DI PETER EYRE
The Palestine Telegraph
GAZA – Molte lodi sono state tributate all’inchiesta delle Nazioni Unite sui crimini di guerra commessi a Gaza, guidata da Richard Goldstone.
Ritengo tuttavia che questo rapporto non si sia spinto sufficientemente avanti, e che non abbia indagato su altre più gravi accuse che sono state fatte.
Il senso di urgenza che spinge a portare avanti quest’inchiesta e mettere sotto processo i responsabili è ben percepibile, ma va rilevato che qualcosa di molto più sinistro non è neppure stato menzionato, e da allora è stato nascosto come polvere sotto un tappeto.
Andiamo a considerare più da vicino alcuni aspetti di questo rapporto, che indubbiamente ha mostrato una palese debolezza nella capacità del team di comprendere che cosa costituisca una violazione della Convenzione di Ginevra.
Citazione dal punto 46: “La Missione d’Inchiesta ritiene che la condotta delle Forze Armate Israeliane costituisca una grave violazione della Quarta Convenzione di Ginevra in quanto hanno compiuto uccisioni premeditate di civili e hanno intenzionalmente causato grandi sofferenze a persone protette, azioni tali da fare sorgere responsabilità penali individuali. Reputa inoltre che il bersagliamento diretto e l’uccisione arbitraria di civili Palestinesi sia una violazione del diritto alla vita.” Citazione dal punto 47: “L’ultimo episodio riguarda il lancio di una bomba contro un’abitazione civile che ha provocato l’uccisione di 22 membri di una stessa famiglia. La posizione di Israele rispetto a questo incidente è che si sia trattato di un ‘errore operativo’ e che il reale obiettivo era in realtà un’abitazione vicina, utilizzata come deposito di armi. Sulla base dell’inchiesta svolta, la Missione esprime sostanziali dubbi circa la versione fornita dalle autorità israeliane. La Missione ha concluso che, nel caso in cui fosse effettivamente stato commesso un errore, l’attacco non potrebbe essere definito un caso di uccisione volontaria. Rimarrebbe tuttavia la responsabilità dello Stato di Israele per la violazione internazionale commessa. “
Risposta ai punti 46 e 47: Anche se fosse stato commesso un errore operativo, questo costituisce ancora omicidio intenzionale, in quanto tali bombe sono state sganciate in aree densamente popolate e, pertanto, nel caso in cui fosse stato colpito l’obiettivo corretto, i civili presenti nell’area di tale obiettivo vicino sarebbero morti o sarebbero rimasti gravemente feriti.
Citazione dal punto 48: “Sulla base dell’inchiesta condotta sugli incidenti in cui sono state impiegate determinate armi quali il fosforo bianco e i missili flechette, la Missione, pur ammettendo che il fosforo bianco non è in questa fase vietato ai sensi del diritto internazionale, ritiene che le Forze Armate Israeliane siano state sistematicamente imprudenti nel deliberarne l’utilizzo nelle zone abitate. Inoltre, i medici che hanno curato i pazienti presentanti ferite da fosforo bianco hanno evidenziato la gravità e la natura talvolta incurabile delle ustioni provocate da tale sostanza.
La Missione ritiene che bisognerebbe prendere in seria considerazione la messa al bando dell’uso del fosforo bianco in aree abitate. Per quanto riguarda i flechette, la Missione annota che si tratta di un tipo d’arma incapace di discriminare tra i diversi obiettivi dopo l’esplosione. Sono pertanto particolarmente inadatti ad essere impiegati nelle aree urbane, dove si ha ragione di ritenere che possano essere presenti dei civili.”
Risposta al punto 48: in primo luogo, il Sig. Goldstone deve comprendere che il fosforo bianco è un’arma incendiaria, pertanto disciplinata dal diritto internazionale in merito all’uso del fosforo bianco su aree densamente popolate.
Risulta essere in violazione della Convenzione di Ginevra:
Protocollo sul divieto o la limitazione dell’impiego di armi incendiarie (Protocollo III), ossia:
un determinato uso delle armi incendiarie, in particolare l’impiego di armi incendiarie lanciate per via aerea contro obiettivi collocati in mezzo a concentrazioni di civili (Protocollo III della Convenzione sulle armi convenzionali).
Si deve inoltre richiamare l’attenzione sul fatto che il medesimo trattamento è stato adottato dalle Forze di Difesa israeliane nel sud del Libano (2006) [Al link originale del presente articolo si può vedere la foto di un bambino ucciso con armi incendiarie in tale circostanza, raccomandiamo di tenere in considerazione che si tratta di un’immagine estremamente impressionante. N.d.r. ].
Consideriamo ora un procedimento legale cui è stato dato inizio in Israele in base alla Convenzione di Ginevra e della Corte internazionale di Giustizia. Come ci si aspetta quando si tratta del sistema giudiziario Israeliano, il caso è stato archiviato. Si può vivere nella speranza che un caso di questo genere, una volta portato dinanzi ai Tribunali Europei, porterebbe a un risultato diverso.
I proiettili “Flechette” (dal francese “flêchette”, “piccola freccia”), come è noto, contengono migliaia di piccole frecce metalliche, ciascuna della lunghezza di circa quattro centimetri. Quando il proiettile esplode in aria, a un’altezza di circa 30 m dal suolo, le letali frecce si spargono su un’area a forma di cono di circa 300 m di lunghezza e 94 m di larghezza. Va rilevato che i Flechette vennero sviluppati dagli Americani in Vietnam, quando cercavano un’arma efficace per attaccare le forze Vietcong che si nascondevano tra gli alberi nelle giungle ed erano sparpagliati su una vasta area.
[Le “flechette” usate a Gaza e una radiografia della spalla di un ragazzo con una flechette conficcata molto all’interno.]
Va rilevato che quest’arma è stata considerata controversa sin dalla sua introduzione. Gli argomenti addotti contro i Flechette si basano, tra l’altro, sui principi del diritto internazionale in materia di leggi di guerra, secondo le quali le armi causanti “sofferenze inutili” non devono essere utilizzate, ed è vietato l’uso indiscriminato di armi in luoghi popolati. Gli appellanti sostengono che i Flechette causino “sofferenze inutili” a causa del numero enorme di frecce, che feriscono il corpo della vittima (analogamente a un ordigno esplosivo a frammentazione contenente chiodi), e che sono inoltre considerati un’arma “indiscriminata”, dal momento che si disperde su un’area enorme, ed è molto difficile da usare con precisione. Di conseguenza, sostengono gli appellanti, il suo uso è vietato, in particolare nei luoghi popolati da civili.
Contesto fattuale
Come accennato in precedenza, l’IDF impiega quest’arma da molti anni, in particolare nel contesto delle sue attività operative nel sud del Libano, durante le quali sono state dichiarate delle “aree morte” lungo il confine della “Zona di Sicurezza” (chiunque penetri in queste aree viene considerato un “terrorista” da eliminare). In questi settori, non appena veniva rilevato del movimento, i carri armati sparavano proiettili Flechette. Vale la pena ricordare che anche durante questo periodo, sono state sollevate argomentazioni contro l’IDF, secondo le quali l’uso di questi proiettili ha provocato la morte e il ferimento di decine di cittadini Libanesi, nonostante il fatto che l’uso dei proiettili Flechette fosse limitato a zone scarsamente popolate.
Tra le varie pubblicazioni, un capitolo particolare è stato dedicato all’uso di quest’arma da parte dell’IDF in Libano, in un rapporto dell’organizzazione B’Tselem intitolato “La violazione dei Diritti Umani dei cittadini Libanesi da parte di Israele (gennaio 2000)”.
Illegalità nel diritto umanitario internazionale – Le Regole della Guerra
Rappresenta un principio del diritto umanitario internazionale e delle regole di guerra il divieto di impiegare quei mezzi che cagionano lesioni indiscriminate o che non sono in grado di distinguere tra civili e combattenti. Sono altresì vietati quei mezzi che causano sofferenze inutili e mali superflui.
