SENZA UN PIANO PER LA CRESCITA, L’UE AFFRONTA UNA WATERLOO FINANZIARIA

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DI SIMON JENKINS
Guardian.co.uk

L’ultimo salvataggio

dell’eurozona potrebbe riuscire a salvare la Grecia, ma

è scorretto per le basi dell’economia classica

Questo è ciò che conta.

Conta più dei convegni di partito o delle guerre in Libia o delle paure

per il terrorismo o dei Giochi Olimpici. L’Europa ha di fronte a sé

uno scenario simile a Waterloo, forse persino uno simile a Monaco, mentre 17 dei suoi Ministri delle

Finanze tergiversano

se salvare le proprie economie dal disastro finanziario degli ultimi

tre anni, oppure se affondare in una nuova recessione.
Un fine settimana agitato al

FMI passato

a Washington sembra aver prodotto

un piano fantasma che possa avere un qualche senso. Comporterebbe il

dimezzamento dei debiti della Grecia verso le banche tedesche e francesi,

ripetendo il

taglio dei rendimenti del 21%

dello scorso luglio. Tutto ciò farà molto più male alle banche di

quanto possano sopportare, e così la seconda parte del piano le rifonde

con sussidi di carattere urgente. Nella terza parte, circa 2 trilioni di euro verranno riversati nella Banca

Centrale Europea, per poter in qualche modo proteggere il debito sovrano

di Portogallo e Irlanda e forse anche di Italia e Spagna.

Questo piano è il primo aiuto

sul luogo dell’incidente. Ma quando tutte le cattive scelte hanno

fallito, gli uomini disperati si affidano a quelle peggiori. Gli

stress test dell’estate, i salvataggi, le promesse greche e gli

alleggerimenti quantitativi sono morti e sepolti. I governi più deboli

dell’Europa hanno proseguito a spendere e a prendere a prestito, e

le banche a prestargli soldi. Il padrone in carica della Grecia non

ne può più e la Grecia stessa è sull’orlo della bancarotta. I suoi

lavoratori presto non verranno più pagati e il suo governo potrebbe

cadere, ricordandoci Weimar.

Ma persino questo piano potrebbe non

realizzarsi. C’è bisogno che 17 nazioni dell’eurozona si mettano

d’accordo, e questo non si può fare. Si tratta dello scenario da

incubo per gli euro-entusiasti, quello di un continente che si crede

unito che sta collassando per l’indecisione caotica, come nel 1914

e nel 1939, con la Germania col coltello dalla parte del manico. Il

guaio è che oggi la Germania, comunque positiva, è governata da una

coalizione plasmata sulle alleanze post-guerra e non è in grado di

esercitare una leadership forte e unita. Anche se il governo

tedesco volesse salvare l’euro, le sue assemblee divise potrebbero

rifiutarsi. Voteranno domani sul nuovo fondo di salvataggio, e i Liberi

Democratici della coalizione hanno detto che voteranno contro.

E se il piano A fallisse? C’è sempre

il vecchio compare, il piano B, che è sempre presente in tutte le crisi.

Il Piano B non è un piano, è l’anarchia, l’apocalisse, la ressa,

l’opportunità. Assolutamente interessante. Se l’Euro-17 non sarà

in grado di chiarirsi le idee e se la Germania rifiutasse di proseguire,

il sistema diventerebbe una giungla. Le nazioni periferiche dell’euro

scoprirebbero che i propri debiti sono insostenibili e passerebbe all’”commissariamento”.

Uscirebbero dalla moneta comune, svaluterebbero i propri debiti, inflazionerebbero

le proprie economie e procederebbero (come la Gran Bretagna faceva)

per aggiustare il proprio peso competitivo con i vicini. Se l’Europa

non è riuscita a disciplinarli, lo farà il mercato.

Il Piano A è troppo gentile.

Tenta di correggere l”errore categorico” di una moneta unica almeno

per la Grecia e per un lasso di tempo. Il Piano B è uno shock rapido

e deciso. Disobbedisce agli alti prelati dell’eurocentralismo e alle

camicie di forze imposte a diverse economie europee. Il mercato delle

banche e delle obbligazioni cadrebbe in rovina. Le regole del “debito

sovrano” andranno riscritte. La Grecia, che ha vissuto come se

fosse la Germania, dovrà iniziare a vivere come la Bulgaria.

