Di Stefano Vespo per ComeDonChisciotte.org
Tutti i riti, a lungo ripetuti, finiscono per smarrire il loro senso originario. La Giornata della Memoria è divenuta, negli anni, una ricerca affannosa di qualcosa di nuovo da proporre al pubblico, sia quello televisivo che quello delle aule scolastiche: un nuovo film, un nuovo libro, la puntata di un programma dedicata ad un aspetto inedito delle crudeltà naziste. Sono tentativi di variare una ricorrenza che rischia di trasformarsi in una pigra routine.
Eppure, sarebbe facile trovare un modo di celebrarla più incisivo, più sconcertante per le nostre coscienze. Basterebbe rileggere il testo della legge che la istituisce, quella del 7 luglio del 2000. L’Italia è stata la prima nazione al mondo a pensare ad una giornata della memoria delle vittime della Shoah: per ricordare “le leggi razziali (imposte dal fascismo), la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito le deportazioni”. La legge, insomma, è stata pensata espressamente per mettere in luce le responsabilità italiane della Shoah.
La data scelta, alla fine, è stata quella del 27 Gennaio, data dell’ingresso ad Auschwitz dell’Armata Rossa. Ma chi aveva proposto la legge, il senatore Furio Colombo, aveva pensato a un’altra data: quella del 16 ottobre, la data del rastrellamento del ghetto di Roma del 1943.
“La Shoah fu un delitto italiano”, affermava in un’intervista Furio Colombo, e “non avrebbe potuto compiersi senza la complicità dell’Italia”. Mussolini decretò leggi razziali ben peggiori di quelle naziste, con l’approvazione unanime del parlamento e con la firma dello stesso re. E già prima del 1938 erano stati emanati provvedimenti e circolari che introducevano discriminazione e odio razziale nella società italiana.
Il rastrellamento del ghetto di Roma rimane un episodio emblematico: l’episodio avvenne nel più totale silenzio da parte degli intellettuali italiani e della Chiesa stessa. Nessuno di coloro che avrebbe potuto parlare, parlò. Per opportunismo, indifferenza, o qualcosa di peggio.
Celebrare questa giornata, tornando ai motivi autentici della sua istituzione, cioè mettendo a nudo le ipocrisie e le colpe della società italiana, sempre pronta a schierarsi, come don Abbondio, dalla parte del più forte, gli darebbe senso e vigore.
Ma sono colpe che non si potranno mai ammettere, perché ancora oggi l’opportunismo, il silenzio, la connivenza, da parte di coloro che potrebbero parlare, e non lo fanno, ci distingue.
E fin dall’inizio, questo è stato chiaro: aver spostato la data dal 16 Ottobre al 27 Gennaio è servito in realtà a spostare tutto il peso delle colpe sulle spalle di un altro popolo. Noi restiamo sempre, proverbialmente, brava gente!
L’antisionismo è antisemitismo?
Ma dell’altro ancora contribuisce a intiepidire gli animi. La propaganda che giustifica l’attuale strage in atto il Palestina, tenta continuamente di assimilare l’antisionismo all’antisemitismo: chi denuncia la disumanità di Israele, si dice, lo fa perché è antisemita. Questa assimilazione è non soltanto strumentale e propagandistica, ma anche pericolosa.
Uno dei motti più diffusi del sionismo, tra fine Ottocento e inizi Novecento, era “una terra senza popolo per un popolo senza terra”; ma considerare “senza popolo” la Palestina di quel periodo, ovvero una terra abitata da migliaia di anni, voleva dire soltanto una cosa. Quindi, chi considera la pulizia etnica come un progetto insito nel sionismo, come ad esempio lo storico Ilan Pappe, non è lontano dalla verità. Essere antisionisti, cioè contrari ad un progetto politico di quel tipo, è quindi cosa lecita e fondata.
Non è lecito, invece, confondere l’antisemitismo con l’antisionismo: chi lo fa, vuole usare l’antisemitismo come strumento di censura e di propaganda. E così, finisce per fomentare l’antisemitismo stesso: la gente, infatti, finisce per convincersi che essere ebrei vuole dire, di fatto, stare dalla parte dei misfatti di Israele.
Anche questo è un macigno che pesa su una onesta e libera presa di coscienza.
Di Stefano Vespo per ComeDonChisciotte.org
Stefano Vespo. Poeta e scrittore. Laureato in Filosofia, attualmente insegna lettere al Liceo di Nicosia. Sposato, vive a Sperlinga. Scrive su temi di politica e società su ComeDonChisciotte.