DI JESSICA HUPP
Currency Trading
Non è un segreto che il dollaro abbia imboccato una
spirale in discesa. Il
suo valore sta crollando e la Fed non sta facendo un
bel nulla per cambiare
la situazione. Di conseguenza, un certo numero di
paesi stanno considerando
di allontanarsi dal dollaro per conservare i loro
beni.
Ecco i sette paesi che attualmente stanno
considerando di sganciarsi dal
dollaro e gli effetti che avranno sul suo valore e
sull’economia degli Stati
Uniti.
L’Arabia saudita: Il Telegraph segnala che, per la
prima volta, l’Arabia
Saudita ha rifiutato di tagliare i tassi di
interesse assieme alla Federal
Riserve degli Stati Uniti. Ciò è stato visto come un
segnale che è imminente
una rottura dall’aggancio valutario con il dollaro.
Il regno sta prendendo
“misure appropriate” per proteggersi dalla
possibilità che il dollaro causi
problemi alla loro economia. Sono preoccupati
riguardo la minaccia d’inflazione
e non vogliono aver a che fare con le “condizioni
recessive” negli USA. Hans
Redeker di BNP Paribas crede che questo crei “una
situazione molto
pericolosa per il dollaro”, poichè l’Arabia Saudita
da sola gestisce 800
miliardi di dollari. Gli esperti temono che una
rottura dal dollaro in
Arabia Saudita potrebbe scatenare “una fuga
precipitosa” dal dollaro in
Medio Oriente, una regione che controlla 3.500
miliardi di dollari.
La Corea Del Sud: nel 2005, la Corea ha annunciato
la sua intenzione di
spostare i propri investimenti su valute di altri
paesi piuttosto che gli
Stati Uniti. Anche se stanno semplicemente facendo
piani per diversificare
in futuro, ciò non significa che una grande quantità
di dollari non sia nei piani. Ci sono voci che la Banca della Corea stia
progettando di vendere 1
miliardo di obbligazioni USA nell’immediato futuro,
dopo la vendita di 100
milioni dello scorso agosto.
La Cina: Dopo aver già abbandonato l’aggancio al
dollaro nel 2005, la Cina
ha un altro asso nella manica. Attualmente, la Cina
sta minacciando
“l’opzione nucleare” di un’enorme liquidazione di
dollari in risposta alle
possibili sanzioni commerciali progettate per
forzare una rivalutazione
dello yuan. Anche se la Cina “non vuole alcun
fenomeno indesiderabile
nell’ordine finanziario globale”, la loro grande
quantità di dollari USA
serve da “moneta di contrattazione”. Come abbiamo
notato in passato, la Cina
ha il potere di prendere la fuga dal dollaro.
Il Venezuela: Il Venezuela ha poca lealtà verso il
dollaro. Infatti hanno
mostrato un’evidente disapprovazione, scegliendo di
utilizzare accordi
con baratto per il petrolio. Questi affari con
baratto, stabiliti da Hugo
Chavez, permettono al Venezuela di commerciare il
petrolio con 12 paesi
latino-americani e con Cuba senza utilizzare il
dollaro, tagliando agli
Stati Uniti il loro abituale sussidio. Chavez non è
timido su questa
decisione e ha pubblicamente consigliato ad altri di
adottare simili
iniziative. Nel 2000, Chavez ha suggerito all’OPEC
che “approfittassero del
baratto di elettronica high-tech e degli scambi
bilaterali del suo petrolio
con i suoi clienti dei paesi in via di sviluppo” o,
in altre parole, di
smettere di usare il dollaro o persino l’euro, per
le transazioni del
petrolio. In settembre, Chavez ha imposto alla
compagnia petrolifera di
stato venezuelana Petroleos de Venezuela SA di
cambiare i suoi investimenti
da dollaro a euro e altre valute per attenuare il
rischio.
