Alastair Crooke
strategic-culture.org
Solo di tanto in tanto, si apre una finestra sul vero funzionamento del “sistema.” Per un attimo, si mostra nudo nella sua degenerazione. Distogliamo lo sguardo, eppure è una rivelazione (anche se non dovrebbe esserlo). Infatti, vediamo chiaramente quanto pacchiano sia l’abito che lo riveste. L’apparente successo del “liberalismo” – quasi interamente una produzione effimera di pubbliche relazioni – serve solo a rendere più evidenti le sue contraddizioni interne, più “sfrontate,” molto meno credibili.
Questo disfacimento parla di un’incapacità di risolvere in modo soddisfacente le contraddizioni intrinseche della modernità liberale. O, piuttosto, questo disfacimento deriva dalla scelta di risolvere una legittimità in declino, attraverso una ricerca di egemonia sempre più totalitaria e ideologica.
Una di queste finestre è stata la sordida vicenda dei lockdown pandemici nel Regno Unito, così come è stata rivelata da una fuga di notizie riguardante 100.000 messaggi WhatsApp dei ministri che gestivano i lockdown.
Cosa mostravano [questi messaggi] (secondo i principali commentatori politici filo-governativi)? L’immagine sgradevole di come i rappresentanti dell’establishment occidentale si comportano come adolescenti che si criticano l’un l’altro, con un totale disprezzo per la popolazione.
Janet Daley scrive sul Telegraph:
“I lockdown non riguardavano la scienza, ma la politica. Questo si era capito non appena il governo aveva iniziato a dire che bisognava seguire la Scienza – come se fosse un corpo fisso di verità rivelata… erano impegnati in una campagna deliberatamente fuorviante di coercizione pubblica. Il programma era stato concepito per spaventare – non per informare – e per far apparire il dubbio o lo scetticismo come moralmente irresponsabile, il che è esattamente il contrario di ciò che fa la scienza.”
“Il modello per il monumentale programma governativo, in cui sedersi su una panchina del parco o incontrarsi con la famiglia allargata diventava un reato, era la nazione in guerra. Livelli spaventosi di isolamento sociale erano stati deliberatamente progettati per presentare il Paese come mobilitato in uno sforzo collettivo contro un nemico maligno. Molto di ciò andava ben oltre quello che generalmente consideriamo autoritarismo: persino la Stasi della Germania Est non proibiva ai bambini di abbracciare i nonni o vietava le relazioni sessuali tra persone che vivevano in famiglie diverse. Ogni altra considerazione doveva essere relegata in un’eroica lotta nazionale contro un esercito invasore il cui obiettivo era uccidere il maggior numero possibile di persone. E questo nemico era particolarmente insidioso perché invisibile.”
“Ci è stato concesso un raro scorcio della vera natura del Potere lontano dallo sguardo dei media: come, in privato, trama, impreca, tiene il broncio e deride. Sono in bella mostra tutti i suoi lugubri paradossi: la sua feroce megalomania e la costante ricerca di rassicurazioni da parte degli assistenti politici; la sua tendenza al pensiero di gruppo e alla critica incessante.
“Si prova una certa solidarietà con l’America degli anni Settanta [Watergate], nell’orrore per la “qualità mentale di basso livello” che caratterizzava la loro classe politica. Ma forse il parallelo più forte con il Watergate è che… le operazioni dello Stato sembrano essere soffuse di un umile nichilismo. È presente nelle divertite crociate per “spaventare la gente.” È nella presa in giro senza peli sulla lingua dei vacanzieri rinchiusi negli hotel di quarantena (“esilarante”). È nella dedizione spietata alla “narrazione.”
“Con quanto zelo lo Stato si è lanciato nell’attuazione di misure draconiane, una volta che il quartier generale aveva deciso che i lockdown erano la giusta scelta populista. Siamo venuti a sapere come Hancock (Ministro della Salute) avesse cospirato per “mettere da parte” gli scienziati, che egli denunciava come “stravaganti” o “chiacchieroni” per aver sfidato le linee ufficiali. Dobbiamo digerire il fatto che i funzionari pubblici avessero insistito sul “fattore paura/senso di colpa” per “incrementare il messaggio” durante il dubbioso terzo lockdown.
Altrettanto poco edificante è la rivelazione che, nella preparazione di questo lockdown, i politici avevano utilizzato una nuova variante come pretesto con cui “preparare il terreno.” Forse il più irritante di tutti è il consiglio di Patrick Vallance (consulente scientifico), secondo il quale il governo avrebbe dovuto “assorbire la misera interpretazione dei dati scientifici da parte dei media,” per poi “ributtarli fuori” in un’atmosfera di paura crescente.”
