SIR BONO, IL CAVALIERE SCAPPATO DAL SUO STESSO DIBATTITO

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blankDI DAVE MARSH
counterpunch

Come è stato rivelato da CounterPunch e da Rock and Rap Confidential a settembre, il maggio scorso Bono degli U2 mi ha incontrato insieme al giornalista irlandese Gavin Martin nella hall dell’Hotel Merion a Dublino. Mi ha chiesto su cosa stavo lavorando. Gli ho risposto “sulla premessa che l’impegno politico delle celebrità è stato proprio un completo fallimento”. Bono ha risposto che voleva discutere l’argomento in pubblico. Ha ripetuto la sfida la sera successiva. Tra i testimoni c’erano anche il manager degli U2 Paul McGuinness e mia moglie Barbara Carr.

Mi sono assicurato che la Sirius Satellite Radio, che avrebbe dovuto mandare in onda il dibattito, fosse al corrente dell’invito di Bono. A metà giugno l’ufficio degli U2 di New York ha confermato il programma, chiedendo solo che fosse ritardato fino a quando gli U2 avessero terminato la registrazione del loro nuovo album. L’ho reso noto pubblicamente durante RRC e il mio programma sulla Sirius, Kick Out the Jams.

A novembre mi ha telefonato il manager degli U2 Paul McGuiness. Dopo un po’ di brevi chiacchiere personali – Paul mi piace, anche se so che ha alluso a me come a un “Trotskyista” dietro le spalle – McGuiness ha detto sommessamente “Bono mi ha chiesto di chiederti se si può tirare indietro” dal dibattito.Ho detto “certo”. McGuiness ha espresso gratitudine per il fatto che l’avessi presa così bene.

“Naturalmente,” ho aggiunto “si trattava di una sfida pubblica. Il ritiro non sarà privato”. Non ho chiesto perché Bono avesse evitato il dibattito. Forse era rinsavito, mentre le sue apologie per il capitalismo mondiale si disintegravano insieme al mercato dell’impiego, dell’edilizia e delle azioni. Forse era troppo impegnato a preparare le banalità che avrebbe strillato nel nuovo album.

Dopo la Nuova Depressione generata dagli insegnanti di finanza mondiale di Bono, non è davvero necessario confutare punto per punto le sue affermazioni su come funziona il mondo. Sulla base della risposta di Bono alle critiche per l’elusione fiscale degli U2, ha in programma di portare fino alla tomba l’ardentemente stupida ortodossia di globalizzazione di Forbes, la rivista sostenitrice di Wall Street di cui è comproprietario. Ci può essere qualcun altro che abbia azzardato un pensiero profondo nei molti mesi passati e che crede ancora che l’unica strada per il cambiamento implichi piegare le ginocchia ai potenti?

Quanto ai testi [delle canzoni], non saltate alle conclusioni sbagliate. Non si può negare che Larry Mullen, Adam Clayton e Edge possano ancora fare musica affascinante. Ma le parti vocali strillate da Bono sono un’altra storia, e i suoi testi vuoti — dove ogni banalità cede ad una pretesa oscurantista e via di seguito — sono un’altra storia ancora. Sfortunatamente, anche se ha scritto un grande testo come quello di “One”, Bono porta in ogni progetto anche le sue dichiarazioni politiche off-stage, e le sue affiliazioni servili con i criminali di guerra come Tony Blair e George W. Bush.

Non so perché Bono abbia rinunciato a discutere questi argomenti in pubblico con un antagonista bene informato. Forse ha deciso che ha fatto casino e che si sarebbe umiliato in un faccia a faccia con un giornalista. Forse non vuole affrontare su due piedi le descrizioni delle sue numerose partecipazioni alle conferenze delle principali nazioni capitaliste, dove deve ancora fare una domanda difficile su qualcosa che non sia l’Africa; sul fatto che si è accontentato delle promesse dei leader mondiali che palesemente non sarebbero state mantenute, e che non ha mai fatto altro che miagolare quando non sono state mantenute; sul perché l’economista dello Zambia Dambisa Moyo, tutt’altro che un’anti-capitalista, ha commentato di averlo incontrato “ad una festa per raccogliere fondi per gli Africani, e non c’erano Africani nella stanza, eccetto me”, o perché così tanti Africani si sono lamentati che Bono sostiene di parlare in loro nome, pur non avendo mai neanche chiesto il loro permesso. Riguardo a quest’ultimo punto, ho ricevuto più cortesia di Andrew Mwenda, il giornalista ugandese contro cui Bono ha inveito per aver sollevato tali questioni durante una conferenza di economia. (Ma del resto, io sono un bianco e un americano-celtico).

Certo non è colpa mia se devo dire “forse” su tutto questo. Bono non mi ha mai risposto, né ha mai chiesto ad uno dei suoi incaricati di rispondermi, sui motivi di fondo per il nostro progettato “dibattito”– come l’ha chiamato lui, non io. Io mi sarei accontentato di un’intervista onesta anche se un dibattito sarebbe stato più entusiasmante, nonostante il risultato fosse inevitabile. Non importa che, per quanta gente si fosse schierata con me riuscendo a vedere attraverso quel genere di cosa che William Burroughs ha una volta poeticamente definito come “un sottile tessuto di merda di cavallo”, non sarebbe bastata per vincere sul suo status di pop star consacrata.

