STORIE DI INTRIGHI, STRAGI, TRAFFICI ED “ESTREMISMI”

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DI HS
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Se vi avanza tempo per andare in libreria vi consiglio umilmente un acquisto importante che non può essere mancato da chi intende approfondire la ricerca su un certo periodo della nostra storia che ancor oggi, nonostante gli anni trascorsi, grava sulle anime e sulle coscienze. “Il segreto di Piazza Fontana” scritto dal giornalista ANSA Paolo Cucchiarelli ed edito dalla casa editrice Ponte alle Grazie non è solamente un’indagine accurata e dettagliata di tutti gli sviluppi e i retroscena di quel crimine che, apparentemente, spazzò via l’innocenza dell’Italia repubblicana, ma toglie il velo da una realtà presentata finora e in più versioni in maniera opaca e opacizzata. Sarebbe veramente molto riduttivo ritenere il testo di Cucchiarelli l’ennesima incursione pamphlettistica nei “misteri” di piazza Fontana. Il nostro paese non ha semplicemente inanellato una serie di “misteri” che per qualche sorta di sortilegio o per nefandezze che il Potere riserva ai suoi cittadini hanno impedito l’accertamento della verità, ma segreti di cui una pluralità di soggetti – e non solo fra coloro che si trastullavano o che flirtavano con il Potere – si è fatta custode anche per convenienza politica o per motivi inconfessabili magari non direttamente collegati alle vicende in oggetto.
Nel finale della pellicola di Francesco Rosi sul Compromesso Storico e sulla “strategia della tensione” “Cadaveri eccellenti” un personaggio del PCI chiosa con una frase significativa “La verità non è sempre rivoluzionaria…”.

Tutto, insomma, fuorché la verità fra machiavellismi, sotterfugi, bassi intrighi, mezze verità, ambigue allusioni, silenzi omertosi e palesi bugie. Magari anche per motivi tutto sommato comprensibili e nobili… Così il segreto di piazza Fontana diviene il Segreto di una Repubblica dei segreti… Ma il discorso sui segreti di piazza Fontana possiamo estenderlo all’intera “strategia della tensione” e all’affaire Moro fino ad affondarlo nelle sue radici belliche che costituiscono il fragile fondamento di una democrazia monca oltre che concepita in un contesto territoriale contrassegnato da una limitata sovranità dettata dall’opzione filoamericana, filoalleata e filoatlantica. Quest’opera imprescindibile risulta d’altronde il lavoro “definitivo” di un giornalista già versato e specializzato nella “strategia della tensione” e degli “anni di piombo”, già coautore con lo studioso Aldo Giannuli di un’opera accuratissima e documentata sullo “Stato parallelo” ovverosia quei corpi “separati” e clandestini che hanno alimentato la “strategia della tensione” in Italia e massimo conoscitore della storia ancora per molti versi incompleta del servizio ultrasegreto Anello, struttura già attiva durante l’ultimo conflitto mondiale e presumibilmente fino ai primi anni Ottanta. Sull’argomento è stato scritto molto recentemente un libro edito da Chiarelettere dall’amica e collaboratrice di Paolo Cucchiarelli Stefania Limiti (“L’Anello della Repubblica – la scoperta di un nuovo servizio segreto dal fascismo alle Brigate Rosse”).
Il saggio monumentale – circa 700 pagine – mi offre il destro per poter trattare un argomento tanto interessante quanto inquietante a partire da Piazza Fontana per passare attraverso l’anarchico Pinelli, il commissario Calabresi, l’editore Feltrinelli, Lotta Continua, ecc…

Saltando ulteriori preamboli veniamo alla tesi esposta dall’autore sulla strage di piazza Fontana. Secondo Cucchiarelli sarebbero stati due gli ordigni esplosi nella Banca Nazionale dell’Agricoltura: la bomba dimostrativa e anarchica sarebbe stata “doppiata” da un ordigno mortale predisposto dai neofascisti di Ordine Nuovo. Si ricorderà che quel giorno sono scoppiati altri ordigni e altri sono rimasti esplosi a Milano e anche a Roma: i morti avrebbero dovuto essere molti di più per proiettare sul paese una cappa plumbea che avrebbe incoraggiato le avventure a destra. L’operazione si sarebbe fondata sul “doppiaggio” degli ordigni reso possibile dall’infiltrazione “nazimaoista” e fra gli anarchici predisposta a Roma dai neofascisti di Avanguardia Nazionale collegati ai “nazimaoisti” e al nord dai neonazisti veneti di Ordine Nuovo. I cardini dell’”infiltrazione” furono Mario Merlino, uomo del leader di Avanguardia Nazionale Stefano Delle Chiaie, che dopo aver tentato di inserirsi nei gruppi maoisti e filocinesi aveva fondato assieme al ballerino anarchico Valpreda uno strano movimento neoanarchico oltranzista “22 Marzo” e Giovanni Ventura che era riuscito a imporsi come editore vicino alla Nuova Sinistra e alle sinistre extraparlamentari in generale pur essendo socio del neonazista e teorico “nazimaoista” della “disintegrazione del sistema”. Pietro Valpreda, che suo malgrado divenne il simbolo di una battaglia “ideologica” condotta per affermare la sua innocenza, avrebbe comunque collocato l’ordigno con intenzioni dimostrative, all’oscuro della trama che si stava delineando alle sue spalle. Certamente non un mostro ma neanche una vittima del tutto inconsapevole… In quel 1969 gli attentati dinamitardi e a base di esplosivo furono ideati e realizzati per lo più dai neofascisti e da elementi anarchici e in alcuni casi dal possibile concorso di entrambi. Un’altra novità che presenta il testo è l’inedita tesi su chi possa essere stato il famoso sosia di Pietro Valpreda. Questa parte dell’operazione doveva servire a concentrare l’attenzione sull’anarchico. Interpellato a proposito Vincenzo Vinciguerra, il militante di Ordine Nuovo reo confesso della strage di carabinieri a Peteano che squarciò il velo sulla GLADIO e su STAY BEHIND in generale, questi ha fatto il nome del “nazimaoista” Claudio Orsi, figura interessante di quel panorama. Nipote del gerarca fascista Italo Balbo Orsi aveva presieduto il movimento “Giovane Europa” , sezione italiana dell’organizzazione dell’ex Waffen SS Jean Thiriart che aveva fiancheggiato il movimento terrorista e colonialista OAS nella sua battaglia per impedire l’indipendenza dell’Algeria per poi teorizzare e praticare la “terza via” fra USA e URSS affidata all’alleanza fra estremisti di destra ed estremisti di sinistra. In Italia Orsi era stato fra i più attivi: a Ferrara era entrato in contatto con gli ambienti maoisti di cui era stato animatore e aveva fondato l’associazione Italia – Cina mentre i militanti che avevano lasciato la disciolta “Giovane Europa” avevano dato vita alla “nazimaoista” “Lotta di Popolo” (Hitler e Mao uniti nella lotta) che a Roma era animata dal braccio destro di Delle Chiaie Serafino di Luia ed era stata protagonista degli scontri di Valle Giulia ove universitari di estrema destra e di estrema sinistra avevano attaccato le forze dell’ordine. Successivamente nel 1973 costituirà l’associazione Italia – Libia con il concorso di Claudio Mutti e un certo numero di ex aderenti al partito della destra nazionale MSI per stabilire contatti con il regime libico del colonnello Gheddafi di cui si ammirava la commistione di nazionalismo, socialismo e anticolonialismo. Insomma parrebbe essere al cospetto di una più o meno ferrea alleanza anti imperialista fra nazionalisti, “nazimaoisti”, neoanarchici, maoisti e sostenitori del socialismo arabo o di rapporti tenuti in nome della comune lotta all’imperialismo e al regime borghese, ma le cose stanno veramente così ? O meglio, senza scendere nei particolari sulla buona fede dei singoli soggetti, si tratta di uno specchio fedele ed esclusivo dei fatti ? Come vedremo la verità, o almeno quel qualcosa che le si avvicina, è al contempo più semplice e più complicata… Stretto collaboratore e uomo di fiducia dell’editore Giangiacomo Feltrinelli, l’editore che finanziava e cercava di unificare in unico fronte le nuove forze “rivoluzionarie” internazionali da quelle del maggio francese alla Nuova Sinistra tedesca fino ai castristi e alla guerriglia palestinese, era un certo Duse in contatto con i gruppi maoisti di Ferrara già ampiamente inquinati, come abbiamo avuto modo di vedere… Claudio Orsi, il “nazimaoista” animatore di ambienti maoisti ferraresi, conosceva bene Ventura, Freda e un certo conte Loredan su cui torneremo come torneremo su quelle che non sono solo semplici infiltrazioni ma sovrapposizioni, connubi, contiguità che facilitano anche le azioni provocatorie…