“Vediamo il premier servito e informato in modo atroce. Quasi in modo sospetto. Ad un certo punto, è talmente all’oscuro del tasso di mortalità della Covid che fraintende una cifra addirittura di un fattore 100. Ma il momento più rivelatore era stato nel giugno 2020, quando la mite Segretaria agli Affari aveva sostenuto che alcune regole avrebbero dovuto essere facoltative e non obbligatorie. A quel punto, la diffusione della Covid era già crollata: i decessi erano diminuiti del 93% rispetto al picco: “Perché lei è contraria al controllo del virus?” si lamenta il ministro. Lei è motivata dalla pura ideologia conservatrice! La Segretaria di Gabinetto risponde a tono [anche percè lei è una libertaria].
“I Lockdown Files includono migliaia di allegati scambiati tra i vari ministri. Quando li ho letti per la prima volta, speravo di trovare briefing segreti di alto livello e di alta qualità. Invece, i ministri condividevano articoli di giornale e grafici trovati sui social media. La qualità di queste informazioni era spesso scarsa, a volte abissale.”
I “Lockdown Files,” pubblicati nel Regno Unito dal Telegraph, rivelano una cultura tossica in cui qualsiasi ministro o funzionario che facesse domande “scomode” sapeva di poter essere criticato, emarginato o ostracizzato. I parlamentari che, per qualche motivo, sceglievano di opporsi ai lockdown venivano inseriti in una lista di proscrizione segreta e l’assistente dell’allora ministro della Sanità scriveva: “La rielezione di questi ragazzi dipende da noi: sappiamo cosa vogliono.”
Ma i documenti rivelano qualcosa di ancora più agghiacciante. Qual è stata la reazione generale dell’opinione pubblica alla pubblicazione dei file? La risposta dell’opinione pubblica alla pubblicazione dei file è stata molto chiara: la maggioranza della popolazione è così intorpidita e passiva – e così in sintonia – mentre lo Stato la conduce verso un nuovo tipo di autoritarismo attraverso una serie di emergenze ripetute, che non si preoccupa più di tanto, e non se ne accorge nemmeno.
Per essere chiari, la storia dei lockdown è emblematica di questo nuovo schema di controllo attuato attraverso l’egemonia, l’ideologia e la tecnologia. L’autonomia dell’individuo, e la sua ricerca di una vita che abbia un senso, ora è stata soppiantata dal suo opposto: l’istinto di soggiogare, dominare e di imporre l’ordine su un mondo incoerente e apparentemente minaccioso.
Lo Stato manageriale liberale basato sulla sorveglianza si è trasformato, come ha scritto Arta Moeini, in “un Leviatano totalitario e desideroso di estendersi su tutto il globo,” mascherato in modo fraudolento nell’involucro di benessere della democrazia liberale, i cui elementi chiave di liberazione sono stati da tempo sostituiti dai loro contrari, in un’inversione orwelliana.
Per essere chiari: tutti gli eccessi del potere statale che si erano verificati nel Regno Unito durante la pandemia si erano verificati nell’ambito del sistema politico occidentale. Lo Stato può sospendere in qualsiasi momento lo stato di diritto per quello che ritiene il bene comune. La pandemia ha semplicemente messo in luce il funzionamento in extremis della democrazia liberale, riprendendo la nozione di Carl Schmitt secondo cui lo “stato di eccezione” è il codice sorgente della “sovranità” dello Stato sulla popolazione.
In questo vuoto etico, e con il capovolgimento del significato della società, i politici occidentali possono solo criticarsi grossolanamente l’uno l’altro, in stile Signore degli Anelli, sperando di navigare in qualsiasi “narrazione” e “gioco” mediatico del giorno che possa “aumentare il loro livello” nella matrice del potere. Per essere schietti, nella sua mancanza di un principio guida più profondo, tutto questo è pura sociopatia.
Tuttavia, lo spingere il pendolo dello schema liberale così fortemente verso l’estremo dell’egemonia, ha fatto sì che l’altro estremo dello schema liberale complessivo prendesse fuoco: la richiesta di rispettare l’autonomia individuale e la libertà di espressione. Questa antitesi è particolarmente evidente negli Stati Uniti.
Il liberalismo era stato concepito all’inizio della Rivoluzione Francese come un progetto di liberazione generale dalle gerarchie sociali oppressive, dalla religione e dalle norme culturali del passato, in modo che potesse nascere un nuovo ordine di individualismo liberato. Per Rousseau si trattava di una rottura radicale con il passato, uno sganciamento dell’individuo dalla famiglia, dalla chiesa e dalle norme culturali, in modo che potesse evolvere al meglio come componente unitaria di un governo universale redento.
