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La Redazione

 

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TRIPOLI BOMBARDATA, MA TENACE

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A cura di supervice
Il 2 Luglio 2011
28 Views
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DI THIERRY MEYSSAN
Voltairenet.org

Mentre la campagna dei bombardamenti in Libia è entrata nel centesimo giorno, la NATO ha annunciato il suo successo imminente. Comunque, visto che lo scopo della guerra non è mai stato chiaramente definito, è difficile sapere cosa
si intende dire con successo. Nel frattempo, la Corte Criminale Internazionale ha inviato un mandato d’arresto contro il leader libico Muammar Gheddafi, suo figlio Seif al-Islam e il direttore dell’intelligence del regime libico, Abjullah al-Sanoussi, per “crimini contro l’umanità”.

Secondo le condizioni stabilite dalla

Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1973, lo scopo della “Coalizione

dei Volenterosi” era quello di stabilire una zona a divieto di volo

per impedire al tiranno di assassinare il proprio popolo. Comunque,

i resoconti iniziali dalla Libia secondo cui quali Gheddafi aveva mobilitato

la sua aeronautica militare contro il proprio popolo devono essere ancora

confermati, nonostante l’accettazione della loro autenticità da parte

della CPI. In ogni caso, le operazioni della NATO sono andate ben oltre

l’aver stabilito una zona di divieto di volo, trasformandosi in una

campagna di distruzione sistematica a cui partecipano tutte le forze

armate, di aria, di terra e di mare.

Gli obiettivi della NATO evidentemente

risiedono altrove. I capi dell’Alleanza hanno richiesto ripetutamente

il rovesciamento del “regime” di Muammar Gheddafi, compresa

l’eliminazione fisica del “Fratello Leader”. Allo stesso

tempo, i media occidentali annunciano periodicamente le “defezioni

massicce” degli ufficiali di Tripoli che si riuniscono alla causa

dei ribelli di Benghazi, non riuscendo a citare alcun nome se non quello

dei leader politici già noti per la loro intesa di vecchia data

con Washington, come nel caso del Ministro degli Esteri, Moussa Koussa.

L’opinione pubblica e internazionale

è largamente disinformata. Washington ha bloccato la trasmissione

del canale satellitare Jamahiriya, facente parte dell’Organizzazione

delle Comunicazioni del Satellite araba (Arabsat) della quale

la Libia è un’azionista. Non ci vorrà molto prima che il Dipartimento

di Stato faccia lo stesso con NileSat. In violazione dei trattati internazionali

stipulati, Washington ha negato un visto al nuovo ambasciatore libico

alle Nazioni Unite. Non può andare a New York a esporre il suo punto

di vista mentre il suo precedessore, che si è unito al Consiglio Nazionale

di Transizione, continua a occupare il suo posto.

Con la voce di Tripoli così soffocata,

ogni menzogna può facilmente diffondersi senza il rischio di essere

smentita.

Non dovrebbe essere una sorpresa, visto

da Tripoli dove sto scrivendo quest’articolo, che le dichiarazioni

della NATO e le ingiunzioni della CPI sembrano irreali. La Libia occidentale

è in pace. Le sirene annunciano in modo imprevedibile l’arrivo dei

missili, seguite immediatamente dalle esplosioni. Non ha alcun senso

fiondarsi verso i rifugi; intanto, il tempo è troppo poco e, poi, di

rifugi non ce ne sono.

I bombardamenti sono condotti con una

precisione chirurgica. Le munizioni guidate colpiscono gli edifici presi

di mira e anche le stanze all’interno degli edifici. Malgrado ciò,

la NATO perde il controllo in volo di circa un missile guidato su dieci.

Quando accade, il missile atterra a vanvera sulla città, seminando

morte in modo indiscriminato.

Mentre una parte degli obiettivi della

NATO è “militare” – alloggi e basi – la maggioranza

è invece “strategica”, ossia economica. Ad esempio,

l’Alleanza ha bersagliato il palazzo degli uffici della Zecca libica,

l’amministrazione civile incaricata di stampare il dinaro. Inoltre,

le sue missioni hanno sabotato le fabbriche che stavano facendo concorrenza

a quelle della Coalizione. Si dice che gli altri obiettivi siano “psicologici”

perché colpiscono i politici e i leader della security

dove fa più male: con la decimazione delle loro famiglie. I missili

vengono poi puntati contro i loro appartamenti privati e, più precisamente,

verso le camere da letto dei bambini.

