QUANTO CONTANO REALMENTE LE DIFFERENZE TRA OBAMA E BUSH?

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DI ANDREW GEBHARDT
Counterpunch

Obama non è identico a Bush e McCain, e le sue differenze, sia retoriche che reali, contano: quanto contino dipende dalla vostra prospettiva.

Negli Usa viviamo in una cachistocrazia, una società governata dai suoi peggiori elementi. In questa terra di latte e miele lo schifo sale a galla. Se l’amministrazione Bush è la dimostrazione di questa velenosa verità, molti sperano che una presidenza di Obama fornisca l’antidoto. Nella sua storica campagna elettorale, il termine “speranza” è stato, in modo sorprendente, il giusto motto, assieme con il termine “cambiamento” e alcuni altri sentimenti positivi.

Non c’è dubbio che una salutare dose di speranza e cambiamento possa fare molto bene al paese e al mondo, ma riconosco anche che si tratta di retorica da campagna elettorale. Le campagne politiche hanno da tempo riconosciuto la presenza di un’opinione pubblica affamata di speranza e cambiamento, questo è il motivo per cui Jesse Jackson coniò la frase “manteniamo viva la speranza” e Bill Clinton mentì sulla sua città di origine in modo da presentarsi come “l’uomo di Hope [speranza n.d.t.], Arkansas”.

Successivamente Clinton (che il compianto James Laughlin soprannominò “Smiley” [” il sorridente” n.d.t.]) tradì le promesse della sua campagna elettorale, deluse per quanto riguarda la salute pubblica, pose fine ai programmi di welfare, istigò omicidi di massa contro l’Iraq, e così via. Oggi, dopo altri otto anni di bugie e randellate da parte del regime cleptocratico di Bush, fatto di guerrafondai e gangster, chi non è pronto per un po’ di speranza e di cambiamento? Persino i sostenitori di McCain e Palin sembrano poggiare la loro speranze sul fatto che la loro dinamica coppia porti alcuni cambiamenti a Washington.

Il problema è che la retorica da campagna elettorale è stata completamente estrapolata dalla realtà. Le campagne di Nader, Mckinney e Barr offrono veramente alcune prospettive alternative, e una qualche vera speranza e cambiamento, ma i loro programmi sono stati ignorati, tranne che per presentarli come possibili cause della rovina di una eventuale vittoria Democratica (ma non democratica). Gli entusiasti di Obama tendono a scocciarsi o a deprimersi quando vengono fatte notare le somiglianze sue con Bush e McCain–per quanto riguarda il “piano di salvataggio” di Paulson, l’espansione della guerra in Afganistan, la genuflessione alla lobby israeliana, la ri-autorizzazione del Patriot Act, l’assegnazione dell’immunità a chi ha compiuto spionaggio nelle telecomunicazioni, e così via. Ma Obama non è identico a Bush e McCain, e queste differenze, sia retoriche che reali (come la sua posizione in favore della libera scelta [in materia di aborto n.d.t.]) contano. Quanto contino dipende dalla vostra prospettiva.

Come molte persone penso che sarebbe bello avere un presidente che riesce a parlare per frasi compiute, è vissuto all’estero, ammette di essersi fumato uno spinello ed è anche afro americano. Riconosco che queste sono semplicemente qualità personali che attirano alcuni, allarmano o disgustano altri ed hanno al massimo un lascito simbolico sulla sostanza politica di una presidenza Obama/Biden. Come molte persone non riesco nemmeno a guardare o ad ascoltare Bush, con il suo ghigno, la sua risatina soffocata e la sua spavalderia da sangue blu. Ma che sia la notevole coppia Bush/Cheney, la geriatrica, belligerante e timorata di Dio coppia McCain/ Pain, o quella favorita dall’establishment, cioè Obama/Biden, vedo che queste persone sono in gran parte dei prestanome sulla prua di una nave che barcolla. O, per scegliere una metafora più adatta per questa che è stata la più costosa campagna elettorale della storia, Obama/Biden sono l’etichetta attaccata al prodotto chiamato ” America”.

Proprio alla vigilia di quella che sembra una imminente vittoria di Obama, questi probabilmente sembrano sentimenti sprezzanti e guastafeste, lo riconosco. Scusatemi amici. Si può dire qualcosa per attribuire una qualche autentica speranza e cambiamento?

“Esperar” in spagnolo significa sia ” sperare” che ” aspettare”. Per molti latinoamericani, che hanno assistito a un’offensiva fatta da decenni di dittature e neoliberismo, queste sono emozioni attorcigliate in modo familiare. Un vero cambiamento significa combattere e costruire dalla base, come c’insegnano gli eventi di tutta l’America Latina, così come della nostra stessa storia. Non significa aspettare pazientemente e docilmente che qualcuno salti su una carrozza e pronunci la parola “CHANGE”! Significa lavorare diligentemente per fare in modo che accada. Abbiamo dimenticato come funzioni e che sapore abbia questo compito? Nonostante tutto sono in qualche modo speranzoso, lo ammetto. Non per quanto riguarda una presidenza Obama/Biden, sebbene debba dire che, per ragioni superficiali, sembrano più tollerabili di una presidenza McCain/Palin. Quello che spero è che l’ondata di appoggio per la campagna elettorale di Obama indichi una profonda trasformazione dell’opinione pubblica Usa. Spero che la gente maturi un disincanto per il suo riproporre ancora di più le stesse vecchie politiche, e si organizzi per un qualche vero cambiamento–chiedendo la fine di queste guerre, la fine delle elargizioni a Wall Street, la riduzione del budget del Pentagono, investimenti nelle infrastrutture, un incoraggiamento ad un’economia più ecologica, la fine della delocalizzazione del lavoro, ecc. ecc–tutte idee che hanno un appoggio popolare.

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[“Tenetevi le vostre monete, io voglio il cambiamento”.]

Ma l’appoggio, sino ad oggi, non si è tradotto nell’organizzarsi, nel cambiare le istituzioni che attualmente tolleriamo o nel crearne di nuove. Non è ingenuo lavorare per queste cose, aspettarle e sperare che arrivino. Continuare a inchinarsi di fronte agli specchietti per le allodole che produce il nostro sistema, accettare il peggio, è in gran parte una questione psicologica, e nel campo della psicologia il trionfo psicologico di speranza e cambiamento conta. È facile sentirsi scoraggiati, ed è perciò una tentazione rimanere catturati dalla retorica della speranza.

Sebbene abbiamo vissuto sotto il governo dei peggiori, non deve sempre essere così. Stanchezza, pigrizia e cinismo sono i nostri peggiori nemici. Risvegliarsi alle possibilità di un’autentica speranza e di un autentico cambiamento significa sfidare i leader, e significa, ogni giorno, un difficile lavoro di base che alcuni, ma non ancora abbastanza tra noi, fanno. L’aspetto più promettente del messaggio di “speranza e cambiamento” di Obama potrebbe essere che la gente veda queste parole per quello che sono, e richieda a chiunque ottenga l’incarico che alcune politiche reali giustifichino queste emozioni fragili e necessarie a cui molti di noi si aggrappano.

Andrew Gebhardt può essere contattato all’indirizzo [email protected]

Titolo originale: “How Much Do the Differences Between Obama and Bush Really Matter?

Fonte: http://www.counterpunch.org
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03.11.2008

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da ALCENERO

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