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La Redazione

 

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PREZZI DEL PETROLIO E RECESSIONE

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A cura di supervice
Il 13 Giugno 2011
65 Views

DI EUAN MEARNS
The Oil Drum

Negli ultimi cinquanta anni, quando il prezzo
del petrolio è schizzato in alto, ha sempre causato inflazione o, nel caso
che sia rimasto vicino a una media annuale di 100 dollari, si è sempre verificata una recessione in molti paesi dell’OCSE (vedi, ad esempio, il Regno Unito più in basso). Al 24 maggio del 2001, la media annuale corrente per il Brent era di 91,33 dollari.

Le domande fondamentali sono: 1) l’economia mondiale è riuscita ad adattarsi a prezzi più alti per l’energia rispetto al picco del prezzo; oppure 2) l’economia mondiale è più vulnerabile agli altri prezzi dell’energia?
Con il debito USA al suo tetto legale,

con il QE2 che dovrà estinguersi alla fine di giugno, la crisi

del debito dei paesi PIGS che si sta acuendo in Europa, l’inflazione

dei beni di consumo che sta prendendo piede nel Regno Unito e in altri

paesi e i profondi tagli alla spese che colpiscono i paesi OCSE, ci

attende sicuramente un periodo di grosse incertezze.

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Figura 1 I prezzi del

Brent è in rosso e la media annuale è tracciata in blu. Seguendo la traiettoria

corrente la media annuale raggiungerà quest’inverno i 100 dollari al barile.

Il massimo raggiunto di recente è il nuovo picco della quotazione del petrolio? O l’economia globale

si è adattata a prezzi più alti per l’energia? I dati giornalieri del prezzo del petrolio sono desunti dalla EIA.

Gli eventi globali si sono estremamente

velocizzati nella prima metà del 2011 ed è stato difficile stare al passo. Tra le conseguenze dei terremoti, lo tsunami e il meltdown in Giappone, la “Primavera Araba”, la guerra in Libia e l’assassinio di Osama bin Laden, anche i prezzi del petrolio sono saliti da 80 a più di 120 dollari al barile.

La risposta politica a tutto questo,

almeno in Gran Bretagna, è stata muta a pensare bene, straordinariamente

stupida a pensare male (vedi sotto). Molti commentatori del settore

energetico hanno ancora ricordi freschi del crash finanziario

del 2008. È oramai chiaro che per promuovere la crescita economica

sono necessarie sempre maggiori forniture di energia a basso prezzo.

Quando queste forniture diventano scarse e la domanda cresce più dell’offerta,

la risposta economica è quella dell’innalzamento dei prezzi, che

promuove sia la crescita economica (con un spostamento temporale in

avanti), ma comprime anche la domanda, causando una recessione. La pressione

della crisi ha due facce. La prima, i consumatori che spendono più

in combustibili liquidi e in energia per le abitazioni hanno meno da

spere per tutto il resto. La seconda, gli altri prezzi dell’energia

scatenano l’inflazione che, in un monto monetario, deve essere contenuta

alzando i tassi d’interesse.

Le cause della crisi del 2008 sono

complesse, con la “contrazione del credito” che ha il posto

più rilevante e il ruolo degli alti prezzi dell’energia che

hanno contenuto le aspettative dell’élite politica riguardo le economie

mondiali. Jeff

Rubin, in un discorso a ASPO 9,

ha fornito uno sguardo laconico del ruolo svolto dagli alti prezzi del

petrolio nel crash del 2008.

Il diagramma qua sotto mostra la correlazione

tra gli alti prezzi del petrolio e la recessione nel Regno Unito. Molti

altri hanno prodotto versioni di questo grafico che variano da paese

a paese. Negli ultimi 50 anni la Gran Bretagna ha sperimentato quattro

grandi recessioni: tre sono collegate a shock petroliferi (in

blu), la quarta da uno stress causato da un tentativo di minare l’unione

monetaria europea (in marrone).

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Figura 2 La crescita

del PIL e la media annuale dei prezzi del petrolio nel Regno Unito.

Gli shock petroliferi del 1973, del 1979 e del 2008 sono sempre stati

seguiti da una recessione (le strisce blu). La recessione del 2008-2009

è stata particolarmente acuta perché è stata spinta dagli alti prezzi

dell’energia e dal collasso del sistema bancario. La quarta recessione

(in marrone) fu causato da un tentativo del Regno Unito to pin il tasso

di cambio della sterlina inglese al marco tedesco. E questa

è una lezione per l’Europa che vale anche oggi! I prezzi

annuali del petrolio sono stati rilevati da dati dell’”Analisi Statistica

dell’Energia Mondiale” stilata da BP, mentre i dati sul PIL del

Regno Unito dall’Office

of National Statistics.

