La continuazione dei report sui
crimini di guerra dei ribelli e sull’ipocrita “comunità internazionale”
DI TONY CARTALUCCI
Land Destroyer
Foto: I ribelli della Libia
sono lontani dall’essere motivati da aspirazioni democratiche. Le loro lagnanze si poggiano su divisioni etniche, non politiche. I “sostenitori di Gheddafi” è un eufemismo usato dai media globalisti per descrivere le tribù africane e generalmente scure di carnagione che formano la gran parte della demografia della Libia Occidentale e che devono subire il peso maggiore delle atrocità dei ribelli appoggiati dalla NATO.
Confermando quanto l’esperto di geopolitica Webster Tarpley sta ripetendo da mesi sulle realtà che stanno alle spalle delle rivolte libiche, spesso ritratte come una ribellione “a favore della democrazia” dai media di regime, gli ultimi resoconti ci parlano dei ribelli libici che, ancora una volta, prendono di mira le tribù etniche rivali all’interno delle città catturate con pestaggi, saccheggi, vandalismi e molto di peggio (anche se convenientemente omesso dalle notizie mainstream). Non si tratta di aspirazioni “democratiche”, ma di un conflitto che è separato da linee etniche, perpetuato dal prima coperto e ora aperto supporto militare degli USA e del Regno Unito alle tribù da tempo lungo tempo favorite e coltivate dagli Occidentali della Libia Occidentale che risiedono attorno a Benghazi.
La CNN ha riferito, in “Gruppi per i diritti umani riportano che i ribelli libici hanno saccheggiato e picchiato civili,” che Human Rights Watch finanziata da Soros ha ricevuto informazioni secondo cui “i combattenti ribelli e i loro sostenitori hanno danneggiato le proprietà, bruciato case, saccheggiato ospedali, case e negozi e picchiato alcune persone che loro ritenevano aver supportato le forze di governo”. Mahmoud Jibril, il primo ministro ribelle de facto che di recente si è prostrato di fronte al Brookings Institute, dichiarando che il suo movimento era ispirato dalla globalizzazione, ha confermato queste ipotesi, ma ritiene che rappresentino solo “qualche incidente” e che i responsabili saranno “portati in tribunale”.
Una cosa comunque molto improbabile perché, se anche questi “pochi incidenti” sono stati evidenziati dai tendenziosi media internazionali, simili atrocità sono state rese note in modo continuo
da quando le tribù di Benghazi hanno avviato la loro offensiva appoggiata dall’estero nel febbraio di quest’anno. In un articolo del New York Times dell’aprile 2011 intitolato “Gli armamenti inferiori dei ribelli esitano nella guerra in Libia“, una narrativa lamentevole parla di ribelli disarmati e dominati che sono stati costretti dalle circostanze a commettere orribili atrocità e crimini di guerra. Il New York Times parla di “tolleranza per almeno un piccolo numero di bambini soldato” e si lamenta della mancanza di controlli per “gli episodi di abusi o per la condotta assolutamente brutale”, invece della mancanza di principi etici o della illegittimità della loro causa finanziata dall’estero.
L’articolo del New York Times descrive l’utilizzo da parte dei ribelli dei razzi Grad spesso descritti come armamenti non selettivi e il cui uso
da parte delle forze di Gheddafi è stato considerato un fattore scatenante dell’intervento della NATO. L’articolo ha anche menzionato l’utilizzo da parte dei ribelli delle mine terrestri, altro fattore citato dai
criminali guerrafondai della NATO per il loro intervento nel Nord Africa.
L’articolo del New York Times sta cercando di scusare e di addolcire
un torrente di articoli in uscita che indicano come i ribelli libici, che ammettono loro stessi
di avere legami con Al-Qaeda,
stiano macellando,
decapitando e mutilando i prigionieri delle truppe governative e
che sono palesemente colpevoli dell’utilizzo delle stesse armi e delle
stesse tattiche per le quali la NATO ha senza alcun fondamento accusato
Gheddafi, la giustificazione ufficiale usata dalla NATO per entrare
in guerra. Allo stesso modo, il report
di Human Rights Watch,
finanziato da Soros, tanto citato ultimamente, alterna le scuse per
i civili che sembrerebbero sostenere Gheddafi a interlocuzioni che ricordano
ai lettori i presunti abusi di Gheddafi. In seconda battuta, il report
è stato ancor più edulcorato dai media finanziati dalle corporation
con le pittoresche parafrasi che generalmente accompagnano le notizie
sulle presunte atrocità di Gheddafi.