L’obbligo di proteggere la salute e la vita dei civili che non sono impegnati nel combattimento è menzionato in tutte le convenzioni che costituiscono il diritto umanitario internazionale; in alcune convenzioni, tale obbligo viene citato varie volte. Il divieto di togliere arbitrariamente la vita al di fuori dei parametri dell’autodifesa può essere individuato a vari livelli del diritto internazionale. Il livello di base è costituito dalle regole generali di guerra, che stabilisce il principio di base secondo il quale gli obiettivi civili, compresi i civili, non dovranno essere oggetto di attacco.
Tra gli altri, l’articolo 22 della Convenzione (IV), concernente leggi e usi della guerra terrestre e regolamento annesso: Regolamento concernente le leggi e gli usi della guerra terrestre, L’Aia, 18 ottobre 1907 (nel prosieguo: “i regolamenti dell’Aia” ), che per l’epoca era rivoluzionario, affermava che “il diritto dei belligeranti di adottare forme di offesa verso il nemico non è illimitato”.
Tra le altre disposizioni, è stato deliberato uno specifico regolamento che vieta l’uso di quelle armi che causano sofferenze inutili. L’Articolo 23 recita:
“Art. 23. Oltre ai divieti stabiliti da particolari Convenzioni, è particolarmente vietato
(a)…
(b)…
(c)…
(d)…
(e) impiegare armi, proiettili o materiale che si prevede causino sofferenza inutile;
(f) …”
Il secondo livello stabilisce il divieto di trattare inumanamente quanti non siano in quel momento attivamente impegnati nel combattimento; il fondamento di questo aspetto è il divieto della sottrazione della vita.
Tale obbligo è disciplinato dall’Articolo 3, che è comune a tutte e quattro le Convenzioni di Ginevra dal 1949. Si applica a tutti i conflitti armati, non solamente ai territori occupati. Tra le altre disposizioni, la sottoclausola 1 stabilisce:
Le persone che non prendono parte attiva alle ostilità, compresi i membri delle forze armate che abbiano deposto le armi e le persone messe fuori combattimento da malattia, ferite, detenzione o per altre cause, saranno trattate, in tutte le circostanze, con umanità e senza alcuna distinzione di carattere sfavorevole fondata sulla razza, il colore, le convinzioni religiose, il sesso, la nascita o la ricchezza, o qualsiasi altro criterio analogo. A tal fine, i seguenti atti sono e rimangono vietati, in qualsivoglia momento e luogo, nei confronti delle persone di cui sopra:
Violenza contro la vita e l’integrità fisica
A) Il succitato Articolo 3, che, come rilevato, è comune a tutte e quattro le Convenzioni di Ginevra, è oggi considerato diritto consuetudinario internazionale vincolante per tutte le nazioni del mondo; come tale, può essere fatto rispettare da questa Corte. Inoltre, lo Stato di Israele ha firmato e ratificato le Convenzioni di Ginevra nel 1951, di conseguenza, è anch’esso giuridicamente vincolato a rispettare le convenzioni, in quanto parte contraente.
Il terzo livello delle regole di guerra comprende le regole per il controllo del territorio occupato, che concedono alla popolazione occupata una tutela particolare in aggiunta ai diritti e alle tutele derivanti dalle regole generali del diritto e ai diritti e alle tutele di cui godono tutti i cittadini, che risiedano o meno in un territorio occupato.
Tali diritti e tutele sono disciplinati sia nel Regolamento dell’Aia sia in molte clausole riscontrabili in tutta la Quarta Convenzione di Ginevra in merito alla tutela della popolazione civile, così come nei due protocolli alle convenzioni, firmati nel 1977.
Il Regolamento 30 dei Regolamenti dell’Aia riguarda la tutela dei residenti di un territorio occupato, precisando quanto segue:
“L’onore e i diritti della famiglia, la vita delle persone e la proprietà privata… devono essere protetti”.
Nessuno può negare che le regole generali e particolari del diritto, come riflesso nel Regolamento dell’Aia, costituiscano ormai diritto consuetudinario internazionale vincolante tutte le nazioni del mondo, e possano essere fatte rispettare da questa Corte (si vedano, ad esempio, i commenti dell’allora Giudice Barak in HCJ 393/82, Jamayat Iskan Almu’alamoun v Commander of IDF Forces, Piskei Din 37 (5) 785, nel par. 11 della sentenza).
