DI STEPHEN LENDMAN
Global Research
Nei suoi ultimi anni, Yasser Arafat è diventato un uomo assediato. Nel Dicembre 2001 le Israeli Defense Forces (IDF) [l’ esercito israeliano, ndt] hanno circondato il suo quartier generale di Ramallah, distruggendone la maggior parte, e lì lo hanno tenuto virtualmente prigioniero fino a farlo ammalare abbastanza seriamente da costringerlo, nell’Ottobre 2004, a volare a Parigi per delle cure che vennero offerte troppo tardi per salvarlo. Durante questo periodo, Arafat temette per la sua vita affermando apertamente di credere che il Primo Ministro israeliano Ariel Sharon intendesse ucciderlo. Questo articolo dimostra che le sue paure erano fondate, e sebbene la pistola fumante non sia ancora emersa, le prove presentate qui di seguito arrivano molto vicino a indicare che Yasser Arafat non è morto per cause naturali e che molto probabilmente è stato vittima di un avvelenamento.
La prova più schiacciante è ciò che è stato rivelato da Uri Dan, da lungo tempo confidente di Sharon e recentemente deceduto, che ha pubblicato in Francia un libro che avrebbe potuto essere il suo libro del 2006 intitolato “Ariel Sharon: An Intimate Portrait” [“Ariel Sharon: un ritratto intimo”, ndt] nel quale accusa l’ex primo ministro di avere assassinato il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) Yasser Arafat avvelenandolo. Dan affermò che Sharon ricevette l’approvazione di George Bush per telefono all’inizio del 2004 per procedere con il suo piano dopo avere detto al presidente USA di non essere più disposto a impegnarsi a “non” liquidare il leader palestinese che allora era assediato e praticamente imprigionato in ciò che rimaneva del suo complesso di Ramallah, la maggior parte del quale era già stato distrutto dagli Israeliani in un illegale atto punitivo nei suoi confronti.In quel periodo l’amministrazione Bush divenne disillusa nei confronti di Yasser Arafat indicando chiaramente di voler rimuovere e sostituire il leader palestinese, evitando appena di approvare apertamente il suo omicidio. Ma nessuno che ricordi i trascorsi di Geroge Bush da governatore del Texas dovrebbe dubitare che questo sarebbe stato il suo metodo preferito. Allora autorizzò più esecuzioni di prigionieri nei bracci della morte di qualunque altro governatore USA nella storia e fu soprannominato da alcuni “the Texecutioner” [da “Texas” e “executioner”, boia, ndt]. E se l’ostentazione di Ariel Sharon che dice “Abbiamo il presidente USA sotto il nostro controllo” è credibile, il che è molto probabile, c’è una ragione anche più forte per credere che abbia avuto l’approvazione diretta dal presidente USA per uccidere Yasser Arafat e che quindi abbia ordinato che venisse fatto.
Arafat è morto a Parigi l’11 Novembre 2004 all’età di 75 anni. Era stato portato lì il 29 Ottobre di quell’anno e quindi ricoverato per curare una malattia non diagnosticata che iniziò a svilupparsi in Aprile e divenne seria abbastanza da richiedere un’assistenza speciale. Potrebbe essere stato già troppo tardi quando arrivò, dato che entrò in coma il 3 Novembre e rimase in quello stato fino alla sua morte, otto giorni dopo quelle che furono spiegate allora come complicazioni di un disturbo del sangue illustrato in grande dettaglio in un rapporto di 558 pagine sulla sua malattia finale preparato dai suoi medici francesi.
Descrissero un disturbo complesso che chiamarono “coagulazione disseminata intravascolare” [disseminated intravascular coagulation (DIC)] causato da un tumori maligni e infezioni. Dissero che i suoi vasi sanguigni erano ostruiti da piccoli grumi che davano fondo alle piastrine e ad altri fattori di coagulazione necessari al controllo delle perdite di sangue e che potevano risultare in emorragie e morte. Inoltre affermarono che il DIC è una condizione secondaria, intendendo che pensavano che la vera causa della malattia e della morte di Arafat fosse qualcos’altro sulle cui ragioni non avevano la minima idea.