Come sottolineato non solo da Cucchiarelli il vero obiettivo delle indagini condotte negli ambienti anarchici e della sinistra extraparlamentare era proprio l’editore “rosso” in modo da poter screditare e colpire l’ultrasinistra e non solo. Nel mirino i coniugi Eliane Vincileone e Giovanni Corradini, anarchici e amici di Feltrinelli il quale, d’altronde, era in contatto con tutti gli ambienti “rivoluzionari” dai marxisti leninisti e maoisti agli anarchici. D’altronde inserirsi negli ambienti anarchici – come in quelli maoisti – non doveva essere così difficile data la frammentarietà e l’alta conflittualità interna. Il Sessantotto si era fatto strada anche fra i libertari ed era in atto un confronto serrato fra l’anima giovanilista e arrabbiata che guardava al Maggio francese e le generazioni più vecchie legate all’anarchismo più tradizionale.
Si comincia a comprendere perché ognuno si ostini a rinserrarsi nel riserbo e nella segretezza, ma andiamo avanti…

Gran parte del libro di Cucchiarelli viene dedicata all’analisi dell’esplosivo utilizzato per gli attentati del 12 dicembre 1969 e sulla provenienza. L’autore si concentra sulla pista di un traffico d’armi ed esplosivo di provenienza NATO ma anche dell’Est e in particolare dalla Jugoslavia. Per l’attentato alla Banca Nazionale dell’Agricoltura sarebbe stato utilizzato il Vitezit 30 esplosivo al plastico proveniente dalla Jugoslavia. Al centro il traffico e lo scambio di esplosivi fra i neofascisti italiani e gli ustascia croati, ovvero i nazifascisti della Croazia. I primi avrebbero ricevuto l’esplosivo al plastico citato in cambio di quello NATO. Tutto il materiale esplodente sarebbe stato interrato nei famosi depositi “naturali” – Nasco – della STAY BEHIND, la rete atlantica clandestina per la “guerra non ortodossa”, in cui sia i neofascisti italiani che gli ustascia sarebbero stati inseriti.

In effetti già nella famosa inchiesta della magistratura padovana sull’organizzazione eversiva, golpista e terroristica Rosa dei Venti imperniata soprattutto sulle dichiarazioni di uno strano sindacalista di destra in possesso del COSMIC, i Nulla Osta di massima segretezza della NATO, Roberto Cavallaro – il quale aveva avvalorato la tesi di una manipolazione ed eterodirezione di alcuni gruppi estremisti ed armati “neri”, “rossi” e “bianchi” nella “strategia della tensione”- si poteva intravedere l’ombra dei Nuclei di Difesa dello Stato, la “GLADIO” clandestina tutta impegnata sul fronte interno e al riparo grazie allo schermo della GLADIO ufficiale. Si può invece presumere che tanto i Nuclei di Difesa dello Stato quanto la GLADIO ufficiale facessero parte della rete STAY BEHIND utilizzando le stesse risorse e le stesse strutture. D’altronde alcune testimonianze parlano dell’organizzazione paramilitare di Ordine Nuovo come di una cellula STAY BEHIND. Siamo nel cuore del grande segreto che si voleva occultare con tutto il lavorio depistante dei servizi segreti intenti alla protezione del più delicato dei segreti militari. Inoltre i traffici di armi giustificati dal “terrore rosso” erano sicuramente lucrosi per molti dentro e fuori i servizi segreti. Svelarne i contorni avrebbe messo in discussioni interessi e profitti.

