell’Unità 731. Meno celebri allora ed in seguito furono le sistematiche barbarie perpetrate contro i contadini resistenti, sebbene ciò abbia prodotto la maggior parte dei 10-30 milioni di cinesi che si stima abbiano perso la vita in guerra, un numero che sorpassa di gran lunga il mezzo milione o più di giapponesi non combattenti morti per colpa del bombardamento degli Stati Uniti e può aver superato le perdite sovietiche dell’invasione Nazista convenzionalmente stimate sui 20 milioni. [41] In quella e nelle guerre successive sarebbe stata l’impronta di barbarie come il massacro di Nanjing, la Marcia di Morte di Bataan ed i massacri a Nogunri e My Lai piuttosto che gli eventi quotidiani che definivano la sistematica uccisione giornaliera ed oraria, ad attrarre la continua attenzione, a scatenare amare polemiche e a formare la memoria storica.
[Il murale del massacro di Nanjing, di Maruki Iri e Maruki Toshi]
I morti di guerra nella sola Europa nella Seconda Guerra Mondiale, compresa l’Unione Sovietica, sono stati stimati in circa 30-40 milioni, 50 % in più del tributo chiesto dalla Prima Guerra Mondiale. A questa dobbiamo aggiungere 25-35 milioni di vittime asiatiche nei quindici anni della guerra di resistenza in Cina (1931-45), circa tre milioni di giapponesi e altri milioni nell’Asia sudorientale. Fra i casi importanti di uccisioni di non combattenti nella Seconda Guerra Mondiale, la distruzione degli Stati Uniti delle città giapponesi forse è la meno conosciuta e la meno controversa. Contrariamente al feroce e continuo dibattito sul bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki, sullo sterminio nazista degli ebrei ed altri e sui bombardamenti alleati in scala molto più ridotta di Dresda ed Amburgo e sulle atrocità giapponesi quali il massacro di Nanjing e gli esperimenti di vivisezione dell’unità 731, il bombardamento delle città giapponesi da parte degli Stati Uniti è virtualmente sparito dalla memoria storica internazionale della guerra e perfino da quelle americana e giapponese.
Nella Prima Guerra Mondiale, il 90% delle vittime attribuibili direttamente alla guerra erano militari, quasi tutti Europei ed Americani. La maggior parte delle stime pone fra le vittime della Seconda Guerra Mondiale in Europa un 50-60 % di non combattenti. Nel caso dell’Asia, quando si includono le vittime causate da carestia dovuta alla guerra, il tributo di morti non combattenti era quasi certamente sostanzialmente più alto sia in termini relativi che assoluti. [42]. Gli Stati Uniti, con la loro patria non colpita dalla guerra, subirono circa 100.000 morti nell’intero teatro di guerra asiatico, una cifra più bassa di quella della singola incursione aerea su Tokyo del 10 marzo 1945 e ben al di sotto del tributo di morti a Hiroshima o nella battaglia di Okinawa. I tre milioni di morti in guerra del Giappone, mentre furono 30 volte il numero dei morti degli Stati Uniti, furono lo stesso solo una piccola frazione del tributo subito dai Cinesi che resistettero alla distruttiva macchina
militare giapponese. Questi sono numeri di vittime relative che gli Stati Uniti, non avendo combattuto alcuna guerra sul proprio suolo sin dalla Guerra Civile, ed adottando strategie che massimizzano il loro potenziale tecnologico ed economico e minimizzano le loro vittime, avrebbero replicato con vantaggio numerico anche maggiore nelle successive guerre.
La Seconda Guerra Mondiale rimane incisa in maniera indelebile nella memoria americana come la “Buona Guerra” e per alcuni aspetti importanti lo fu. Nel confrontarsi con le macchine da guerra della Germania Nazista e del Giappone Imperiale, gli Stati Uniti hanno svolto un grande ruolo nella sconfitta degli aggressori e nell’aprire la strada per un’ondata di decolonizzazione che ha percorso il mondo nei decenni successivi. Fu inoltre una guerra che catapultò gli Stati Uniti alla supremazia globale e stabilì i fondamenti istituzionali per la proiezione globale del potere americano in una rete di basi militari e supremazia tecnologica imbattibile.
Per la maggior parte degli Americani, in retrospettiva la Seconda Guerra Mondiale sembrava una “Buona Guerra” in un altro senso: gli Stati Uniti entrarono ed uscirono dalla guerra rincuorati dall’assoluta certezza morale di aver sostenuto una missione per punire l’aggressione nella forma di un nazi-fascismo genocida e di un imperialismo giapponese andato fuori controllo. Inoltre, gli Americani ricordano la generosità degli aiuti degli Stati Uniti non solo agli Alleati fatti a pezzi dalla guerra, ma per ricostruire le società degli ex avversari, la Germania ed il Giappone. Una tale interpretazione maschera l’estensione con cui gli Americani hanno diviso con i loro avversari un persistente nazionalismo ed il desiderio di espansionismo. Contrariamente ai precedenti imperi territoriali, questo ha preso la forma di nuove strutture regionali e globali che facilitano l’esercizio del potere americano. La vittoria, che ha spinto gli Stati Uniti in una posizione egemonica che portò autorità nel condannare e punire i crimini di guerra commessi dalle nazioni sconfitte, rimane un importante ostacolo ad una rivalutazione approfondita del comportamento degli Stati Uniti in tempo di guerra in generale e questioni di distruzione di massa compiute dalle sue forze in particolare.
