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La Redazione

 

I piu' letti degli ultimi 7 giorni

SOLO UN SANTO CI PU SALVARE DALLA CRISI…

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A cura di supervice
Il 25 Dicembre 2011
59 Views

DI ENRICO GALOPPINI
Europeanphoenix.com

Tutti quanti – da “Porta a Porta”

al sito internet più “alternativo”, in buona e in malafede – provano

a dire la loro sulle cause della “crisi” e sui modi per uscirne.

Chi proponendo questa o quella “manovra” o “provvedimento”;

chi una “riforma delle istituzioni” partendo dal presupposto che

la via d’uscita sta nella “procedura”; chi, per la verità sempre

più minoritario ed attaccato ad un’idea politica, o “rivoluzionaria”,

della “soluzione”, indicando questa o quell’altra ideologia o

“nuova sintesi”…Ognuno crede o spera di avere l’uovo

di Colombo in mano, o almeno un pezzo della “soluzione”. Il pacifista:

“stop alle spese militari!”; l’ambientalista-decrescentista: “basta

con le grandi opere! torniamo al baratto!”; lo sviluppista: “sviluppo,

crescita e grandi opere!”; il leghista: “via da Roma ladrona, secessione!”;

il liberista: “c’è troppo stato [con la “s” minuscola], liberalizziamo

tutto!”; il comunista: “statalizziamo tutto!”; l’“antipolitico”:

“tagliamo gli stipendi d’oro dei parlamentari!”; il coscienzioso:

“finiamola con gli sprechi!”; la/il femminista: “più donne nei

posti di comando!”; l’anticlericale: “facciamo pagare l’ICI

alla Chiesa!”; l’antiberlusconiano: “se ne vada Berlusconi!”

(ed è stato l’unico effettivamente accontentato). Fino al completamente

rincitrullito dalla propaganda, il quale è stato convinto che “bisogna

sanare il debito!” (un “debito” completamente inventato dall’esistenza

della moneta-debito di proprietà delle banche private) e perciò farsi

tassare anche l’aria che si respira.

Qualcuno, timidamente, azzarda una

soluzione che faccia intervenire la “religione”, ma la sua voce

non è né forte né chiara, troppo compromessa con l’andazzo generale

e il sistema dominante, e perciò non credibile.

Pochi ammettono invece che questa “crisi”

è epocale e coinvolge tutti gli aspetti che caratterizzano sia l’essere

umano che il suo vivere comunitario. È una “crisi di civiltà”,

solo che la maggioranza delle persone non se ne rende ancora conto.

Ma prima di affrontare questo punto

essenziale, torniamo alle “soluzioni” proposte per ‘tamponare

la falla’ e tirare ancora un po’ avanti con questo cadavere in buona

salute che è la “civiltà moderna”, fintanto che il puzzo di morte

non diventerà insopportabile. Prendiamo l’ultima delle “soluzioni”

summenzionate, quella che prevede i classici “sacrifici”, le “lacrime”

e il “sangue”.

Ma per onestà morale ed intellettuale

bisogna considerare sia chi predica i “sacrifici” sia chi i “sacrifici”

è chiamato a farli.

Sorvoliamo per un attimo sul fatto,

non di dettaglio, per carità, che questa “crisi” è cercata, voluta,

consustanziale ad un sistema che si regge sul dominio del denaro, allo

scopo di facilitare il raggiungimento di determinati scopi nient’affatto

politici ed economici… Ma la regola numero uno che informa l’esistenza

sia di chi chiede i “sacrifici” ed ha il potere per imporli, sia

di chi questi “sacrifici” dovrà farli perché non ha via di scampo,

la regola numero uno è l’egoismo (predominio dell’illusione del

cosiddetto “io”) e la mancanza di “amore” verso il prossimo

(che genera l’egoismo). Si tratta, perciò, di temi sempre attuali,

che però i momenti di “crisi” esaltano particolarmente, perché

quando ci s’illude che “tutto va bene” è più faticoso fare i

conti con quello che è in realtà l’uomo nella sua “vita ordinaria”.

Da un lato, quello di chi chiede i

“sacrifici”, non si capisce infatti come possano dei ricconi sfondati,

dei privilegiati, dei personaggi che dal punto di vista materiale dalla

vita hanno avuto tutto (ma loro, sempre più “americanizzati”, si

diranno: “Mi sono fatto da solo! E tu, che vuoi da me?”), continuare

a guardarsi allo specchio senza provare un minimo di vergogna mentre

chiedono di “tirare la cinghia” a chi fa una vita che non sopporterebbero

nemmeno per mezza giornata. Li vorrei vedere, infatti, a stare alla

presse, ai turni di notte, nei cantieri al caldo e al freddo, ad asfaltare

le strade, in miniera fino a 65, ma no, a 67, magari facciamo a 70 anni…

E le loro mogli, con la domestica tutti i giorni e magari anche la donna

che viene a stirare (più la “tata” e la “dog-sitter”), a fare

la vita di poveracce che per 800-1.000 euro devono sputare sangue mattina

e sera.