Gran parte dell’esplosivo militare movimentato nei traffici fra i neofascisti italiani e gli ustascia e utilizzato molto probabilmente negli attentati più sanguinosi della “strategia della tensione” (piazza Fontana, Brescia, Italicus, stazione di Bologna) proverrebbe dalla Germania e la direttrice stessa dei traffici sarebbe tedesca e riconducibile ai circoli neonazisti della Baviera. Nel suo diario il defunto uomo politico democristiano, più volte Ministro della Difesa e Ministro degli Interni e probabile fondatore della GLADIO italiana Paolo Emilio Taviani, politico a conoscenza di retroscena e segreti come pochi, aveva annotato che l’esplosivo utilizzato dai neofascisti per la strage di piazza Fontana sarebbe stato fornito da un agente nordamericano dei servizi segreti militari americani (US Army Intelligence Agency) “più potenti della stessa CIA”. Ciò si incastra perfettamente con gli elementi raccolti dall’inchiesta milanese del giudice Salvini sulla strage. Gran parte di quest’ultima era fondata sulle dichiarazioni dell’ex ordinovista Carlo Digilio che svelò l’esistenza di una rete dei servizi segreti militari americani di stanza alla base NATO di Verona, alle dipendenze del capitano David Carret dell’Esercito americano, e inserita in Ordine Nuovo del Triveneto. Ad avviso dello scrivente occorrerebbe approfondire il ruolo dei servizi segreti dell’Esercito americano sia per quel che riguarda il traffico d’armi ed esplosivi che per quel che concerne la STAY BEHIND, i suoi depositi e le sue strutture. Inoltre la base militare NATO di Verona entra anche nell’inchiesta sulla Rosa dei Venti che, se portata fino in fondo, avrebbe anticipato di una quindicina d’anni la rivelazione andeottiana di GLADIO e STAY BEHIND. In ugual misura andrebbe indagato l’eventuale ruolo della rete dell’ex ufficiale del controspionaggio della Germania nazista Reinhard Gehlen che già a guerra in corso avviò trattative con l’OSS – antesignana della CIA – e portò in dote agli americani i risultati del lavoro di spionaggio in territorio sovietico ove disponeva di un’efficiente apparato spionistico. Si è ipotizzato che Gehlen fosse il vero capo esecutivo della rete STAY BEHIND potendo mettere a disposizione i suoi agenti dietro le linee sovietiche. Secondo Cucchiarelli la celebre Aginter Press, l’agenzia internazionale fondata da membri dell’OAS come Yves Guerin Serac, impiantata nel Portogallo salazarista e fascista e dedita alle operazioni “sporche” di terrorismo e di provocazione non sarebbe stata altro che un’emanazione della rete Gehlen. In contatto con la destra radicale internazionale e con altri movimenti della destra non fascista, l’Aginter Press costituirebbe essa stessa un “segreto NATO”. Interfaccia fra la rete Gehlen e gli uomini dell’Aginter Press sarebbe stato il braccio destro di Guerin Serac, l’ex Waffen SS Robert Leroy già in contatto con l’ambasciata cinese a Berna – unica rappresentanza diplomatica di quel paese in Europa a quei tempi – e infiltrato negli ambienti maoisti e “rivoluzionari”.
Una velina del SID, i servizi segreti militari, redatta si pure con intenti depistanti già il 16 dicembre 1969, a pochi giorni dalla strage di piazza Fontana, indicava in Guerin Serac e Robert Leroy, uomini dell’Aginter Press (la rete Gehlen non era citata) come mandanti dell’operazione terroristica con il concorso di Stefano Delle Chiaie e Mario Merlino i due neofascisti di Alleanza Nazionale che abbiamo già incontrato attivi nell’opera di “inquinamento” degli anarchici. Dalla stessa Avanguardia Nazionale molti giovani neofascisti erano confluiti nella “nazimaoista” Lotta di Popolo”.

I rapporti di Gehlen con i servizi segreti dell’Esercito americano erano intensi dalla Seconda Guerra Mondiale. Pare che il suo uomo di collegamento in Italia fosse stato un certo Licio Gelli, il celebre futuro Gran Maestro della loggia massonica coperta Propaganda 2. Secondo lo stesso ineffabile ex “gladiatore” Cossiga, sulla base di confidenze ricevute da una fonte militare, oltre ad costituire un circolo dell’oltranzismo atlantico e anticomunista, la P2 sarebbe stata concepita in ambito NATO. Una loggia mista di militari e civil servants al servizio degli americani. L’ex Waffen SS Gelli sarebbe stato reclutato dai CIC, i Counter Intelligence Corps della V Armata americana, e avrebbe spiato al contempo i repubblichini della Repubblica di Salò – a cui aveva aderito – e i partigiani comunisti. D’altronde dopo aver dato la caccia ai nazisti e ai loro alleati i CIC li reclutarono e si giovarono ampiamente dei loro servizi come dimostrano i casi del boia di Lione Klaus Barbie e del boia delle Fosse Ardeatine Karl Hass. Ciò potrebbe dimostrare una certa connessione tra i servizi segreti dell’Esercito americano con i nazisti tedeschi ed italiani e con la rete Gehlen, connessione che può aver avuto un certo peso nella creazione della rete NATO della STAY BEHIND.
Il quartier generale della rete a Monaco di Baviera, città di grande importanza strategica nello scacchiere NATO e centro del neonazismo, potrebbe corroborare la tesi di un coinvolgimento rilevante nel traffico di armi ed esplosivi fra l’Italia nord orientale e la Jugoslavia.
Di sicuro a Monaco di Baviera aveva sede Radio Free Europe, la stazione radiofonica utilizzata per le operazioni di guerra psicologica sostenuta dalla rete Gehlen oltre che dalla americana CIA, che si proponeva come punto di riferimento delle opposizioni nell’Europa dell’Est. Vi avrebbe lavorato un certo Corrado Simioni…

Alla fine del 1971 viene scoperto un deposito Nasco riconducibile alla STAY BEHIND ad Aurisina in Friuli. La scoperta viene “ripetuta” nel febbraio dell’anno successivo e comincia a suscitare allarme anche perché è stato rimosso parecchio esplosivo che può essere stato utilizzato in attentati. E’ il famoso plastico utilizzato nella strage di piazza Fontana ? Fatto sta che all’interno della STAY BEHIND italiana si infiamma uno scontro ed una faida fra i Nuclei di Difesa dello Stato – la “GLADIO clandestina” – e la GLADIO ufficiale. Il 31 maggio del 1972 tre carabinieri cadono vittime di un’imboscata con autobomba ad opera di militanti e “soldati politici” di Ordine Nuovo.
L’Arma dei carabinieri, in particolare la Divisione Pastrengo ampiamente egemonizzata da ufficiali piduisti, gestisce alcuni depositi Nasco nelle caserme ed è il principale referente dei Nuclei di Difesa dello Stato che per la maggior parte hanno una formazione di estrema destra. Si è voluto lanciare un messaggio per avvertire i carabinieri di non scaricare propri “protetti” ? Ma soprattutto vi è veramente una distinzione così marcata fra i membri dei Nuclei di Difesa dello Stato e i “gladiatori” ? Domande a cui è molto arduo rispondere…
Di sicuro in quel 1972 accadono molte cose oltre alla “scoperta” del Nasco di Aurisina e alla strage di Peteano. Fra queste l’apertura di una pista “nera” accanto a quella anarchica nell’inchiesta strage di piazza Fontana con la conseguente agitazione dei neofascisti, l’”incidente” occorso all’editore Feltrinelli, l’assassinio del commissario Calabresi e la fibrillazione interna al movimento Lotta Continua…