[Una delle ultime apparizioni pubbliche di Yasser Arafat]
Come minimo questo giudizio sembra completamente strano e fuori dal normale specialmente per un uomo della prominenza di Arafat. Egli potrebbe essere stato vittima di un veleno dall’azione lenta e progressivamente sempre più difficile da rilevare somministratogli in qualche modo dentro il suo complesso in Cisgiordania e per il quale non era possibile alcuna cura almeno finché il leader palestinese non arrivò a Parigi. Ma nulla è stato fatto per provarlo definitivamente, come conferma il medico personale di Arafat per oltre 25 anni, il dottor Ashraf Al Kurdi, spiegando che il suo successore alla presidenza dell’ANP, Mahmoud Abbas [Abu Mazen, ndt], si è rifiutato di permettere l’autopsia. Ha detto: “Loro non volevano che venisse eseguita. Quando parlavi loro di autopsia diventavano isterici. Lui (Abbas) diceva che ciò avrebbe incrinato i rapporti con la Francia”.
Il dottor Kurdi, in un’intervista successiva, definì questo “stupido”, disse di non credere che ciò avrebbe potuto turbare i Francesi, e che in Giordania le autopsie sui casi potenzialmente criminali sono obbligatorie per determinare la causa della morte. Data la forte possibilità che Arafat sia stato avvelenato, i medici francesi quasi certamente avrebbero anche potuto sperare di condurne una, se non scoraggiati, ma se questa fosse stata effettuata avrebbe potuto essere molto inopportuna per le relazioni con Israele e gli USA, e può darsi che Mahmoud Abbas abbia ricevuto ordini perentori di partecipare ad un insabbiamento.
Ciò è molto probabile considerata la passata disponibilità di quest’uomo ad assecondare la politica di Israele, nonché il suo attuale stretto legame con il Primo Ministro Ehud Olmert nell’opporsi al governo democraticamente eletto di Hamas che gli Israeliani hanno più volte tentato di distruggere. È chiaro che un’autopsia per determinare la causa della morte di Arafat era garantita, e se fosse stata fatta ciò non sarebbe stato contrario alla legge islamica che permette le autopsie purché vengano effettuate con grande rispetto per il defunto ed il più presto possibile dopo la morte, dato che i Musulmani desiderano seppellire i morti velocemente per evitare il bisogno di imbalsamare o disturbare la salma in altre maniere, quando non necessario.
Arafat è morto l’11 Novembre 2004 ed è stato seppellito il 12 Novembre accanto al suo complesso distrutto di Ramallah con il fuoco cerimoniale dei fucili in aria e uno sfogo di dolore dalla folla presente che ha portato ad una sepoltura frettolosa in disaccordo con i riti religiosi islamici. Ciò ha disturbato la massima autorità religiosa palestinese, Sheikh Taissir Tamimi, abbastanza da dissotterrare la bara per la risepoltura del 13 Novembre, stavolta fatta correttamente.
Nell’Aprile 2005, il dottor Al Kurdi fu intervistato da MiddleEast.org rispondendo a domande riguardanti quello che fu definito “l’omicidio segreto” di Yasser Arafat. il dottor Kurdi affermò che: “Se qualcuno (di fede islamica) muore per cause ignote, è necessario fare un’autopsia – necessario. Conoscono i regolamenti. Qui in Giordania, alcuni cadaveri sono stati riesumati in caso di delitti… . Sospetto che Arafat sia morto di un ‘veleno mortale’… . La morte è stata causata da questo”.
C’erano voci, al tempo in cui è morto, che la causa fosse l’AIDS, ma il dottor Kurdi ha detto di aver eseguito diversi test HIV su Arafat, l’ultimo sei mesi prima della morte, e nessuno è risultato positivo. Ha anche confermato che il leader palestinese non aveva problemi di salute di vecchia data oltre ad un tumore benigno che si manifestava con un tremore alle labbra e alle mani. Non aveva il morbo di Parkinson. Il dottor Kurdi ha affermato anche che i cambiamenti delle sue condizioni psichiche e fisiche successivi al suo quasi fatale incidente aereo in Libia nel 1992 non hanno dato luogo ad alcuna complicazione e non hanno avuto influenza sulla malattia causa della sua morte.
