DETTI « IN VIA DI SVILUPPO » CON QUELLO DEI PAESI DEL NORD ?
DI DAMIEN MILLET, ERIC TOUSSAINT
Comité pour l’Annulation de la Dette du Tiers Monde
Sebbene ci sia una differenza enorme nell’entità, c’è una prima similitudine nell’evoluzione temporale. Il debito pubblico dei paesi in via di sviluppo e quello dei paesi del Nord sono entrambi esplosi nel corso degli anni ’70. Al Nord, la recessione generalizzata degli anni 1973-1975 ha obbligato i poteri pubblici a indebitarsi per rilanciare l’economia: creazione di posti di lavoro nel settore pubblico, progetti supportati dallo Stato (ad esempio, TGV, Ariane o Airbus in Francia), politica di grandi opere pubbliche militari o industriali. Gli Stati o le colletività locali sono stati quindi presi in trappola dall’innalzamento dei tassi di interesse all’inizio degli anni ’80. Il loro debito pubblico è cresciuto molto velocemente poiché hanno dovuto ricorrere a nuovi prestiti per rimborsare, così come è successo al Sud. Anche in quel caso l’effetto palla di neve.
A partire dalla crisi internazionale esplosa al Nord nel 2007, il debito pubblico dei paesi più industrializzati, che si era mantenuto sino a quel momento ad un livello elevato soprattutto a causa delle riforme fiscali favorevoli ai più ricchi, è di nuovo esploso per l’effetto congiunto dei piani di salvataggio delle banche e per l’abbassamento degli introiti fiscali dovuto alla recessione economica del 2008-2009. In questo modo, per l’Unione Europea il debito pubblico è passato da 7.300 a 8.700 miliardi di euro tra il 2007 e il 2009. Un nuovo effetto “palla di neve” potrebbe realmente innescarsi.La seconda somiglianza riguarda i detentori di questi crediti e i flussi finanziari che essi impongono. A Nord, la porzione del debito pubblico detenuta dai cittadini a reddito modesto è estremamente marginale. All’emissione delle obbligazioni del Tesoro, le grandi istituzioni finanziarie private (banche, compagnie d’assicurazione, mutual funds, fondi pensione e hedge funds) ne raccolgono in qualche giorno la quasi totalità. Sono quindi esse e privati cittadini particolarmente ricchi che detengono la maggior parte dei crediti del debito pubblico dei paesi del Nord. La differenza principale con i paesi in via di sviluppo sta nel fatto che il loro debito pubblico estero impone loro di acquisire monete forti per il rimborso, spingendo a fondo le esportazioni.
Per quel che riguarda i debitori, lo Stato rimborsa prelevando le somme necessarie dagli introiti fiscali. Ora, i redditi da lavoro sono tassati più pesantemente dei redditi da capitale. Tra l’altro la porzione delle imposte indirette, come l’IVA, tende ad aumentare quando essa è, in termini relativi, più costosa per il ceto popolare e medio. Quindi lo Stato rimborsa essenzialmente le ricche istituzioni private con i soldi prelevati pesantemente a gente a basso reddito. Siamo quindi di fronte ad un trasferimento di ricchezza dalla popolazione (in questo caso dei paesi del Nord) verso i detentori di capitali. Esiste quindi oggettivamente una solidarietà profonda tra le vittime del debito pubblico dei paesi in via di sviluppo e quelle del debito pubblico del Nord.
François Chesnais, Tobin or not Tobin ? ATTAC, Mille et une nuits
La terza somiglianza risiede nel fatto che nel Nord come nel Sud; l’entità del debito è il pretesto ideale per imporre politiche di austerità e modificare i rapporti sociali a vantaggio dei possessori dei capitali. Posta in essere dagli anni ’80 nel Nord parallelamente ai piani di ristrutturazione al Sud queste politiche hanno trovato un contesto generale nell’Unione Europea attraverso il trattato di Maastricht: la sua priorità è stata una forte riduzione del debito pubblico, cosa che ha implicato la continuazione di una politica di rigore, specialmente delle privatizzazioni, una rimessa in discussione della previdenza sociale e del sistema pensionistico, un ridimensionamento della sanità e dell’istruzione…
In Francia, per esempio, i governi nominati da Jacques Chirac e in seguito da Nicolas Sarkozy hanno preso due misure emblematiche: la riduzione delle imposte sul reddito (che non dà vantaggi alla metà delle famiglie, quelle che non sono tassabili) e la privatizzazione parziale di numerose aziende pubbliche (Air France, Aeroport de Paris, France Telecom, Electricité de France, Gaz de France, Crédit Lyonnais, Dassault Systèmes o varie società di gestione delle autostrade). La riforma sulle pensioni già programmata per l’estate 2010 costituerebbe, se adottata, un passo indietro notevole per i salariati francesi. Le conseguenze economiche del debito pubblico per le popolazioni – ristrutturazione al Sud, austerità al Nord – sono quindi molto simili.
