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SIONISMO CONTRO SION?

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A cura di Das schloss
Il 22 Aprile 2010
45 Views

ROTTURE NELLA RELAZIONE TRA STATI UNITI E ISRAELE?

blankDI M. SHAHID ALAM
CounterPunch

Il connubio tra l’America e Israele sembra essersi imbattuto in qualche problema. Ribaltando la sua precedente politica, l’America sta insistendo con Israele per la sospensione della costruzione dei nuovi insediamenti nella parte orientale di Gerusalemme al fine di spianare la via per i negoziati di ‘pace’ con l’autorità palestinese. Per cambiare, l’America sta replicando al rifiuto israeliano con discorsi duri che non si sentivano da un po’.

Il 9 marzo scorso il vicepresidente americano, accolto a Tel Aviv con la notizia dei nuovi insediamenti a Gerusalemme est, è andato su tutte le furie. Egli ha detto in privato a Benjamin Netanyahu che le attività d’insediamento israeliane “mettono in pericolo la sicurezza delle nostre truppe che stanno combattendo in Iraq, Afghanistan e Pakistan. Questa cosa mette in pericolo noi e la pace regionale”.Questo non è un messaggio che gli oratori di destra potrebbero mettere a zittire. Joe Biden stava facendo eco al messaggio distribuito dal Generale Petraeus, comandante delle truppe americane in Medio Oriente, al Joint Chiefs of Staff e al US Armed Services Committee. Anche Hillary Clinton ha fatto proprio questo messaggio nel suo discorso all’AIPAC.
Cos’ha causato questa rottura tra due i due sposi di un matrimonio idilliaco? Ci sono stati dei litigi in passato, ma mai l’amministrazione americana aveva detto a Israele che la sua politica stava mettendo a repentaglio le truppe o gli interessi americani nel medio oriente. Questo è un discorso serio. E’ un discorso che va contro decenni di retorica che ha fatto crescere Israele come inaffondabile portaerei americana nel Medio Oriente.

Sembra che la sua storia stia iniziando a raggiungere Israele. Avversari a lungo soppressi, forze che sono state controllate per perseguire politiche espansionistiche, ripercussioni derivanti da decisioni prese sulla base di un eccesso di presunzione si sono ora ricongiunte per limitare le scelte di Israele. Forse la logica sionista che ha portato successi senza fine in passato sta ora lavorando in direzione opposta? Forse Israele sta raschiando il fondo della sua leggendaria creatività?

La sorprendente vittoria di Israele nel giugno 1967 ha prodotto due risultati destabilizzanti. Risolti i suoi problemi residenziali nel 1948, Israele li ha creati di nuovo nel 1967 con la decisione di trattenere la West Bank [Cisgiordania N.d.r.] e Gaza. La guerra di giugno ha anche inasprito le fila degli ebrei estremisti che hanno iniziato a colonizzare la parte orientale di Gerusalemme, la West Bank e Gaza. Incapace di far andar via i palestinesi, questo nuovo round di colonizzazione farà diventare Israele uno stato di apartheid.

Negli anni 2000, la società civile internazionale ha iniziato ad accorgersene. Sono nati dei movimenti che sostenevano il boicottaggio, il disinvestimento e la necessità di sanzionare Israele. Gli attivisti hanno iniziare a ricorrere ai sistemi legali occidentali per perseguire gli israeliani per crimini di guerra. I leader israeliani in visita ai campus occidentali vengono ora bloccati regolarmente. Lo spettatore occidentale si sta lentamente allontanando da Israele.

Nel 1982, con il proposito di ampliare il confine settentrionale israeliano, Israele ha invaso e occupato il Libano meridionale. Gli sciiti libanesi hanno risposto con la creazione di Hezbollah, una resistenza multistratificata con radici proletarie, il più formidabile avversario con cui Israele abbia mai avuto a che fare. Nel 2000 essi hanno obbligato Israele a una resa unilaterale e nel 2006 hanno fronteggiato una nuova invasione israeliana, dalla quale Israele è uscito sconfitto.

Teheran non era più una minaccia lontana per Tel Aviv: ora era posizionata proprio vicino al confine settentrionale di Israele. Nonostante Hezbollah si rivolgesse alla fermezza di spirito e alla disciplina dei libanesi sciiti, non sarebbe potuto crescere senza il supporto iraniano.

Più o meno nello stesso periodo, come parte della strategia per sconfiggere la seconda Intifada Israele, ha costruito il Muro dell’apartheid che tagliava a metà la West Bank, muovendo gli insediamenti ebraici fuori da Gaza e sigillando allo stesso tempo dei contatti esterni. Ponendo un freno ai kamikaze, il Muro ha dato a Israele il tempo di completare la creazione anche nella West Bank di un’enclave sul modello di Gaza.