Ma non provano un po’ di vergogna

ogni tanto queste facce toste? Ma dove ce l’hanno la coscienza?

Adesso, dal cilindro, la classe dei

dominanti ha tirato fuori l’idea dei “professori”, per la verità

nemmeno troppo originale perché è la stessa sfoderata ogniqualvolta

che ai “politici” non si può far fare la pessima figura di chi

ti ficca due canini nella giugulare per estrarne il prezioso e vitale

liquido.

Poi quelli, da bravi e rimpinzati “camerieri

dei banchieri”, dopo aver simulato di “farsi da parte” per “carità

di patria” ritorneranno a questuare il solito “voto”, dando la

“colpa” della “crisi”, che sarà peggiorata, a quei vampiri

mascherati da “professori”.

È ovvio che si tratta di un lurido

e meschino gioco delle parti. Di una sceneggiata degna di Totò e Peppino

che però non fa nemmeno ridere perché di mezzo c’è la vita concreta

delle persone.

Ma cosa gliene frega delle “persone”

a chi praticamente vive su “un altro pianeta”? Non so se ve ne siete

resi conto, ma questa gente che chiede “sacrifici” piagnucolando

a comando vive davvero una vita che in comune con quella della “gente

normale” ha solo il fatto di trovarsi nella medesima dimensione spazio-temporale.

Per il resto è completamente diversa, più comoda e agiata, dalla nascita

(in una lussuosa clinica privata con stanza singola, mentre la massa

viene al mondo “in batteria”) alla morte (sistemati in sfarzose

“tombe di famiglia” coi media che ci faranno “partecipare la dolore”

addirittura dopo il loro trapasso se eventualmente capiterà che la

bara venga trafugata: per la massa ormai ci sono i “funerali low cost”,

si fa per dire).

Verrebbe da pensare: ma se davvero

la “gente normale” a Lorsignori fa schifo e ribrezzo al solo pensiero,

tant’è che non ci si mescolano mai (con l’unica farsesca eccezione

della giratina pre-elettorale nei “mercati”), perché non se ne

vanno a vivere in totale separazione, il più possibile lontani, costituendosi

in “Regno dei ricconi”?

Eh no, non è possibile, perché

i loro privilegi sono fondati sullo sfruttamento del prossimo. Quindi,

in un certo senso, devono vivere “in mezzo a noi” per quel tanto

che gli basta per imporci tutto il loro sistema definito “legale”,

ma il più possibile “separato da noi” per quanto riguarda la vita

concreta (scuola, ospedali, spesa, quartieri abitativi, vacanze ecc.).

Comoda la vita in questo modo, eh?

Ci vuole davvero una bella faccia da…per

mettere una tassa sui libretti postali, quando si possiedono stipendi

e pensioni plurime, più emolumenti per consulenze varie e conti all’estero

(più partecipazioni azionarie ecc.). E non è moralmente ammissibile

che si architetti di tassare la prima ed unica casa, quando delle case

che si possiede s’è perso il conto.

Non si capisce davvero se questi personaggi

si guardano mai allo specchio, il quale, è noto, non riflette

mai l’immagine dei vampiri.

Sui privilegiati, che sono poi i più

arrivisti e scaltri, i meno empatici col prossimo, si potrebbe andare

avanti parecchio, ed è abbastanza facile criticarli perché

di spunti evidenti ne offrono parecchi.

Ma che dire di chi sta “dall’altra

parte della barricata”? Qui, apparentemente, dando retta ad una retorica

che attraversa sia ambienti “laici” che “religiosi” e che decanta

al meglio nel cosiddetto “cattocomunismo”, ci troveremmo al cospetto

di “sfruttati” ed “oppressi” (il che è senz’altro vero su

un determinato piano), di “pecorelle sbranate dai lupi”, della proverbiale

“gente onesta”. Mi riferisco naturalmente a quella massa che gira

e rigira tutta la vita nella stessa ruota, come un criceto, per “arrivare

a fine mese” (quando va bene) e magari anche qualcosa di più, ma

che sostanzialmente trascorre la vita passivamente, nell’acquiescenza

verso un sistema profondamente ingiusto perché “disumano”, con

costi esistenziali – anche a fronte di qualche “soddisfazione”

(la macchina nuova, la “bella casa”, il “viaggetto” eccetera)

– sempre più insostenibili.