La quarta somiglianza è l’intervento del FMI tanto al Sud del mondo (cosa non nuova) che al Nord. Le misure imposte a Grecia, Spagna, Romania, Ungheria, Lituania… tutti membri dell Unione Europea, sono state elaborate con la partecipazione diretta del FMI.
Di conseguenza, per la sua origine, per il meccanismo, per le conseguenze, il debito colpisce al Nord come al Sud con una forza impressionante. Quale limiti porre alla definizione di paesi in va di sviluppo ? La Cina vi deve essere inclusa ? E la Russia? E i paesi dell’Europa orientale che sono entrati nell’Unione europea? Non si può essere coerenti stabilendo dei limiti arbitrari, come fanno il FMI e la Banca mondiale, e proponendo soluzioni differenti quando le popolazioni sono colpiti da meccanismi sottoposti alla stessa logica… È quindi necessario pretendere le stesse soluzioni, ossia la cancellazione del debito pubblico al Nord verso le grandi istituzioni finanziarie private. Una idea originale per attuarla potrebbe essere una imposta eccezionale sul patrimonio dei creditori dei paesi del Nord (ossia le banche, le assicurazioni, i fondi pensione…), di un importo pari all’ammontare del credito posseduto… Questa imposta servirebbe a rimborsare anticipatamente il debito dello Stato nei loro confronti. In tal modo il problema del debito sarebbe risolto rapidamente. Per i cittadini del Nord, l’effetto sarebbe notevolissimo poiché, i poteri pubblici, liberati dal fardello del debito, ritroverebbero i fondi per finanziare progetti sociali, per creare posti di lavoro, per versare riparazioni ai popoli del Sud e per agire in maniera soddisfacente nell’interesse del maggioranza dei cittadini.
Un’altra proposta fondamentale è la necessità di decretare una moratoria sul rimborso del debito e di realizzare una sua revisione. La moratoria è sfruttata per procedere ad un esame dei prestiti con l’obiettivo di identidicare i debiti illeggittimi. La partecipazione dei cittadini è la condizione indispensabile per garantire l’obiettività e la trasparenza della revisione. Questa revisione permetterà di determinare le differenti responsabilità nel processo di indebitamento e di esigere che i responsabili rendano conto alla collettività. I debiti identificati come immorali o illeggitimi devono essere annullati.
Sulla base della sua esperienza al riguardo del debito dei paesi del Sud, il Comitato per l’annullamento del debito del Terzo mondo (CADTM) mette in guardia contro una rivendicazione insufficiente, come una semplice sospensione del rimborso del debito. Ci vuole una moratoria senza aggiunta di interessi sul ritardo per le somme non rimborsate.
Altre misure complementari dovrebbero essere prese [1]:
– 1. Espropriare le banche per trasferirle al settore pubblico, sotto controllo dei cittadini.
Non sono possibili sistemi di regolazione duraturi con le istituzioni finanziarie private. Gli stati devono recuperare la loro capacità di controllo e di orientamento dell’attività economica e finanziaria.
– 2. Istaurare una vera giustizia fiscale europea ed una giusta ridistribuzione della ricchezza. Vietare paradisi giudiziari e fiscali. Tassare pesantemente le transazioni finanziarie.
Assieme ad una armonizzazione fiscale europea che permetta d’impedire il dumping fiscale, è necessaria una riforma radicale della fiscalità. Lo scopo è l’aumento degli introiti fiscali, in particolare attraverso l’imposta sul reddito e l’imposta sulle società, ed un abbassamento rapido dei prezzi di beni e servizi di prima necessità (alimenti di base, acqua, elettricità, riscaldamento, trasporti pubblici…), attraverso principalmente una riduzione forte e mirata dell’IVA su questi beni e servizi vitali.
Dal 1980, le imposte dirette non hanno smesso di ridursi per i redditi più elevati e per le grandi imprese. Nell’Unione Europea, dal 2000 al 2008, i tassi superiori dell’imposta sul reddito e l’imposta sulle società si sono ridotti rispettivamente di 7 e 8,5 punti. Queste centinaia di miliardi di euro di regali fiscali sono stai essenzialmente orientati verso la spaculazione e l’accumulazione di ricchezza da parte dei più ricchi.