Tuttavia, la tutela principale per i cittadini di un territorio occupato viene dalla Quarta Convenzione di Ginevra. Questi cittadini sono “persone protette” ai sensi dell’Articolo 4 della Convenzione. I contrasti tra la comunità internazionale e Israele per quanto riguarda l’applicabilità della definizione di cui all’Articolo 4 alla popolazione Palestinese nei Territori Occupati sono già stati risolti in una lunga serie di petizioni a questa Corte, in cui lo Stato ha dichiarato il suo impegno a rispettare le disposizioni umanitarie della Convenzione, come se applicate al territorio.
Per completare il quadro, si noti che ulteriori tutele alla vita dei civili sono stabilite nei due protocolli alla Convenzione di Ginevra firmata nel 1977; tali protocolli hanno ampliato la tutela concessa alla popolazione civile in modo da includere controversie diverse da quelle tra Stati. Lo Stato d’Israele non ha firmato tali protocolli, ma alcune delle sue disposizioni costituiscono una parte del diritto internazionale consuetudinario, e come tali sono vincolanti per Israele stesso.
Divieto dell’uso di armi arrecanti “sofferenze inutili” e di armi “indiscriminate” – Diritto Consuetudinario
Gli appellanti sostengono che l’uso di proiettili flechette da parte dell’IDF è incompatibile con i principi del diritto consuetudinario internazionale come precedentemente osservato, che richiedono che l’organizzazione militare prenda in considerazione, accanto alle necessità militari, l’esigenza di ridurre al minimo un irragionevole pericolo di arrecare ferite alla popolazione locale.
L’Articolo 35 (2) del Protocollo Cggiuntivo alla Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949, e concernente la tutela delle vittime di conflitti armati internazionali (Protocollo I) (nel prosieguo “il Primo Protocollo”), stabilisce quanto segue: articolo 35.
Norme di base
1. In qualsiasi conflitto armato, il diritto delle Parti coinvolte nel conflitto a scegliere i metodi o i mezzi di guerra non è illimitato.
2. È proibito impiegare armi, proiettili e materiali, come pure metodi di guerra, di natura tale da provocare mali superflui o sofferenze inutili.
3. È proibito impiegare metodi o mezzi di guerra che siano concepiti per causare, o che si può prevedere che causeranno, danni estesi, duraturi, e gravi all’ambiente naturale.
L’Articolo 51 stabilisce:
Articolo 51.—Tutela della popolazione civile
1. La popolazione civile e i singoli civili dovranno godere di una tutela generale dai pericoli derivanti dalle operazioni militari. Per realizzare tale tutela, le norme seguenti, che sono complementari ad altre norme applicabili del diritto internazionale, devono essere in ogni circostanza rispettate.
2. Né la popolazione civile in quanto tale, né i singoli civili, dovranno essere oggetto di attacchi. Sono vietati gli atti o le minacce di violenza il cui scopo principale sia quello di diffondere il terrore tra la popolazione civile.
3. I civili godranno della tutela concessa dalla presente Sezione, salvo che essi partecipino direttamente alle ostilità e per la durata di tale partecipazione.
4. Sono vietati gli attacchi indiscriminati. Gli attacchi indiscriminati sono:
(a) quelli che non sono diretti contro un obiettivo militare determinato;
(b) quelli che impiegano un metodo o mezzo di combattimento che non può essere diretto contro un obiettivo militare determinato; o
(c) quelli che impiegano un metodo o mezzo di combattimento i cui effetti non possono essere limitati, come prescrive il presente Protocollo, e che sono, di conseguenza, in ciascuno di tali casi, atti a colpire indistintamente obiettivi militari e persone civili o beni di carattere civile.
5. Saranno considerati indiscriminati, tra gli altri, i seguenti tipi di attacchi:
(b) Gli attacchi dai quali ci si può attendere che provochino incidentalmente morti e feriti tra la popolazione civile, danni ai beni di carattere civile, o una combinazione di perdite umane e danni, che risulterebbero eccessivi rispetto al vantaggio militare concreto e diretto previsto.
(…)
Anche se lo Stato di Israele non si è vincolato alle disposizioni del Primo Protocollo, questi articoli sono considerati consuetudinari e vincolanti per il diritto internazionale. Prova di questo può essere trovata nel “Parere Consultivo” della Corte Internazionale di Giustizia in data 8 luglio 1996 sul tema della “Legalità della Minaccia o dell’Uso delle Armi Nucleari”.