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Di conseguenza, i negoziati di ‘pace’ con i palestinesi hanno perso la loro urgenza e sono stati messi in stand by. Questa cosa ha accresciuto il nervosismo dei regimi arabi pro-americani: essi avevano bisogno che il teatrino dei negoziati di ‘pace’ arginasse la poca legittimazione tra la loro popolazione.
L’assedio egizio-israeliano di Gaza ha spinto l’influenza iraniana fino al confine meridionale di Israele. Questo cordone ha impedito ad Hamas di diventare un altro Hezbollah, ma i razzi fatti in casa ricordavano a Israele che il suo problema congenito non se n’era andato e che avrebbe continuato a perseguitarlo.

Negli anni ’90 la logica sionista ha generato al-Qaeda, un gruppo che avrebbe usato il terrore per attirare la remunerativa guerra americana contro il Medio Oriente. Dopo la Guerra Fredda, anche i sionisti – guidati dai neoconservatori – hanno iniziato a perseguire lo stesso obiettivo. Ricorrendo all’assurda tesi dello ‘scontro di civilà’, essi hanno iniziato a promuovere una guerra occidentale contro lo ‘stato dell’Islam’. Hanno messo pressione all’America affinché facesse uscire Iran, Siria e Iraq.

Questa cosa rappresentava un distacco dalla strategia di guerra di lunga data tenuta da Israele. Israele ha preso soldi e armi dagli americani, ma ha combattuto la sua guerra. Ciò aveva diversi vantaggi. Ha creato il prestigio e la forza militare di Israele; ha tenuto i militari americani lontane dal percorso di Israele verso l’egemonia sul Medio Oriente. Inoltre, il supporto americano di Israele avrebbe potuto indebolirsi se gli americani avessero visto i propri soldati morire nelle guerre israeliane. Se Israele era disposta a rinunciare a questa strategia negli anni ’90 era perché non è stata in grado di coinvolgere con la sua sola forza Iran, Iraq e Siria.

E quindi il dado è stato tratto. Quando al-Qaeda ha provocato l’11 settembre, Israele ha visto un’opportunità. I sionisti hanno iniziato a esercitare una forte pressione sull’America affinché invadesse l’Iraq – e ci sono riusciti.

Qualche israeliano si è preoccupato del fatto che i nodi sarebbero venuti al pettine. Nell’aprile 2008, Netanyahu ha detto: “Ci stiamo avvantaggiando dell’attacco alle Torri Gemelle e al Pentagono, e l’America combatte in Iraq”.

Ora, dieci anni dopo, i nodi vengono al pettine. La guerra in Iraq ha portato pochi risultati per Israele. Ha rimosso un Saddam Husseim reso inoffensivo, ma ha esteso l’influenza dell’Iran in Iraq e ha condotto i suoi sostituti iraniani al confine settentrionale e meridionale. L’Iran usa ora la Palestina per destabilizzare i regimi arabi che sostengono gli U.S.A.

Ma quello che preoccupa maggiormente è il fatto che ora i militari americani abbiano parlato. Hanno messo in guardia dal fatto che la politica di Israele fa crescere la tensione nel Medioriente e mette in pericolo le truppe americane. Non sarà facile per Israele e i suoi sostenitori zittire i generali americani con accuse di antisemitismo.
Questo è il motivo per cui molti commentatori sionisti sono sembrati allarmati. Un osservatore israeliano mette in guardia sul fatto che “Obama e Netanyahu sono ad un punto di non ritorno”. Altri dicono cose peggiori.

E’ difficile che questa ‘maretta’ tra gli Stati Uniti e Israele scomparirà a breve. Se non succederà, gli attacchi da parte dei sostenitori ebraici – dentro e fuori Israele – contro Obama diventeranno più frequenti e più duri. La lealtà di alcuni americani, dentro e fuori dal Congresso, sarà messa alla prova. E’ difficile dire dove si andrà a finire.
In ogni caso, una cosa dovrebbe essere chiara. Anche se le divergenze U.S.A./Israele sulla questione mediorientale sono diplomaticamente tenute sotto controllo al momento, questo non significa che volgeranno al termine. Le pressioni che hanno convinto gli Stati Uniti a insistere per una ‘soluzione’ al problema palestinese continueranno. Le situazioni reali che hanno causato l’attuale ‘maretta’ non se ne andranno.

M. Shahid Alam è professore di economia alla Northeastern University. Questo è un estratto dal suo libro di prossima pubblicazione, Israeli Exceptionalism: The Destabilizing Logic of Zionism (Macmillan, November 2009). Contattatelo all’indirizzo [email protected].

Titolo originale: “Fractures in the U. S. / Israeli Relationship?”

Fonte: http://www.counterpunch.org
Link
04.04.2010

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di RACHELE MATERASSI

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