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La Redazione

 

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QUANDO IL SUONO E LA MUSICA DIVENTANO ARMI PER IL MANTENIMENTO DELL’ORDINE

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A cura di supervice
Il 26 Ottobre 2011
1030 Views
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DI LUDO SIMBILLE
www.bastamag.net

Altoparlanti da combattimento, proiettori

sonori, LRAD (Long Rage Acoustic Device), ultrasuoni repulsivi, macchine

detonatrici… una serie di gioellini tecnologici creati per fare la

guerra o mantenere l’ordine.

Come viene utilizzato il suono per

disperdere le manifestazioni, controllare lo spazio pubblico o torturare

i prigionieri? Juliette Volvler, nel suo libro Le son comme arme (Il

suono come arma) ha condotto un’inchiesta minuziosa sui retroscena

della “repressione acustica”. Intervista.
Basta!: Si può

parlare di un’evoluzione recente delle tecniche di

«repressione acustica»?

Juliette Volcler:

Alla fine del 2000 sono stati pubblicati degli articoli sull’argomento

: la musica come mezzo di tortura nelle prigioni della CIA, l’utilizzo

di un nuovo tipo d’arma «non letale » nelle manifestazioni, i LRAD

(Long Range Acoustic Device) – ben presto chiamati dai media

«cannoni sonori» -, l’uso del Mosquito, che emette suoni ad alte

frequenze per cacciare gli «indesiderati» da certi luoghi. L’uso

del suono per reprimere, controllare o torturare non è nuovo, ma l’unione

di questi tre metodi – in tempo di guerra, per il mantenimento dell’ordine

e per il controllo dello spazio pubblico – sembra indicare delle trasformazioni

nelle pratiche poliziesche o militari.

Quando mi sono interessata all’argomento,

sono rimasta stupita nel costatare come sia difficile districare le

voci, le approssimazioni e i fantasmi dai fatti reali: gli industriali

e i militari sono i primi a fare discorsi abbastanza immaginari sulle

armi. Ho, quindi, voluto sapere che cosa fosse vero, fare il punto su

ciò che ha fallito e ciò che esiste, gli effetti reali che tali tecniche

possono avere.

La musica e il suono sono sempre

stati utilizzati dall’esercito o la polizia. Ma da quando sono diventati

strumenti di dominazione o di tortura?

La diffusione di suoni nello spazio

pubblico è una pratica molto antica. Ma i progressi tecnologici della

seconda metà del XX secolo hanno consentito l’utilizzo di altoparlanti

per emettere il suono a lunga distanza, a forte volume, e per delle

ore o dei giorni di seguito. L’elaborazione della «tortura psicologica»

o «tortura bianca» è stata condotta da un programma della CIA negli

anni ‘50 e ‘60. Prima che fossero istituiti tra i metodi d’interrogatorio

dell’agenzia e altrove, alcuni esperimenti di privazione sensoriale

erano stati praticati su cavie umane, volontarie o meno. Queste tecniche

hanno permesso di mettere a punto tattiche di “modifiche del comportamento”

e di “azioni di molestia”. È soprattutto dalla guerra del Vietnam

che il suono diventa uno strumento di combattimento. L’episodio di

Noriega, nel 1989, nel corso del quale il generale panamense è stato

bombardato con musica hard rock dagli altoparlanti statunitensi,

completa l’avvio della pratica. In seguito, questa tecnica integra

in modo progressivo le missioni di polizia.

«Le bombe sonore sono meglio di

quelle vere», ha dichiarato il governo israeliano. Il suono è

un’arma “efficace” per la guerra e per il mantenimento dell’ordine?

I ricercatori e i militari si sono

interessati parecchio agli “effetti exta-uditivi” del suono: le

vibrazioni che il suono può produrre su altre parti del corpo, oltre

che sull’orecchio, o le difficoltà respiratorie e le leggere nausee

che può provocare a forte volume. In realtà, i dispositivi utilizzati

hanno essenzialmente degli effetti uditivi: sono efficaci perché sono

insopportabili (e pericolosi) per l’orecchio. Queste armi costituiscono

un atout considerabile: la miscela di fascino e di paura che

suscitano, largamente alimentata dall’assenza d’informazioni per

spiegarne il funzionamento. E per il potere, offrono una possibilità

in più nelle scelte tattiche e presentano il vantaggio di essere meno

facilmente criticabili rispetto all’armamento classico.

Le armi sonore sono spesso presentate

come “non letali”. È davvero così?

Sono state realizzate delle ricerche

per rendere il suono mortale. Dei ricercatori tedeschi si sono dati

da fare sotto il Terzo Reich, senza successo. Sara, la società più

emblematica che si occupa di questa ricerca negli Stati Uniti, ha inoltre

cercato di sviluppare un’arma modulabile, che potesse provocare degli

effetti che vanno dal semplice disturbo alla morte. Ma neppure Sara

c’è riuscita.

Gli studi indipendenti sulle armi acustiche

non negano la possibilità di uccidere per mezzo del suono, ma

sarebbe un metodo poco pratico e abbastanza aberrante da un punto di

vista militare o poliziesco. Ciò richiederebbe un dispositivo di grande

ampiezza e di una considerevole potenza acustica. Quindi, difficilmente

maneggevole e irrealistico per un utilizzo sul campo. Secondo la valutazione

condotta da un ricercatore, per far sì che un infrasuono controllabile

possa uccidere, bisognerebbe costruire una parabola di più di un kilometro

di diametro, con una potenza equivalente a quella del missile Saturno

V al momento del lancio! Quanto agli ultrasuoni, potrebbero diventare

mortali a un livello sonoro rilevante (180 dB) e a condizione che si

mantenga la persona nel campo ultrasonico per almeno 50 minuti. Il livello

sonoro di un’esplosione può diventare letale se raggiunge i 210 dB.

Non è di certo il caso dell’armamento classico attuale.

Il vero interesse militare del suono

non risiede nel suo potenziale letale: le armi acustiche sono efficaci

soprattutto sul piano psicologico e sul piano uditivo. L’utilizzo

del suono (o della sua assenza) come strumento di tortura e, in maniera

generale, le tecniche di privazione sensoriale, permettono di ottenere

la distruzione psichica di un/a detenuto/a molto più rapidamente e

più radicalmente. Uno psichiatra ha determinato che certi prigionieri

dell’IRA, sottomessi a queste tecniche nel 1971, erano diventati psicotici

dopo qualche ora.

Durante il Summit del G20 di

Pittsburgh, nel 2009, abbiamo visto come la polizia americana ha utilizzato

le armi

sonore contro

i manifestanti. Dove si colloca la Francia rispetto a questo tipo di

pratiche? Perché non c’è un dibattito pubblico?

L’ultimo Libro Bianco della Difesa

cita appena le tecnologie sonore, come strumenti di rivelazione. La

Francia ha sviluppato un savoir-faire per quanto riguarda le

granate paralizzanti, ma non ha utilizzato la ricerca e lo sviluppo

nel campo acustico. I dispositivi in uso provengono essenzialmente dagli

Stati Uniti o da Israele. Un giornalista, Hacène Belmessous, nel suo

libro “Opération

banlieues”, ha tuttavia

segnalato che la fanteria ha voluto far sperimentare ai soldati un’arma

israeliana già utilizzata nei territori occupati, lo Shophar, che emette delle frequenze medie a forti

livelli. Precisa anche che i soldati si sono opposti a causa dei rischi

legati all’udito e che la direzione generale dell’Esercito resta

scettica sulla capacità dei cittadini ad accettare questi dispositivi,

raccomandando, comunque, di seguire il dossier. In Francia non ci sono

molte informazioni disponibili.

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In questo contesto, le discussioni

sull’introduzione di un nuovo tipo di armi per il mantenimento dell’ordine

o sull’impatto uditivo di armi poco conosciute ma già utilizzate

(come le granate di disaccerchiamento, DMP) sono alquanto complicate.

E poi l’utilizzo del suono o della musica è minimizzato di continuo:

non sarebbe poi così grave perché si tratterebbe “solo” di suono.

Mentre è tutto fuorché irrilevante. Ciò ha un impatto sul nostro

modo di occupare lo spazio pubblico. L’associazione canadese per le

libertà civili (CCLA) ha sporto denuncia nel 2010 per impedire

che la polizia di Toronto usasse i LRAD contro i manifestanti

venuti per il G-20, affermando che certe persone non sarebbero andate

a manifestare a causa di questi dispositivi, temendo per il loro udito

e per quello dei loro bambini. Molto efficace come strategia di dispersione

anticipata della manifestazione! Ciò non ha portato al divieto dei

LRAD in Canada, ma ad un uso un po’ più controllato.

Dischi dei Metallica usati contro

i prigionieri, gadget ludici degni

di videogiochi. Perché il suono da guerra appare come un divertimento

?

Durante l’ultima guerra in Irak,

le Gis diffondevano il contenuto dei loro mp3. La musica serviva loro

sia per fare festa o rilassarsi, sia per molestare un intero quartiere

o torturare un prigioniero. I soldati si sono anche resi conto che il

rap o la musica metal erano le più suscettibili di urtare la sensibilità

culturale e religiosa dei detenuti, fossero essi combattenti o civili.

