DI WAYNE MADSEN
Strategic Culture
15.05.2011
La storia dell’Europa è quella di una serie di imperi che implodono. Alcuni, come quello Romano, il Sacro Romano, l’Ottomano e l’Austro-Ungarico erano semplicemente
sovradimensionati e sono collassati per le rivolte nazionaliste abbinate
a un’inerzia interna politica ed economica. Altri, come quello tedesco
nazista, il sovietico, l’italiano fascista, il francese napoleonico,
lo spagnolo e il portoghese, collassarono come conseguenza delle loro
aggressioni militari e delle incessanti macchinazioni da parte di forze
esterne.
L’Unione Europea sembra soffrire degli stessi sintomi di quelli sperimentati dalla prima categoria di imperi europei che sono falliti: il sovradimensionamento, una burocrazia ferma e ridondante e il collasso economico. Proprio mentre l’Europa sta lottando per diventare un’entità più unita e federale, c’è stata una frattura tra i suoi stati membri, con una divisione Nord-Sud e l’economia in subbuglio che minacciano di buttare all’aria il castello di carte.
L’ascesa dei partiti
politici nazionalisti in quelli che prima erano nazioni sostenitrici
dell’Unione e il collasso di alcune economie nazionali a causa delle
politiche bancarie predatorie e dell’inondazione di dollari da parte
del sistema finanziario globale – un congegno dei banchieri centrali
chiamato quantitative easing – ha creato delle linee di frattura
che non solo minacciano di spazzare via l’Euro e portare la Banca
Centrale Europea all’estinzione ma spingono alcuni membri a lasciare
l’Unione Europea.
Anche se c’è sempre
stato un certo grado di euroscetticismo dall’entrata in vigore del
Trattato di Maastricht nel 1993, che trasformò la CEE nell’Unione
Europea creando l’euro, i sentimenti anti-europei ora sono presenti
sia a destra che a sinistra. Il fervore anti-europeista non è solo
aumentato nelle nazioni tradizionalmente euroscettiche, Danimarca, Regno
Unito e Francia, ma si è diffuso anche nei suoi più recenti sostenitori,
tra cui l’Irlanda, i Paesi Bassi, la Finlandia, la Grecia e soprattutto
la Germania.
La Danimarca per prima
non ha ratificato il protocollo di Maastricht e un referendum sul Trattato
in Francia per poco non ha avuto esito negativo. La Danimarca, prima
della ratifica, ha insistito su quattro emendamenti da apporre al Trattato.
Nel 1985 Maastricht fu preceduto dall’Accordo di Schengen, che
abolì i controlli di frontiera tra gli stati membri, compresi Svizzera
e Norvegia, anche se non membri dell’Unione. Invece il Regno Unito
e l’Irlanda non hanno mai aderito all’Accordo di Schengen.
Con l’ascesa dei
partiti nazionalisti e anti-europei nella legislazione dell’UE e nel
Parlamento Europeo, unita all’aumento dell’immigrazione illegale
dal Nord Africa in seguito alle rivolte popolari in Tunisia, Egitto
e Libia, Schengen è adesso avversato da molti Stati, dalla Danimarca
alla Finlandia, dalla Francia all’Italia. L’instabilità politica
del Nord Africa fu inizialmente provocata dalle flessioni delle economie
nordafricane causate dalle politiche bancarie occidentali che hanno
provocato inflazione, carenza di cibo e un alto livello di disoccupazione.
E così le forze conniventi dei banchieri occidentali e delle aziende
multinazionali, in sintonia con le agenzie occidentali d’intelligence
e con la ridda delle organizzazioni non governative, hanno cercato di
mettere a frutto in Nord Africa le trasformazioni politiche con l’implementazione
delle dottrine shock del capitalismo rapace: in ogni crisi c’è
un profitto da dragare e aziende di stato da privatizzare.
Una delle nazioni da
sempre euroscettiche, la Danimarca, fu il primo paese ad annunciare
la reintroduzione dei controlli ai confini per respingere i migranti
nordafricani in fuga dalle guerre civili e dai conflitti nelle loro
nazioni. La burocrazia europea ha gridato allo scandalo, ma la Danimarca
è stata appoggiata dall’Italia e dalla Francia, che avevano anche
loro un notevole flusso di immigrazione illegale.
Nel frattempo il pacchetto
di salvataggio europeo per Grecia, Portogallo, Irlanda e Spagna ha provocato
le lamentele delle nazioni più prospere – Germania, Finlandia, Paesi
Bassi e Svezia – per queste misure di salvataggio concesse
a questi stati membri, predati dai banchieri globali, che si sono visti diminuire il rating
delle proprie obbligazioni fino a essere considerate ‘junk’, ossia spazzatura. Le misure impopolari di austerity imposte dall’Unione Europea e dal FMI a Grecia, Irlanda, Portogallo
e Spagna – la riduzione del personale della pubblica amministrazione, l’aumento dell’età pensionabile, l’abbassamento delle pensioni e dei sussidi ai lavoratori – hanno provocato un risentimento
della gente contro i banchieri e i burocrati della BCE, contro la Commissione Europea e il FMI. In Grecia le proteste violente dei lavoratori sono state duramente represse dalle forze di polizia e da quelle paramilitari.