Eppure, illudendosi d’aver percorso

chissà quanta “strada” nella routine, non ci si rende conto

di essere sempre fermi lì, nello stesso punto.

La “colpa” essenziale della famosa

“gente normale” (altrimenti detta “onesta” o “per bene”)

è quella di condividere in tutto e per tutto i valori, i punti di riferimento

dei dominanti. I quali, se ai piani altissimi sono a tutti gli effetti

dei dinasti (legati tra di loro con matrimoni come faceva la più classica

delle “nobiltà”), ai piani alti ed intermedi sono individui cooptati,

selezionati per le loro “qualità” da chi sta sopra di loro. Intendiamoci,

“qualità” che non sono affatto la “preparazione”, il “merito”

e – horribile dictu – il desiderio di operare per il “bene

comune”. In un certo senso, quindi, questa è una “società aperta”

per davvero, perché permette anche a chi nasce nei “piani bassi”

di accedere ai “piani alti”: sennonché il criterio di selezione

è perverso e privilegia i più arrivisti e scaltri, pronti a far la

pelle al prossimo, dimentichi addirittura delle eventuali “umili origini”

(non a caso questo sistema propone volentieri al gran pubblico gli esempi

di “gente normale” che ha “avuto successo” e s’è arricchita).

Per uno che “ce la fa”, però,

ve ne sono dieci che non ce la fanno. Ma dentro di sé condividono l’impianto

ideologico e valoriale dei dominanti, più o meno entusiasticamente,

talvolta perché non hanno sentito nessun’altra “campana” e scorto

perciò alcuna “alternativa” concreta. Ad eccezione di coloro che

non ne volevano sapere di “farcela” perché amano il quieto vivere:

solo che questo sistema alla fine non glielo permette, se intendono

mantenere un minimo decoro.

Ricapitolando: il sistema vigente si

regge su una ideologia (non è vero che le ideologie sono solo il “fascismo”,

il “comunismo”, il “socialismo”, eccetera) e una prassi fatta

di rapporti sociali, di lavoro eccetera, e l’una puntella l’altra.

Ma sopra di tutto esiste un “credo”. Eh già, vi fanno credere,

appunto, che solo i superstiziosi e “gli antichi” hanno e avevano

un “credo”. No no, questo sistema postula il credo del… “non

credere”! Che è pur sempre un credo. A parte alcune pittoresche eccezioni

buone per fare un po’ di “colore”, l’andazzo vigente, per poterlo

sopportare, presuppone – sia che si faccia parte della minoranza dei

ricconi che della maggioranza della gente che “tira la carretta”

– la condivisione di una “idea” di fondo, che costituisce il perno

di tutto il resto (economia, politica, società, cultura, eccetera).

In fondo, lo schiavo migliore è quello che non sa di esserlo, quello

che aspetta che altri vengano a liberarlo, quello che quando la casa

del padrone va a fuoco si agita e strilla più dello stesso padrone.

Il perno attorno a cui ruota tutto

quel che le varie ideologie o tendenze culturali criticano settorialmente

(ne abbiamo dato un saggio all’inizio), individuando anche puntualmente

il dettaglio ma perdendosi nell’interpretazione di sintesi, è: “Credi

solo a te stesso, tanto dopo la morte finisce tutto”.

Da questo assunto, che lentamente è

penetrato nelle coscienze, con un lavorìo di secoli a opera di ambienti

turpi e osceni di cui fan parte quelli dei “piani altissimi” (i

quali per raggiungerli han dovuto eliminare fisicamente e svalutare

nell’immaginario collettivo chi li occupava precedentemente), da questo

assunto discendono tutti i disastri, i disordini nei vari ambiti. Da

ciò deriva la “crisi” di cui si parla tanto ma a sproposito, perché

non si vuol prendere atto che essa è totale, onnipervasiva, non dando

spazio a interpretazioni di comodo e parziali, né alla ricerca di facili

e rassicuranti “soluzioni”.

Se c’è un vantaggio in questa “crisi”

questo è la possibilità di accorgersi che non ha senso passare la

vita a “far girare la ruota” come un criceto. Un giorno, il cuore

del “criceto” smette di battere, e cosa dirà alla fine il malcapitato

quando “passerà oltre”? Potrà giustificarsi dicendo che lui, poverino,

conosceva solo la “ruota” e sapeva che più correva e meglio sarebbe

stato per lui?