Non lo so. E per di più non lo potete sapere neanche voi.

Gli U2 potrebbero trovarsi in un bel po’ di guai. Il gruppo è vecchio secondo i parametri del rock, e sulla copertina della rivista Rolling Stone Bono sembrava molto più vecchio degli altri proprio per un cambiamento di look che cerca di negarlo. Il primo singolo di No Line è stato un fiasco alla radio. La decisione della band di far abbandonare l’Irlanda alla loro casa discografica per un paradiso fiscale nei Paesi Bassi è stata causa di proteste nelle strade di Dublino e non ha alcuna ovvia giustificazione, nonostante Bono abbia vanamente controbattuto che sono i suoi critici ad essere ipocriti perché sono stati i valori del libero mercato a creare la “Tigre Celtica” del boom dell’economia capitalistica di Dublino. Gli spasimi della tigre agonizzante sembrano essere particolarmente problematici, in parte a causa della fuga di capitale, proprio come quello degli U2. Il tentativo del gruppo di alterare la linea dell’orizzonte di Dublino con l’espansione del Clarence Hotel è un altro esempio della sua disastrosa distanza dalla realtà quotidiana dell’Irlanda.

L’autopromozione di Bono funziona molto meglio in questa parte dell’Atlantico che non a casa sua. Per esempio, se l’è cavata impunemente con la stampa americana dopo aver dichiarato, durante il concerto di inaugurazione, “Che emozione per quattro ragazzi irlandesi della parte nord di Dublino poter rendere omaggio a Barack Obama, il futuro presidente degli Stati Uniti”. Ma Shane Hegarty ha scritto sul quotidiano The Irish Times che solo un membro del gruppo vive ora nella zona nord della classe operaia di Dublino, mentre Bono ha trascorso la maggior parte della sua vita nella parte sud.

“Durante l’interpretazione della band di ‘In The Name of Love’”, ha scritto Hegarty, “egli ha descritto il sogno di Martin Luther King come ‘Non solo un sogno americano — anche un sogno irlandese, un sogno europeo, un sogno africano, un sogno israeliano…’ E poi, dopo una lunga pausa, ricordando qualcuno che si è appena accorto di aver lasciato acceso il gas, ha aggiunto, ‘…e anche un sogno palestinese.’” Questo è stato il suo grande messaggio ai Palestinesi… Non si può fare a meno che meravigliarsi di fronte a quest’ultima espressione dell’ingenua [1] visione del mondo di Bono. Hey Medio Oriente, dobbiamo assolutamente avere il sogno di andare d’accordo.

“Ignorate il suono delle forti esplosioni e concentratevi sulla voce di Bono.”

Quindi ascolta, Bono, se decidi di tenere duro e di affrontarmi, sono ancora disponibile. Non posso vincere il dibattito, lo sappiamo entrambi, e perché vorresti continuare ad apparire debole e codardo quando non hai davvero niente da perdere…? beh, questa è un’altra domanda che credo non ti verrà mai fatta.

Ciò non vuol dire che queste domande se ne andranno via. Forse per le tigri addomesticate della stampa pop americana, ma non per me, né per le persone per le strade di Dublino che ti chiamano imbroglione del fisco, né per gli Africani che si sentono insultati dalla tua ignoranza delle loro vite, né tantomeno per i tuoi fan che si chiedono perché insisti a prendere continuamente, se non astutamente, le parti dei potenti contro quelli senza potere.

MAN O’ WAR

Nel 2005 il premio di Man of Peace Award dell’anno è stato consegnato a Bob Geldof, nonostante la sua promozione dei regimi sanguinari di Bush e Blair. A metà dicembre i premi Nobel per la pace che conferiscono questa onorificenza, si sono riuniti a Parigi e l’hanno data ad una scelta persino peggiore: Bono.

Bono non è un uomo di pace — deve ancora dichiararsi contrario ad una sola guerra. Bono è comproprietario della Pandemic/Bioware, che ha prodotto Mercenaries 2, un videogioco che simula un’invasione del Venezuela. L’anno scorso Bono si è incontrato con il segretario della difesa USA Robert Gates per discutere i programmi di istituire un nuovo comando militare americano per l’Africa. La rivista Forbes, di cui Bono è comproprietario, batte costantemente il tamburo per la guerra (Bono dice di essere stato attratto dalla rivista perché ha una “filosofia coerente”).

