DI JAMES HOWARD KUNSTLER
Washington Post
Ovunque io vada di questi tempi, parlando della situazione energetica globale nel circuito delle lezioni accademiche o presso conferenze sull’ambiente, sento incitare sempre più forte alle “soluzioni”. Questo non è che un altro sintomo del pensiero fallace che tiene ora in pugno la nazione, specialmente tra le persone istruite e bene intenzionate.
Lo dico perché scorgo in questo stridente appello il desiderio disperato di mantenere in essere la nostra utopia di “automobilismo felice” con mezzi diversi dal petrolio e i suoi sottoprodotti. Ma la verità è che nessuna combinazione di energia solare, eolica o nucleare, etanolo, biocombustibile, sabbie catramose e olio di frittura vecchio ci consentiranno di alimentare Wal-Mart, Disney World e il sistema autostradale interstatale – o anche una piccola porzione di queste cose – nel futuro prossimo. Dobbiamo fare programmi alternativi.
Il pubblico e in particolare i media principali, fraintendono la storia del “picco del petrolio”. Non ha a che vedere con l’esaurimento del petrolio. Ma con le instabilità che scuoteranno i sistemi complessi della vita quotidiana non appena la domanda globale di petrolio ne supererà l’offerta globale. Questi sistemi possono essere elencati concisamente:
Il modo in cui produciamo il cibo
Il modo in cui conduciamo il commercio e il mercato
Il modo in cui viaggiamo
Il modo in cui occupiamo la terra
Il modo in cui acquistiamo e spendiamo capitale
E ce ne sono altri: il governo, la sanità, l’istruzione e altri.
Mentre il mondo passa la fase di produzione massima storica di petrolio e guarda il prezzo di un barile di petrolio battere l’ennesimo record, come ha fatto la scorsa settimana, questi sistemi andranno a finire nei guai. L’instabilità di un settore si riverserà in un altro settore. Le scosse dei mercati del petrolio colpiranno il trasporto con gli autocarri, che rallenterà il commercio e la distribuzione dei generi alimentari, l’industria manifatturiera e del turismo in una reazione a catena di ripercussioni. I problemi nella finanza schiacceranno qualsiasi impresa che necessiti di capitale, compresa l’esplorazione e la produzione di petrolio, come pure la spesa del governo. Questi sistemi sono tutti correlati. Affrontano tutti una crisi. Per di più, la tensione indotta dal fallimento di questi sistemi potrà solo accrescere le illusioni in tutto il nostro paese.
Ed è questa la peggior parte del nostro dilemma: l’ottica ristretta del popolo americano di poter continuare a guidare le nostre auto a tutti i costi. Anche la comunità degli ambientalisti è ancorata a questo. Il Rocky Mountain Institute insiste da anni per lo sviluppo di una “Hypercar” – inavvertitamente promuovendo l’idea che non dobbiamo cambiare davvero.
Anni fa, i negoziatori statunitensi durante una conferenza sull’ambiente delle Nazioni Unite hanno detto ai loro interlocutori che lo stile di vita americano non “era aperto a negoziazione”. Questa posizione è sfortunatamente, collegata a due perniciose convinzioni che sono diventate comuni negli Stati Uniti nelle ultime decadi. La prima è l’idea che se esprimi un desiderio, i tuoi sogni si realizzano. (Oprah Winfrey ha portato avanti questa nozione lo scorso anno con la promozione di un libro pop intitolato “The Secret”, che diceva, in effetti, che se desideri qualcosa con sufficiente intensità, ti succederà). Una delle differenze basilari tra un bambino e un adulto è la capacità di riconoscere la differenza tra desiderare le cose e farle accadere veramente con serio impegno.
La convinzione complementare a quella di “esprimere un desiderio” è che si può ottenere qualcosa in cambio di niente. Questo deriva dalla nuova religione preferita dell’America: non il Cristianesimo evangelico ma l’adorazione delle ricchezze non guadagnate. (Il santuario sacro di questa tragica credenza è Las Vegas). Se si combinano queste due convinzioni, ne risulta la nozione che quando si esprime un desiderio, si ottiene qualcosa in cambio di niente. Questo è quanto sta alla base della nostra attuale fantasia, nonché alla nostra incapacità di rispondere intelligentemente alla crisi energetica.
Queste convinzioni spiegano inoltre perché nella campagna presidenziale manchi una valida discussione sulla nostra situazione energetica nonché le sue implicazioni. L’idea che possiamo diventare “energeticamente indipendenti”e mantenere il nostro stile di vita attuale è assurdo. Come pure la “vacanza” della tassa sul gasolio. (Quale politico vuol dire ai votanti in occasione del primo maggio che la vacanza è finita?) Il piano utopico di trasformare il grano in combustibile è anch’esso andato a rotoli quando ne abbiamo constatato gli effetti devastanti sui prezzi globali dei cereali e le carenze di cibo nel mondo, persino negli Stati Uniti. Nelle recenti settimane, gli scaffali di riso e olio del mio supermercato nello stato settentrionale di New York sono stati svuotati.
Allora quali sono le risposte intelligenti alla nostra situazione? Prima di tutto dovremo riorganizzare drasticamente le attività quotidiane della vita americana. Dovremo coltivare il nostro cibo più vicino a casa, in una maniera che richiederà maggiore attenzione umana. In effetti, l’agricoltura deve ritornare al centro della vita economica. Dovremo ripristinare le reti economiche locali – le stesse reti che le grandi catene di negozi hanno sistematicamente distrutto – fatte di sottili strati di venditori all’ingrosso, intermediari e rivenditori.
Dovremo inoltre occupare il paesaggio diversamente, in cittadine tradizionali, villaggi e nelle piccole città. I nostri giganteschi complessi metropolitani non ce la faranno, e i luoghi che avranno successo saranno quelli che incoraggiano l’agricoltura locale.
Riparare il sistema ferroviario statunitense è probabilmente l’unico progetto che potremmo avviare da subito e che avrebbe l’impatto maggiore sul consumo di petrolio del paese. Il fatto che non se ne parli – specialmente nella campagna presidenziale – mostra quanto siamo confusi. L’industria aerea si sta disintegrando sotto l’enorme pressione dei costi del carburante. Le compagnie aeree non possono più licenziare altri dipendenti e hanno già scaricato i loro obblighi pensionistici e subappaltato i loro lavori di riparazione. Almeno cinque piccole compagnie aeree hanno presentato istanza di protezione per fallimento negli ultimi due mesi. Se non rimettiamo in moto i treni passeggeri, gli Americani non andranno più da nessuna parte tra cinque anni.
Non abbiamo tempo di piagnucolare per questo. Il discorso sulla traccia della campagna presidenziale di “speranza” ha un suo scopo. Non possiamo permetterci di rimanere confusi e demoralizzati. Ma dobbiamo capire che la speranza non è qualcosa da applicare esternamente. La vera speranza dimora dentro di noi. La generiamo noi – provando di essere individui competenti, seri che sanno distinguere il desiderio dall’azione, che non pensano di ottenere qualcosa in cambio di niente e che sanno essere onesti sul modo in cui l’universo funziona davvero.
James Howard Kunstler è autore, di “World Made by Hand” suo romanzo più recente, sul futuro post-petrolifero dell’America.
Titolo originale: ” Wake Up, America. We’re Driving Toward Disaster.
“
Fonte: http://www.washingtonpost.com
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26.05.2008
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MICAELA MARRI