La capitale e la costa sono immerse

in un’atmosfera davvero pesante. Ma la popolazione è unita. I libici

che sottolineano i loro problemi interni non possono giustificare il

ricorso alla guerra. Danno voce a richieste sociali e a problemi regionali,

come avviene in altri paesi europei, ma non sosterranno mai quello che

potrebbe portare le famiglie a dividersi, la situazione provocata dalla

separazione che è stata imposta al paese.

Con l’intervento della NATO, decine

di migliaia di ricchi libici hanno fatto i bagagli e hanno traslocato

nei paesi vicini, specialmente in Tunisia, lasciando ai poveri la responsabilità

di difendere il paese che li ha resi pieni di soldi. Molti negozi hanno

chiuso ma nessuno sa se è a causa di problemi di rifornimento o perché

i proprietari sono fuggiti.

Come sta anche succedendo in Siria,

la maggioranza degli oppositori politici è col governo, intenzionata

a proteggere l’integrità del loro paese dal’aggressione straniera.

Nel frattempo, alcuni libici hanno collaborato con la NATO sotto la

guida dei radar, fornendo informazioni sull’ubicazione degli obiettivi.

In passato, i loro genitori avevano dato il benvenuto alle truppe coloniali

italiane; oggi, all’unisono con le loro controparti di Benghazi, cantano,

“1, 2, 3 Sarkozy è in viaggio!” Ogni nazione ha la sua dose

di traditori e collaborazionisti.

Gli abusi commessi dai mercenari del

Principe Bandar in Cirenaica riescono a convincere anche gli attendisti.

La televisione trasmette ininterrottamente le azioni dei leader

di Al-Qaeda in Libia, alcuni spediti direttamente da Guantanamo

per combattere a favore degli Stati Uniti. Alcune riprese insopportabili

mostrano linciaggi e mutilazioni avvenute nelle città che sono state

trasformate in emirati islamici – in stile afghano o iracheno – da

individui senza umanità che hanno inflitto torture sotto l’effetto

di droghe potenti. Non è necessario essere un sostenitore di lunga

data della Rivoluzione di Gheddafi per essere oggi al suo fianco davanti

agli orrori perpetrati dagli jihadisti nelle “zone liberate”

dall’Alleanza [1].

Nulla nella parte occidentale del paese

fa pensare a una rivolta o a una guerra civile. Non ci sono barricate,

né veicoli armati nelle strade. In ogni via le autorità fissano un

posto di blocco ogni due chilometri. I guidatori pazientemente aspettano

il proprio turno, mentre cercano loro stessi gli elementi infiltrati

dalla NATO.

Il Colonnello Gheddafi ha armato la

popolazione. Circa due milioni di mitragliatrici già sono state

distribuite ai civili. L’idea è quella per cui ogni adulto, uomo

o donna, dovrebbe essere in condizione di difendere la propria abitazione.

I libici hanno imparato la lezione irachena. Saddam Hussein era rimasto

al potere col suo Ba’ath che dominava il partito e l’esercito, mentre

il popolo era fuori dalla vita politica. Quando il partito fu decapitato

e molti generali disertarono, lo Stato crollò, lasciando improvvisamente

il paese senza alcuna resistenza mentre affondava nel caos. La Libia

segue invece un sistema originale di democrazia partecipativa, simile

alle riunioni rurali del Vermont. Le persone vengono spesso consultate

e si assumono responsabilità. Per questo motivo è facile mobilitarle

in massa.

In modo imprevisto, le donne sono più

determinate degli uomini nel portare le armi. Questo potrebbe essere

spiegato dalla più alta percentuale di partecipazione nelle riunioni

popolari degli ultimi anni. Potrebbe essere anche un riflesso dell’irresponsabilità

che ha colpito molti ufficiali di questo paese socialista dove possono

godere di uno standard di vita alto.

