SANGUE IN AMAZZONIA: ATTIVISTI BRASILIANI UCCISI MENTRE IL DISBOSCAMENTO AUMENTA

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DI BENJAMIN DANGL
Common Dreams

La mattina del 24 maggio scorso, nel Nord dell’Amazzonia Brasiliana, José Cláudio Ribeiro da Silva e sua moglie Maria do Espírito Santo da Silva hanno fatto un giro in motocicletta vicino alla riserva naturale dove i due avevano lavorato per oltre venti anni. Mentre la coppia si stava dirigendo oltre la foresta, alla cui protezione i coniugi avevano dedicato una intera vita, alcuni uomini armati, nascosti dietro un ponte, hanno aperto il fuoco, uccidendoli.

Gli ufficiali delle forze dell’ordine brasiliane hanno riferito che l’assassinio sembrava il lavoro di killer professionisti, perché dalle due vittime era stato asportato un orecchio. Questo gesto viene spesso effettuato per fornire al mandante la prova che l’incarico è stato portato a termine.L’uccisione è stata compiuta lo stesso giorno in cui il Congresso brasiliano ha approvato una modifica al Codice forestale che consente agli affaristi dell’agro-alimentare
e ai proprietari delle tenute di disboscare ulteriormente nella foresta Amazzonica. La deforestazione è aumentata del 27% dall’agosto 2010 all’aprile 2011 per lasciar posto alle piantagioni di semi di soia. Le percentuali potrebbero probabilmente crescere se le modifiche al codice forestale saranno approvate anche al Senato.

Ribeiro sapeva di essere in pericolo di vita a causa della sua lotta contro i taglialegna, i tenutari e la maggior parte degli agricoltori che stavano (e stanno) causando la deforestazione dell’Amazzonia. Infatti, solo sei mesi prima del suo assassinio, nel Novembre 2010 alla Conferenza per l’Ambiente tenuta a Manaus, disse al pubblico presente: «Sono qui oggi a parlare con voi ma tra un mese potreste ricevere la notizia della mia scomparsa. Proteggerò la foresta ad ogni costo. Questo è il motivo per cui potrei ritrovarmi con una pallottola in testa in ogni momento… Finché avrò la forza di reggermi in piedi io continuerò a denunciare tutti coloro che danneggiano la foresta».

La vita e la morte di Ribeiro sono state giustamente comparate a quelle di Chico Mendes, sindacalista e ambientalista brasiliano che lottò contro i boscaioli e i tenutari,
guadagnando l’attenzione internazionale per la sua campagna coronata dal successo contro il disboscamento. Nel 1988 Mendes fu assassinato da assassini a pagamento assoldati dai rancheiros.

Appena due settimane prima del suo
omicidio, anche Mendes espresse il suo profondo timore sulla probabilità di essere ucciso a causa del suo attivismo: “Non voglio fiori, perché so che andreste a strapparli alla foresta. L’unica cosa che voglio
è che la mia morte aiuti a fermare l’impunità di questi assassini.”

E ciò nonostante, dalla morte di Mendes l’impunità in questa parte del Brasile è diventata la norma. Negli ultimi venti anni, più di 1150 attivisti sono stati uccisi in conflitti legati alla terra. Di tutti questi omicidi, meno di 100 casi sono arrivati davanti alla corte, solo 80 degli assassini sono stati condannati e solo 15 delle persone che hanno assoldato i killers professionisti sono stati dichiarate colpevoli, secondo quanto riportato

dalla Comissão Pastoral da Terra, un gruppo impegnato nel monitoraggio dei conflitti legati alla terra. L’impunità regna nelle aree rurali a causa della corruzione di giudici e polizia, all’influenza e al
potere in mano ai proprietari dei ranchos, agli agricoltori e ai taglialegna che sono spesso i mandanti delle uccisioni.

Il recente assassinio di Ribeiro e Santo e il pericolo provocato dalle modifiche al codice forestale sono segnali inconfondibili della direzione che il Brasile sta prendendo
in Amazzonia. Per alcuni l’espansione delle operazioni di disboscamento e di allevamento, così come la coltivazione di semi di soia nell’Amazzonia sono passi inevitabili per il raggiungimento del progresso economico. Ma per altri è necessario un progresso di tipo diverso se si desidera che il pianeta sopravviva. Come spiegò Chico Mendes qualche giorno prima di morire nel 1988, la sua missione era “dimostrare che il progresso senza distruzione è possibile”.

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Benjamin Dangl è un giornalista

che lavora in America Latina ed è l’autore del nuovo libro,

Dancing with Dynamite: Social Movements and States in Latin America

Benjamin Dangl

Fonte: http://www.commondreams.org/view/2011/06/01-7

01.06.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org

a cura di DIANA LORENZI

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