Questo era il significato del liberalismo nella sua fase iniziale. Tuttavia, il successivo Regno del Terrore e le esecuzioni di massa sotto i Giacobini avevano evidenziato la connessione schizofrenica tra la “liberazione” e il desiderio di imporre il rispetto della società. Il persistente richiamo alla rivoluzione violenta contro la “redenzione” imposta (utopica) dell’umanità segna i due poli opposti della psiche occidentale, che oggi viene “risolta” attraverso l’inclinazione all'”egemonia.”
Questa tensione intrinseca tra la liberazione radicale dell’individuo e un “ordine mondiale” conformista doveva essere risolta attraverso “nuovi valori universali”: diversità, genere ed equità, oltre al risarcimento delle vittime per le precedenti discriminazioni subite. Questa “modernità liquida” era ritenuta “globalmente neutra” (in un modo in cui non lo erano i valori illuministici) e quindi poteva sostenere l’ordine mondiale guidato dall’Occidente.
La contraddizione insita in tutto ciò era anche troppo evidente: Il resto del mondo vede l’ordine “liberale” come un dispositivo fin troppo ovvio per prolungare il potere occidentale. Rifiuta il suo lato “missionario” (questo aspetto non è mai stato presente al di fuori della sfera giudaico-cristiana) e la pretesa che l’Occidente determini quali siano i valori (se illuministi o occidentali) in base ai quali tutti noi dovremmo vivere.
Il non-Occidente vede piuttosto un Occidente indebolito e non sente più il bisogno di offrire fedeltà ad un “signore supremo” globale. Il metaciclo dell’occidentalizzazione forzata (dalla Russia petrina, dalla Turchia, dall’Egitto e dall’Iran) è finito.
La sua mistica, il suo fascino sono finiti e, anche se nel Regno Unito (e in Europa) la conformità ai lockdown era stata effettivamente ottenuta attraverso un “progetto paura,” il successo era arrivato a spese della fiducia del pubblico. Per essere chiari: l’autorità dell’Occidente è sempre più sfiduciata – in patria come all’estero.
La crisi delle contraddizioni e del declino dell’autorità del liberalismo si aggrava.
Gli altri due mantra di Carl Schmitt erano: primo, mantenere il potere: “usalo” (o perdilo); secondo, configurare un “nemico” il più polarizzante e il più “oscuro” possibile per mantenere il potere – e per mantenere le masse timorose e compiacenti.
Per questo motivo, abbiamo visto Biden – in mancanza di un’alternativa – ricorrere al manicheismo radicale per rafforzare l’Autorità contro i suoi avversari interni negli Stati Uniti (considerandoli ironicamente nemici della “democrazia”), mentre ha usato la guerra in Ucraina come strumento per presentare anche la guerra dell’Occidente contro la Russia come un’epica lotta tra la Luce e l’Oscurità. Questi codici ideologici manichei dominano per ora il liberalismo occidentale.
Ma l’Occidente si è messo in trappola da solo: il “diventare manicheo” mette l’Occidente in una camicia di forza ideologica. È una crisi che l’Occidente stesso ha creato. In parole povere, il manicheismo è l’antitesi di qualsiasi soluzione negoziata, o di una via d’uscita. Carl Schmitt era stato chiaro su questo punto: l’intento di evocare il più terribile dei nemici era proprio quello di precludere la negoziazione (liberale): come potrebbe la “virtù” scendere a patti con il “male”?
L’Occidente è ormai troppo disfunzionale e debole per combattere su tutti i fronti. Eppure, non ci può essere ritirata (senza una qualche umiliazione delegittimante dell’Occidente).
L’Occidente, per salvarsi, ha puntato tutto sul suo sistema di “controllo,” basato sulla paura e sulle crisi. Le sue speranze sono ora riposte nel suo “Attenzione! Il grande capo è impazzito; potrebbe fare qualsiasi cosa,” che spera possa indurre il mondo a fare marcia indietro.
Ma il resto del mondo non si sta tirando indietro, anzi sta diventando sempre più deciso. Sempre meno credono a ciò che dicono le élite occidentali e sempre meno si fidano della loro competenza. L’Occidente ha incautamente “scommesso” e potrebbe perdere tutto. O, più pericolosamente, in un impeto di rabbia, potrebbe rovesciare i tavoli da gioco altrui.
Alastair Crooke
Fonte: strategic-culture.org
Link: https://strategic-culture.org/news/2023/03/13/betting-all-on-hegemony-risking-all-to-stave-off-ruin/
13.03.2023
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org
Alastair Crooke CMG, ex diplomatico britannico, è fondatore e direttore del Conflicts Forum di Beirut, un’organizzazione che sostiene l’impegno tra l’Islam politico e l’Occidente. In precedenza è stato una figura di spicco dell’intelligence britannica (MI6) e della diplomazia dell’Unione Europea.