Sono stati utilizzati anche altri stili di musica che non rispecchiavano

i gusti musicali dei soldati, ma che erano considerati come potenzialmente

più efficaci per umiliare il prigioniero o per sfiancarlo: la posta

in gioco era trovare ciò che avrebbe funzionato sui detenuti, per riprendere

i termini di un ufficiale statunitense.

Questo è sintomatico di un movimento

di fondo, molto più antico e formalizzato: nella seconda metà

del XX secolo ci sono state sempre più comunicazioni tra l’industria

degli armamenti e quella dell’intrattenimento. Per esempio, il riciclaggio

di materiale militare per equipaggiare degli studi di registrazione,

o per richiedere delle consulenze ai fabbricanti di prodotti high-tech

per sviluppare altoparlanti da combattimento e, dagli anni 1980-1990,

gli scambi di personale e lo sviluppo di piattaforme di simulazione.

Queste permettono ai soldati di allenarsi con i giochi in rete o per

mezzo di ambienti ricostituiti, immergendosi «in condizioni reali».

All’università tecnico-scientifica del Missouri, da qualche tempo,

esiste un «ambiente d’immersione acustica», una sorta di teatro

sonoro in 3D per abituare i soldati al vero suono della guerra.

La tecnologia a scopi di sicurezza

sta diventando un mercato appetitoso. Dobbiamo aspettarci un uso personale

del suono – da parte delle imprese o dei privati

– secondo l’esempio del «Mosquito» o del «Beethoven», questa

cassa a ultrasuoni per cacciare i senza tetto, i giovani o le altre

persone non desiderate?

In Francia, per fortuna, c’è molta

esitazione, sia da parte dei cittadini che della classe politica. Un

privato aveva equipaggiato la sua abitazione con dei sistemi sonori,

ma il tribunale di Saint-Brieuc ha trattato il caso come un «anomalo

disturbo del vicinato» e un «inquinamento sonoro per tutti».

In certi paesi, come in Gran Bretagna, il Mosquito è usato nei trasporti

pubblici, nelle scuole e nei negozi. Alcuni universitari, specialisti

in armi non letali, allertano sul rischio di proliferazione di queste

armi, il cui utilizzo è sempre più frequente verso i crimini (il

Taser ad esempio) e per la tortura. Vista l’assenza di regolamentazione

specifica e di un buon numero di studi indipendenti sull’uso di questi

dispositivi, coloro che li fabbricano ne vantano contemporaneamente

l’efficacia immediata e l’inoffensività a lungo termine, e alcuni

di questi marchingegni, come il Mosquito, sono in vendita libera.

Di fronte ai LRAD, agli altoparlanti,

alle granate flash-bang, lei mostra che la fuga, o anche il solo tentativo,

è spesso impossibile. Esiste un modo per resistere all’arma sonora?

Esisterà. L’uso di questa tecnologia

nelle manifestazioni è troppo recente e non si è ancora avuto il tempo

di pensare a come contrastarla. I tappi per le orecchie (le sfere

Quiès) o i caschi anti rumore non servono a granché. Bisogna fuoriuscire

dalla zona di emissione del suono. Ma è necessario chiedersi che cosa

implica questo tipo di dispositivo nei termini di organizzazione collettiva

e di occupazione dello spazio pubblico. La gestione degli spostamenti

e dei comportamenti tramite il suono esige che lo spazio pubblico non

sia più un luogo di mescolanza, di passeggio o di rivendicazione, ma

una zona uniforme, politicamente asettica, di consumo e di flusso.

Lo spazio sonoro di una manifestazione

coincide con un allarme stridente e con le granate assordanti che creano

il vuoto intorno? Oppure con dei canti, degli appelli, delle fanfare,

dei suoni che uniscono il collettivo e lo rendono forte? Lo spazio sonoro

del centro città è una musica ambientale che calma tutti con frequenze

sonore che allontanano i giovani? O performance improvvise, discussioni

aperte, musicisti di strada, una gioiosa mescolanza di mille attività

? Sta a noi decidere!

Propositi raccolti da Ludo Simbille

Da leggere: Il suono some arma. Gli

utilizzi polizieschi e militari del suono, edizioni La Deécouverte,

settembre 2011, 16 euro

Juliette Volcler è giornalista per CQFD, Article XI e per le radio Fréquence Paris Plurielle e Radio Galère a Marsiglia.

**********************************************

Fonte: Quand le son et la musique deviennent des armes de maintien de l’ordre

10.10.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di FRANCESCA B.

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