Bisogna vietare tutte le transazioni passanti per i paradisi fiscali. I differenti G20 hanno rifiutato, malgrado le loro dichiarazioni d’intenti, di occuparsi realmente dei paradisi giudiziari e fiscali. Bisogna interdire questi buchi neri della finanza, della corruzione , della delinquenza di alto livello e dei traffici illeciti. Alla progressività dell’imposta bisognerebbe aggiungere una tassazione dissuasiva delle transazioni speculative e dei redditi dei creditori del debito.
– 3. Lottare contro la massiccia evasione fiscale delle grandi imprese e dei più ricchi.
L’evasione fiscale priva di mezzi considerevoli la collettività e agisce contro l’occupazione. Investimenti pubblici adeguati devono essere consacrati ai servizi delle finanze per lottare efficacemente contro di essa. I risultati devono essere resi pubblici e i colpevoli pesantemente sanzionati.
– 4. Mettere sotto controllo i mercati finanziari, attraverso la creazione di un registro dei proprietari di titoli e il divieto di vendite allo scoperto.
La speculazione su scala mondiale ha una entità di molte volte superiore alle ricchezze prodotte sull’intero pianeta. L’organizzazione sofisticata del sistema finanziario lo rende completamente incontrollabile. Gli ingranaggi creati dal sistema finanziario destrutturano l’economia reale. L’opacità delle transazioni finanziarie è la regola. Per tassare i creditori alla base, bisogna identificarli. La dittatura dei mercati finanziari deve cessare.
– 5. Ridurre radicalmente il tempo di lavoro per creare occupazione aumentando nel contempo salari e pensioni.
Ditribuire differentemente la ricchezza è la migliore risposta alla crisi. La parte delle ricchezze prodotte che è destinata ai salari è nettamente diminuita, mentre i creditori e le imprese hanno aumentato i loro profitti per destinarli alla speculazione. Aumentando i salari, non solo si favorisce il potere d’acquisto delle popolazioni, ma si rinforzano anche gli strumenti di protezione sociale e del sistema pensionistico. Diminuendo il tempo di lavoro senza ridurre il salario e creando occupazione, si migliora la qualità della vita della gente.
– 6. Nazionalizzare le numerose imprese e servzi privatizzate negli ultimi 30 anni.
Una caratteristica di questi ultimi 30 anni è stata la privatizzazione del numero di imprese e servizi pubblici. Andando dalle banche al settore industriale, passando per la posta, le telecomunicazioni, l’energia e i trasporti, i governi hanno consegnato ai privati blocchi interi dell’economia, perdendo nel contempo ogni capacità di controllo dell’economia. Questi beni pubblici, frutto del lavoro collettivo, devono tornare di proprietà pubblica.
– 7. Per un’assemblea costituente dei popoli per una unione europea diversa.
L’Unione europea nata dai trattati costituzionali imposti ai popoli è una vera macchina da guerra al servizio del capitale e della finanza. Essa deve essere completamente rifondata attraverso una procedura costituente in cui la parola dei popoli sia infine presa in considerazione. Questa nuova Europa democratizzata deve agire per l’armonizzazione dall’alto della giustizia fiscale e sociale, permettere un aumento del livello di vita dei suoi abitanti, ritirare le sue truppe dall’Afganistan e uscire dalla NATO, ridurre radicalmente le sue spese militari, bandire le armi nucleari e impegnarsi decisamente per il disarmo, mettere fine alla sua politica di fortezza assediata nei confronti dei candidati all’immigrazione, diventare un partner equo e realmente solidale verso i popoli del Sud del pianeta.
Note
[1] Queste proposte sono riprese dal testo redatto in agosto 2010 dal CADTM Europa, intitolato: “Il debito pubblico, una manna per i creditori, un dramma per i popoli!”.
Questo testo è una versione aggiornata ed incrementata della Domanda/Risposta n°58 del libro di Damien Millet e Eric Toussaint “60 Questions/60 Réponses sur la dette, le FMI et la Banque mondiale”, CADTM-Syllepse, Liegi-Parigi, 2008.
Damien Millet è portavoce del CAMTD Francia. Eric Toussaint è presidente del CAMTM Belgio e membro del consiglio scientifico di ATTAC Francia. Insieme hanno scritto: “La Crisi, quali crisi ?”, CADTM-Aden-Cetim, Liegi-Bruxelles-Ginevra, 2010.
Titolo originale: “Peut-on comparer la dette publique des Pays dits « en développement » et la dette publique au Nord ?
“
Fonte: http://www.cadtm.org
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28.08.2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di A.C.