Le impopolari misure
di riduzione della spesa realizzate dal governo britannico pro-Europa
hanno visto massicce proteste di studenti e di lavoratori a Londra e
in altre grandi città. I sentimenti anti-europei sono aumentati anche
tra le fila del Partito Conservatore. Nei nuovi membri dell’Europa
dell’Est, dove l’adesione era inizialmente considerata un cambio
a lungo atteso dai regimi comunisti del passato, i sentimenti anti-UE
sono saliti alle stelle in Lettonia e Ungheria, che, insieme a Grecia,
Spagna, Irlanda, Portogallo e Islanda, si sono sentite soffocate dalle
richieste del FMI e dei suoi accoliti tanto quanto la cameriera dell’albergo
di Manhattan molestata dal direttore del FMI, Dominique Strauss-Kahn.
L’euroscetticismo,
che va dalla linea dura dell’estrema destra del British UK Independence
Party, del Fronte Nazionale in Francia e del Partito della Libertà
in Austria fino alle posizioni più morbide del Partito Conservatore
nel Regno Unito e dei Verdi danesi e svedesi, si è via via modellato
verso una posizione che non cerca una riforma dell’UE ma una sua completa
dissoluzione o qualcosa di molto simile. Ci sono state forti richieste
per l’abbandono dell’Euro e il ritorno alla Lira in Italia, al Marco
in Germania, alla Dracma in Grecia e la Peseta in Spagna.
Ci sono state notizie
per cui la Grecia potrebbe essere la prima nazione a uscire dall’eurozona.
I sentimenti contrari all’Unione Europea e alla finanza globale sono
alle stelle in Grecia e il primo ministro socialista George Papandreou
ha poco spazio di manovra per i diktat
imposti alla fallimentare economia greca che vengono da Francoforte
– il quartier generale della Banca Centrale Europea – e da Bruxelles.
La Germania, la Banca Centrale Europea e il FMI temono che una Grecia
finanziariamente indipendente possa solo fallire a causa dei propri
debiti.
Comunque, il non adempiere ai pagamenti sul debito delle stesse
banche, che ora stanno spremendo Grecia, Islanda, Irlanda, Spagna e
Portogallo, per stigmatizzare le draconiane riduzioni di spesa è proprio
quello che i gruppi dei lavoratori, dei pensionati e degli studenti
sostengono. I movimenti popolari in forte ripresa della sinistra nell’UE
considerano l’inadempienza nei confronti delle banche vampire e rapaci
come il primo passo per rinazionalizzare i servizi fondamentali e le
altre imprese che prima erano di proprietà dello stato e smantellare
il sistema capitalista dei derivati, dei CDO, delle cartolarizzazioni
e di altri schemi finanziari “alchemici” che sono stati rivelati
in sogno agli gnomi occhialuti che godono nel ricompensare le sempre
più avide banche e multinazionali.
I recenti successi
elettorali del partito anti-europeo dei Veri Finlandesi ha spinto la
Finlandia vicino più vicino ai sentimenti anti-europei che si riscontrano
nei suoi vicini in Danimarca e Norvegia. La Norvegia non ha mai aderito
all’UE e i suoi partner del nord Europa hanno sempre voluto che la
sua forte economia rimanesse fuori dall’Unione, un conglomerato burocratico
che dissangua le finanze degli stati.
L’ascesa dei partiti
di estrema destra, xenofobi e anti-immigrazione, non è il solo sviluppo
che minaccia l’UE e i suoi piani per un’Europa federata. Nel cuore
della burocrazia dell’UE, a Bruxelles, il Blocco Fiammingo sta non
solo auspicando l’indipendenza dalle Fiandre e la dissoluzione del
Belgio, ma vuole anche che le Fiandre se ne escano dall’Unione. Le
Fiandre fuori dall’Europa, che sono a due passi dal quartier generale
dell’Unione, non è più un’ ipotesi. I recenti successi del
Scottish National Party nelle elezioni scozzesi si può vedere come
una Scozia indipendente che entra nell’UE alle sue condizioni con
l’Inghilterra e il Galles che si allontanano sempre più dall’Europa.
La Turchia, che è
stata respinta ogni volta da un’Unione Europea sempre più nazionalistica
anti-musulmana, sta ora avendo una forte crescita economica. Molti
turchi si domandano chi beneficerà maggiormente dall’adesione della
Turchia all’UE. Un’Unione Europea finanziariamente traballante potrebbe
essere ansiosa di appropriarsi della ricchezza economica della Turchia
per salvare le economie al fallimento di Grecia, Portogallo e Irlanda.
La Turchia, che ora vede nuovi mercati potenziali per i suoi affari
nel Medio Oriente e in Asia Centrale, potrebbe vedersi costretta da
un’Unione Europea influenzata da Israele a frenare le sue relazioni
economiche con Iran, Siria, Egitto e Palestina.
Gli Stati Uniti hanno
considerato l’Unione Europea un complemento naturale alla misteriosa
alleanza militare della NATO. L’alleanza EU-USA-NATO, che ha aiutato
a mascherare i protettorati di Bosnia-Erzegovina e Kossovo facendoli
sembrare stati indipendenti, cercherà a tutti i costi di mantenere
lo status quo in Europa. Comunque, con i cittadini europei
che scendono in piazza per protestare e con i fumi delle molotov
e dei gas lacrimogeni nelle strade di Atene, Londra e presto di altre
capitali, gli Stati Uniti, una “tigre di carta” in declino, avranno
una scarsa influenza nell’ostacolare il dissolvimento dell’Unione
Europea. Che piaccia o no, gli Stati Uniti vedranno presto il collasso
del progetto di un superstato europeo con sede a Bruxelles e il susseguente
ritorno della sovranità delle nazioni d’Europa.
Traduzione
per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE