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La Redazione

 

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Terza classifica mondiale della libertà di stampa

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A cura di Truman
Il 30 Ottobre 2004
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Reporter senza frontiere pubblica la terza classifica mondiale della libertà di stampa. E’ in Asia orientale (Corea del Nord, 167° in ultima posizione; Birmania, 165°; Cina, 162°; Vietnam, 161°; Laos, 153°) e in Medio-Oriente (Arabia Saudita, 159°; Iran, 158°; Siria, 155°; Iraq, 148°) che la libertà di stampa risulta essere più minacciata. In questi paesi, la stampa indipendente è semplicemente inesistente e i giornalisti devono fare quotidianamente i conti con la repressione o con la censura. Non sono garantite inoltre né la libertà di informazione, né la sicurezza dei giornalisti. La guerra in corso in Iraq si sta rivelando, per chi fa informazione, il conflitto più micidiale di questi ultimi anni (44 i reporter uccisi dall’inizio del conflitto, nel marzo del 2003). Ma per la libertà di stampa nel mondo ci sono purtroppo molte altre pagine scure. Cuba (166° posto) è, dopo la Cina, la più grande prigione del mondo per i giornalisti (26 detenuti). Dopo essere stati condannati a pene detentive che vanno dai 14 ai 27 anni di carcere, questi giornalisti indipendenti cubani marciscono in prigione dalla primavera del 2003.
In Turkmenistan (164°) e in Eritrea (163°), non esiste nessuna forma di stampa privata. Gli abitanti di questi paesi hanno come unica fonte di informazione solo i media di Stato, che sono i ripetitori addomesticati della propaganda ufficiale.
In testa a questa classifica, si trovano soprattutto i paesi dell’Europa del Nord (Danimarca, Finlandia, Irlanda, Islanda, Norvegia, Paesi-Bassi), vere e proprie oasi di pace per i giornalisti. Tra i 20 paesi meglio classificati, solo tre non sono europei (Nuova-Zelanda, 9°; Trinidad e Tobago, 11° ; e il Canada, 18°).
Altre piccole democrazie, spesso economicamente piuttosto povere, rientrano comunque tra i paesi tradizionalmente più rispettosi della libertà di stampa: in America centrale troviamo El Salvador (28°), il Costa Rica (35°) e Capo Verde (38°); in Africa la Namibia (42°), in Asia Timor Est (57°).
Per elaborare questa classifica, Reporter senza frontiere ha chiesto alle organizzazioni partner (14 associazioni di difesa della libertà di stampa sparse nei cinque continenti), alla sua rete di 130 corrispondenti, ad alcuni giornalisti, ai ricercatori, ai giuristi o ai militanti dei diritti umani di rispondere a un questionario di 52 domande che permettono di valutare la situazione della libertà di stampa di un paese. Nella classifica compaiono 167 nazioni, mentre le altre sono assenti per mancanza di informazioni.

Tutti gli Stati membri dell’UE tra i primi quaranta classificati.
L’Italia e la Spagna sono i due paesi dell’Unione europea con la peggiore posizione in classifica (ex-aequo al 39° posto).

In Italia, il conflitto di interessi di Silvio Berlusconi, allo stesso tempo presidente del Consiglio e proprietario di un impero mediatico, continua a pesare sull’indipendenza del settore radiotelevisivo. Ma la relativa cattiva posizione è dovuta, quest’anno, anche alle decisioni liberticide prese dalla giustizia italiana che ha moltiplicato le perquisizioni, le violazioni del segreto delle fonti giornalistiche e le pene detentive inflitte per sanzionare i reati a mezzo stampa.

La Spagna invece deve la sua posizione alla ripresa della campagna terroristica dell’ETA contro i giornalisti che non condividono la sua visione su i Paesi baschi o sulla politica internazionale. La posizione attribuita a questo paese è dovuta anche alla manipolazione dell’informazione e alle pressioni dirette esercitate dal governo guidato da José Maria Aznar in occasione degli attentati dell’11 marzo 2004.

La posizione attribuita al Regno-Unito (28°) è dovuta in gran parte alla situazione in Irlanda del Nord, dove i giornalisti sono costantemente minacciati da alcuni gruppi paramilitari. Inoltre, l’inchiesta sull’assassino di Martin O’Hagan, il giornalista del Sunday World ucciso nel 2001, è ancora a un punto morto.

In Francia (19°), l’anno è stato marcato da un tentativo di attentato contro un giornalista del quotidiano Le Figaro la cui auto, fortunatamente vuota, è stata centrata da colpi di pistola nel settembre del 2003.

