A scuola, il maestro ce lo spiegava così: prendeva del sale o dello zucchero e cominciava a versarlo, un cucchiaino per volta, dentro ad un bicchier d’acqua.
Versava una cucchiaiata, mescolava ed il sale o lo zucchero si scioglievano; versava ancora, mescolava ancora un po’ e si scioglieva di nuovo tutto.
Poi, però, arrivava il momento in cui versava e mescolava ma non si scioglieva più nulla, i granelli bianchi si depositavano sul fondo perché l’acqua ne era satura e, se continuava a versare, allora il mucchietto sul fondo del bicchiere – aumentando – faceva uscire tutta l’acqua sul banco.
” Vedete – diceva – quando non si scioglie più niente, quello è il punto di saturazione. Non ce ne sta più, ed avete voglia d’insistere, NON si scioglie, non può tenerne più, neppure un granello di più. È saturo, è pieno. ”
Anche il cuore umano, il cuore che è un vaso di sentimenti, una giara d’emotività, ha un suo punto di saturazione.
Quando dobbiamo versarvi dentro qualcosa d’amaro, qualcosa che non vogliamo, qualcosa che fa male, all’inizio lo tiene e lo scioglie; ma se siamo costretti a versarne più di quanto ne possa sopportare , arriva il momento in cui non si scioglie più nulla ed allora tracimano le acque della sopportazione ed escono dagli occhi fino a prosciugare le palpebre.
E’ un soffio, la vita, di cui non conosciamo la durata e, per qualcuno, è un soffio da conquistare attimo per attimo.
Per questo si dovrebbe riempirla con attenzione di cose di valore, cose che siano facili da assimilare, che siano buone, che rafforzino e consolino.
Così che ci voglia il giusto tempo, prima d’arrivare alla saturazione, e che non si debba rimanere a secco precocemente, inutilmente.
La tenerezza, la gentilezza, sono granelli invisibili ed impalpabili che non sedimentano e non pesano e non gravano sul cuore ma rendono quel soffio di vita qualcosa di meraviglioso per cui si possa dire: ” Ne è valsa davvero la pena “.
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Ieri sera rileggevo le bellissime poesie di Carolina Turroni, un’autrice che amo particolarmente, e queste sue parole mi son sembrate adatte ai giorni difficili che stiamo attraversando.
Parlare di “tenerezza” e di “dolcezza” di questi tempi può forse stonare o risultare anche profondamente irritante per qualcuno.
È comprensibile, stiamo vivendo da due anni una notte che sembra non finire mai, ma la verità è che il cuore umano ha bisogno di buon concime perché possa continuare a sperare anche durante l’insostenibile. E il buon concime sono “le cose di valore” e “buone” di cui “con attenzione dovremmo riempire la vita”.
Sono necessarie, a maggior ragione nei periodi più duri, perché, come scrive la Turroni, “consolano e rinforzano” e “impediscono di arrivare alla saturazione” troppo in fretta. Ma, soprattutto, ci rendono capaci poi, al di là di ogni difficoltà, di reagire e produrre qualcosa di bello rendendo la vita, in ogni caso, meravigliosa.
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VB