PRENDETE LA STRADA DELLA RIVOLUZIONE!

DONA A COMEDONCHISCIOTTE.ORG PER SOSTENERE UN'INFORMAZIONE LIBERA E INDIPENDENTE:
PAYPAL: Clicca qui

STRIPE: Clicca qui

In alternativa, è possibile effettuare un bonifico bancario (SEPA) utilizzando il nostro conto
Titolare del conto: Come Don Chisciotte
IBAN: BE41 9674 3446 7410
BIC: TRWIBEB1XXX
Causale: Raccolta fondi

blankDI MICHAEL HARDT
The Guardian

Per quasi un secolo gli USA sono stati la principale forza controrivoluzionaria al mondo. Come avrebbe detto Thomas Jefferson, è tempo di ribellarsi

Non può che sembrare strano discutere di Thomas Jefferson, che occupa una posizione così centrale nel pantheon nazionale USA, come figura dal moderno pensiero rivoluzionario. Per quasi un secolo, dopo tutto, il governo degli Stati Uniti si è comportato da maggiore forza controrivoluzionaria al mondo, combattendo per sopprimere movimenti rivoluzionari, complottando apertamente per rovesciare governi rivoluzionari che avevano avuto successo e appoggiando forze controrivoluzionarie surrogate in paesi di tutto il mondo.

Le tradizioni politiche nazionali, però, non sono fatte tutte della stessa stoffa ma piuttosto contengono qualche volta delle sorprendenti divergenze e contraddizioni. L’attuale vocazione anti-rivoluzionaria degli Stati Uniti, infatti, rende ancora più interessante il trovare il pensiero di un rivoluzionario come Jefferson al suo centro. Leggendo alcuni degli scritti più radicali di Jefferson è difficile non rimanere colpiti dalla grande distanza che separa il suo pensiero da quello degli attuali Stati Uniti, la loro ideologia, la loro costituzione, il loro sistema politico e la cultura. Dopo questa iniziale sorpresa dovuta al fatto che il pensiero di Jefferson appartiene alla tradizione rivoluzionaria, dovremmo riconoscere come esso abbia ancora degli importanti contributi da dare e possa aiutarci ad andare oltre alcuni degli ostacoli principali al pensare oggi la rivoluzione.

Le dichiarazioni di indipendenza di Jefferson attraverso tutta la sua vita non solo segnano la separazione delle colonie dal potere coloniale ma anche, cosa più importante, cercano di mantenere viva la ricerca della libertà all’interno della società–volte a pensare come il processo rivoluzionario possa continuare indefinitamente, a come quella che le rivoluzioni del diciottesimo secolo definivano “felicità pubblica” possa essere istituita al governo, infine come possano essere realizzati l’autogoverno e la democrazia.


[Michael Hardt con Toni Negri, con cui ha scritto il celebre saggio “Impero” (BUR)]

Come tutti i grandi pensatori rivoluzionari, Jefferson capisce bene che l’evento rivoluzionario, la rottura con il passato e la distruzione del vecchio regime, non sono la fine della rivoluzione ma in realtà solo un inizio. L’evento apre un periodo di transizione che mira alla realizzazione degli scopi della rivoluzione. Il concetto di transizione, però, è oggi un ostacolo fondamentale su cui inciampano la pratica e il pensiero rivoluzionario. I mezzi (spesso autoritari) impiegati durante le transizioni rivoluzionarie entrano frequentemente in conflitto, e persino contraddicono, i fini (democratici) desiderati; inoltre queste transizioni non sembrano mai arrivare ad una fine. Coloro che intraprendono il lungo viaggio attraverso il deserto finiscono per perdersi completamente senza arrivare vicini alla terra promessa, e il leader con il grande bastone inizia a sembrare tanto un vecchio faraone.

Infatti ogni volta che i rivoluzionari iniziano a parlarvi oggi di “transizione” dovete stare ben attenti: probabilmente stanno cercando di imporvi qualcuno. Il pensiero di Jefferson, però, pone un nuovo concetto di transizione, che può aiutare a far superare al pensiero rivoluzionario i suoi attuali ostacoli. Egli provocatoriamente mette assieme, da un lato, costituzione e ribellione e, dall’altro, transizione e democrazia. Il lavoro della rivoluzione deve continuare incessantemente, riaprendo periodicamente il processo costituente, la popolazione deve essere allenata alla democrazia attraverso le pratiche della democrazia.

La prima chiave per comprendere la nozione jeffersoniana di transizione è riconoscere la continua e dinamica relazione che egli pone tra ribellione e costituzione o, piuttosto, tra rivoluzione e governo. Una visione convenzionale di rivoluzione concepisce questi termini in una sequenza temporale: la ribellione è necessaria a rovesciare il vecchio regime, ma quando esso cade e il nuovo governo viene formato la ribellione deve cessare.

In contrasto con questa visione Jefferson insiste sulla virtù e la necessità della periodica ribellione-persino contro il governo appena formato. I processi del potere costituente devono continuamente distruggere e far aprire l’establishment del potere costituito.

“Lo spirito della resistenza al governo è di tale valore in certe occasioni che io spero venga tenuto sempre vivo. Verrà spesso esercitato erroneamente, ma è meglio così piuttosto che non venga esercitato affatto. Mi piace una piccola ribellione ogni tanto. È come una tempesta nell’atmosfera.”

Egli sostiene che la ribellione contro il governo è tanto giusta che non solo deve essere tollerata ma persino incoraggiata.

La ribellione non riguarda solo il correggere gli errori commessi dal governo e perciò non ha valore solo se la sua causa è giusta; essa ha un valore intrinseco indipendentemente dalla correttezza delle sue lamentele e dei suoi scopi specifici. Una ribellione periodica è necessaria per garantire la salute di una società e preservare la libertà pubblica. “Dio non voglia mai che si rimanga vent’anni senza una tale ribellione”, scrive Jefferson. Secondo Jefferson la ribellione non dovrebbe diventare la nostra condizione costante; piuttosto deve eternamente ritornare. Secondo i miei calcoli siamo rimasti con molti arretrati.

Michael Hardt è un teorico letterario e filosofo politico. Egli è professore associato di Literature and Romance Studies alla Duke University, USA, i suoi recenti scritti riguardano in primo luogo gli aspetti politici, legali, economici e sociali della globalizzazione. Egli ha scritto diversi libri, compreso “Empire”, noto in tutto il mondo. La sua opera più recente è una nuova edizione della Dichiarazione di Indipendenza di Thomas Jefferson(2007).

© Guardian News and Media Limited 2007.

Titolo originale: “Take the Revolutionary Road”

Fonte: http://commentisfree.guardian.co.uk/
Link
05.07.2007

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da ALCENERO

ISCRIVETEVI AI NOSTRI CANALI
CANALE YOUTUBE: https://www.youtube.com/@ComeDonChisciotte2003
CANALE RUMBLE: https://rumble.com/user/comedonchisciotte
CANALE ODYSEE: https://odysee.com/@ComeDonChisciotte2003

CANALI UFFICIALI TELEGRAM:
Principale - https://t.me/comedonchisciotteorg
Notizie - https://t.me/comedonchisciotte_notizie
Salute - https://t.me/CDCPiuSalute
Video - https://t.me/comedonchisciotte_video

CANALE UFFICIALE WHATSAPP:
Principale - ComeDonChisciotte.org

Potrebbe piacerti anche
Notifica di
0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments
0
È il momento di condividere le tue opinionix