Il Sudan: Il Sudan, ancora una volta, sta
progettando di convertire le sue
riserve di dollari in euro ed altre valute. In più,
hanno suggerito alle
banche commerciali, ai dipartimenti del governo ed
ai commercianti privati
di fare lo stesso. Nel 1997, la Banca Centrale del
Sudan ha fatto una
raccomandazione simile in reazione alle sanzioni
dell’ex presidente USA
Clinton, ma è venuta a mancare l’esecuzione. Ma
questa volta, 31 aziende
sudanesi sono diventate soggette alle sanzioni,
impedendo loro di fare
operazioni commerciali o finanziarie con gli Stati
Uniti. Ufficialmente, si
segnala che le sanzioni hanno scarso effetto, ma ci
sono indicazioni che
l’economia sta soffrendo a causa di queste
limitazioni. Una decisione di
spostare il Sudan via dal dollaro è intesa per
permettere al paese di
aggirare queste sanzioni come pure altre in
avvenire. Tuttavia, un comitato
di Khartoum ha recentemente concluso che le proposte
di ridotta dipendenza
dal dollaro sono “non fattibili.” Nonostante tutto,
è evidente che
l’intenzione del Sudan è di tentare una rottura dal
dollaro in futuro.
L’Iran: L’Iran è forse il più probabile candidato
per un imminente abbandono
del dollaro. Recentemente, l’Iran ha chiesto che le
sue spedizioni in
Giappone fossero commerciate in Yen anziché dollari.
Inoltre, l’Iran ha
progetti in opera per creare uno scambio aperto di
merci chiamato Borsa del
Petrolio dell’Iran. Questo scambio permetterebbe di
commerciare il petrolio
ed il gas in valute non-dollaro, l’euro in
particolare. Sebbene la Borsa del
Petrolio abbia mancato almeno tre delle sue date
d’apertura annunciate, essa
serve a rendere chiare le intenzioni dell’Iran di
liberarsi del dollaro. A
partire dall’ottobre 2007, l’Iran riceve valute
non-dollaro per l’85% delle
sue esportazioni di petrolio ed ha in programma di
spostare il 15% restante
verso valute come il dirham degli Emirati Arabi
Uniti.
La Russia: L’Iran non è solo nel suo desiderio di
stabilire un’alternativa
al commercio di petrolio ed altre merci in dollari.
Nel 2006, il presidente
russo Vladmir Putin ha espresso interesse nello
stabilire una borsa valori
russa che permetterebbe di pagare “petrolio, gas ed
altre merci in rubli”.
Le intenzioni della Russia non sono segrete – in
passato, hanno indicato
chiaramente che sono molto prudenti sul tenere
troppe riserve di dollari.
Nel 2004, Alexei Ulyukayev Amministratore Capo della
Banca Centrale Russa ha
osservato, “la maggior parte delle nostre riserve è
in dollari e questo è
causa di preoccupazione”. Ha continuato a spiegare
che, dopo avere
considerato il tasso del dollaro contro l’euro, la
Russia “sta discutendo la
possibilità di cambiare la struttura della riserva.”
Poi nel 2005, la Russia
ha messo un termine al suo aggancio al dollaro,
scegliendo invece di
muoversi verso un allineamento all’euro. Hanno
discusso la valutazione del
petrolio in euro, una mossa che potrebbe generare un
grande allontanamento
dal dollaro verso l’euro, poichè la Russia è il
secondo maggior esportatore
di petrolio mondo.
Cosa significa tutto ciò?
Le nazioni si stanno stancando sempre di più di
perdere denaro sul dollaro
che precipita. Molti di loro desiderano proteggere i
loro interessi
finanziari ed un certo numero di loro vuole che
termini la supervisione USA
che deriva dall’usare il dollaro. Anche se non è
chiaro quanti di questi
paesi realmente porteranno a termine uno
sganciamento dal dollaro, è chiaro
che il suo status di valuta mondiale è in
difficoltà.
Ovviamente, un abbandono del dollaro vuol dire
cattive notizie per la
moneta. Messa in parole semplici, come diminuisce la
richiesta, il suo
valore crolla. In più, se è perso, si sentirà
dolorosamente la mancanza del
reddito generato dall’uso del dollaro. La condizione
del dollaro di economico prodotto di esportazione USA è una parte
vitale della nostra
economia. Perdere questa condizione potrebbe far
traballare le vite
finanziarie sia degli Americani che dell’economia di
tutto il mondo.
Titolo originale: “7 Countries Considering Abandoning the US Dollar (and what it means)”
Fonte: http://www.currencytrading.net/
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06.11.2007
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di FILMARI