Tutti sono consapevoli che il momento

decisivo giungerà quando la NATO schiererà le sue truppe di terra,

se mai oserà farlo. La strategia è stata totalmente concepita per

evitare la penetrazione delle truppe di terra, usando invece la mobilitazione

popolare. In questo caso gli Stati Uniti, i soldati francesi e britannici

non verranno percepiti come liberatori, ma come invasori coloniali.

Verrrano attesi da un’inifinità di scontri di guerriglia urbana.

I libici sono perplessi

sui reali motivi che sono dietro all’operazione militare della NATO

in Libia. Ero sorpreso di apprendere che era proprio dagli articoli

pubblicati su Voltaire Network, tradotti e riportati da numerosi

altri siti Internet e da giornali su carta, che si potevano informare

di cosa ci fosse in ballo. Qui, come praticamente ovunque, c’è un

deficit informativo quando si arriva al livello internazionale.

Le persone sono attente e orgogliose delle iniziative del proprio governo

e dei risultati ottenuti in favore dell’unità dell’Africa e dello

sviluppo del Terzo Mondo, ma si dimenticano di certi aspetti della politica

internazionale e sottostimano la capacità distruttiva dell’Impero.

La guerra sembra sempre essere una cosa lontana, fino al momento in

cui il predatore ti riconosce come preda.

E, quindi, in cosa

consiste il successo sbandierato dalla NATO? Per ora il paese è fratturato

in due. La Cirenaica si è proclamata repubblica indipendente – anche

se ci sono iniziative in corso per ripristinare la monarchia – ed è

stato già riconosciuta da molti Stati, cominciando dalla Francia. Questa

nuova entità è governata de facto dalla NATO, e in modo ufficiale

dal Consiglio Nazionale di Transizione, organo non eletto e alquanto

misterioso, i cui membri, sempre nel caso esistano, sono anonimi per

evitare di assumersi la responsabilità delle proprie azioni. Una parte

dei beni libici è stata congelata e viene al momento amministrata a

beneficio dei governi occidentali. Parte della produzione di petrolio

viene messa sul mercato a prezzi imbattibili, a favore di società occidentali

che stanno impazzendo dalla gioia. Forse questo è il successo alla

quale la NATO si riferisce: il saccheggio coloniale.

Con l’emissione di

un mandato di arresto internazionale contro Muammar Gheddafi, suo figlio

e il direttore dell’intelligence, la Corte Criminale Internazionale

vuole esercitare pressione sui diplomatici libici per costringerli alle

dimissioni. Nel caso la Jamahiriya cada, tutti sono minacciati di essere

accusati di “complicità in crimini contro l’umanità“.

Quelli che si dimettono lascerebbero un posto vacante, che non verrà

rimpiazzato. I mandati di arresto fanno ovviamente della politica di

isolamento del paese.

La CPI prende parte

anche alle comunicazione di guerra. Qualifica Seif al-Islam come il

“Primo Ministro” de facto, mentre non lo è assolutamente,

ma ci fornisce l’impressione di un regime familistico. Siamo di fronte

a un esempio del principio di “inversione dei fattori”, tipico della

propaganda degli Stati Uniti. Mentre i ribelli di Benghazi sventolano

la bandiera della monarchia di Senoussi e l’erede al trono siede impazientemente

a Londra, è il sistema di democrazia partecipativa a venir tratteggiato

come una dinastia di famiglia.

Alla fine del centesimo

giorno di guerra, il disappunto comincia ad affiorare nelle comunicazioni

della NATO. Con l’eccezione della Cirenaica, i libici non si sono

sollevati contro il “regime“. All’orizzonte, non

si vedono soluzioni militari. L’unica via d’uscita che permetta

alla NATO di non perdere troppo la faccia è quella della divisione

della nazione. Benghazi a quel punto diventerebbe l’equivalente di

Camp Bondsteel, la più grande base militare degli Stati Uniti, per

accedere allo status di nazione indipendente sulla falsa riga del Kossovo.

La Cirenaica farebbe la funzione di quella base permanente che l’Africom

richiede per avere un miglior controllo del continente nero.

*****************************************

Fonte: http://www.voltairenet.org/Tripoli-bombed-but-steadfast

29.06.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

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