UN ADDIO ALL’EGEO: L’UE, IL FMI E LA DISTRUZIONE DI UN MARE ANTICO

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DI IANNIS CARRAS
Open Democracy

Il progetto dell’Unione Europea e del FMI per “salvare” la Grecia comporterà una devastazione ambientale per mano dell’uomo senza precedenti. Il settore edilizio è al settimo cielo. Ma c’è una qualche alternativa invece di distruggere l’Egeo per sempre?

Gran parte del dibattito sulla crisi economica, politica e sociale greca che sta strozzando la Grecia ha trascurato il ruolo dell’Unione Europea nell’alimentare la crisi.
Lasciando da parte gli effetti distorsivi sulla competitività nei paesi periferici dell’Unione causati dall’introduzione dell’Euro e dalla susseguente mancanza di controlli, sono stati proprio i sussidi dell’UE mal attribuiti che hanno provocato una carenza di competitività in molti settori dell’economia greca e sono proprio questi sussidi che hanno consentito la crescita spaventosa del debito pubblico greco dopo l’elezione di Andreas Papandreou a Primo Ministro nel 1981.

Un esempio lampante delle conseguenze di quei sussidi è costituito dalla più che ventennale disputa sulla deviazione del fiume Acheloos dalla Grecia occidentale alla Tessaglia, un argomento che al momento è sottoposto al giudizio della Corte di Giustizia dell’Unione Europea in Lussemburgo. Le ONG ambientaliste greche che si sono occupate del caso lamentano che la deviazione progettata, che è già costata milioni di euro, è stata realizzata senza uno studio di impatto ambientale, e di conseguenza contravviene alla direttiva dell’UE che proibisce il trasferimento delle acque tra bacini idrografici senza un’analisi appropriata. Come Oliver A. Houck ha riportato nel suo recente libro Taking Back Eden (Island Press, 2010), il costo totale della deviazione e dei progetti connessi è stimato tra 1,4 e 6,5 miliardi di euro a seconda di quello che viene incluso nel calcolo.

L’UE non ha ancora fornito la copertura finanziaria per la deviazione del fiume ma, seguendo la Politica Agricola Comunitaria, ha per lungo tempo sussidiato la produzione di cotone nella pianura della Tessaglia, responsabile di un’enorme dispendio di acqua. I pozzi artesiani e altre fonti idriche si stanno prosciugando ma, invece di finanziare il passaggio a forme alternative di produzione agricola, il governo greco sta premendo per la realizzazione della deviazione.
realizzata. I principali beneficiari non saranno gli agricoltori della Tessaglia, visto che i sussidi dell’Unione per il cotone sono stati ridotti. Invece, sono i membri del Parlamento della Tessaglia e i partiti in cui militano che avranno i maggiori vantaggi; sono considerati dei mediatori per promuovere il clientelismo dell’Unione. E, naturalmente, i maggiori profitti si concentrano nelle mani delle aziende edilizie che, a turno, forniscono gran parte dei fondi che lubrificano gli ingranaggi del sistema politico greco. Si possono fornire molti esempi di questo tipo.

Per le ragioni esposte da Dionyssis G. Dimitrakopoulos (L’uscita della Grecia dall’ Eurozona, un calice avvelenato, Open
Democracy,
28 giugno 2011), il Parlamento greco potrebbe aver avuto le sue giustificazioni per votare seguendo il secondo Memorandum, così come era stato richiesto dall’UE e dal FMI. Come ha ammesso George Provopoulos, governatore della Banca di Grecia, si è trattato di un “voto suicida”. Ma questo voto obbligato lascia più questioni aperte di quante non ne sia riuscito a rispondere. Per soddisfare le richieste dell’UE e del FMI, la Grecia dovrebbe reperire cinquanta miliardi di euro dai processi di privatizzazione. Come chiaramente indicato da un report del Financial Times,
basato su una ricerca di Privatisation Barometer (
La Grecia davanti a una “svendita” per il deficit,
28 giugno 2011), la Grecia ha solamente 13 miliardi di euro in asset pronti per essere venduti. La parte mancante dovrà essere coperta dalla vendita del territorio della nazione; in particolare la Grecia ha bisogno di aggiungere “ancora altri territori e siti culturali nella sua lista di vendita”. In altre parole, l’UE e il FMI stanno pretendendo la vendita delle terre costiere su una scala senza precedenti in tutto l’Egeo. Saranno svendite che otterranno una frazione irrisoria del valore di mercato di questi beni. Verranno usate per ridurre il tasso di incremento del debito greco calcolato in percentuale sul PIL. Una
volta venduto ed edificato, l’Egeo e la sua natura cambieranno per sempre.