La Seconda Guerra Mondiale, ampliando ed estendendo gli atavici impulsi profondamente radicati nelle precedenti civiltà e combinandoli con le tecnologie più distruttive, ha prodotto nuove forme di depravazione umana. I crimini tedeschi e giapponesi sono stati sottoposti lungamente alla critica internazionale dai tribunali per i crimini di guerra dagli anni Quaranta ad oggi. [43] A Norimberga e nei processi seguenti, più di 1.800 tedeschi sono stati condannati per crimini di guerra e 294 sono stati giustiziati. Al processo di Tokyo, 28 sono stati incriminati e sette sono stati condannati a morte. Nei seguenti processi di categoria A e B gestiti dalle forze Alleate fra il 1945 ed il 1951, 5.700 Giapponesi, Coreani e Taiwanesi sono stati incriminati. 984 inizialmente vennero condannati a morte (le condanne di 50 di questi vennero permutate); 475 ricevettero l’ergastolo e 2.944 scontarono limitati periodi di prigionia. Il risultato della sconfitta militare, l’occupazione ed i tribunali per i crimini di guerra fu una prolungata e profonda riflessione ed autocritica da parte di grandi gruppi all’interno di entrambi i paesi. Nel caso della Germania – ma non ancora il Giappone – ci sono stati significativi riconoscimenti ufficiali del comportamento criminale, delle politiche genocide e di altre barbarie, così come un adeguato risarcimento alle vittime sotto forma di scuse pubbliche e di sostanziali indennizzi ufficiali. Da parte sua, lo stato giapponese continua a rifiutare le richieste ufficiali di risarcimento per vittime di guerra quali i lavoratori forzati e le donne di piacere per i militari (schiave sessuali) Coreane e Cinesi, mentre la guerra rimane un argomento fieramente dibattuto a livello intellettuale e politico come dimostrato dai decenni di lunghi conflitti sui libri di testo che trattano di colonialismo e guerra, il Santuario Yasukuni (il simbolo del nazionalismo, dell’impero e della guerra incentrati sull’imperatore), le donne di piacere per i militari e le polemiche sul massacro di Nanjing. [44]
In contrasto con queste risposte alla guerra in Germania ed in Giappone e perfino sul continuo dibattito negli Stati Uniti sull’uso della bomba atomica, non c’è virtualmente stata consapevolezza, per non parlare di una riflessione critica, del bombardamento degli Stati Uniti ai civili giapponesi nei mesi prima di Hiroshima. Il sistematico bombardamento di non combattenti giapponesi durante la distruzione delle città giapponesi deve essere aggiunto ad una lista delle terrificanti eredità della guerra che include il genocidio nazista ed una miriade di crimini di guerra giapponesi contro le popolazioni asiatiche. Soltanto affrontando questi argomenti e soprattutto l’impatto di questo approccio all’uccisione di massa di non combattenti che è stato al centro di tutte le guerre successive degli Stati Uniti, gli Americani possono avvicinarsi all’ideale di Norimberga che pone i vincitori come pure i vinti sullo stesso piano riguardo ai crimini contro l’Umanità, o al livello dell’accordo di Ginevra del 1949 che richiede la protezione dei civili in tempo di guerra. Questo è il principio di universalità santificato a Norimberga e violato nella pratica dagli Stati Uniti e altri a cominciare dai processi del 1946, che hanno dichiarato l’immunità degli USA dall’essere processati per crimini di guerra.
Nella sua allocuzione d’apertura al tribunale, il Procuratore Capo per gli Stati Uniti, Justice Robert Jackson, Capo dei Consulenti degli Stati Uniti, parlò in modo eloquente e memorabile, sul principio dell’universalità. “Se determinati atti di violazione dei trattati sono crimini,” disse, “sono crimini sia che li facciano gli Stati Uniti o la Germania e siamo pronti a stabilire una regola di comportamento criminale contro altri che non vorremmo fossero invocata contro di noi….Noi non dobbiamo dimenticare mai che i documenti su cui giudichiamo coloro che si difendono sono i documenti su cui la storia ci giudicherà domani. Passare a chi si sta difendendo un calice avvelenato è come metterlo anche sulle nostre labbra.” [45] Ogni presidente degli Stati Uniti da Roosevelt a George W. Bush ha in pratica approvato un metodo di guerra che pone intere popolazioni come bersaglio per l’annientamento, un metodo che elimina tutte le tracce di distinzione fra combattente e non combattente, con conseguenze mortali. L’impressionante potere della bomba atomica ha oscurato il fatto che questa strategia è venuta alla luce col bombardamento di Tokyo ed è diventata il fulcro della guerra degli Stati Uniti da allora in poi.
Quel calice avvelenato è stato avvicinato alle labbra americane nei processi del 1945 e tanto più nelle successive guerre. Sahr Conway-Lanz indica giustamente le profonde divisioni fra gli Americani che cercano di centrare un giusto equilibrio fra il combattimento e l’atrocità e fra la guerra ed il genocidio. [46] Ma con la assoluta preponderanza del potere tecnologico americano e della minaccia dei nemici, dai Comunisti ai terroristi, ingrandita dal governo e dai media, in pratica c’erano poche resistenze all’annientamento dei non combattenti nella successione di guerre degli Stati Uniti che hanno preteso un così pesante tributo di vite. L’auto-convincimento americano di benevolenza e giustizia è rimasto fisso non sulla realtà dell’uccisione dei non combattenti ma sulla combinazione delle intenzioni americane nel combattere e della generosità nel perseguire il recupero nel dopoguerra in tutte le guerre dal 1945.
Epilogo: La Corea, il Vietnam, l’Iraq e l’uso della forza aerea per colpire non combattenti
La centralità dell’uccisione di massa dei non combattenti attraverso innumerevoli usi delle forze aeree corre come una linea rossa dai bombardamenti del 1944/5, lungo le guerre in Indocina e Corea, al Golfo, l’Afghanistan e le guerre in Iraq. Nel corso di sei decenni dal bombardamento incendiario ed atomico del Giappone, mentre si possono osservare importanti continuità, come il bombardamento e la napalmizzazione di città, nuove, più potenti e versatili armi sarebbero state schierate nel corso delle successive guerre americane combattute principalmente in Asia.