Il dottor Kurdi ha indicato di aver visto Arafat sedici giorni dopo che si era ammalato e poco prima che i Giordani lo portassero in elicottero ad Amman dove i Francesi mandarono un aereo per portarlo a Parigi. Non è stato chiamato prima per le rigide istruzioni date ai leader dell’ANP dalla moglie di Arafat, Suha, ma quando finalmente fu convocato era lì con un gruppo di medici egiziani, tunisini e palestinesi con se. Quella volta notò quelli che credette essere i sintomi di un avvelenamento che si manifestava in una chiazza rossastra sul suo viso e nel colore giallo metallico della sua pelle. Il dottor Kurdi ha detto che l’ultima volta che ha visto Yasser Arafat vivo ad Amman prima che venisse portato a Parigi, aveva perso metà del proprio peso corporeo e di nuovo il rossastro copriva la sua faccia ed il suo colore era giallo metallico. Allora e prima a Ramallah, Arafat disse che pensava di essere stato avvelenato e di stare per morire.
La sua malattia e la sua morte avrebbero dovuto sollevare anche più sospetti dato che 14 mesi prima (ironicamente l’11 Settembre 2003) il gabinetto di sicurezza di Israele decise di “rimuovere” il leader palestinese usando un linguaggio deliberatamente vago intendendo o l’espulsione o l’omicidio. Sfacciatamente Ehud Olmert (allora vice primo ministro di Israele) andò dicendo pubblicamente alla radio israeliana dopo la decisione del gabinetto: “La domanda è – Come dobbiamo farlo (cioè rimuoverlo)? L’espulsione è certamente una delle opzioni, così come l’omicidio”.
Successivamente a questi eventi, migliaia di Palestinesi si riorganizzarono a sostegno del loro leader fuori dal complesso dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) di Ramallah dove Arafat era stato trattenuto in virtuale cattività per i precedenti 18 mesi, molti offrendosi come scudi umani, inclusa una delegazione del Gush-Shalom peace bloc ed il suo ben noto attivista pacifista Uri Avnery che disse: “Voglio espormi al rischio e servire da scudo umano… per contrastare… l’intenzione di Sharon di assassinare Arafat… così molti dei miei compagni pacifisti israeliani”.
Ad un certo punto Arafat si rivolse alla folla dicendo: “… anche se il regime terrorista di Sharon (prima che l’inizio del suo coma indotto da ictus lo menomasse) dovesse realizzare il suo proposito di deportarmi o di assassinarmi, il popolo palestinese continuerà, anche più forte, la lotta per la liberazione nazionale e per l’indipendenza”. Per un po’, il leader palestinese fu sostenuto da molti governanti che denunciavano la chiara intenzione da parte del governo israeliano di ucciderlo, considerandola un’indecente violazione del diritto internazionale resa anche più evidente dal fatto che le Israeli Defence Forces (IDF) avevano già distrutto la maggior parte del suo complesso e lo stavano tenendo sotto assedio.
La lunga e scomoda storia israeliana di omicidi mirati
Ai bene informati sulla storia di Israele da quando diventò uno stato nel 1948 e prima ancora, la rivelazione che Yasser Arafat era stato preso di mira per essere eliminato, se vera, non dovrebbe apparire sorprendente. Tutti i governi di Israele hanno condotto una lunga e sconvolgente serie di omicidi mirati in Israele e all’estero, utilizzati contro tutte le persone sospettate di essere una minaccia per lo stato ebraico. A partire dai suoi primi giorni come primo ministro e presidente dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) nel 1969, Arafat si trasformò in nemico e poi in alleato o di nuovo in nemico sotto vari governi israeliani a seconda della sua disponibilità di negare i diritti alla sua gente e di giurare fedeltà all’autorità israeliana come fece (e con lui Mahmoud Abbas) sottoscrivendo gli accordi di Oslo, o la Dichiarazione dei Principi (DOP), firmata durante una cerimonia alla Casa Bianca nel Settembre 1993.