Dove andranno i prezzi del petrolio?

È impossibile prevedere il prezzo

del petrolio. In un recente studio su Global Commodity Watch,

Goldman Sachs (GS) ha innalzato la sua previsione per il prezzo del

petrolio a 12 mesi a i 130 dollari al barile e a 140 per la fine del

2012. Prevedono anche un aumento della produzione del petrolio fino

a 91 milioni di barili al giorno per la fine del 2012. GS crede con

forza che l’economia mondiale si è ormai adattata agli alti prezzi

dell’energia e che non ci siano problemi nell’espandere la capacità

produttiva.

Se la storia insegna qualcosa, con

la media annuale del Brent che ha raggiunto i 91,33 dollari sulla strada

per arrivare ai 100 quest’inverno, allora la seconda recessione collegata

ai prezzi del petrolio è alle porte.

La risposta della politica

La risposta politica nel Regno Unito

a questa catastrofe potenziale è stata deprecabile. Nel 2008 il

Regno Unito ha approvato il Climate

Change Act impegnando

il suo paese a ridurre le emissioni di CO2 di almeno l’80% per il

2050. Questa disposizione ora farà da guida a tutte le iniziative in

materia energetica. Nel 2010 abbiamo avuto le elezioni nazionali, con

un Parlamento bloccato e un’improbabile alleanza dei Conservatori

e dei Liberaldemocratici che sta guidando il paese, con la promessa

di essere Il Governo Più Verde mai avuto.

Nel suo ultimo bilancio il Ministro

delle Finanze, George Osborne, ha cancellato un incremento già pianificato

delle accise sui carburanti e ha al contrario aumentato le tasse in

modo significativo sulla produzione del Mare del Nord. Il budget

perciò promuove gli incrementi di consumo di energia mentre penalizza

la produzione diretta dell’energia, l’esatto opposto di quello che

il Regno Unito avrebbe bisogno.

Cosa ha guidato una così penosa

politica energetica?

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Figura 3 Una

slide da una mia recente presentazione

a ASPO9 tenuta a Bruxelles.

Il diagramma alla sinistra mostra i consumi primari di energia nel Regno

Unito che sono in caduta con un grosso divario tra produzione e consumo.

Mi sembra ovvio che il Regno Unito dovrebbe fare qualsiasi cosa per

massimizzare la produzione primaria interna di energia e al tempo stesso

di ridurre il consumo. La conseguenza del non far nulla è quella di

avere un pesante impatto sulla bilancia

commerciale del Regno

Unito (in basso a sinistra) che porta poi ad ancora maggiori squilibri

finanziari che, assieme allo scarsità di energia a basso prezzo, sono

alla base della crisi dell’economia globale.

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Figura 4 Il

budget di George Osborne provocherà un declino accelerato nella

produzione di gas e del petrolio nel Mare del Nord con le conseguenze

descritte nella slide.
La presentazione a ASPO9 tenuta a Bruxelles

Soluzioni

Non ci sono soluzioni semplici alla

crisi globale dell’energia a basso costo, con il numero sempre maggiore,

di pari passo alle aspettative, della popolazione mondiale e i problemi

specifici per il Regno Unito dovuti alla contrazione della produzione

interna di energia. Non sono convinto che focalizzarsi sulle emissioni

di CO2 nel 2050 sia il modo migliore per spazzare via i rischi palesi

dati dai prezzi alti dell’energia che una gran parte della popolazione

non si potrà permettere.

Deve essere abbastanza chiaro che il

governo del Regno Unito deve fare di tutto per promuovere la produzione

locale di energia e questo potrebbe significare sostenere le compagnie

produttrici di petrolio e di gas e quelle nucleari per “produrre”

più energia. Allo stesso tempo dobbiamo individuare modi per usare

meno energia pro capite mentre nel frattempo va mantenuto un certo livello

del PIL per permettere servizi essenziali, come la salute e l’educazione.

Il governo deve sicuramente capire che innalzare i prezzi dell’energia,

che portano a una recessione, non è il sistema ideale per tagliare

l’uso dell’energia.

************************************************

Fonte: http://www.theoildrum.com/node/7977#more

01.06.2011

Traduzione per www.comedonchischotte.org a cura di SUPERVICE

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