Il Generale Curtis LeMay, il principale architetto della strategia dei bombardamenti incendiari ed atomici applicata in Giappone nel 1945 svolse un ruolo simile in Corea e nel Vietnam. Mai stato uno che ci andava leggero, o per minimizzare l’effetto dichiarato dei bombardamenti, LeMay ricordava della Corea:
Abbiamo più o meno fatto scivolare una lettera sotto la porta del Pentagono ed abbiamo detto, “Guardate, lasciateci andare là sopra… ed abbattere cinque delle più grandi città nella Corea del Nord – e non sono molto grandi – e ciò dovrebbe bastare a finirla.” Bene, la risposta fu quattro o cinque urla – “Ucciderete un mucchio di non combattenti” e “E’ troppo orribile.” Tuttavia in un periodo di tre anni o quasi… abbiamo distrutto ogni città nella Corea del Nord e nella Corea del Sud, lo stesso… Ora, in un periodo di tre anni questo è digeribile, ma uccidere delle persone per evitare che ciò accada – molta gente non lo può digerire.” [47]
Nel corso di tre anni, le forze USA/ONU in Corea hanno fatto 1.040.708 voli ed hanno lanciato 386.037 tonnellate di bombe e 32.357 tonnellate di napalm. Contando tutti i tipi di artiglierie aeree, compresi i razzi e le munizioni per mitragliatrici, il tonnellaggio totale diventa 698.000 tonnellate. Marilyn Young valuta il conto dei morti in Corea, la maggior parte non combattenti, a 2 – 4 milioni e nel solo Sud sono stati sfollati più di 5 milioni di persone, secondo stime ONU. [48]
Una caratteristica significativa di queste guerre è stata l’estensione del bombardamento da fenomeno principalmente urbano all’uso della forza aerea diretta contro le zone rurali della Corea e del Vietnam, portando gli Stati Uniti ad aprire un’altra breccia nei principi internazionali che avevano cercato di ridurre gli attacchi indiscriminati ai non combattenti. Cominciando in Corea, il bombardamento degli Stati Uniti si estese dalle città alla campagna con effetti devastanti. In ciò che Bruce Cumings ha definito “l’atto finale di questa barbara guerra dell’aria,” nella primavera del 1953 le principali dighe per l’irrigazione della Corea del Nord furono distrutte subito dopo che il riso era stato piantato. [49]
Qui consideriamo soprattutto un elemento importante del bombardamento americano in Vietnam. Franklin Roosevelt, nel 1943 pubblicò una dichiarazione che a lungo rimase come l’espressione più chiara della politica degli Stati Uniti sull’uso delle armi chimiche e biologiche. In risposta ai rapporti dei piani dell’Asse di usare gas venefici, Roosevelt avvertì che “l’uso di tali armi è stato dichiarato illegale dall’opinione generale dell’umanità civilizzata. Questo paese non le ha usate e spero che non sia mai costretto ad usarle. Dichiaro categoricamente che in nessun caso ricorreremo all’uso di tali armi a meno che esse non siano state usate prima dai nostri nemici.” [50] Questo principio, incorporato nel Field Manual 27-10 dell’esercito USA, Legge sulla Guerra Terrestre, pubblicato nel 1954, affermava il principio di non usare per primi gas e armi batteriologiche. Nel 1956, quell’indicazione era sparita, sostituita dall’affermazione che gli Stati Uniti non avevano aderito ad alcun trattato in atto “che proibisce o limita l’uso in guerra di gas tossici o non tossici, o materiali incendiari o fumogeni o armi batteriologiche.” Gli sforzi degli Stati Uniti nella ricerca e acquisizione di CBW [Chemical and Biological weapons, ndt], che sono iniziati nei primi anni Cinquanta e sono culminati con l’amministrazione Kennedy all’inizio degli anni 60, hanno causato l’uso delle armi chimiche e biologiche sia contro le forze e la natura Vietnamite, in particolare dalla distruzione della copertura della foresta fino alla distruzione dei raccolti. Come documenta Seymour Hersh, il programma CBW degli Stati Uniti in Vietnam “si intensificò gradualmente dall’uso dei defoglianti ai diserbanti per annientare il riso, e gas nauseanti”. [51] Quanto furono diffusi gli attacchi col gas degli Stati Uniti in Vietnam? Uno studio giapponese del 1967 sugli attacchi anti-raccolto e defoglianti degli Stati Uniti preparato dal Capo della Sezione di Agronomia del Consiglio delle Scienze del Giappone concluse che furono rovinati più di 3.8 milioni di acri di terreno arabile nel Vietnam del Sud e vennero uccisi più di 1.000 contadini e 13.000 capi di bestiame. [52] In faccia alle affermazioni dei militari USA che i gas erano benigni, il Dott. Pham Duc Nam disse ai ricercatori giapponesi che un attacco di tre giorni vicino a Da Nang dal 25 al 27 febbraio 1966 aveva avvelenato sia il bestiame che le persone, alcune delle quali erano morte. “Le donne incinte dettero alla luce bambini nati morti o prematuri. La maggior parte del bestiame ammalato morì per gravi diarree ed i pesci di fiume galleggiavano sulla superficie dell’acqua a pancia in su, subito dopo che i prodotti chimici erano stati sparsi.” [53]
Prima di rivolgersi all’Iraq, vale la pena ricordare i commenti del presidente Nixon al bombardamento della Cambogia come conservato nei nastri di Kissinger pubblicati nel maggio del 2004. In uno scoppio d’ira il 9 dicembre 1970, quando Nixon inveì contro ciò che vedeva come una scialba campagna di bombardamenti dell’aeronautica in Cambogia. Kissinger rispose: “l’aeronautica è progettata per combattere una battaglia aerea contro l’Unione Sovietica. Non sono progettati per questa guerra.” Nixon allora esplose: “Voglio che colpiscano tutto. Voglio che usino aerei grandi, aerei piccoli, tutto ciò che può aiutare là fuori e iniziamo a dargli un piccolo scossone.” Qui c’era un iniziale segnale d’allarme della strategia “Shock and Awe” di una generazione dopo. Kissinger trasmise l’ordine: “Una massiccia campagna di bombardamenti in Cambogia. Qualsiasi cosa che voli su qualsiasi cosa che si muova.” [54] Nel corso della guerra del Vietnam gli Stati Uniti hanno accolto le armi chimiche e biologiche di distruzione di massa come parti integranti del proprio arsenale.
Un’altra storia di bombardamento indiscriminato in Cambogia è emersa 36 anni dopo gli eventi. La nuova prova rende evidente che la Cambogia è stata bombardata in maniera molto più pesante di quanto si sapeva precedentemente e che, ignorata dal pubblico americano o dal mondo, è iniziata non con Nixon nel 1970 ma il 4 ottobre 1965. Durante una visita al Vietnam nella primavera del 2000, il presidente Clinton rese disponibili dettagliati resoconti dell’aeronautica per aiutare i governi vietnamiti, cambogiani e laotiani a scoprire ciò che rimane di 2000 soldati americani mancanti. I resoconti hanno fornito dati specifici sui luoghi e le dimensioni dei bombardamenti. I dati incompleti rivelano che dal 4 ottobre 1965 al 15 agosto 1973, gli Stati Uniti scaricarono molta più artiglieria sulla Cambogia di quanto si è precedentemente creduto: una stima di 2.756.941 tonnellate, sganciate in 230.516 sortite su 113.716 siti. Le conseguenze vanno ben oltre i morti, feriti ed i continui pericoli di armi inesplose. Come Taylor Owen e Ben Kiernan affermano in modo persuasivo, “Le vittime civili in Cambogia hanno spinto una popolazione arrabbiata nelle braccia di un’insurrezione che aveva goduto di relativamente poco supporto finchè il bombardamento non era iniziato, mettendo in moto l’espansione della guerra del Vietnam in profondità in Cambogia, un colpo di stato nel 1970, la rapida ascesa dei Khmer Rossi ed infine il genocidio cambogiano.” [55]
È significativo che, a differenza dei 6 decenni di guerre americane precedenti, la centralità dell’immagine della potenza aerea e della bomba come somma di forza distruttiva, si è spostata drammaticamente nella guerra in Iraq: Gli Americani ricordano la Seconda Guerra Mondiale soprattutto come il coronamento del successo della forza aerea, simbolizzato e mitizzato tramite il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki; ricordano l’era del confronto fra USA e URSS soprattutto come quello della stagnazione nucleare; e ricordano sia la Corea che il Vietnam in non piccola parte con le immagini della predominanza americana in aria, come nel bombardamento di Hanoi e del Vietnam del Nord, così come la deforestazione usando l’Agent Orange con la forza aerea. Ma, come osserva Michael Sherry, la forza aerea è in gran parte retrocessa dalla coscienza in conseguenza del crollo dell’Unione Sovietica e del cambiamento di obiettivo dall’altra superpotenza ai terroristi senza volto connessi con Al-Qaeda ed i militanti islamici. Sherry conclude che è accaduto un cambiamento enorme, uno spostamento dalla profezia alla memoria, in cui la forza aerea declina nella coscienza americana: “bombardieri che attacano Baghdad, i B-52 su Belgrado, aerei russi che colpiscono Grozny, governanti che bombardano la loro gente – la scala di quelle operazioni (per quanto devastanti per i locali) ed il fatto che erano coinvolte forze disuguali non ha scosso le paure e le fantasie apocalittiche degli Americani.” Dove è comparsa la forza aerea nella coscienza americana, secondo lui, “il bombardamento americano è giunto sugli schermi delle televisioni USA più come un affascinante videogioco che come devastante macello.” Di maggiore importanza, conclude, a causa dell’attacco alle Torri Gemelle di New York e del Pentagono il 9/11 ed a causa delle immagini terrificanti che ha evocato, in contrasto alle immagini eroiche della forza aerea nella Seconda Guerra Mondiale, la profezia connessa con esso: “Non sembra durare a lungo o andare in profondità.” [56]
Nel pensare alla guerra in Iraq ed alla coscienza americana contemporanea, vorrei suggerire uno scenario alternativo. In primo luogo, credo che il 9/11 e le Torri Gemelle in fiamme rimangano nella coscienza americana l’immagine iconica dei nostri tempi. È l’immagine centrale degli Stati Uniti per la mobilitazione alla guerra e la spinta primaria che guida i timori americani per il futuro. In secondo luogo, come hanno osservato Seymour Hersh ed altri, i militari USA, mentre continuano a praticare il bombardamento massiccio delle terre irachene, soprattutto nella distruzione di Falluja ma anche a Baghdad, hanno scelto di gettare un mantello di silenzio sulla guerra dell’aria. I principali media rispettano fedelmente i dictat ufficiali in questo come in tanti altri modi. [57] Per concludere, fra le maggiori iniziative dell’amministrazione di George W. Bush ci sono stati gli sforzi per prendere il controllo dello spazio come centro della dominazione globale in un’era che si prevede sostituirà il bombardiere come principale arma per portare distruzione di massa. [58] Il potere aereo rimane fra le principali cause di morte, distruzione, sfollamento e divisione nell’Iraq contemporaneo in una guerra che prima dell’estate 2006, nello studio più autorevole fin qui, (quello del The Lancet) ha richiesto circa 655.000 vite e creato più di due milioni di rifugiati all’estero e un uguale numero trasferito al suo interno (un Iracheno su sette è uno sfollato). In gran parte non riferita dalla stampa tradizionale statunitense ed invisibile nelle notizie e nei reportage della televisione statunitense, questa è la realtà centrale che affronta la gente in Iraq. La strategia degli Stati Uniti ha prodotto divisioni sociali esplosive che promettono di condurre alla guerra permanente in Iraq e in tutta la regione. Malgrado l’incontestata supremazia dell’aria che gli Stati Uniti hanno gestito in Iraq dal 1991 e particolarmente dal 2003, non c’è una fine in vista alla guerra degli Stati Uniti ed alla guerra civile in Iraq ed in tutta la regione. [59]
[Falluja sotto il bombardamento degli Stati Uniti, 2004]
Abbiamo indicato l’impatto decisivo dell’anno finale della Seconda Guerra Mondiale nel porre in essere la predominanza del bombardamento strategico come quintessenza dell’approccio degli Stati Uniti alla guerra, che avrebbe caratterizzato le principali guerre successive che hanno provocato enorme devastazione sulle popolazioni non combattenti. Tuttavia nonostante tutta la potenza liberata dai bombardieri degli Stati Uniti, tutti i milioni di vittime, nei sei decenni dal 1945, la vittoria contro i successivi nemici principalmente asiatici, è risultata straordinariamente sfuggente per gli Stati Uniti.
Questo articolo è stato scritto per Japan Focus.
Pubblicato il 2 maggio 2007.
Mark Selden è ricercatore associato al Programma per l’Asia Orientale, alla Cornell University e coordinatore di Japan Focus. I suoi libri più recenti includono War and State Terrorism. The United States, Japan, and the Asia-Pacific in the Long Twentieth Century.
Note
L’autore ringrazia Noam Chomsky, Bruce Cumings, John Dower, Laura Hein, Gavan McCormack, and Michael Sherry per i commenti critici, le fonti ed i suggerimenti. Il termine olocausto usato nel titolo si avvicina al suo significato originale. L’Oxford English Dictionary fornisce questa definizione: “Completo consumo da fuoco; completa distruzione, in particolare di molte persone; una grande strage o massacro.”
[1] Le stime variano, specialmente nel teatro di guerra del Pacifico. Vedete, ad esempio, John Ellis, la Seconda Guerra Mondiale – un’indagine statistica (New York: New York: Facts on File, 1993); John W. Dower, Guerra Senza Misericordia (New York: Pantheon Books, 1986), pp 294-300; in Roger Chickering, Stig Forster e Bernd Greiner, eds., Un mondo alla guerra totale: Conflitto globale e politiche di distruzione 1937-1945 Cambridge: Cambridge University Press, 2005) p. 3, Forster e Chickering stimano le morti militari a 15 milioni e le morti civili a più di 45 milioni; Wikipedia offre una vasta discussione sui numeri e sulle fonti.
[2] Lee Kennett, A History of Strategic Bombing (New York: Charles Scribner’s Sons, 1982), pp. 9-38; Sven Lindqvist, A History of Bombing (New York: New Press, 2000), pp. 31-42.
[3] “General Report of the Commission of Jurists at the Hague,” American Journal of International Law, XVII (October 1923), Supplement, pp. 250-51.
[4] Una sintesi importante della letteratura sulla guerra e sui non combattenti è Sahr Conway-Lanz, Collateral Damage: Americans, Noncombatant Immunity, and Atrocity After World War II (London: Routledge, 2006). A. C. Grayling, Among the Dead Cities. The History and Moral Legacy of the WWII Bombing of Civilians in Germany and Japan (New York: Walker & Company, 2006), soggetti la scelta britannica ed americana del bombardamento a tappeto nella Seconda Guerra Mondiale in Germania e nel Giappone all’esame accurato dalle prospettive di moralità, diritto internazionale ed efficacia. I termini bombardamento a tappeto, il bombardamento strategico e bombardamento indiscriminato si riferiscono alla distruzione integrale di grandi zone delle città, frequentemente con l’annientamento della popolazione civile. Al contrario il bombardamento tattico è diretto verso obiettivi militari e/o militar-industriali discreti come basi ed aeroporti militari, ponti e fabbriche di armi. In pratica, date le li
mitazioni tecniche, le bombe dirette ad obiettivi militari frequentemente hanno richiesto pesanti tributi civili. Richiamo gli argomenti di terrorismo di stato ed il prendere come obiettivo civili da parte del Giappone e degli Stati Uuniti in Mark Selden ed Alvin So, eds., War and State Terrorism: The United States, Japan and the Asia Pacific in the Long Twentieth Century (Lanham: Rowman and Littlefield, 2004).
[ 5 ] Un numero esiguo di lavori ha posto l’attenzione sulle atrocità di guerra degli Stati Uniti, concentrandosi di solito sulla tortura, l’uccisione e la violazione dei soldati giapponesi catturati. Questi includono Peter Schrijvers, The GI War Against Japan. American Soldiers in Asia and the Pacific During World War II (New York: NYU Press, 2002) e John Dower, War Without Mercy: Race and Power in the Pacific War (New York: Pantheon, 1986). The Wartime Journals of Charles Lindbergh (New York: Harcourt Brace Jovanovich, 1970) è fondamentale nella rilevazione delle atrocità commesse contro I prigionieri di guerra giapponesi. Due recenti lavori valutano molto attentamente il bombardamento dei non combattenti e la devastazione della natura e della società come conseguenza del bombardamento strategico che è stato ignorato in gran parte della letteratura. A. C. Grayling, Among the Dead Cities, fornisce una valutazione completa del bombardamento strategico dei Britannici e degli Stati Un
iti (bombardamento atomico compreso) alla luce dell’etica e del diritto internazionale. La premessa di Grayling è che il bombardamento alleato che ” ha deliberatamente preso di mira le popolazioni civili tedesche e giapponesi” e “hanno ucciso 800.000 donne, bambini ed uomini civili,” “non è in alcun modo avvicinabile all’atrocità morale dell’Olocausto degli Ebrei europeo, o la morte e la distruzione in tutto il mondo per cui l’aggressione Nazista e giapponese era collettivamente responsabile,” una cifra che lui pone a 25 milioni di morti. Tuttavia conclude che l’uccisione di non combattenti da parte di USA e Gran Bretagna “in effetti ha coinvolto la commissione di torti” su una scala molto grande. Pp 5-6; 276-77. Michael Bess, in Choices Under Fire. Moral Dimensions of World War II (New York: Knopf, 2006), pp. 88-110, in un capitolo “sul bombardamento delle popolazioni civili” fa questa domanda: ” questo ha segnato la vittoria con una macchia indelebile di sangue innocente?” Dopo la
riesamina sia degli aspetti strategici che etici, conclude “non ci può essere giustificazione, alla fine, per il bombardamento a tappeto incendiario su grande scala delle città; erano atrocità, pure e semplici. Erano atrocità perché gli Anglo-Americani avrebbero potuto vincere la guerra senza ricorrere a loro.” È necessario, per il mio punto di vista, andare avanti a domandare se queste avrebbero costituito atrocità nelle circostanze in cui il bombardamento, presumibilmente compreso il bombardamento atomico, fosse stato necessario per assicurare la vittoria agli Stati Uniti.
[6] Grayling, Among the Dead Cities, pp. 90-91. Grayling continua a notare le differenti esperienze nei superstiti dei due tipi di bombardamenti, specialmente come conseguenza dei sintomi delle radiazioni da bomba atomica.
[7] Conway-Lanz, “Danni collaterali”, fornisce un’utile descrizione lungo la storia degli sforzi internazionali per proteggere i non combattenti, specialmente dalla Seconda Guerra Mondiale in poi. Vedete anche Timothy L. H. McCormack and Helen Durham, “Aerial Bombardment of Civilians: The Current International Legal Framework,” in prossima uscita.
[8] La domanda di universalità è stata il centro della critica di Noam Chomsky sul comportamento delle potenze, soprattutto gli Stati Uniti, dai suoi primi scritti politici al presente. Vedete, ad esempio, l’introduzione a American Power and the New Mandarins (New York: Pantheon Books, 1966), pp. 4-5; Hegemony or Survival. America’s Quest for Global Dominance (New York: Metropolitan Books, 2003), pp, 2-13, 20-23; Failed States. The Abuse of Power and the Assault on Democracy (New York: Metropolitan Books, 2006), pp. 3-4 and passim. La citazione di Taylor proviene da Nuremberg and Vietnam: an American Tragedy, cited in Chomsky, Failed States, p. 83. John Dower offre osservazioni interessanti sui livelli di giustizia in Embracing Defeat, pp. 451-74; Richard H. Minear, Victors’ Justice: The Tokyo War Crimes Trial (Princeton: Princeton University Press, 1971).
[9] Citato in Lindqvist, A History of Bombing, p. 81. Il dibattito negli Stati Uniti sul bombardamento delle città è dettagliato Michael Sherry, The Rise of American Air Power: The Creation of Armageddon (New Haven, Yale University Press, 1987), pp. 23-28, pp. 57-59. Ronald Schaffer, Wings of Judgment: American Bombing in World War II (New York: Oxford University Press, 1985), pp. 20-30, I08-9. Il messaggio contradittorio del Gen. Billy Mitchell, che si è trasformato nella dottrina dell’aeronautica nel 1926, era che l’attacco aereo “era un metodo di imposizione della volontà terrorizzando l’intera popolazione … mentre si conservano vita e proprietà in misura più grande.” Citato in Sherry, p. 30. Vedete anche Conway-Lanz, “Danni collaterali”, p. 10.