Sbagliato! Perché il “criceto”

ha pensato solo a sé stesso, per tanto grande, bella e divertente fosse

la “ruota”, col mangime che arrivava puntualmente. E mentre lui

correva per dare piacere al padrone, gli altri “criceti” correvano

anche loro, ciascuno nella propria “ruota”, nemmeno sfiorati dal

dubbio che tutti quanti passassero la vita allo stesso inutile modo.

E attenzione, i criceti benestanti e privilegiati, tra l’altro, hanno

gabbie bellissime, pulite e spaziose, con ruote fantastiche! Pare vi

sia addirittura chi ha inventato una ruota che funziona grazie al movimento

di tante altre piccole ruotine: davvero una furbata, così evita di

ammazzarsi di fatica, ma anche lui gira tutta la vita in una “ruota”…

Ora, può un criceto (questa volta

intendo quello vero!) avere cognizione del fatto che non è stato creato

per girare solo e sempre nella ruota per soddisfare qualcun altro? No,

ma gli uomini possono saperlo perché sono stati informati.

Ogni tanto, anche il criceto-uomo più

affannato nella corsa dentro la ruota è assalito dal dubbio che “no,

non è possibile, la vita non può

essere questa!” E quello è il momento per cominciare a smettere

di girare a vuoto, prendere un gran bel respiro e porsi alla ricerca.

Di una “via d’uscita”. Dalla

“crisi”, che in un certo senso c’è sempre stata, ma che oggi,

se solo si smette di “girare” appare in tutta la sua evidenza. Per

questo, nella “crisi”, che ciascuno interpreta parzialmente e con

intenti “riformistici”, c’è l’uscita dalla “crisi” stessa.

Se la ruota non gira più e, dopo aver

preso fiato, ci si rende conto che non è poi troppo esaltante riprendere

a “girare”, la cosa più sensata da fare è mettersi alla ricerca.

Ma attenzione, perché si verrà circuiti e abbindolati con “ruote”

sempre più attraenti, di fronte alle quali è un’impresa titanica

resistere alla voglia di fare un giretto… Non bisogna farsi tentare.

Accade infatti che in ogni epoca c’è

sempre qualcuno che è riuscito a non farsi più tentare e ha smesso

di fare il “criceto”. Quel qualcuno ha realizzato (quindi non solo

“capito”) nel suo stesso “essere” (colmando lo iato tra “il

dire e il fare”) che non siamo stati creati per girare a vuoto tutta

la vita in quella “ruota” che è il nostro ego. Ma tutti ci siamo

convinti che ciascuno deve “correre da solo”, e questa è la radice

dell’egoismo su cui si basa tutto questo sistema che poi non ci piace

in questo o quell’aspetto. Un egoismo “trasversale”, che accomuna

sia i privilegiati che la “gente normale”, sia gli “oppressi”

che gli “oppressori” della retorica ideologica.

Non ha detto forse Gesù “ama

il prossimo tuo come te stesso”? Chi è in grado, oltre che proclamare

quest’insegnamento, di realizzarlo? Solo chi, dopo un’ascesi rettamente

orientata e con l’ausilio della misericordia divina, riesce a trascendere

il proprio “io” illusorio. Ma il guaio è che oggi sono addirittura

poche le persone che “amano se stesse”, figuriamoci il “prossimo”!

Ecco che si capisce che “amare se stessi” davvero, fino in fondo,

non è affatto facile, ma è la precondizione per amare anche il “prossimo”.

Chi riesce a trascendere i limiti del

proprio “io” illusorio è propriamente detto un “santo”. Egli

non vive più secondo i propri schiribizzi e le convenzioni dell’epoca,

ma vive secondo la “legge di Dio”. E la “legge di Dio” è sempre

stata comunicata, in ogni epoca, a tutti gli uomini: ciascuno vi si

adegua come può, a seconda della propria “volontà” (qui sta il

“libero arbitrio”), ma solo pochissimi vi si conformano vivendola

integralmente.

Ma figuriamoci se nel Duemila bisogna ancora credere ai santi! I “santi”

– quando non li hanno già depennati – non sono solo sul calendario?

Tutt’al più sono sopportabili dei “guru”, dei “santoni”,

dei personaggi buoni per qualche “consiglio morale” (tra cui oggi

abbondano “intellettuali”, cantanti e attori!).