E’ necessario comprendere il contesto italiano ed europeo di quegli anni per addentrarsi maggiormente in questa ondata di violenza facendo un passettino indietro nel tempo. Alla fine degli anni Sessanta l’Alleanza Atlantica attraversava una fase di crisi accompagnata dal declino dell’immagine della superpotenza USA ingabbiata in una guerra mai dichiarata – quella del Vietnam – che rischiava di trascinare il colosso a stelle e strisce in un’avventura senza ritorno. In effetti, delineandosi meglio la sconfitta americana ad opera di una formazione guerrigliera impietosa e determinata nonostante la sproporzione delle forze, si erano moltiplicate anche negli USA le proteste e le contestazioni più o meno pacifiche e pacifiste contro il conflitto e le sue ragioni. In Europa il clima della politica internazionale si stava modificando. In Francia il generale De Gaulle aveva fatto ritirare le forze armate del suo paese dalla NATO e praticamente espulso la NATO da Parigi. Si trattava anche di una ritorsione contro la politica americana e contro l’appoggio offerto dalla CIA all’OAS che nel corso degli anni Sessanta ha condotto una sua guerra “privata” contro il generale,colpevole di aver trattato con l’FNL l’indipendenza dell’Algeria, tentando più volte di assassinarlo. Inoltre De Gaulle perseguiva una sua autonoma linea di politica internazionale “neutra” e avversa ai tentativi egemonici degli angloamericani sul continente e al processo di unificazione europea che allora risultava utile alla NATO in funzione antisovietica.
Nella Germania federale veniva eletto Cancelliere per la prima volta dal Dopoguerra un socialdemocratico, quel Willy Brandt che aveva sostanzialmente depurato il suo partito del marxismo a Bad Godesberg facendosi promotore di una nuova dirittura politica socialista e socialdemocratica. Sul piano internazionale il leader tedesco traduceva la propria linea politica interna allargandola e puntando sulla “democratizzazione” dei paesi del Patto di Varsavia. Conseguentemente cercava di “aprire” alla Germania democratica dell’Est giovandosi anche della collaborazione dei comunisti e dei socialisti italiani interessati a questa svolta della SPD. Peraltro la Ostpolitik era seguita con interesse dal Vaticano sotto il papato di Paolo VI il quale a sua volta cercò una “pacifica convivenza” con i comunisti dei paesi dell’Europa dell’Est. Vi è da aggiungere che lo stesso Brandt aveva collaborato con la CIA e gli americani almeno per quella parte che tentava di intraprendere un’altra strada per arginare la superpotenza sovietica. D’altro canto l’intraprendenza di Brandt nella politica internazionale non poteva risultare gradita ai fanatici della “guerra fredda” e a coloro che sul confronto fra le superpotenze lucravano. Si ricordi poi che proprio il Cancelliere socialdemocratico aveva fatto dimettere il generale Gehlen dalla direzione dei servizi segreti e avviato un’epurazione che sostanzialmente colpiva proprio la rete teutonico americana.

In Italia con la crisi del centrosinistra organico nell’autunno del 1968 l’onorevole Aldo Moro lanciava la cosiddetta “strategia dell’attenzione” nei confronti del PCI per rilanciare in fondo il ruolo sia pure ridimensionato della DC. Si profilava l’ipotesi di una collaborazione governativa fra DC, PCI e la sinistra del PSI che naturalmente non poteva essere digerita da molti dentro e fuori l’Italia. Ovviamente non c’era solo allarme fra ambienti angloamericani, della NATO o anche israeliani per questa messa in discussione degli equilibri basati sulla tradizionale conventio ad excludendum nei confronti del PCI ma anche un rifiuto che tagliava trasversalmente l’arco della politica italiana dentro e fuori le istituzioni. Come osserva – credo giustamente – Cucchiarelli la “strategia della tensione” non sarebbe stata altro che l’opposizione illegale, violenta e terroristica alla “strategia dell’attenzione” morotea. Consisteva nel diffondere un clima di paura, di insicurezza e di disordine alimentati dal caos e dalla violenza per imprimere al sistema politico una decisa direzione di destra, filoamericana, filoatlantica e “presidenzialista”. Con evidenti complicità internazionali avrebbe coinvolto esponenti appartenenti a svariate forze come soprattutto l’MSI, la destra DC, il partito del Presidente Saragat il PSDI e forse anche la destra autonomista del PSI. La strategia delle bombe del 1969 si sarebbe giovata dell’apporto delle organizzazioni della destra radicale Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale a livello di esecuzione degli attentati mentre i “nazimaoisti” avrebbero funto da cerniera fra le organizzazioni neofasciste a cui appartenevano gli attentatori e gli ambienti neoanarchici e maoisti. L’intenzione era appunto quella di far ricadere la responsabilità dell’ondata terroristica unicamente sull’ultrasinistra probabilmente fino a lambire le sponde della sinistra istituzionale e partitica. Per il 12 dicembre era stata fissata l’ora X per le stragi che avrebbero dovuto determinare la proclamazione dello “stato di pericolo pubblico” ed il conseguente scioglimento del Parlamento con l’indizione di nuove elezioni politiche in un clima di generale riprovazione nei confronti della sinistra. L’atmosfera propizia per una decisa svolta di segno autoritario. Alla vigilia dell’Autunno Caldo di cui si sarebbe dovuto sfruttare le potenzialità “sovversive” era stata portata a termine la scissione del PSU – PSI e PSDI unificati – ad opera del Presidente della Repubblica italiana Giuseppe Saragat che aveva incassato l’appoggio e beneplacito dell’Amministrazione Nixon e di Kissinger. Oltre a questo importante sostegno i promotori anticomunisti di questo tentativo autoritario potevano contare su quello dei colonnelli greci, della rete Gehlen (Aginter Press) e sul gemellaggio fra neofascisti italiani e gli ustascia. Settori dei servizi segreti interni avrebbero provveduto a depistare e deviare e fra tutti fondamentale sarebbe stato il contributo dell’ANELLO, il servizio ultrasegreto legato agli americani e che aveva come referente politico l’onorevole Giulio Andreotti, e dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale che forse più di tutti si impegnò nella costruzione della “pista anarchica” delle stragi. I cardini “politici” dell’operazione erano invece Giuseppe Saragat e il Presidente del Consiglio, il democristiano Mariano Rumor.

Negli attentati di Milano e Roma qualcosa non ha funzionato… La tempistica non è stata perfetta e i morti sono stati troppo pochi per poter gettare il paese in quella spirale che avrebbe determinato la proclamazione dello “stato di pericolo pubblico”. Inoltre molto probabilmente lo schieramento degli “anticomunisti” non costituiva un aggregato sufficientemente coeso e in accordo sulle finalità della “strategia della tensione”. Si era e si è molto più semplicemente al cospetto di consorterie, fazioni e bande spesso in guerra e in lotta fra loro per estendere la propria sfera di dominio e di influenza. Ciò potrebbe valere anche in ambito internazionale… Negli anni successivi – e possiamo dire fino ad oggi – si è assistito alla feroce quanto non dichiarata competizione fra gruppi politici, militari, economici, industriali, finanziari, mafiosi, intellettuali e culturali i cui contorni spesso sfuggono con rimescolamenti di carte ed alleanze. Un ruolo niente affatto secondario negli sviluppi dell’operazione “12 dicembre” lo ha avuto proprio l’onorevole Moro, allora Ministro degli Esteri, il quale, di ritorno da un’ importante riunione del Consiglio d’Europa è venuto in possesso della famosa informativa del SID in cui venivano specificati i nomi degli autori degli attentati. Questo intervento è stato rivelato da un curioso personaggio, Fulvio Bellini, già partigiano comunista in contatto con i servizi segreti inglesi (SOE) durante la guerra e poi collaboratore per il giornale “Candido” diretto dall’ex repubblichino Giorgio Pisanò, uno degli uomini chiave dell’ANELLO.

