DI SCOTT HORTON
Harper’s Magazine
La scorsa settimana il vicepresidente americano Joe Biden è stato schiaffeggiato pubblicamente dal Governo di Netanyahu durante il suo viaggio a Gerusalemme. Il Governo israeliano ha sfruttato l’occasione per dare l’annuncio dello stanziamento di 1.600 israeliani nella parte orientale di Gerusalemme, a maggioranza araba, contravvenendo all’appello dell’America per una sosta negli insediamenti. Secondo quanto dice una relazione pubblicata nel quotidiano Yedioth Ahronoth, Biden avrebbe risposto: “Questa cosa si sta facendo pericolosa per noi. Quello che state facendo qui sta mettendo a repentaglio la sicurezza delle nostre truppe che combattono in Iraq, Afghanistan e Pakistan. E questo mette in pericolo noi e la pace regionale”.
Ora, in un affascinante briefing pubblicato su Foreign Policy, Mark Perry ci dà un senso più chiaro di quello che Biden aveva in testa:
A seguito, “Sansone e la seconda Nabka – Un breve studio sull’Ercole ebraico” (Gilad Atzmon, gilad.co.uk);
Le 33 slides della presentazione di 45 minuti in PowerPoint hanno lasciato Mullen a bocca aperta. Gli incaricati del training hanno detto che c’era una crescente percezione tra i leader arabi del fatto che l’America non fosse capace di far fronte a Israele, che la composizione principalmente araba di CENTCOM stava perdendo fiducia nelle promesse americane, che l’intransigenza israeliana relativamente al conflitto israelo-palestinese stava mettendo in pericolo la presenza americana nella regione e che lo stesso Mitchell era (come un ufficiale anziano del Pentagono l’ha successivamente descritto in modo diretto) “troppo vecchio, troppo lento…e troppo in ritardo”’.
Il briefing di gennaio di Mullen era senza precedenti. Nessun comandante di CENTCOM si era mai espresso in precedenza su una questione che aveva un carattere essenzialmente politico: e questo è il motivo per cui gli incaricati del briefing sono stati attenti nel dire a Mullen che le conclusioni a cui erano arrivati facevano seguito a un tour della regione compiuto a dicembre 2009 quando, su indicazione di Petraeus, si erano confrontati con i leader arabi più anziani. “Dovunque essi andassero il messaggio era piuttosto umiliante”, ha detto un ufficiale del Pentagono a conoscenza del briefing. “L’America non era vista solo come uno stato debole, ma la sua presenza militare nella regione si stava disgregando lentamente”. Ma Petraeus non aveva finito: due giorni dopo il briefing di Mullen, egli ha inviato un documento alla Casa Bianca con il quale chiedeva che la West Bank [Cisgiordania N.d.r.] e Gaza (che, assieme a Israele, è parte del Comando Europeo, o EUCOM) diventassero parte della sua area di competenza operativa. La motivazione di Petraeus era molto diretta: vista la presenza di truppe americane in Iraq e Afghanistan, i leader arabi dovevano avere l’impressione che l’esercito americano fosse coinvolto nei conflitti più problematici della regione.
Perry continua dicendo che il briefing “ha colpito la Casa Bianca come una bomba”. E’ fuori dubbio che è questo è il motivo ispiratore dei commenti di Biden. Ciò traspare in modo chiaro dal rapporto del Yedioth Ahronoth che, dopo aver citato Biden, prosegue dicendo: “Il Vicepresidente ha detto ai suoi ospiti israeliani che, considerato il fatto che molti musulmani percepiscono l’esistenza di un legame tra le azioni di Israele e la politica americana, qualsiasi decisione in merito alla costruzione di stanziamenti che metta in pericolo i diritti dei palestinesi nella parte orientale di Gerusalemme potrebbe avere un impatto sulla sicurezza personale delle truppe americane che combattono contro il terrorismo islamico”.
Il governo di Netanyahu e i suoi sostenitori negli U.S.A. vogliono che le controversie riguardanti Gerusalemme, la West Bank e la Striscia di Gaza vengano risolte in modo autonomo, lontano da qualsiasi potenziale impatto che esse potrebbero avere nella regione intesa in senso più ampio e dagli interessi che l’America sta perseguendo in quelle zone attraverso il dispiegamento di truppe su due campi di battaglia differenti. Questo schema rispecchia infatti il modo con cui la maggior parte dei media americani racconta tali sviluppi. Ma questo approccio è sciocco, per le ragioni che sono esposte nel briefing di Petraeus. Perry vede questa cosa come una battaglia fra due lobbies: Israele e l’esercito americano.
La lobby israeliana è molto potente, dice, ma come potrebbe competere con l’esercito americano sulla base di un interesse imperativo delle truppe americane nella sicurezza? I recenti compromessi del governo Netanyahu riflettono disapprovazione per l’amministrazione Obama e massima indifferenza per le sue posizioni sull’estremo Oriente.
Queste situazioni sembrano rispecchiare perfettamente l’orientamento dei neo-con americani, come dimostrato nell’‘apologia’ a loro favore ad opera dell’editorialista del Washington Post Jackson Diehl (“Biden è stato bocciato,” conclude, applicando un ragionamento tipicamente ottuso).
La domanda è se uno stretto alleato possa comportarsi con irritabilità adolescenziale e servirsi dei suoi sostenitori indefinitamente senza conseguenze. Per il momento la risposta sembra essere sì.
L’articolo di Perry è una lettura fondamentale. Ho letto metà del suo nuovo libro, Talking with Terrorists, e mi aspetto di discuterlo in un’intervista con lo stesso Perry prima della fine del mese.
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NOTE
[1] Il Joint Chiefs of Staff è un consiglio di comandanti delle forze armate che ha una funzione consultiva del governo civile americano. La carica di comandante del JCS è la venticinquesima per importanza dopo quella di Presidente. L’ammiraglio Mullen, è il 17° nonché attuale comandante delle JCS. (NdT)
[2] Il Comando Centrale degli Stati Uniti, per l’appunto, che ha, tra gli altri, lo scopo di promuovere la cooperazione tra gli stati e di far fronte alle situazioni di crisi. E’ capeggiato dal Gen. Petraeus dall’ottobre 2008.
Titolo originale: ” ‘This is Starting to Get Dangerous’ “
Fonte: http://harpers.org/
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15.03.2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di RACHELE MATERASSI