Ciò fu un patto col diavolo, un vergognoso atto di resa, che diede ad Israele ciò che voleva e ad Arafat e i suoi compagni un “pass via-da-Tunisi-gratis” (dove trovarono rifugio quando cacciati dal Libano dopo l’invasione israeliana del 1982) per ritornare ai territori palestinesi occupati dove si prestò a servire Israele come alleato contro la sua stessa gente. Come sempre era stato ed a partire da allora, i Palestinesi non ebbero altro che il diritto di vedere le loro terre rubate e le loro vite impoverite con l’aiuto e la doppiezza del loro stesso leader e con lui dei suoi complici (come Abbas) nel suo governo guidato da Fatah.
Prolungarono questa situazione fino allo scoppio della Intifada della Moschea di al-Aqsa (o Seconda Intifada) il 28 Settembre 2000 successiva alla visita provocatoria di Ariel Sharon a ciò che i musulmani chiamano il Nobile Santuario [la spianata delle moschee, ndt] nella Gerusalemme est occupata. Questa andò avanti senza perdere intensità fino e oltre la morte di Arafat e portò alla elezione democratica del governo di Hamas nel Gennaio 2006.
Stanco del corrotto partito Fatah sotto Arafat (adesso sotto il Presidente palestinese e da lungo tempo fedele servo di Israele Mahmoud Abbas), il popolo palestinese, sofferente da tempo, li ha votati [Hamas, ndt] in elezioni che l’amministrazione Bush e quella israeliana pensavano di aver “sistemato” abbastanza adeguatamente per assicurare che il loro partito fantoccio rimanesse al potere salvo poi apprendere con sgomento che le cose non andarono così. Non andò neanche come speravano i Palestinesi dato che Israele e gli USA, con la complicità e il silenzio dell’Occidente, fecero terra bruciata attorno ad un popolo senza difese attraverso invasioni, attacchi quotidiani con armi sofisticate e potenti (fornite da Washington a spese dei contribuenti USA), omicidi mirati e altre uccisioni quotidiane, arresti di massa e incarcerazioni, una strategia sistemica di torture, di distruzione di proprietà, e di negazione dei più basilari diritti e servizi essenziali per la vita e la sopravvivenza. E questo senza contare tutto ciò che le Israeli Defense Forces (IDF) hanno fatto al popolo libanese durante l’estate, che richiederà come minimo molti anni per recuperare, ammesso che Israele permetta che succeda.
Nonostante tutto, i coraggiosi Palestinesi continuano a battersi quotidianamente per la propria libertà e per il diritto di essere trattati come esseri umani che vivono in pace nella propria terra – contro le più grandi ingiustizie e virtualmente senza supporto dall’esterno o alcun segno di preoccupazione circa la loro disperata condizione neanche da dentro il mondo arabo.
Se Ariel Sharon avesse ucciso Yasser Arafat ciò non dovrebbe sorprendere nessuno e inoltre, anche se fosse dimostrato oltre ogni dubbio, non sarebbe mai riportato dai media USA controllati dalle corporation neanche se ciò facesse notizia in Israele, il che sarebbe possibile in un paese che permetta più libertà di stampa rispetto al blocco totale di questa nella “terra delle libertà e casa degli impavidi”, in cui non è permessa alcuna libertà di stampa attraverso le fonti dominanti di notizie e informazioni, ma piuttosto solo tramite le fonti alternative come quella attraverso la quale i lettori stanno adesso ricevendo questo rapporto.
Mentre aspettiamo il nuovo anno con il 110° Congresso che si riunirà il 4 Gennaio, questo è uno dei tanti temi su cui riflettere e su cui chiederci come potremmo fare la nostra parte.
Stephen Lendman vive a Chicago a può essere contattato a [email protected] .
Visitate anche il suo blog su www.sjlendman.blogspot.com
Stephen Lendman
Fonte: http://www.globalresearch.ca/
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03.01.2007
Traduzione di Stimiato per www.comedonchisciotte.org