Da fonte dei servizi segreti inglesi Bellini avrebbe appreso che, dopo essere venuto a conoscenza nel giro di pochi giorni su quanto successe a Piazza Fontana e più in generale a Milano e Roma il 12 dicembre 1969, Moro ricattò il Presidente della Repubblica Saragat e il Presidente del Consiglio Rumor – peraltro già recalcitrante dopo la strage – ponendoli di fronte ai fatti e spingendoli a mutare posizione abbandonando le tentazioni “presidenzialiste” ed autoritarie. In cambio le indagini sarebbero state indirizzate decisamente sulla “pista anarchica” tralasciando invece quella “nera”.
Il principale risultato politico del ricatto moroteo fu il varo di un nuovo governo Rumor fondato sull’accordo fra Moro e il partito di Saragat, leggermente più sbilanciato a “sinistra”.
E’ questo per Bellini il “Segreto della Repubblica” e per Cucchiarelli il Segreto nel Segreto di piazza Fontana, ciò che principalmente ha impedito che la verità diventasse di pubblico dominio.
Se mai verrà scritto un lungo ed esaustivo libro sulla “strategia della tensione” non potrà non partire dalla figura controversa e discussa dell’onorevole Moro tanto detestata in vita quanto oggetto di santificazioni e rivalutazioni postume dopo la sua tragica fine. Non posso che concordare con Cucchiarelli quando situa il periodo della “strategia della tensione” fra la strage di piazza Fontana (1969) e l’assassinio di Aldo Moro (1978). Se il massacro alla Banca dell’Agricoltura era la risposta alla “strategia dell’attenzione” morotea, via Fani e via Caetani costituirono la reazione al Compromesso Storico fra DC e PCI partorito dall’intesa Moro – Berlinguer. Il Compromesso Storico, d’altronde, rappresentava il consequenziale sviluppo della “strategia dell’attenzione” che in quel 1969 non era che una dichiarazione di intenti o poco più. In entrambi i crimini più discussi della Repubblica hanno certamente agito altri soggetti all’ombra e alle spalle degli esecutori neofascisti e brigatisti che si sono prestati come “manovali del terrorismo”. Nel corso dell’intera stagione della “strategia della tensione” l’onorevole Moro e la sua politica sono state al centro del mirino di poteri molto forti e nel tempo si sono succeduti senza sosta progetti di attentato ed attentati veri, avvertimenti, messaggi, operazioni di guerra psicologica e condizionamento, minacce più o meno velate, ecc… Oltre a piazza Fontana ricordiamo la lista di bersagli da eliminare appartenente agli ordinovisti, l’Italicus, gli avvertimenti di Andreotti e Pecorelli, i progetti delle BR, le minacce di Kissinger, l’articolo di Rabin, il documento del Foreign Office inglese sulla possibilità di un colpo di Stato in Italia, le manovre di esponenti politici europei graditi alla Trilateral e quelle dei “consulenti” del CSIS (Centro di Studi Strategici di Georgetown), il Piano di Rinascita Democratica della P2, ecc… Anzi, ponendo Moro come lo specifico bersaglio degli “strateghi della tensione” se ne potrebbe pure retrodatare l’inizio al 1964, l’anno del Piano SOLO del generale dell’Arma De Lorenzo quando venne approntato un progetto di sequestro dell’onorevole Moro da parte probabilmente di uomini coinvolti nel tentativo golpista. Un progetto molto simile a quello che le BR avrebbero realizzato quattordici anni dopo. All’epoca Moro non aveva avanzato alcun approccio nei confronti dei comunisti, ma già come principale promotore del centrosinistra organico cementato da una intesa fra DC e PSI era giudicato pericoloso da ambienti italiani ed internazionali, potentati politici, militari, finanziari ed imprenditoriali oltre che dalle forze della destra più o meno filoatlantica.

Francia, Germania Federale, ecc… Allargando lo sguardo si può notare come la “strategia della tensione” non sia stata solo italiana ma europea. La presenza in Italia del più forte partito comunista occidentale ha reso invece il paese più vulnerabile e suscettibile alle numerose sollecitazioni e tensioni rispetto agli alleati. Poi , completando il giro del panorama internazionale, v’è da tener conto di altri processi e degli altri importanti fatti che lo hanno caratterizzato. La decolonizzazione nei paesi del Terzo e Quarto Mondo, il conflitto cinosovietico con la divisione fra comunisti filosovietici e comunisti maoisti e filocinesi, l’esplodere della situazione mediorientale con la Guerra dei Sei Giorni e della questione palestinese in tutta la loro gravità e drammaticità.
Tutto contribuisce a rendere il terreno sempre più incandescente…

Per la verità la gestazione della “strategia della tensione” italiana ed internazionale inizia dagli anni della distensione nelle relazioni fra USA e URSS quando diventa sempre più improbabile lo scontro aperto fra grandi forze militari anche per l’alto potenziale distruttivo delle bombe nucleari mentre il conflitto viene portato sul campo politico, ideologico e culturale. In questo contesto prendevano sempre più piede le concezioni degli appartenenti all’organizzazione colonialista e terroristica francese OAS che, velocemente, così possiamo riassumere:

– il comunismo non è altro che un complotto internazionale – oggi diremmo globale – per il Potere e la stessa decolonizzazione in cui sono coinvolti i paesi del Terzo Mondo fa parte di questa gigantesca cospirazione alla quale occorre opporre una vera e propria “guerra di civiltà”.

– in questo conflitto di tipo nuovo occorre coinvolgere tutte le forze genuinamente anticomuniste deponendo la pregiudiziale ormai anacronistica dell’antifascismo. Fascisti ed antifascisti al contempo anticomunisti devono unire le loro forze per sconfiggere il comunismo. Si ricorderà che nell’OAS stessa militavano ex partigiani, ex collaborazionisti di Vichy ed ex gaullisti.

– la scelta netta e decisa per il terrorismo per opporre “terrore al terrore”. Gli uomini dell’OAS erano dediti sia alle stragi indiscriminate che agli attentati mirati.

Come abbiamo visto alcuni uomini dell’OAS –con alcune ex Waffen SS – si trasferirono a Lisbona in Portogallo per dare corpo e respiro internazionale a quelle teorie fondando una falsa agenzia di stampa, l’Aginter Press, direttamente collegata alla rete Gehlen e con addentellati nella NATO e nella destra internazionale europea e colonialista. Al contempo, fra la fine degli anni Cinquanta e gli inizi degli ani Sessanta si svolsero una serie di convegni sulla “guerra rivoluzionaria” e sulla “guerra non ortodossa” in ambito politico e militare NATO riprendendo i concetti espressi dai ribelli colonialisti francesi. L’Italia, in quanto paese “ospite” del più grande partito comunista occidentale e principale pedina nello scacchiere mediterraneo, non poteva rimanerne fuori. Anzi, come affermò a suo tempo William Colby, poi direttore della CIA, l’Italia era il più grande laboratorio per le operazioni clandestine. In effetti la Repubblica è stata percorsa quasi ininterrottamente nella sua storia dalle imprese e dalle azioni di innumerevoli gruppi armati con le loro variegate ed evocative sigle. Si và dal banditismo separatista siciliano coperto da Cosa Nostra e altri poteri alle aggressive rivendicazioni su Trieste, dagli irredentismi in Sud Tirolo fino al terrorismo della mafia siciliana dei corleonesi passando per la violenza diffusa e quotidiana di gruppi e gruppetti “neri”, “rossi” e “bianchi”. Spesso poi il “terrorismo atlantico” di matrice filoangloamericana ci può aver messo il cappello con la copertura STAY BEHIND.

