Studio della Stanford University sui lockdown

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Uno studio della Stanford University: il lockdown non ha alcun effetto significativo nel ridurre il numero di infezioni del COVID-19 anzi, potrebbe aumentarle.

Non abbiamo riscontrato alcun ulteriore beneficio dall’obbligo di smartworking e dalla chiusura delle attività.

 

Michael Haynes – LifeSiteNews – 14 gennaio 2021.

 

Un nuovo studio condotto da alcuni esperti della Stanford University in California ha mostrato come le dure restrizioni relative al lockdown, come l’obbligo di rimanere a casa e la chiusura delle attività commerciali, non abbiano prodotto alcun chiaro beneficio nel prevenire la diffusione del Covid-19 e potrebbero, invece, aumentare il rischio di contagio.

I lockdown nazionali o quelli dei singoli son stati la tattica di approccio al problema adottata dai governi sin dall’inizio della pandemia; ora però nuove ricerche dimostrano che tali drastiche misure draconiane sono, in effetti, totalmente inefficaci.

Il 5 gennaio di quest’anno il Dr. Eran Bendavid ed il professor John Ioannidis, in collaborazione con Christopher Oh e Jay Battacharya (uno dei tre autori della Dichiarazione di Great Barrington), hanno pubblicato un documento dal titolo “Valutazione degli effetti dell’obbligo di permanenza domiciliare e della chiusura delle attività a causa del COVID-19”. Tutti e quattro i professori insegnano in quattro diversi dipartimenti della Stanford University, tra cui il Dipartimento di Medicina, il Centro per la Salute Pubblica, il Centro per le Cure primarie e la Ricerca sui risultati e il Dipartimento di Epidemiologia e Salute pubblica.

Gli autori dello studio hanno condotto ricerche sull’effetto degli “interventi non farmaceutici” (INF) distinguendoli in “molto restrittivi” (INFmr) e “poco restrittivi” (INFpr).

Nel documento i lockdown, l’obbligo di rimanere in casa e la chiusura delle attività commerciali, nell’articolo, sono stati definiti come “alcuni degli obblighi più restrittivi”.

Nessuna prova dell’efficacia del lockdown “in nessun paese”.

Basandosi sui risultati ottenuti dai paesi in cui gli INFmr sono stati largamente utilizzati, confrontati con i risultati di paesi con, invece, INFpr, lo studio ha dimostrato “l’assenza di effettivi benefici ai fini del contenimento del contagio come risultato di regole eccessivamente restrittive ”.

Per quanto riguarda l’ipotetica diminuzione del tasso di contagio dovuta al lockdown, ovvero gli INFmr, della primavera del 2020, lo studio riporta che “non vi è alcuna prova che gli INFmr abbiano contribuito in modo sostanziale alla diminuzione del contagio in Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Iran, Olanda, Spagna o Stati Uniti all’inizio del 2020”. Gli autori hanno ammesso che, mentre non si potevano escludere “modeste diminuzioni della crescita giornaliera” in pochi paesi, la possibilità di grandi diminuzioni dovute a INFmr è incompatibile con i dati accumulati.

Gli otto paesi che hanno adottato misure drastiche per evitare la diffusione del virus (Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia, Iran, Olanda e Spagna) sono stati messi a confronto con i paesi che hanno adottato regole meno restrittive, come la Svezia e la Corea del Sud e gli autori hanno notato che “non esiste alcun dato che dimostri che in alcuno dei paesi con regole restrittive il contagio sia diminuito”.

Di fatto, in 12 confronti su 16 era vero il contrario cioè che “la crescita giornaliera di casi era una conseguenza dei INFmr”. Come affermato dagli autori “È possibile che l’obbligo di rimanere a casa possa facilitare la trasmissione del virus nel caso in cui aumenti il contatto laddove la trasmissione è molto più facile come, ad esempio, nei luoghi chiusi”.

Le prove presentate dimostrano che gli INFmr come i lockdown non erano neppure necessari dato che “la riduzione delle attività sociali che portava ad un rallentamento della crescita si stava verificando prima dell’attuazione del lockdown perché i popoli dei paesi colpiti stavano assorbendo l’impatto della pandemia in Cina, Italia e a New York e stavano osservando una serie crescente di raccomandazioni per ridurre i contatti sociali. Tutto questo è accaduto prima degli INFmr”.

Gli autori hanno esaminato attentamente le manchevolezze contenute in un noto studio, molto quotato, pubblicato nel giugno dello scorso anno, nel quale si affermava che gli INFmr, e particolarmente i lockdown, “erano particolarmente efficaci nel limitare il contagio”. Il professor Bendavid e il professor Ioannidis hanno osservato che, nello studio di giugno che utilizzava la modellazione della malattia, gli effetti del lockdown sulla trasmissione erano “presunti piuttosto che valutati”.