Come potrebbe una politica del genere aiutare la Grecia? Nel breve termine, potrebbe tenere la Grecia in piedi per un giorno in più. Il FMI metterà a disposizione i successivi 12 miliardi di euro in prestiti e così a luglio non si avrà un default devastante. Nel medio termine, comunque, i benefici di questa politica sono quanto meno ambigui. La cementificazione potrebbe dare una spinta all’economia, ma, come rivela anche il caso della Spagna, con le sue settecento mila seconde case invendute – non c’è alcuna garanzia che la richiesta per queste seconde case esista. Inoltre, non è neppure necessario parlare dell’impatto dovuto all’uso dell’acqua per queste edificazioni in una parte del pianeta che già soffre degli effetti del cambiamento climatico.

Proprio per via della distruzione ambientale massiccia e perché la costruzione su “territori e siti culturali di primaria importanza” era una delle politiche che caratterizzò
la Giunta (1967-1974), il 24esimo articolo della Costituzione del nuovo Stato greco ha come obbiettivo la protezione dell’ambiente. Malgrado le onnipresenti costruzioni abusive che sono state realizzate anche per la mancanza di un registro del catasto aggiornato (and
Transparency International Greece ha fatto proposte per risolvere il problema), uno dei risultati ottenuti da quest’articolo della Costituzione è dato dal fatto che la Grecia oggi riesce ad attirare turismo di alta qualità nelle sue isole (ma non nelle sue città, dove la distruzione delle eredità architettoniche è stata molto più pesante). È quindi degno di nota che malgrado la paralisi di Atene, le regione egee della Grecia non siano state tanto colpite. Invece di viaggiare nelle strade di Atene, i visitatori atterrano direttamente a Creta, a Rodi e nelle altre isole, assicurando così che questo settore dell’economia greca sia in crescita (l’incremento degli arrivi per il turismo è
stimato al 10 per cento per il 2011). E allora l’edilizia non renderà l’economia greca più produttiva. Avrà esattamente l’effetto opposto. Distruggendo la natura della Grecia, si elimina una delle poche fonti
di reddito a cui la Grecia si è sinora affidata per attirare turismo di qualità. Invece di riformare lo Stato greco una volta per tutte, le politiche dell’UE e del FMI sembrano intenzionate a distruggere persino quei settori dell’economia greca che funzionano.

Verranno tentate varie soluzioni per bypassare l’ostacolo posto dalla Costituzione greca: invece di riscrivere la Costituzione, il territorio potrebbe venire affittato piuttosto che venduto; comunque, se il valore della legge verrà mantenuto, questi propositi verranno (dopo varie dilazioni) a tempo debito stroncati dal Consiglio di Stato, la più alta corte amministrativa della nazione. È inconcepibile che il valore della legge non venga confermato, ma le pressioni sullo Stato greco e sui giudici coinvolti in queste decisioni saranno enormi. È rassicurante vedere come le ONG greche e la società civile (ad esempio il programma Egeo Sostenibile) siano già pronte alla battaglia contro questo tentativo dell’UE e del FMI di
intaccare allo stesso modo il valore della legge e l’ambiente greco e, forse, quello di tutta l’Europa.

In breve, le politiche dell’UE e del FMI per la vendita e l’edificazione dell’Egeo costituiscono una forma di colonialismo: i beni primari (in questo caso, il territorio) vengono sottratti a beneficio degli interessi stranieri che sono tutelati da una classe iper-corrotta di servitori dello Stato. Stephanos Manos, l’ex Ministro dell’Economia greco, molto rispettato negli ambienti affaristici e leader del partito neo-liberista Drasi, ha diffuso una dichiarazione che condanna queste politiche come “un ritorno alla pianificazione urbanistica della Giunta”. Invece di risolvere i problemi di una nazione corrotta, le politiche dell’UE e il FMI sono strutturate per favorire il settore edilizio e i suoi accoliti, in altre parole per beneficiare quei settori che sono i maggiori responsabili della crisi politica ed economica che i greci devono affrontare in questi
giorni.

È ironico che il Primo Ministro, George Papandreou, per quante colpe possa avere, ha finora sempre reso noto il proprio impegno per l’ambiente, creando addirittura un Ministero apposito e promuovendo noti attivisti nel suo partito, anche a costo della sua permanenza al potere (Anthony Barnett e Mary Kaldor, La
Grecia è all’avanguardia?
, Open Democracy, 9 novembre 2009). Ora è costretto dall’UE e dal FMI di prendersi la responsabilità della peggiore distruzione ambientale per mano dell’uomo nella storia degli Egei.

Il governo potrebbe aver fatto bene a votare in base al secondo Memorandum. È un dovere dei greci, e anche di tutta l’umanità, di assicurarsi che le disposizioni del
secondo Memorandum riguardo la vendita del territorio statale alle compagnie edilizie non vengano realizzate. La privatizzazione dovrebbe essere ritardata il più a lungo possibile, raddoppiando gli sforzi per raggiungere l’attivo di bilancio entro il 2012, e poi progettare un default della Grecia con il suo assenso. I popoli d’Europa si meritano questo e altro.

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Fonte: http://www.opendemocracy.net/iannis-carras/farewell-to-aegean-eu-imf-and-destruction-of-ancient-sea

30.06.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

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