L’approdo in Italia delle teorie sulla “guerra non ortodossa” si è verificato con il famoso convegno dell’Istituto Pollio all’Hotel Parco dei Principi del 1965 promosso dallo Stato Maggiore dell’Esercito e da i servizi segreti italiani con la partecipazione di politici, esperti, giornalisti, militari tutti rigorosamente appartenenti alla destra filoatlantica. Dal convegno sortì il progetto dei Nuclei di Difesa dello Stato, la famosa “GLADIO clandestina”. Fra gli interventi và registrato quello del giornalista neofascista, esperto militare già in contatto con ambienti bellici statunitensi e informatore dei servizi segreti italiani (Agente Zeta), Guido Giannettini il quale disse testualmente: “Se gli anticomunisti avessero maggiore sensibilità politica, approfitterebbero della situazione per sfruttare in senso anticomunista la naturale tendenza alla ribellione delle nuove generazioni culturali contro il conformismo della dottrina ufficiale.” Si suggeriva forse di sfruttare e piegare alle nuove strategie anticomuniste i nuovi movimenti che stavano nascendo in quegli anni e le giovani generazioni ribelli per indole e natura ?

Nell’affermazione del Giannettini si possono forse cogliere i germi di quella strategia di inquinamento, infiltrazione e provocazione che sarebbe stata perseguita con determinazione negli anni successivi. Nel 1967 la CIA avviò l’operazione CHAOS che dapprima venne concepito essenzialmente come lo strumento per spiare e controllare gli ambienti e i gruppi hippie e della controcultura giovanile giudicati nocivi e pericolosi per la società statunitense, ma presto divenne un vasto piano per l’infiltrazione a scopo di provocazione. Non solo… L’operazione venne estesa ai paesi europei reputati vitali per l’Alleanza atlantica come la Gran Bretagna, la Germania Federale, la Francia, la Spagna e naturalmente l’Italia. Si prevedeva di infiltrare i gruppi più “ideologizzati” della nuova ondata protestataria internazionale, la sinistra extraparlamentare più o meno trockista, castrista, maoista, ecc… Per l’attuazione oltre che di agenti “stipendiati” la CIA si giovava anche di fascisti, mercenari e provocatori di professione, sbandati, ecc… Dall’infiltrazione a fini di provocazione e, quindi, di violenza al terrorismo probabilmente il passo non è poi così lungo… Al momento opportuno si trattava di creare teatri di guerriglia e violenza urbana per lanciare l’allarme sul caos crescente. Direttore dell’operazione CHAOS era una vecchia conoscenza italiana del periodo bellico, un uomo chiave del vecchio OSS antesignano della CIA ovverosia James Jesus Angleton, colui che sottrasse il principe Junio Valerio Borghese dalle mani partigiane. Comandante della X MAS che aveva combattuto a fianco dei nazisti tedeschi, Borghese è stato probabilmente fondamentale nella creazione della STAY BEHIND in Italia. La X MAS costituì il nucleo originale della GLADIO. Anticomunista viscerale e più che convinto, Angleton si attivò per reclutare gli ex nemici fascisti e nazisti per utilizzarli contro i comunisti. E’ significativo che proprio a lui sia toccato in sorte di dirigere l’operazione CHAOS. Fra gli uomini che Angleton reclutò nella CIA c’era un certo questore Federico Umberto D’Amato poi longa manus dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale a cui si deve l’ideazione della pista esclusivamente “anarchica” per la strage di piazza Fontana. Sono in molti ormai a ritenere che l’ex questore al servizio della CIA sia stato al centro di molte trame della “strategia della tensione”. La prima che si ricordi, a metà degli anni Sessanta, è l’operazione “Manifesti Cinesi” che vide neofascisti di Avanguardia Nazionale camuffarsi da comunisti filocinesi per affiggere manifesti maoisti. L’operazione venne concepita proprio da D’Amato e dall’Ufficio Affari Riservati che utilizzarono gli uomini di Delle Chiaie con la mediazione del giornalista del “Borghese” Mario Tedeschi, poi senatore missino e piduista. Qualche anno dopo, da una scissione di Alleanza Nazionale avrebbe dato origine all’ambiguo ed equivoco movimento studentesco “nazimaoista” “Lotta di Popolo”.

Come era forse da prevedersi, CHAOS germinò e generò una prole che sicuramente costò non poco ai contribuenti americani e non solo… In particolare si segnala il “Progetto 2”, un programma della CIA concepito per sviluppare l’estrema sinistra maoista in contrapposizione al comunismo filosovietico. Una classica operazione da “guerra fredda” che peraltro viene ideata e realizzata parallelamente ad un analogo approccio da parte della destra visceralmente anticomunista e della destra più propriamente neofascista e neonazista nei confronti dell’ultrasinistra di stampo filocinese e “libertario”. C’è una concreta connessione fra queste operazioni ? L’Aginter Press – già emanazione della rete Gehlen – si impose quasi certamente come l’interfaccia fra CIA, gli altri servizi segreti americani e quelli NATO (STAY BEHIND) e la destra radicale e anticomunista internazionale ed europea. La finta agenzia di stampa era già molto attiva nell’infiltrazione e nell’approccio nei confronti dei filocinesi e nella sua sede a Lisbona venne successivamente il documento “La nostra azione politica” redatto molto probabilmente da esponenti delle organizzazioni neofasciste italiane Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale che dava conto della vasta opera di infiltrazione attuata nella sinistra extraparlamentare per lanciare azioni di provocazione e violenza sotto copertura. Già si è detto dell’ambiguità della “Giovane Europa” e del suo promotore Jean Thiriart in bilico fra provocatorie strumentalizzazioni e “tentativi di alleanze antisistema”. Con devastanti conseguenze…