L’Europa non sarà mai un’altra

America o un’altra Unione Sovietica, con una costituzione che impone

un’omogeneità nazionale su vaste distanze, e con le persone e gli

investimenti che migrano incessantemente in cerca di impiego. È già

stato provato e la cosa ha fallito. Ci dovrà essere un ritorno negoziato

alle relazioni differenziate tra paesi ed economie. La Silesia non può essere costretta

ad avere le stesse prerogative Cornovaglia. L’Europa rimane una confederazioni

di abitudini, culture e tradizioni politiche profondamente differenti.

Così come la stretta del credito

ha rivelato gli scandali finanziari di New York e di Londra, ha anche

evidenziato i rischi nelle abitudini dei prestiti contratti per le spese

di Gran Bretagna e Grecia. Ha anche mostrato quanto fragile fosse l’equilibrio

fiscale nell’eurozona. Prima o poi i vari elettori europei daranno

un termine ai sussidi colossali del regime finanziario dell’UE. La

sola domanda da porsi se ciò avverrà nei parlamenti o nelle strade.

Il piano che è attualmente in

circolazione ha senso solo a breve termine. Ma è un piano di salvataggio,

non un piano per la crescita. C’è da spaventarsi dopo aver compreso

che, in tempo di recessione, i dibattiti economici tornano agli anni

’30, come se Keynes non avesse mai predicato le sventure dell’austerity.

Negli ultimi tre anni venti milioni di persone hanno perso il posto

di lavoro in tutto il mondo. Questo spreco immane di risorse umane è

dovuto interamente all’errore umano, alla cattiva gestione dell’economia

che rende la

vanagloria di Ed Balls illustrata nella sua conferenza stampa di lunedì qualcosa di non

scusabile.

L’economia occidentale è stretta

in una contrazione liquidità da libro di testo. C’è contante ovunque.

Le aziende britanniche hanno qualcosa come 700 miliardi di sterline

nei propri depositi, e non sono in grado o non vogliono investire per

carenza di domanda. La Banca di Inghilterra ha stampato circa 200 miliardi

di sterline in alleggerimento quantitativo, affermando in modo mendace

che “darà il via all’economia”. Si sono solo aggiunti alla

sfilza già presente, e si propone di aggiungerne altri. Non si riesce

a spiegare dove siano finiti i soldi, o illustrare un’idea costruttiva

su come incrementare la domanda per prosciugare questo mare di liquidità.

La banca è tornata ai secoli bui, affamando oggi per inflazionare domani.

Dove sono andati i monetaristi Conservatori

del governo? Dove sono i loro grafici di M1,

M2 e M3

e le loro equazioni della velocità del contante in circolazione? La

stretta di liquidità non ha nulla a che fare con i tagli alla spesa

pubblica di George Osborne, che

sono deboli, ma con le leggi dell’economia classica. In una recessione

non si deve risparmiare, si deve spendere. Perché Osborne sta

costruendo una montagna di soldi? Se niente verrà fatto per far calare

la costipazione dell’economia britannica, la ripresa delle altre nazioni

europee ripartirà e la Gran Bretagna rimarrà piombata nella stagflazione.

Il dato peggiore di questa crisi è

l’ignoranza. La gente comprende le catastrofi militari. Conoscono

i fucili, le bombe, i carri armati e i missili. La catastrofe economica

è silente. A parte le riprese dei borsisti esagitati, pochi persone

hanno la minima idea di cosa facciano i banchieri nei propri uffici

tutte le mattine. Non hanno alcuna comprensione dei rendimenti obbligazionari, dei coefficienti di risparmio e degli alleggerimenti quantitativi. Sono stati incoraggiati a lasciare l’economia

nelle mani degli esperti. Guardate dove ci hanno portato.

**********************************************

Fonte: Without a growth plan, the EU faces financial Waterloo

27.09.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

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