Nel corso del summenzionato parere, alla Corte è stato chiesto, tra l’altro, di affrontare il tema di un’arma indiscriminata che provoca sofferenze inutili. Tra gli altri punti, la Corte ha dichiarato quanto segue: numerose norme consuetudinarie si sono sviluppate dalla pratica degli Stati e sono parte integrante del diritto internazionale pertinente alla domanda posta.
I principi cardine contenuti nei testi che costituiscono il tessuto del diritto umanitario sono i seguenti. Il primo è finalizzato alla tutela della popolazione civile e dei beni di carattere civile, e stabilisce la distinzione tra combattenti e non combattenti; gli Stati non devono mai far sì che i civili siano oggetto di attacco e, di conseguenza, non devono mai utilizzare armi che non sono in grado di distinguere tra obiettivi civili e militari. Conformemente al secondo principio, è vietato causare sofferenze inutili ai combattenti: è pertanto vietato l’uso di armi che causino agli stessi un danno o ne aggravino inutilmente le sofferenze.
In applicazione di tale secondo principio, gli Stati non hanno libertà illimitata di scelta dei mezzi per le armi che usano.
(…)
In conformità con i principi di cui sopra, il diritto umanitario, in una fase molto precoce, ha vietato alcuni tipi di armi, a causa dei loro effetti indiscriminati sui combattenti e sui civili o a causa delle sofferenze inutili causate ai combattenti, vale a dire, un danno superiore a quanto inevitabile per conseguire dei legittimi obiettivi militari. Se un uso previsto delle armi non soddisfa i requisiti del diritto umanitario, la minaccia di impegnarsi in tale uso sarebbe anch’esso in contrasto con tale legge.
(…)
Né vi è alcuna necessità che la Corte elabori in merito alla questione dell’applicabilità del Protocollo Aggiuntivo I del 1977 sulle armi nucleari. È sufficiente osservare che, mentre in occasione della conferenza diplomatica del 1974-1977 non vi è stato alcun dibattito sostanziale sulla questione nucleare e non è stata sviluppata nessuna soluzione specifica per questo problema, il Protocollo Aggiuntivo non ha in alcun modo sostituito le regole consuetudinarie generali applicabili a tutti i mezzi e i procedimenti di combattimento, comprese le armi nucleari. In particolare, la Corte ricorda che tutti gli Stati sono vincolati dalle norme previste dal Protocollo Aggiuntivo I le quali, una volta adottate, erano la semplice espressione del diritto consuetudinario preesistente, quale la clausola Martens, ribadita nel primo articolo del Protocollo Aggiuntivo I. Il fatto che alcuni tipi di armi non siano stati specificamente esaminati dalla Conferenza del 1974-1977 non consente di trarre conclusioni giuridiche in merito alle questioni di fondo che l’uso di tali armi solleverebbe”.
…
L’intero testo succitato è stato preso da www.btselem.org con riferimento ai Documenti giuridici HC8990 02 HC8990 02 Flachette Appeal Israel Supreme Court – Sitting as the High Court of Justice – HCJ/02 in the case Physicians for Human Rights – Israel and The Palestininan Centre for Human Right (The Appellants) V General of the Southern Command – Doron Almog and The State of Israel – Ministry of Defence (The Respondents)
Petizione per un decreto provvisorio
Una petizione viene rispettosamente presentata alla Corte chiedendo che agli Appellati sia chiesto di presentarsi dinanzi alla Corte e dare motivazione per cui l’uso di proiettili del tipo “Flechette” nel contesto delle operazioni dell’IDF nella zona della Striscia di Gaza non dovrebbe essere fermato e vietato.
I dati riportati nel presente articolo sono stati presi dal sito Internet della Corte Internazionale di Giustizia (www.icj-cij.org).
Titolo originale: ” Did Richard Goldstone hide more sinister crimes in Gaza? – Part 1: White Phosphorus and Flechettes”
Fonte: http://www.paltelegraph.com
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28.10.2009
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SHEILA B.