Come Sir Bob, Bono canta le lodi di alcune delle figure pubbliche più bellicose. Comincia con Dubya e Blair – Bono ha lodato il primo ministro britannico per “aver fatto le cose in cui credeva”. Chiaramente voleva alludere anche all’enorme coinvolgimento britannico nella guerra in Iraq. Bono non ha altro che lodi anche per persone estremamente reazionarie quali Jesse Helms e Billy Graham. Nel video per il video di Pat Boone, “Thank You Billy Graham”, Bono intona “rendo grazie per la sanità mentale di Billy Graham, un cantante dello spirito umano”. Interessante. Nel 1966, Graham è salito sul podio dopo LBJ al National Prayer Breakfast [2] per dare una chiara approvazione della guerra del Vietnam. “Ci sono quelli,” ha detto Graham, “che hanno cercato di ridurre Cristo alla stregua di un pacificatore geniale ed innoquo; ma Gesù ha detto ‘Vi sbagliate – io sono venuto come un incendiatore che maneggia la spada. Io sono venuto per portare il fuoco sulla terra’” [3]. Canta quello spirito umano, Billy – Bono ti fa il coro. Infatti, circondato dai politici più belligeranti d’America, Bono ha fatto un servile discorso programmatico al National Prayer Breakfast nel 2008. In una recente intervista con la rivista di musica britannica Q, il batterista degli U2 Larry Mullen ha detto che è “raccapricciante” vedere Bono in compagnia di George Bush e Tony Blair, aggiungendo che quei due leader mondiali dovrebbero essere processati come dei “criminali di guerra”.

Potrebbe sembrare strano che un gruppo di premi Nobel per la pace consacrino Bono come un uomo di pace. Ma forse non lo è. I precedenti vincitori del premio [Nobel] per la pace comprendono Henry Kissinger, che ha tramato il violento rovesciamento del regime cileno di Salvador Allende ed è stato l’architetto del bombardamento della Cambogia, l’amico di Bono, Al Gore che ha appoggiato entrambe le guerre del Golfo dopo aver votato a favore del missile MX “first-strike” [4].

Una delle persone che avrebbe potuto dare un’iniezione di idee nuove alle celebrazioni di Man of Peace di Parigi è Tookie Williams. Cofondatore della gang dei Crips di LA, che è diventato un portavoce contro la vita della gang, nonché un autore di libri per bambini mentre era nel braccio della morte ed è stato nominato cinque volte per il premio Nobel per la pace (e una volta per il premio Nobel per la letteratura). Naturalmente, Williams non ha potuto essere presente perché è morto per iniezione letale a San Quentin il 13 dicembre 2005, dopo che il governatore della California Arnold Schwarzenegger ha rifiutato gli appelli da tutto il mondo per la clemenza.

Tuttavia il 23 ottobre c’era Bono, “uomo di pace”, a tessere le lodi di Arnold mentre faceva un altro discorso programmatico, stavolta alla California Women’s Conference di Long Beach. Tra gli altri a parlare c’erano il governatore, sua moglie Maria Shiver, e Madeline Albright. La Albright, segretaria di stato di Bill Clinton, ha detto una volta alla televisione nazionale quando le è stato chiesto come potesse giustificare la morte di 500000 bambini iracheni come risultato delle sanzioni Clinton/Gore: “Crediamo che ne valesse la pena”.

Bono non ha fatto menzione del drammatico aumento della povertà in California causato dalle politiche filoaziendali di Schwarzenegger. Neanche una parola sui due milioni di bambini nello stato che soffrono la fame o sugli immigrati inseguiti nelle strade come se fossero animali fuggiti da uno zoo. Il tema principale del discorso incoerente di Bono è stata la povertà in Africa e solo in Africa, anche se ha fatto un breve accenno a quando come aspirante musicista si era ispirato ai Clash (ironico, dato che erano artisti che hanno reso la loro opposizione alla guerra molto esplicita).

Nonostante l’ispirazione che molte persone traggono dagli inni scritti da Bono, non c’è traccia di prova che Bono sia in disaccordo su qualsiasi questione – la guerra, le scappatoie fiscali, l’immigrazione – con gli agenti del potere che ci vuol far credere siano l’ultima migliore possibilità per il genere umano.

Dave Marsh (insieme a Lee Ballinger) è editore di Rock & Rap Confidential, una delle newsletter preferite di CounterPunch, ora disponibile gratuitamente mandando una e-mail a: [email protected]. La biografia definitiva e monumentale di Bruce Springsteen di Dave Marsh è stata appena ristampata, con 12000 nuove parole, con il titolo di Two Hearts. Marsh può essere contattato all’indirizzo e-mail: [email protected].

NOTE DEL TRADUTTORE

[1] Il testo originale fa riferimento ad una visione del mondo del tipo ‘Sesame Street’, un noto programma per bambini.

[2] Una colazione di preghiera con la partecipazione del presidente americano che si tiene annualmente a Washington e raduna personaggi politici e diplomatici di tutto il mondo.

[3] Credo sia un riferimento a due passi distinti del Vangelo (liberamente interpretati) “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada” (Matteo 10,34-11,1) e “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra” (Luca 12,49-53).

[4] “First strike” ovvero “al primo allarme”, la cosiddetta “dottrina del primo colpo”. Vedi anche www.unimondo.org/notizie/Archivio/Atomiche-anche-l-Italia-verso-il-first-strike

Titolo originale: “Sir Bono: the Knight Who Fled From His Own Debate “

Fonte: http://www.counterpunch.org
Link
19.03.2009

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MICAELA MARRI

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