Se la CIA si ingegnava nell’offrire un apporto significativo in termini di uomini e risorse alla “guerra non ortodossa” gli altri servizi segreti USA non stavano a guardare… Il generale Westmoreland, capo di Stato Maggiore dell’Esercito Americano ai tempi della guerra in Vietnam, varò un interessante manualetto redatto dai servizi segreti del Pentagono e destinato ai corpi speciali dell’Esercito. Il FIELD MANUAL 30 – 31 B “consigliava” di infiltrare o utilizzare l’ultrasinistra per le operazioni terroristiche e illegali. Qualcuno dovrebbe ricordarsene a proposito dell’affaire Moro. Altrettanto interessante risulta il fatto che una copia del manualetto fu trovata nel doppio fondo della valigia della figlia di Gelli Maria Grazia durante una perquisizione all’aeroporto di Fiumicino. All’epoca – il giugno del 1982 – l’ex nazista massone era in estrema difficoltà ed avrà certamente pensato di esercitare l’arma del ricatto nei confronti degli ambienti che lo avevano scaricato. Comunque un elemento in più a sostegno di un rapporto certo non superficiale fra Gelli e i servizi segreti americani specie quelli del Pentagono.
Invece l’operazione BLUE MOON costituì la versione “narcotica” di CHAOS. Scaturita probabilmente da MK ULTRA, lo studio degli effetti dell’LSD e di altri allucinogeni ai fini di ricavare la “droga della verità” da utilizzare negli interrogatori, BLUE MOON prevedeva la distribuzione di stupefacenti negli ambienti giovanili. Gli ideatori perseguivano la disgregazione dei contesti sociali in cui si esprimevano le giovani generazioni e forse intendevano assecondare e appoggiare le forme più anarcoidi, libertarie e individualistiche di protesta legate spesso alla nuova controcultura e al movimento psichedelico e per l’uso delle droghe in contrapposizione alle tendenze marxisteggianti e “rivoluzionarie”. Figura chiave in tal senso fu un misterioso personaggio americano che conobbe Timothy Leary, il padre dell’LSD il cui contributo fu sfruttato nell’ambito dell’MK ULTRA e che si diede ad un’intensa attività di spaccio e contrabbando di sostanze stupefacenti. Ronald Stark lavorò sicuramente per i servizi segreti americani anche se non è mai stato chiarito a quale branca facesse riferimento. Molto attivo fra USA, Gran Bretagna e Italia coltivò un’invidiabile rete di rapporti: da servizi segreti americani a quelli inglesi, dalla mafia alla terrorismo mediorientale, dalla destra anticomunista all’ultrasinistra fino agli ambienti controculturali e giovanili.

Traffici e spaccio di droga… Traffici di armi e droga… Le due merci sono spesso strettamente connesse e legate. Poco tempo prima della rivelazione della rete GLADIO al Parlamento da parte del Presidente del Consiglio Giulio Andreotti, un ex contractor CIA (e del MOSSAD), tale Richard Brenneke rivelò il ruolo dell’Agenzia nei traffici di armi e droga a partire dal 1969, anno della strage di Piazza Fontana. Fra le rivelazioni e le ammissioni Brenneke ammise di aver contrabbandato armi di produzione cecoslovacca e dell’Est Europa sotto copertura e di aver conosciuto un altro celebre contractor CIA, il solito Licio Gelli. Secondo questo “agente a contratto” i traffici di armi e droga in cui era coinvolta la CIA dovevano servire ad alimentare la “strategia della tensione” a livello europeo. Gli americani foraggiavano praticamente formazioni terroristiche ed estremistiche di ogni colore politico ed ideologico per tenere viva la paura del “pericolo rosso”. In questi traffici e nel riciclaggio dei relativi proventi vi sarebbe stato un legame operativo fra CIA, Cosa Nostra italoamericana e quella siciliana e la loggia coperta Propaganda 2, la salsa di ogni trama di quegli anni. Lo stesso Gelli ebbe a definirsi come “banchiere senza licenza” alludendo probabilmente al ruolo della triade finanziaria Sindona – Calvi – Marcinkus (direttore della banca vaticana che si è sempre sospettato essere stato membro della loggia P2 come gli altri due) nei traffici svelati da Brenneke come in altre attività lucrose ed illecite. Proprio a partire dal 1969 Gelli intensifica i contatti con l’Agenzia e l’Ambasciata statunitense e a quegli anni si possono far risalire i suoi incontri con importanti personaggi dell’entourage nixoniano come l’ammiraglio Haig e ben inseriti nella CIA come il “diavolo biondo” Theodore Shackley, già capostazione CIA a Roma negli anni Sessanta, responsabile di alcuni tentativi di assassinare il leader cubano Fidel Castro e dell’operazione PHOENIX, la versione vietnamita della sudamericana CONDOR o come un certo George Bush senior futuro vice Presidente e Presidente USA. Un altro ex agente CIA, Searchlight, Gelli era coinvolto direttamente nel finanziamento della rete STAY BEHIND.

Naturalmente le dichiarazioni di ex agenti segreti, personaggi anche abituati a negare o mentire và presa con le molle, tuttavia molte dichiarazioni si vanno ad incastrare agevolmente nel contesto prospettato e certe coincidenze di date colpiscono. Quando la collaborazione CIA – P2 nell’ambito dei traffici di armi e droga si inaugura ha pure inizio la “strategia della tensione” in Italia. Il 1969 è l’anno di Piazza Fontana e dell’ondata di attentati dinamitardi. Inoltre la P2 ha qualcosa a che fare con i traffici di quelle armi e quegli esplosivi che venivano occultati nei Nasco dell’Italia nordorientale ? La Divisione Pastrengo dell’Arma dei carabinieri attivamente impegnata a gestire quei depositi riservati ai Nuclei di Difesa dello Stato depistando ed occultando qualsiasi traccia che potesse portare alla loro individuazione era inquinata dalla presenza di alti ufficiali piduisti. Inoltre i traffici di armi dall’Europa dell’Est citati da Brenneke rimandano a quelli di esplosivo jugoslavo che Cucchiarelli ritiene sia stato utilizzato negli attentati del 12 dicembre 1969. Armi ed esplosivi occultati nei depositi a disposizione della rete atlantica STAY BEHIND.
E’ forse questa la chiave principale – non certo l’unica- per aprire lo scrigno dei Segreti sottesi alla “strategia della tensione” ?

La delicata trattazione delle tematiche connesse alla “strategia della tensione” non può prescindere dagli anni Sessanta, dal Sessantotto e dal nuovo protagonismo e ribellismo giovanile e “giovanilista”. In quegli anni si agitò una vasta ondata protestataria inizialmente saldata ad un conflitto generazionale senza precedenti. Sullo sfondo e al contempo agente attivo di un sottile mutamento e pure percepibile, l’affermazione di una società votata al “benessere”, al consumismo e all’edonismo in Occidente. Seppure le giovani generazioni, in nome di una quasi generalizzata contestazione all’”autoritarismo” della società, delle istituzioni e dei rapporti fra individui, attaccavano la nuova società dei consumi, il tutto era ammantato da una certa ambiguità spesso sicuramente inconsapevole. Non è qui la sede per formulare un difficile giudizio su un fenomeno tanto complesso come la contestazione giovanile e sessantottina. Sicuramente non può essere sottovalutata l’indubbia importanza di conquiste sul terreno soprattutto dei diritti civili, ma non possono neanche essere taciuti gli effetti e le ripercussioni negative sulla storia successiva dell’Occidente. Indicatore abbastanza significativo e rilevante dell’ambiguità succitata fu in quegli anni la nascita e lo sviluppo di un mercato, di un’industria dello spettacolo e del divertimento indirizzate alla fruizione dei giovani, nuovi polli da spennare allegramente. Peraltro negli USA tali industrie erano già decollate precedentemente. I giovani occidentali erano forse più dentro che fuori al Sistema ? Se poi la contestazione pacifica e pacifista affogò nella violenza anche e forse soprattutto per colpa di ottuse resistenze all’insegna della repressione, non può essere trascurato che esisteva anche un sottobosco culturale e sottoculturale – soprattutto e quasi esclusivamente nei paesi anglosassoni – che oltre a incoraggiare l’uso e abuso di droghe e lo “sballo” si giovava di tutto il repertorio iconografico e simbolico del satanismo e di un certo tipo di settarismo. L’esempio di Charles Manson è certo il più celebre e famigerato ma non esclusivo…

Per quel che riguarda l’Italia mai come in questo caso il rapporto fra “strategia della tensione” e il variegato movimento giovanile è stato così forte in confronto agli altri paesi. In nome di una facile e piuttosto confusa solidarietà “antisistema” tanto vaga quanto aggressiva si sono coltivati connubi e contiguità sulle quali poco è stato detto e scritto. Immagino quanto abbia suscitato scalpore Pisolini quando scrisse che in fondo, mentalmente e dal punto di vista antropologico, i giovani di estrema destra e quelli di estrema sinistra non erano poi tanto diversi anzi erano sempre più simili, carnefici e vittime di una rabbia, un’aggressività e una violenza dettate dalla società edonistica e dei consumi, la società che tutto vuole e non s’accontenta mai. Al fondo pensava che quei ragazzi non fossero più né di estrema destra, né di estrema sinistra, ma una “razza nuova” e per molti versi pericolosa. Prendiamo quel che è successo al Circeo o alla famiglia Mattei… Quale può essere il sostrato “ideologico” di questi atti ? Perfino pariolini e borgatari erano accomunati da un’omologazione che agli occhi del poeta non lasciava scampo… Pasolini parlava di una sorta di “nuovo nazismo”, giovani che sarebbero stati capaci anche di mettere le bombe sui treni e nelle banche rendendosi strumenti inconsapevoli ma efficienti dei Potere.

E’ chiaro che in un contesto del genere peraltro necessariamente contrassegnato dalla permeabilità dei movimenti e degli ambienti giovanili finivano per essere consumate promiscuità e rapporti che possono sembrare a prima vista “contronatura”. Un luogo simbolo di questi intrecci “innominabili” è stato l’ex Albergo Commercio, la Casa dello Studente che si trovava fino al 1969 guarda caso di fronte alla Banca Nazionale dell’Agricoltura. Oltre a sbandati, hippie, provos e altri creativi o “capelloni” vi si ritrovavano neoanarchici sessantottini, libertari, maoisti, marxisti leninisti, “nazimaoisti”, giovani sostenitori del “presidenzialista” Pacciardi fino ai neofascisti e ai professionisti della provocazione. Un panorama quasi esaustivo di una certa gioventù di quegli anni, magari generosa , ma spesso anche inconsapevole. In ambienti simili gli spazi per la provocazione e l’infiltrazione sono logicamente ampissimi. In altri termini i giovani e gli altri soggetti che frequentavano questi luoghi possono essere divisi in tre categorie: coloro che semplicemente giocavano ma poi continuavano a rifugiarsi nelle accoglienti braccia della famiglia; quelli impegnati seriamente a volte fino al fanatismo e i mercenari incaricati di tenere sotto controllo tali luoghi o di servirsi in qualche modo dei loro occupanti. Per qual che riguarda le alleanze “strane” fra estrema sinistre ed estrema destra v’è da aggiungere che solo successivamente, dopo la strage di piazza Fontana, si diffuse a livello di massa un forte antifascismo militante e le piazze italiane vennero insanguinate dagli scontri delle bande giovanili “rosse” e “nere”. C’ è da chiedersi tuttavia – e v’è qualche indizio a favore di questa ipotesi – se anche successivamente non si formarono zone grigie in nome della “solidarietà antisistema” puramente ribellistica, nichilista e dunque perdente in partenza. Si è parlato di zone di incontro fra frange dell’Autonomia e lo spontaneismo armato dei NAR e di Terza Posizione nel dopo Settantasette e più recentemente dei teppisti nerovestiti Black Bloc antiglobalizzazione che raccolgono anarcoinsurrezionalisti, autonomi, estremisti ecologisti, ambientalisti e animalisti, neofascisti e neonazisti, squatters, punkabbestia, skin e naziskin, hooligans, ultrà da stadio, semplici cani sciolti e teppisti, ecc… Occasioni sempre molto ghiotte per dare carne ai fantasmi di tutte gli incubi che agitano i sonni dei benpensanti.

Altro capitolo da approfondire è quello dell’infiltrazione di estrema destra nell’estrema sinistra che negli anni Sessanta è oramai ampiamente documentata. Un gran numero di giovani militanti delle formazioni della destra radicale si “convertirono” all’ultrasinistra. Sicuramente la maggior parte si percepivano come autentici “rivoluzionari” e lo fecero perché ritenevano la sinistra extraparlamentare molto più “antisistema” delle destre radicali, ma non furono essi stessi immuni dalla strumentalizzazione di chi voleva agitare il “pericolo rosso” e turbare le normali famiglie borghesi. Bastava premere l’acceleratore sull’estremizzazione e sulla violenza…

La molteplici ambiguità rimangono e costituiscono uno dei cuori pulsanti dei segreti della Repubblica dei segreti. Se l’ex albergo Commercio rappresenta il luogo – simbolo di questa ambiguità e di questa complessità, il movimento “22 Marzo” le suggella… La commistione fra neoanarchici sessantottini, neofascisti ed informatori della polizia su cui mai si è indagato fino in fondo. Un’indagine che avrebbe aperto le segrete porte della strage di piazza Fontana e delle altre bombe del 12 dicembre, ma le varie convenienze… Non è pure di secondaria importanza che il gruppuscolo “anarcofascista” si sia ispirato all’omologo francese guidato dall’attuale leader dei Verdi Daniel Cohn Bendit divenuto celebre con la rivolta del Maggio francese. Recenti testimonianze e documentazioni indicano che oltre ai gauchisti vi parteciparono elementi di estrema destra, uomini legati all’OAS, mercenari e agenti al servizio degli americani e pure degli israeliani probabilmente. Un incendio voluto anche per costringere il generale De Gaulle a mutare la sua linea di politica estera poco gradita da influenti ambienti americani, inglesi, israeliani e più in generale in ambito NATO. Pare che vi abbia partecipato un certo Mario Merlino, il “neofascista” convertito all’”anarchia” che fondò l’omologo italiano del movimento francese di Cohn Bendit.

Ancora dobbiamo scrivere il libro sulla “strategia della tensione”…

FINE

HS
Fonte: www.comedonchisciotte.org
26.06.2009

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