Infatti, lo studio di giugno attribuiva falsamente “quasi tutta la riduzione della trasmissione all’ultimo intervento, qualunque esso fosse”.

Le conclusioni di Bendavid e Ioannidis sono stati confermate, quasi per certo involontariamente, dallo Scientific Advisory Group for Emergencies (SAGE) inglese. Nel settembre del 2020, un documento del SAGE che chiedeva un altro lockdown nazionale e la chiusura delle imprese, nel testo faceva un’affermazione rivelatrice affermando che “l’efficacia e i danni di queste misure sono generalmente deboli”.

Nonostante sia fortemente a favore del lockdown, il SAGE ha ammesso che le misure che aveva richiesto avrebbero avuto un effetto relativamente minore a livello di popolazione. Il gruppo ha aggiunto che “potrebbero esserci effetti sinergici (o addirittura antagonisti) derivanti dall’adozione di più misure e che gli impatti benefici sulla salute sarebbero solo modesti”.

Danni derivanti da regole di lockdown più restrittive

A parte la mancanza di benefici derivanti da INFmr, Bendavid e Ioannidis hanno messo in guardia contro i gravi danni che ne potrebbero derivare, diversi dall’aumento delle infezioni. Gli INF possono avere più danni che benefici e alcuni danni sono più evidenti con alcuni INF rispetto ad altri.

L’articolo ha evidenziato l’effetto che la chiusura delle scuole avrebbe sui bambini statunitensi, stimando il danno a “un equivalente di 5,5 milioni di anni di vita per i bambini negli Stati Uniti solo durante la chiusura delle scuole nella primavera del 2020”. Tale cifra si aggiunge ad una stima di “168.000 morti infantili in più” che, secondo un altro studio, potrebbere verificarsi nei paesi più poveri entro il 2022.

Bendavid e Ioannidis hanno menzionato una serie di altri effetti significativi e dannosi degli INFmr, tra cui fame, overdose di oppioidi, mancate vaccinazioni, aumento delle malattie non COVID dovute a servizi igienici non adeguati, abusi domestici, salute mentale e suicidio, oltre ad una serie di conseguenze economiche con implicazioni sanitarie.

Un altro aspetto importante sono i dati che mostrano come i decessi nelle case di cura siano stati più numerosi nelle aree in cui ci sono state misure più restrittive rispetto alle aree in cui le misure sono state meno limitative. Tali cifre “suggeriscono, inoltre, che le misure restrittive non arrivano a proteggere del tutto le categorie a rischio”. In effetti, lo studio ha evidenziato una ulteriore prova per suggerire che durante gli INFmr, “le infezioni possono essere più frequenti in ambienti in cui risiedono persone a rischio rispetto ad ambienti frequentati da persone in salute”.

I danni da lockdown potrebbero superare qualsiasi vantaggio

Le prove presentate in questo nuovo studio non mancano di precedenti, in quanto anche il parere del 2019 dell’OMS era quello di non avvalersi di misure molto restrittive come la chiusura delle attività e delle frontiere. Per quanto riguarda la chiusura delle attività commerciali per prevenire la diffusione di virus simili a quelli dell’influenza, l’OMS scriveva: “vi è una qualità generale molto bassa delle prove che le misure e le chiusure sul posto di lavoro riducano la trasmissione del virus.

 Intanto, le chiusure delle frontiere, insieme alla tracciatura dei contatti e alla “quarantena dei soggetti a rischio” sono state tutte “non raccomandate in nessuna circostanza” in una pandemia.

Le conclusioni finali presentate nello studio di Bendavid e Ioannidis valgono la pena di essere ripresentate qui sotto per intero:

  • In sintesi, non riusciamo a trovare prove consistenti a sostegno di misure più restrittive nel controllo del Coronavirus all’inizio del 2020. Non mettiamo in discussione il ruolo di tutti gli interventi atti a preservare la salute pubblica o di comunicazioni coordinate sull’epidemia, ma non riusciamo a trovare un ulteriore vantaggio degli ordini di rimanere in casa e delle chiusure delle attività.
  • I dati non possono escludere completamente la possibilità di alcuni benefici. Tuttavia, anche se esistono, questi benefici potrebbero non compensare i molti danni dovuti a queste misure aggressive. Interventi di salute pubblica più mirati che riducano in modo più efficace il numero di contagi possono essere importanti per il futuro controllo di future epidemie, senza i danni di misure altamente restrittive.

Link: https://www.lifesitenews.com/news/stanford-study-lockdowns-have-no-significant-effect-in-reducing-covid-19-may-even-spread-it?utm_source=LifeSiteNews.com&utm_campaign=8d390c8fde-Freedom_1_14_21&utm_medium=email&utm_term=0_12387f0e3e-8d390c8fde-407670138

Traduzione di Francesco Paparella per ComeDonChisciotte

 

 

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