La retrocessione del Belgio (al 22° posto), si spiega per un grave caso di violazione della protezione delle fonti di un corrispondente della stampa estera. Quella della Grecia (33°) è imputabile alla moltiplicazione di ostacoli al lavoro dei giornalisti in occasione dei Giochi olimpici.

I nuovi 10 paesi dell’UE dimostrano di essere rispettosi della libertà di stampa. Tuttavia, alcune legislazioni non sono ancora conformi agli standard europei che raccomandano di sopprimere le pene detentive per i reati a mezzo stampa.
La Polonia (32°), ha condannato un giornalista a tre mesi di carcere senza condizionale per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Solo la mobilitazione nazionale e internazionale ha permesso a questo giornalista di evitare la prigione. La cattiva classificazione della Romania (70° ) e, in misura minore, della Bulgaria (36° ), entrambe candidate all’UE, così come quella della Moldavia (78°), contrastano con il generale miglioramento della situazione osservata nei paesi balcanici.
La Serbia-Montenegro (77°) accusa ancora un certo ritardo a causa dell’assassinio di un giornalista che indagava su alcuni casi di corruzione nei quali era implicato il primo ministro montenegrino.
I notevoli progressi realizzati dalla Turchia (113°) sul piano legislativo, nella prospettiva della sua adesione all’Unione europea, non si sono ancora tradotti in un miglioramento significativo della libertà di stampa. Il numero di violazioni registrate nell’elaborazione di questa classifica mondiale non è significativamente diminuito nel corso dell’anno preso in considerazione.

La Russia, il Caucaso e l’Asia centrale sono ancora il fanalino di coda.
Nel Caucaso il brutale scivolone dell’Azerbaijan (136° posto) è la conseguenza della degradazione della libertà di stampa osservata nel paese dopo l’elezione presidenziale dell’ottobre 2003. Nel corso dei disordini che hanno seguito lo scrutinio, sono stati aggrediti e messi sotto inchiesta almeno 100 giornalisti. Uno di loro, che era anche leader di un partito d’opposizione, è stato condannato a cinque anni di carcere.
I disordini nelle repubbliche di Adjarie e Abkhazia, in Georgia (94°), hanno dato luogo a numerose violazioni della libertà di stampa, che sono in gran parte all’origine della retrocessione di questo paese nella classifica. Il totale controllo esercitato dal Cremlino sulle televisioni nazionali è stato illustrato in maniera palese dalla copertura giornalistica, parziale e non obiettiva, della tragica vicenda degli ostaggi di Beslan, in Ossezia del Nord (Russia, 140°). In quell’occasione, a numerosi giornalisti russi e stranieri è stato di fatto impedito di lavorare e la censura sulla Cecenia si è estesa fino alle repubbliche vicine.
Il corrispondente dell’Agence France-Presse (AFP) nella regione risulta ancora disperso, mentre due giornalisti sono stati uccisi, tra cui il caporedattore del magazine americano Forbes, assassinato a Mosca l’anno scorso.
In Ukraina (138°), nella prospettiva delle elezioni presidenziali dell’ottobre 2004, sono stati censurati i giornalisti vicini all’opposizione e alcuni media esteri. Il numero di aggressioni è stato peraltro molto elevato e i responsabili degli assassinii di giornalisti, tra cui quello di Géorgiy Gongadze, continuano a beneficiare della più totale impunità.
Il regime di Alexandre Loukachenko, presidente della Bielorussia (144°), che non tollera alcuna critica, ha messo sistematicamente in opera tutti i mezzi per ridurre al silenzio le rare voci dissedenti. Con l’approssimarsi delle elezioni legislative e del referendum del 17 ottobre, sono stati chiusi o sospesi dal ministro dell’Informazione una dozzina di giornali indipendenti adducendo motivi di carattere amministrativo o pretestuosi. L’inchiesta sulla scomparsa del giornalista di opposizione Dmitri Zavadski, avvenuta nel 2000, è stata chiusa nonostante non ci fossero dubbi sull’implicazione delle più alte autorità del paese in questo dramma.
Infine, in Uzbekistan (142°), la condanna di un giornalista e difensore dei diritti umani a una pesante pena detentiva per “omosessualità” è un esempio significativo della brutale repressione esercitata dal potere contro la stampa indipendente, peraltro quasi inesistente nel paese.
Il rank attribuito al Kirghizistan (107°) e al Tadjikistan (95°), relativamente buono rispetto ad altri paesi della regione, non maschera comunque l’estrema precarietà della libertà di stampa in questi due paesi.

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