Eppure… l’essere umano, se non

esistessero alcuni, viventi, che sono stati in grado, grazie ad una

ascesi, di trascendere la propria ristretta individualità, il proprio

egoismo, l’essere umano verrebbe semplicemente a sparire, riducendosi

ad una scimmia ed in ciò inverando al contrario la “teoria dell’evoluzione”…

Questo vuol dire che tutti devono diventare

“santi”? Non è possibile letteralmente, poiché l’ambito della

spiritualità è l’unico in cui non è possibile barare. Esso è “élitario”,

“selettivo” di fatto, non perché qualcuno ha posto qualche “convenzione”

o “regola”. Però in un certo senso l’affermazione corrisponde

a realtà, poiché è possibile ricevere da essi un esempio ed una “influenza

spirituale”.

Il mondo intero può beneficiare

ormai solo dalla presenza dei santi, gli “amici di Dio”. Essi ci

ricordano che l’egoismo, l’individualismo, l’incapacità di trascendere

i propri limiti (“io sono fatto così!”) e di vedere se stessi negli

altri (“io sono il centro del mondo!”) seminano discordia, veleno,

trasformando quello che potrebbe essere un “paradiso” in un “inferno”.

Lo scopo dell’”Avversario” dell’uomo,

infatti, contro cui hanno combattuto, sconfiggendolo, proprio i santi

d’ogni epoca, e che per questo bisogna il più possibile frequentare

ed ascoltare conformandosi al loro insegnamento ed esempio, lo scopo

dell’unico vero “avversario” dell’uomo (che non sono “gli

altri”, né, alla fine, “il mondo” che non ci piace) è quello

di non farci scorgere che “Dio è bello ed ama la bellezza” e che

tutto, ma davvero tutto, risponde ad un piano ordinato “a fin di bene”,

per il nostro bene; solo che rinserrandoci nelle nostre piccole individualità,

nelle paure d’ogni tipo che questo sistema inocula come il veleno,

girando all’infinito nella ruota del criceto non ci accorgiamo della

grande irripetibile occasione che ci è stata data e di cui ci accorgeremo

solo dopo che… la ruota avrà smesso di girare perché il nostro cuore

si sarà fermato.

I santi hanno questa funzione. Stanno

a ricordarci, ad ammonirci col loro esempio e la connessione col divino,

la fonte dell’Essere, che questo mondo è solo una “palestra”,

un “trampolino di lancio”, non una ruota da criceti. Che questo

mondo non ha alcunché di “sbagliato” ma siamo noi che lo rendiamo

sempre più opaco coi veli della nostra “ignoranza” e mancanza d’amore.

Che ogni istante è un’occasione per fare dei “progressi”, per

migliorarsi e, per contagio, migliorare gli altri. Ma attenzione al

“fai da te”: come per ogni viaggio in un terreno inesplorato, serve

una “guida”.

Che cosa diremo quando saremo chiamati

a rendere conto di come abbiamo sfruttato questa “occasione” che

è la vita? Che per colpa di questo fatto o quest’altro, o di quel

tale o quell’altro, non “abbiamo avuto tempo”? Che cosa diranno

i ricconi, i privilegiati che chiedono “sacrifici” agli altri, gli

adoratori più o meno inconsapevoli (c’è sempre un certo grado di

inconsapevolezza in questo) del Demonio? Avranno una scusa i “poveracci”,

la “gente normale”, quella che “tira la carretta” quando tenteranno

di giustificarsi dicendo che non avevano alternativa al girare nella

ruota da criceto anche quando quell’unica volta nella vita, chissà

per quale combinazione irripetibile, sono stati assaliti dal dubbio

che oltre quella gabbietta ci fosse “un’altra vita”?

Nell’Islam si dice che bisogna “tenersi

saldi alla corda di Allah” (habl, da cui l’inglese cable). Che cosa

vuol dire? Vuol dire mantenere – grazie al contatto con i “santi”

(da soli non ce la si fa!)- una connessione col divino, la fonte dell’Essere,

l’unico che realmente “è” e che può dire “sii, ed essa [la

cosa] è”. Non a caso nella lingua araba non esiste il verbo “essere”:

chi può sensatamente affermare di “essere”? Tutt’al più “esiste”,

perché è stato fatto esistere. Nel mondo di oggi, tutti “sono”,

si credono “qualcuno”, identificandosi con la propria vita da criceto

che gira nella ruota.

Passata la “crisi”, o meglio la

sensazione di una “crisi”, i criceti ricominceranno a correre più

veloci di prima, quando, almeno, qualche dubbio era venuto… Non è

forse quello il momento di smettere di girare a vuoto?

**********************************************

Fonte: Solo un santo ci può salvare dalla “crisi”…

25.12.2011

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