[10] Tami Davis Biddle, “Air Power,” in Michael Howard, George J. Andreopoulos, and Mark R. Shulman, The Laws of War. Constraints on Warfare in the Western World (New Haven: Yale University Press, 1994), pp. 151-52. Gordon Wright, The Ordeal of Total War 1939-1945 (New York: Harper and Row, 1968), p. 26.
[11] On Casablanca bombing see Charles B. Macdonald, World War II: The War Against Germany and Italy, (Army Historical Series, Office of the Chief of Military History), chapter 22.
Il primo grande successo britannico venne ad Amburgo nel 1943 quando il bombardamento distrusse gran parte della città e fece 44.000 morti. Grayling segue lo spostamento britannico e tedesco da bombardamento tattico a strategico nei primi anni della guerra, Among the Dead Cities, pp. 31-76.
[12] Max Hastings, Bomber Command: The Myth and Reality of the Strategic Bombing Offensive (New York: Dial Press, 1979), p. 139.
[13] Sherry, Air Power, p. 260. Con gran parte del bombardamento USA che già si affidava al radar, la distinzione fra bombardamento tattico e strategico in pratica era violata spessissimo. I capi superiori, da George Marshall al Capo dell’aeronautica Henry Arnold a Dwight Eisenhower, dettero tutti molto presto una tacita approvazione al bombardamento a tappeto, tuttavia nessun ordine dall’alto ha spiegato una nuova strategia del bombardamento.
[14] Intervista citata in Richard Rhodes, The Making of the Atomic Bomb (New York: Simon & Schuster, 1986), p. 593.
[15] Schaffer, Wings, p. 97; vedete anche Sherry, Air power, pp 260-63. Grayling dimostra con stringente certezza il fallimento del bombardamento a tappeto della Germania nel realizzare il suo obiettivo di spezzare il morale e causare la pesante distruzione delle città e delle sue industrie militari, quindi forzare la resa, Among the Dead Cities, pp. 106-07. Robert Pape ha fatto una discussione simile per il Giappone, sollecitando altri fattori compreso il blocco navale, la minaccia dell’invasione e l’entrata sovietica in guerra come di importanza maggiore che il bombardamento. Bombing to Win: Air Power and Coercion in War (Ithaca: Cornell University Press, 1996). L’eccessivamente vasto dibattito americano sulla resa del Giappone ha permesso poca attenzione ai bombardamenti, concentrandosi sui tre argomenti collegati alle bombe atomiche, l’entrata russa in guerra e le condizioni degli Stati Uniti riguardo l’imperatore Hirohito.
[16] La critica più eloquente fu uno scritto di Vera Brittain. Grayling, Among the Dead Cities, pp. 180-86. In mezzo al dibattito su Dresda, il 28 marzo 1945, Churchill pubblicò una minuta che mette in discussione la strategia del bombardamento a zona e solleva il problema se il bombardamento tattico degli obiettivi chiave non fosse più efficace. La minuta fu ritirata dopo le proteste dell’aeronautica. Charles Webster and Noble Frankland, The Strategic Air Offensive Against Germany 1939-45 ( London: HMSO, 1961), p. 112.
[17] E. Bartlett Kerr, Flames Over Tokyo, (New York: Fine, 1991), p. 145.
[18] Tsuneishi Keiichi, “Unit 731 and the Japanese Imperial Army’s Biological Warware Program,” from Hata Ikuhiko and Sase Masanori, eds., Sekai Senso Hanzai Jiten (Encyclopedia of World War Crimes), (Tokyo: Bungei Shunju, 2002), tr. John Junkerman, Japan Focus, Nov 20, 2005 japanfocus.org/products/details/2194.
[19] Kerr, Flames Over Tokyo, pp. 31-32, 41-44, 52, 71-74. For the October 1944 recommendations of the Committee of Operations Analysts of the Air Force for area bombing, see pp. 83-88.
[20] Michael Sherry, “The United States and Strategic Bombing: From Prophecy to Memory,” forthcoming; Cary Karacas, “Imagining Air Raids on Tokyo, 1930-1945,” presentata alla riunione annuale dell’Associazione per gli studi asiatici, Boston, 23 marzo 2007, pp 2-5. Sherry segue altre profezie sul bombardamento nucleare fino al romanzo del 1913 di H.G. Wells, The World Set Free. Sherry rende chiaro che la profezia ha la capacità di parlare validamente non soltanto ai fautori ma anche di eccitare gli avversari del futuro previsto.
[21] Sherry, Air Power, pp. 272-73, 404-05.
[ 22 ] La discussione di Cf. Stewart Udall sulla responsabilità dello spostamento degli Stati Uniti verso il bombardamento a tappeto, concentrandosi sul presidente Roosevelt, il Segretario alla Guerra Henry Stimson ed il Segretario all’aeronautica Robert Lovett e la difficoltà di documentazione della responsabilità dello spostamento di politica. Sherry e Schaffer forniscono lo studio più esauriente sulla variazione nella politica del bombardamento USA.
[23] United States Strategic Bombing Survey, Summary Report (Pacific War) (Washington: US GPO, 1946), Vol 1, p. 16.
[24] Kerr, Flames Over Tokyo, pp. 102-03, 108-14, 134-38 . Il successo limitato degli sforzi ripetuti di distruggere la fabbrica di Nakajima ed altre fabbriche di aerei ha aperto la strada alla strategia del bombardamento a tappeto.
[25] Rhodes, Atomic Bomb, pp. 596-97; Wesley Frank Craven and James Lea Gate, The Pacific: Matterhorn to Nagasaki June 1944 to August 1945. Vol. 5, The Army Air Forces in World War II (Chicago: University of Chicago Press, 1953; 1983 Office of Air Force History imprint) pp. 609-13; Kerr, Flames Over Tokyo, p. 146-50. Gli aerei a bassa quota, in grado di conservare combustibile, trasportano più bombe e centrare meglio i loro obiettivi, erano vulnerabili all’attacco degli intercettori nemici. Tuttavia, gli attacchi degli Stati Uniti a metà febbraio hanno distrutto la maggior parte dei 530 intercettori che proteggono la regione di Kanto. Karacas, “Imagining Air Raids on Tokyo,” p. 27. in Giappone in primavera ed estate del 1945, come in virtualmente tutte le campagne successive di bombardamenti condotte nei successivi 6 decenni, gli Stati Uniti hanno governato il cielo con praticamente nessuna capacità nemica di distruggere i suoi bombardieri.
[26] “Tokyo Under Bombardment, 1941-1945,” Bethanie Institute Bulletin No. 5, traduzione in General Headquarters Far East Command, Military Intelligence Section, War in Asia and the Pacific Vol. 12, Defense of the Homeland and End of the War, ed., Donald Detwiler and Charles Burdick (New York, 1980); vedete anche Karacas sul collegamento immaginativo fra il terremoto di Tokyo ed il bombardamento nel romanzo di Unna Juzo.
[27] Sherry, Air Power, p. 276. Un’annotazione fotografica dettagliata, comprese tabelle sulle cifre dei morti, alcuni bruciati fritte e contorti apparentemente non riconoscibili, altri sereni nella morte e di acri della città appiattiti come da un ciclone immenso, si trova in Ishikawa Koyo, Tokyo daikushu no zenkiroku (Complete Record of the Great Tokyo Air Attack) (Tokyo, 1992); Tokyo kushu o kiroku suru kai ed., Tokyo daikushu no kiroku (Record of the Great Tokyo Air Attack) (Tokyo: Sanseido, 1982), and Dokyumento: Tokyo daikushu (Document: The Great Tokyo Air Attack) (Tokyo: Yukeisha, 1968).
[28] Il rapporto morti-feriti di più di due a uno era ben superiore alla maggior parte delle valutazioni per il bombardamento atomico di Hiroshima e di Nagasaki in cui uccisi e feriti erano circa uguali. Se accurato, è indicativo della difficoltà immensa a fuggire per quelli vicini al centro deldella tempesta di fuoco a Tokyo quella notte. Il rapporto di uccisioni dell’indagine, tuttavia, è stato contestato dai ricercatori giapponesi che hanno trovato i rapporti molto più alti a Hiroshima e Nagasaki, specialmente quando si includono coloro che sono morti mesi e anni dopo per le lesioni della bomba. Dal mio punto di vista, le valutazioni di SBS esagerano sia il rapporto uccisi per feriti che minimizzano i numeri degli uccisi nell’incursione di Tokyo. Il Committee for the Compilation of Materials on Damage Caused by the Atomic bombs in Hiroshima Nagasaki: The Physical, Medical and Social Effects of the Atomic Bombing (New York: Basic Books, 1991), pp. 420-21; Cf. U.S. Strategic Bombing
Survey, Field Report Covering Air Raid Protection and Allied Subjects Tokyo (n.p. 1946), pp. 3, 79. Contrariamente al bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki, che per cinquanta anni sono state l’argomento di ricerca intensa di Giapponesi, Americani ed altri, le annotazioni più significative dell’attacco su Tokyo sono quelle compilate allora dalla polizia giapponese e dai reparti dei pompieri. Nell’assenza di misticismo della bomba atomica e nel continuo fuoco nazionale e globale su quell’evento, non c’era motivo che costringesse a continuare a controllare i risultati dei bombardamenti alle città giapponesi che seguono la resa. E nè I militari degli Stati Uniti nè il governo giapponese hanno prodotto annotazioni significative della distruzione durante l’occupazione. The U.S. Strategic Bombing Survey study of Effects of Air Attack on Urban Complex Tokyo-Kawasaki-Yokohama (n.p. 1947), p. 8, osserva che le valutazioni della polizia giapponese di 93.076 morti e di 72.840 feriti nel
le incursioni aeree di Tokyo non fanno menzione dei numeri delle persone scomparse. Certamente, anche, molti classificati come feriti sono morti successivamente delle loro ferite. Contrariamente al controllo delle morti della bomba atomica durante i sei decenni successivi, il numero delle vittime a Tokyo nel migliore dei casi registra le morti e le lesioni nei giorni dal bombardamento in un momento in cui la capacità dei militari e della polizia di Tokyo a compilare le annotazioni era stata sopraffatta. Certamente molti sono morti nelle seguenti settimane e mesi. Il bombardamento di Tokyo e di altre città giapponesi ha attratto poca attenzione di studiosi in Giappone (con l’eccezione dei musei locali e degli studi locali sul bombardamento delle città particolari) o internazionalmente.
[29] Karacas, “Imagining Air Raids,” p. 22.
[30] Dokyumento. Tokyo daikushu, pp. 168-73.
[31] John W. Dower, “Sensational Rumors, Seditious Graffiti, and the Nightmares of the Thought Police,” in Japan in War and Peace (New York: The New Press, 1993), p. 117. United States Strategic Bombing Survey, Summary Report, Vol I, pp. 16-20.
[32] Conway-Lanz, Collateral Damage, p. 1.
[33] Kerr, Flames Over Tokyo, pp. 337-38.
[34] Two excellent complementary accounts of important dimensions of the geopolitics and political economy of contemporary US empire are Chalmers Johnson, The Sorrows of Empire. Militarism, Secrecy, and the End of the Republic (New York: Metropolitan Books, 2004), and Michael T. Klare, Blood and Oil (New York: Metropolitan Books, 2004).
[35] The numbers killed, specifically the numbers of non combattenti killed, in the Korean, Vietnam and Iraq wars were greater, but each of those wars extended over many years.
[36] Mark Selden, “American Nationalism and Asian Wars,” (in progress).
[ 37 ] Cf. Dower esamina la prospettiva storica sulla guerra e sul razzismo nel pensiero americano ed il pragmatismo in War Without Mercy: Race and Power in the Pacific War (New York: Pantheon Books, 1986). In Year 501: The Conquest Continues (Boston: South End Press, 1993) e molte altre opere, Noam Chomsky dà risalto alle continuità nelle ideologie occidentali che sottostanno alle pratiche che conducono all’annientamento di intere popolazioni nel corso delle guerre coloniali ed espansioniste oltre un millennio e più.
[38] Geoffrey Best, War and Law Since 1945. Oxford: Clarendon Press, 1994) pp. 180-81.
[39] See for example Robert Jay Lifton and Greg Mitchell, Hiroshima in America. Fifty Years of Denial. (New York: Grossett/Putnam, 1945), Parts II-IV; Conway-Lanz, Collateral Damage, pp. 13-16.
[40] Il bombardamento inoltre si sarebbe esteso dalle città alla campagna, come negli attacchi di deforestazione Agent Orange che hanno distrutto la copertura della foresta ed avvelenato i residenti delle regioni del Vietnam.
[41] Ho esaminato gli argomenti della guerra in Cina del Giappone e della resistenza cinese in China in Revolution: The Yenan Way Revisited (Armonk: M.E. Sharpe, 1995), and in Edward Friedman, Paul G. Pickowicz and Mark Selden, Chinese Village, Socialist State (New Haven: Yale University Press, 1991). Una discussione sui crimini di guerra giapponesi nel pacifico, individuando gli argomenti all’interno di un contesto comparativo delle atrocità commesse dagli Stati Uniti, Germania ed altre potenze, è Hidden Horrors: Japanese Crimes in World War II. Yuki Tanaka. Takashi Yoshida, The Making of the “Rape of Nanking”: History and Memory in Japan, China and the United States (Oxford: Oxford University Press, 2006) esamina la comprensione del massacro di Nanjing in ogni paese. Daqing Yang esamina la polemica cinese e giapponese sulla violenza di Nanjing in A Sino-Japanese Controversy: The Nanjing Atrocity as History,” Sino-Japanese Studies, (November 1990), pp. 14-35. Per studi supplementari
sulle atrocità giapponesi di guerra e la ricerca di giustizia per le vittime, vedete gli articoli di Utsumi Aiko, William Underwood, Yoshiko Nozaki, Gavan McCormack, Tessa Morris-Suzuki, Yuki Tanaka, Mark Selden and others at Japan Focus, http://japanfocus.org.
[42] R.J.R. Bosworth, Explaining Auschwitz and Hiroshima. History Writing and the Second World War 1945-1990 (London: Routledge, 1993). Ampie discrepanze rimangono riguardo agli incidenti ed alle morti della Seconda Guerra Mondiale, considerevolmente in Asia. Cf. John Dower’s compilation and discussion of the basic data, War Without Mercy, pp. 295-300, and “Race, Language and War in Two Cultures,” in Japan in War and Peace, p. 257.
[43] Dower, Embracing Defeat, pp. 443-47; Conway-Lanz, Collateral Damage, pp. 16-17.
[44]Mark Selden, “Nationalism, Historical Memory and Contemporary Conflicts in the Asia Pacific: the Yasukuni Phenomenon, Japan, and the United States”; Takahashi Tetsuya, “The National Politics of the Yasukuni Shrine” in Naoko Shimazu, ed., Nationalisms in Japan (London: Routledge, 2006), pp. 155-80; Caroline Rose, “The Battle for Hearts and Minds. Patriotic education in Japan in the 1990s and beyond,” in Shimazu, pp. 131-54. Il governo giapponese ha chiesto scusa alle donne militari di piacere (ianfu jugun), nella dichiarazione 1993 del primo Ministro Kono Yohei. Ma contrariamente agli ampi risarcimenti della Germania alle vittime Naziste, il governo giapponese nicchia sulla sua responsabilità stabilendo “un fondo monetario riservato” per fornire risarcimenti di 200.000 Yen alle donne schiave sopravvissute. Per questo motivo, un’opposizione forte al programma, specialmente in Corea del sud e Taiwan ha condotto la maggior parte dei superstiti a rifiutare la compensazione.
[45] In Noam Chomsky, “War on Terror,” Amnesty International Lecture, Trinity College, January 18, 2006.
[46] Collateral Damage, pp. 18-19. Conway-Lanz traccia i principali dibattiti importanti negli Stati Uniti dal 1945 concentrati sulle morti di non combattenti per mostrare che la questione dell’intenzione, non la scala delle morti di non belligeranti causate dalle azioni amenricane, sbattono ripetutamente contro le discussioni in dibattiti politici sulle bombe all’idrogeno ed atomiche e il prendere di mira città e villaggi per la distruzione.
[47] General Curtis LeMay, Oral History, 1966, cited in Marilyn Young, “Total War”, conference paper, 2006.
[48] Young, “Total War.”
[49] Bruce Cumings, Origins of the Korean War (Princeton, NJ: Princeton University Press, 1990) v.2, p. 755.
[50] Seymour M. Hersh, Chemical and Biological Warfare. America’s Hidden Arsenal, (New York: Anchor Books,1969), p. 18.
[51] Hersh, Chemical and Biological Warfare, pp. 28-32. See also Ronald B. Frankum Jr., Like Rolling Thunder. The Air War in Vietnam, 1964-1975 (Lanham, MD: Rowman & Littlefield, 2005), pp. 88-92.
[52] Hersh, Chemical and Biological Warfare, pp. 131-33. Hersh nota che il valore 60 milioni di dollari dei defoglianti e diserbanti nel preventivo del Pentagono del 1967 sarebbe stato sufficiente a deforestare 3.6 milioni di acri se fossero stati usati tutti ottimamente.
[53] Hersh, Chemical and Biological Warfare, pp. 134, 156-57. Il Dr. Alje Vennema ha descritto i sintomi delle vittime del gas all’ospedale di Quang Ngai in cui ha lavorato nel 1967, compresi due bambini ed un adulto che sono morti.
[54] Elizabeth Becker, “Kissinger Tapes Describe Crises, War and Stark Photos of Abuse,” The New York Times, May 27, 2004.
[55] “Bombs Over Cambodia: New Light on US Indiscriminate Bombing,” Walrus, December 7, 2006.
[56] Michael Sherry, The United States and Strategic Bombing: From Prophecy to Memory,” forthcoming.
[57] Seymour Hersh, “Up in the Air Where is the Iraq war headed next?” The New Yorker, Dec 5, 2005; Dahr Jamail, “Living Under the Bombs,” TomDispatch, February 2, 2005; Michael Schwartz, “A Formula for Slaughter. The American Rules of Engagement from the Air,” TomDispatch, January 14, 2005.
[58] Tom Barry, “The Militarization of Space and U.S. Global Dominance: the China Connection” Japan Focus. December 6, 2006.
[59] Anthony Arnove, “Four Years Later… And Counting. Billboarding the Iraqi Disaster”, TomDispatch, March 18, 2007. Seymour Hersh, “The Redirection. Is the Administration’s new policy benefiting our enemies in the war on terrorism?” The New Yorker March 3, 2007. Michael Schwartz, “Baghdad Surges into Hell. First Results from the President’s Offensive”, Tom Dispatch, February 12, 2007.
Titolo originale: “A Forgotten Holocaust: US Bombing Strategy, the Destruction of Japanese Cities and the American Way of War from the Pacific War to Iraq” [Un Olocausto Dimenticato: la Strategia dei bombardamenti USA, la distruzione delle città giapponesi e l’approccio americano alla Guerra, dalla Guerra del Pacifico all’Iraq n.d.t.]
Mark Selden
Fonte: http://japanfocus.org/
Link: http://japanfocus.org/products/details/2414
02.05.2007
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di FILMARI
VEDI ANCHE: UN OLOCAUSTO DIMENTICATO: LA STRATEGIA DEI BOMBARDAMENTI USA (PARTE I)