Un recente articolo del Guardian, intitolato “I ribelli libici accusati
di bruciare le case e di saccheggio“,
con il sottotitolo “Human Rights Watch dice che i ribelli hanno
depredato le strutture sanitarie e incendiato le case dei sostenitori
di Gheddafi”, rappresenta un subdolo meccanismo retorico usata
ancora una volta per edulcorare i crimini dei ribelli. All’interno dell’articolo
il termine “case ritenute appartenenti ai sostenitori di Muammar
Gheddafi” viene usato assieme alla frase finale, “le forze
di Gheddafi nella zona sono state accusate di essersi rifugiate indiscriminatamente
nelle zone abitate, lasciando sul terreno mine anti-uomo.”
Altri articoli, come quello del Wall Street Journal “Le città libiche separate
dai feudi tribali“,
rappresentano la massima concessione dei media mainstream alla
realtà e l’inizio della descrizione delle sottostanti tensioni etniche
che servono da reali motivazioni, non certo le aspirazioni democratiche,
che stanno dietro la violenza accesa e continuamente aizzata dalla
leadership dei ribelli libici a Washington. Comunque, l’esperto
di geopolitica Webster Tarpley aveva già evidenziato in aprile in un
articolo intitolato “Al
Qaeda: le impronte di un’insurrezione della CIA dalla Libia allo Yemen” lo storico sostegno britannico per i
“monarchici e razzisti Harabi e per le tribù Obeidat del corridoio
Benghazi-Darna-Tobruk”. Ha correttamente diagnosticato come le
tensioni etniche fossero responsabili delle atrocità generalizzate
che vengono ancora offuscate oggi dai media di regime, e ha predetto
che le atrocità e il genocidio sono il destino dei villaggi e delle
città catturate dai ribelli appoggiati dalla NATO.
Quello a cui assistiamo in Libia non è un popolo oppresso che aspiri
alla globalizzazione e alla democrazia liberale , ma ancora un’altra
divisione etnico-politica sfruttata dal potere globalista per dividere
e distruggere la sovranità di una nazione indipendente. Se e quando
Tripoli cadrà per le orde di globalisti e dei loro stupidi eserciti
di sempliciotti e di mercenari, l’inconcepibile brutalità, la discriminazione
e le atrocità saranno il destino dei loro rivali etnici. Mentre le
giustificazioni retoriche della NATO per il loro criminale intervento
militare si incentrano sulla protezione dei civili, stanno chiaramente
e intenzionalmente agevolando l’individuazione dei civili allineati
a Gheddafi non politicamente, ma etnicamente.
È essenziale comprendere chi stia
davvero dietro a questi conflitti, tra cui le multinazionali che stabiliscono
l’agenda dall’interno
di non eletti think tank,
i media posseduti dalle corporation che distorcono e giustificano
queste agende al pubblico, e i politici delegittimati che realizzano
questi ordini del giorno contro la volontà della popolazione che dicono
di rappresentare. Per contrastare tutto questo, dobbiamo continuamente
lavorare per informare altre persone della verità che viene offuscata
dalle immense campagne di propaganda che accompagnano questi conflitti
e impegnarci nel boicottare
e sostituire interamente
le multinazionali che promuovono e traggono vantaggio da questi conflitti.
Se le difficoltà della Libia potrebbero sembrare un argomento insignificante
ed estremamente lontano per la persona comune, una vittoria globalista
in Libia è una vittoria contro tutti i popoli liberi e sovrani.
Fonte: http://landdestroyer.blogspot.com/2011/07/libyas-not-so-noble-rebels.html
13.07.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE