DI FRANCO SOLDANI
Faremondo
Pubblichiamo in anteprima la Prefazione del nuovo libro di Franco Soldani “Il porto delle nebbie”, casa editrice Faremondo Edizioni. Questa casa editrice appena nata fa riferimento alla associazione culturale Faremondo, che da tempo si distingue, tra le altre cose, per le sue inziative in favore della diffusione della verità sull’11 Settembre
La convinzione che il mondo sia profondamente cambiato dopo l’11 settembre 2001, è ormai “conventional wisdom”, come amano dire gli economisti, presso l’opinione pubblica internazionale e persino per la comunità accademica dell’intero Occidente. Nondimeno, come tutte le “saggezze convenzionali” anche quella in causa è invece sostanzialmente falsa nella specifica accezione in cui è largamente diffusa e viene ritenuta fondamentalmente vera. Tuttavia, diversamente da altre verità fabbricate ad arte, la convinzione in oggetto è illusoria non perché non sia reale, bensì perché non è quello che si vorrebbe far credere. Il mondo odierno, in altre parole, è in effetti intimamente mutato rispetto al passato, ma per ragioni altrettanto essenzialmente differenti da quelle di solito additate.Quella data, in effetti, non è affatto uno spartiacque tra epoche diplomatiche differenti della storia più recente del pianeta, né una sorta di segnavia politico tra diversi orientamenti dell’ amministrazione statunitense rispetto alle relazioni internazionali, come se l’apparente multilateralismo e il fittizio approccio cooperativo dei democratici ai problemi fossero stati sostituiti dall’aggressivo decisionismo militare e politico – illegale e sovversivo, si noti la cosa, dal punto di vista della stessa Costituzione statunitense e dell’ordinamento giuridico internazionale (duplice violazione che del resto comincia sin dagli anni ’50 del Novecento) – dell’attuale governo Bush. Niente di tutto questo. La sua natura è invece enormemente più sottile e complessa. Del resto, a voler essere rigorosi, nemmeno si può dire che gli eventi di New York e di Washington abbiano avuto origine quel fatidico giorno. Se li consideriamo infatti la punta di un iceberg, quello che conta nel loro drammatico affiorare alla luce del sole è spiegare a causa di che cosa siano emersi.
Si può in effetti dire che l’11 settembre nasce perlomeno agli inizi degli anni ’80 con Ronald Reagan e la fine della “Cold War Era”, e si perfeziona in crescendo infine nel corso dello stesso decennio. Giunge in ultimo al suo culmine al momento della dissoluzione ufficiale dell’Unione Sovietica (formalmente nel 1991), non appena le classi dirigenti degli Stati Uniti decidono di riempire il vuoto creato dal tramonto dell’URSS con il nuovo ruolo geopolitico globale della potenza USA. Cosa che potranno fare solo tramite un crescente “military spending”, in linea tra l’altro con tutta la tradizione precedente, almeno dal conflitto coreano (1951) in poi. Non è certo un caso che gli Stati Uniti fossero “già ben preparati per una guerra quando Bush Jr. prese pieno possesso delle sue funzioni”. A ben vedere le cose, d’altro canto, a sua volta tale decisione cruciale possiede le sue radici più profonde nell’unilateralismo economico-finanziario susseguente al collasso di Bretton Woods, non appena il capitale finanziario statunitense sceglierà di fondare il suo dominio di lunga durata sia sull’uso permanente e universale del dollaro come “riserva valutaria internazionale [world’s reserve currency]”, sia sulla voluta e pianificata impennata dei prezzi del petrolio agli inizi degli anni ’70 del Novecento (cresciuti del 400% nel periodo compreso tra l’ottobre 1973 e il gennaio 1974), sia infine sul controllo strategico diretto, militare e diplomatico, delle (e non sul mero accesso alle) più importanti fonti energetiche planetarie (gas e petrolio, fondamentalmente). L’intima simbiosi di questi tre fini complementari, e simultaneamente perseguiti dalla potenza dominante dell’Occidente, è sotto gli occhi di tutti.
Alle spalle e a monte dell’11 settembre sta dunque la possente natura più profonda delle attuali tendenze del capitale finanziario USA, dei processi economici e geopolitici di lunga durata che trascendono di gran lunga ruolo e funzioni del personale politico oggi all’apparente guida degli Stati Uniti. Maturata perlomeno nell’arco di un decennio (i cruciali inizi degli anni ’90), la decisione di fabbricare una “New Pearl Harbor” direttamente sul suolo patrio è stata così dettata da imperativi grandiosi che sono senz’altro apparsi alle classi dominanti USA obbligatori e imprescindibili se si voleva realizzare l’intenzione di ridisegnare il paesaggio geopolitico ed economico-finanziario dell’intero globo, la cartografia complessiva dell’impero, al fine di dare vita ad un’altra epoca storica del predominio statunitense e proiettarne il tal modo nel futuro più lontano l’esistenza e l’egemonia planetaria.
Da questo punto di vista, il mondo è stato radicalmente trasformato dall’11 settembre in un senso decisamente più specifico e dirimente rispetto alla vulgata ufficiale. Le ragioni di tale metamorfosi sono molte, e tutte interdipendenti, come è del resto nella natura stessa della società del capitale. In primo luogo, infatti, l’imperialismo attuale rappresenta cosa ben diversa dall’immagine e dall’analisi tradizionale consegnataci dai grandi intellettuali, marxisti e no, del passato: da Hobson a Lenin. Nelle condizioni date, il capitale finanziario possiede oggi caratteri altamente peculiari e persegue strategie d’insieme, sia monetarie sia industriali, sia geopolitiche sia bancarie (governo del credito), che si distinguono nettamente da quelle d’inizio Novecento. Non solo. Tanto la struttura gerarchica dell’impero è oggi ben diversa da quella originaria, e viene messa in ordine e preservata con mezzi profondamente innovativi rispetto all’epoca precedente, quanto la stessa natura più profonda e sofisticata del capitale finanziario rappresenta, ora lo possiamo capire meglio, un oggetto completamente distinto dalle spiegazioni classiche. Insomma, la strategia di superficie dell’imperialismo attuale, sia quella osservabile sia quella tendenzialmente invisibile, accuratamente occultata dai dominanti, differisce notevolmente da quella esistente tra XIX e XX secolo. La mente sovrana che si fa carico della sua direzione e organizzazione d’insieme ha sede nel governo da parte degli Stati Uniti della “world’s reserve currency”, nel ruolo e nelle funzioni determinanti della “High Finance” e delle “Global Banks” statunitensi, nel capitale manifatturiero USA che ha il quasi monopolio internazionale degli armamenti, nelle “Giant Firms” della industria civile (un insieme di sottosistemi, si noti il fatto, in stretta simbiosi reciproca), nell’estensione ormai planetaria delle sue basi militari, nei suoi sistemi di intelligence globali, e non ultimo nella ormai stretta integrazione funzionale tra circuito finanziario internazionale e grande crimine organizzato.
D’altro canto, tale complesso sistema di cose, con la sua intrinseca dinamica, dipende a sua volta da un meccanismo più interno, dalla sottostante logica più sofisticata del capitale, che stando sullo sfondo e in maniera estremamente sottile ne genera cicli di sviluppo e modalità di realizzazione, ne media anonimamente l’evoluzione temporale. Un’idea, quest’ultima, che non esiste nella cultura liberal-democratica e nel marxismo ortodosso delle origini (né è mai emersa successivamente nel pensiero occidentale, in qualunque sua variante marxista e no). Tale semplice constatazione segna tutta la cruciale distinzione del presente rispetto al passato. È precisamente questa chiave di lettura a renderci edotti, oggi, almeno potenzialmente, di quello che nemmeno poteva essere immaginato, né tanto meno spiegato, dalle concezioni antecedenti.
In secondo luogo, i dominanti, i soggetti che personificano il capitale finanziario e gli danno la sua tipica impronta intenzionale, hanno ormai da tempo assunto la proprietà e la direzione dei giganteschi Netwok planetari che, dando forma preventiva al flusso complessivo dell’informazione circolante sul pianeta, letteralmente creano la realtà osservabile degli accadimenti quotidiani e dunque preformano – scientemente, seguendo intenti predefiniti – il significato e financo la natura sia di quello che sarà visto sia di quello che sarà compreso dalla pubblica opinione. Se a tutto ciò si aggiunge il controllo pressoché completo della formazione culturale delle nuove generazioni da parte del sistema universitario e delle mille Foundation che finanziano i numerosi centri di ricerca dell’Occidente, si avrà credo un’idea più precisa dell’estensione e delle radici più profonde del potere in questione e della sua egemonia societaria d’insieme.
In terzo luogo, grazie probabilmente anche a questa sua presa capillare sul complesso della società civile e delle sue istituzioni, il capitale finanziario attuale può fare affidamento sulla dichiarata connivenza politica, ora esplicitamente diretta ora sottilmente mediata, sia del pensiero cosiddetto “di sinistra” e dei suoi numerosi outlet mediatici, sia dell’intera cultura marxista odierna, del resto quasi esclusivamente accademica e confinata all’interno di pingui campus universitari (dipendente dunque, per la sua esistenza, dal beneplacito e dai finanziamenti dell’establishment ufficiale). In effetti, questi due ambienti, ramificati e diffusi come sono all’interno perlomeno di una parte rilevante delle moltitudini occidentali, rappresentano ormai solo una “fake opposition” estremamente funzionale ai disegni dei dominanti.
Tale “opposizione fittizia” – o in ragione di un’esplicita committenza o a motivo di una forma mentis in sé (per la sua storia, per la sua formazione culturale) subalterna dei soggetti che la incarnano – viene usata dalle classi dirigenti dell’Occidente tanto per ottenere il consenso dei dominati, quanto per controllare e dirigere, conformemente ai loro interessi, il dissenso societario e la eventuale resistenza delle masse ai loro crimini domestici e internazionali. Tali fini, del resto, si noti la cosa, tanto più e tanto meglio vengono conseguiti quanto più la finta avversione per il potere assume i toni e le condotte di un’opposizione radicale e apparentemente intransigente, fatto che le consente di assumere gli stessi scopi dei dominanti sotto le mentite spoglie di una loro critica a prima vista incondizionata. Come si vedrà, tutte le interpretazioni dell’11 settembre che ricalcano, alla lettera, la spiegazione ufficiale, siano esse di diretta ed esplicita emanazione governativa oppure di filiazione marxista e “di sinistra”, tanto rendono impossibile capire cosa sia realmente accaduto quel giorno negli Stati Uniti, quanto vietano qualunque comprensione delle effettive, nuove caratteristiche dell’imperialismo odierno, due approdi che le rendono particolarmente charming agli occhi dei dominanti.
Nondimeno, una cosa interessante da notare è il fatto che questo arcipelago di tendenze e punti di vista costituisce un ambiente articolato, in cui esistono perlomeno quattro (4) diversi strati di agenti sociali. Ne do qui di seguito una breve descrizione di comodo nel seguente organigramma:
I due strati della “opposizione fittizia”
► lo strato intellettuale finanziato e coltivato come in una serra dalla Foundations per depistare e fuorviare l’opinione pubblica domestica e internazionale, per creare letteralmente un mondo politico-culturale dis-simulato in cui far vivere gli individui societari;
► lo strato, di regola in simbiosi col precedente, che per propria vocazione, per convenienza accademica, per indole mentale personale, per i propri interessi privati, insomma per proprio discernimento e convinzione, autentica o riflessa, è suddito della visione del mondo dei dominanti (la linea di confine che li divide è d’altro canto sottile come una falsa promessa);
I due strati della “opposizione innocua”
► il primo strato rappresentato da soggetti provenienti dall’ambito accademico e no, intellettuali di varia estrazione marxista oppure liberal-democratica che occupano una serie di posizioni di un certo rilievo all’interno di un’ampia gamma di discipline sociali: economia, filosofia, storiografia, sociologia, scienze politiche, e simili;
► il secondo strato rappresentato questa volta da liberals generici provenienti di solito dalla cosiddetta società civile, fautori di una concezione democratica dello Stato e di una visione progressista dell’impegno politico, dediti ad attività e funzioni afferenti in gran parte al mondo delle professioni e del lavoro dipendente (sindacalismo, associazionismo, ecc.).
Nel suo complesso, questo ultimo tipo di opposizione è innocua sia perché la sua prima frazione è in generale trincerata nelle Università e si trova quindi in stretta associazione, volens nolens, con la “fake opposition” (sono pesci, in definitiva, che nuotano nelle stesse acque), sia perché i suoi argomenti sono in linea di massima funzionali alla cultura dominante e non possono in alcun modo scalfirne l’egemonia complessiva. Oltre al fatto che può venir e viene di norma colonizzata dai due strati sovrastanti e così resa ad essi complementare, questo tipo di dissenso risulta inoltre essere interessante ai nostri occhi anche per un’altra ragione.
Se infatti la “opposizione fittizia” è istituzionalmente e costituzionalmente votata a costruire mondi di fumo e la si può considerare naturalmente asservita ai fini specifici delle élite dirigenti, in genere la “opposizione innocua” si subordina spontaneamente – tramite i molti concetti con cui interpreta la realtà, mediante la sua stessa mente – al pensiero regnante. Essa, in tal modo, funziona da sola e da sola si sottomette attivamente all’imprinting del potere, della cui tutela non può liberarsi, perché quest’ultima s’identifica col sistema di conoscenze di cui consta la sua comprensione del mondo.
Se la prima opposizione è indifferente alla ricerca della verità e alla spiegazione delle cose, che deve anzi far sparire dalla scena per sostituirle con le sue rappresentazioni prefabbricate, la seconda si rivela persino più subdola della precedente, giacché tramite il suo apparente pathos etico-politico e le sue analisi a prima vista controcorrente può dare l’impressione di produrre una lettura alternativa degli eventi osservabili, nel mentre, invece, mette sostanzialmente capo ad una visione del mondo di per sé vassalla dell’establishment dominante, di cui ricalca punto per punto, come si vedrà, gli stessi identici ragionamenti.
Dopo il détour nelle versatili e ambigue distinzioni interne alla “opposizione controllata”, si può dire che gli avvenimenti dell’11 settembre, in quarto e ultimo luogo, oltre a metterci in grado di capire le cose suesposte e le tendenze prevalenti del capitale odierno, ci hanno anche svelato la natura più intima dei contegni politici dei soggetti al potere, portando alla luce del sole la logica efferata sottostante alla finzione giuridico-legale dello Stato di diritto, all’intera civiltà occidentale. Il suo mondo di superficie, l’ordine apparentemente impersonale e avalutativo delle norme e degli imperativi etici incorporati nelle Istituzioni del governo democratico della società, ci ha infine fatto intravedere le potenti forze societarie che dall’interno e dagli strati più profondi della realtà odierna determinano e decidono il corso visibile delle cose.
Che il capitale finanziario, nella persona dei suoi molteplici funzionari politici (ai vertici dello Stato, all’interno degli apparati militari, nel campo della cultura, ecc.), sia stato in grado di concepire, organizzare e infine realizzare l’11 settembre non deve in fin dei conti stupirci più di tanto se si fa mente locale alla posta in gioco alle spalle dell’affaire e al sostanziale nichilismo dei dominanti. Questi ultimi, del resto, han potuto preordinare l’intero avvenimento, inclusa la sua legittimazione e amplificazione massmediatica, perché è nella natura del loro intelletto decisionistico pianificare e programmare in anticipo gli eventi, predisporre le migliori condizioni al contorno possibili – preventive – per la realizzazione dei loro intenti tramite l’agire in segreto e l’ausilio delle agenzie di intelligence. Ciò allo scopo di contornare e addomesticare, per così dire, il contingente e la casualità degli avvenimenti, e imprimere così al corso del mondo uno sviluppo tendenzialmente predeterminato, in grado di favorire le (e conformarsi, possibilmente, alle) decisioni assunte in precedenza e ai loro intendimenti strategici. Preformare virtualmente il futuro, in ultima analisi, è la forma specifica che nell’agire politico prende la predizione sperimentale dei fatti entro il pensiero scientifico. Senza un disegno preliminare e un dato set di concetti precostituiti, preesistenti, sarebbe impossibile poter calcolare in anticipo gli esiti desiderati e voluti, previsti e preventivati sin dall’inizio. Pianificare i risultati attesi e da attendersi è per la logica intenzionale dei dominanti la stessa cosa che pensare ai propri interessi e ragionare in modo naturale.
Stando così le cose, se Grandi Banche, Grande Finanza, Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale, Giant Firms, Governo, “Pentagon Contractors”, Grande Crimine Transnazionale, Network Giganti e Megamedia definiscono i contorni del capitale finanziario attuale e costituiscono i pilastri dell’intero sistema dell’economia planetaria:
diventa allora possibile spiegare in quale senso più sofisticato il mondo sia effettivamente e definitivamente cambiato dopo l’11 settembre. La realtà contemporanea è stata radicalmente mutata da quell’avvenimento perché questo ha fatto finalmente emergere alla luce del sole la natura più intima dell’intera società occidentale, facendoci capire quanto sia oggi necessario e urgente cominciare a pensare diversamente, con un’altra mente ed una più specifica costellazione di principi cognitivi totalmente distinti dal passato. Ecco perché il mondo che ci circonda non è più quello dell’epoca precedente. Ormai ne abbiamo compreso, potenzialmente almeno, natura e struttura, organizzazione più interna e tendenze di fondo.
Tale universo è ormai da considerarsi una sfera di realtà complessa in cui sono da distinguere perlomeno quattro diversi livelli:
►l’agire diplomatico politico esplicito dei dominanti tramite il cosiddetto Stato di diritto, gli apparati del consenso afferenti alla società civile, la colossale “war machine” del Pentagono, proiettata ormai su tutto l’orbe terracqueo, e gli altrettanto potenti mezzi di repressione domestica, i Megamedia (un complesso di istituti non poco differenziato al suo interno);
►l’agire intenzionale in segreto tramite le molte agenzie di intelligence del potere, aventi ormai anch’esse un raggio di azione di tipo planetario, e ormai in stabile simbiosi sia col Grande Crimine Organizzato, sia con le istituzioni finanziarie internazionali dell´Occidente (una dimensione di realtà anche questa, in ragione prima di tutto della sua natura, estremamente diversificata e apertamente criminogena);
►il sistema manifesto degli avvenimenti socio-economici risultante dalle condotte finanziario-imprenditoriali (bancarie, creditizie, industriali) visibili dei soggetti, (un contesto, questo, a sua volta anch’esso non poco stratificato al suo interno), condotte del resto rivolte sia all’interno dell’ambiente metropolitano, sia sull’arena internazionale tramite le istituzioni globali (WTO, IMF, ecc.) che governano e disciplinano i circuiti monetari e commerciali mondiali;
►infine, a fondamento di questa già di per sé formidabile piramide del dominio, il motore immobile invisibile più profondo del meccanismo interno, il “principio determinante” (Marx) che genera lo strato complesso sovrastante e che tutti, in modi diversi e a diversi livelli di comprensione, possono vedere e osservare.
Per quanto l’ultimo criterio interpretativo possa sembrarci paradossale e financo inverosimile, ci è nondimeno necessario immaginarlo. Siamo obbligati a farlo se vogliamo distinguerci da tutte le interpretazioni correnti del capitalismo odierno. Queste infatti prendono le mosse da un oggetto ignoto – la sete di potere dei soggetti al comando della società, l’imperialismo come politica, la logica di potenza, le decisioni dei dominanti, il principio volontà di cui consta l’agire intenzionale delle classi, e simili: tutte istanze in genere trattate come premesse date per scontate – e presumono di poter poi dedurre da quest’ultimo una determinata e storicamente specifica spiegazione della realtà. Dovremmo, in altre parole, poter inferire da qualcosa che non abbiamo dimostrato né compreso, la conoscenza razionale del mondo. Il che non può essere. Dobbiamo dunque per forza di cose assumere che quel sostrato esista. Che proprietà esso abbia, che origine abbia avuto e quale esso sia è ovviamente un’altra questione.
Se questo è il quadro d’insieme che risulta da uno studio più attento della realtà attuale, scopo del presente saggio è soprattutto quello di documentare l’odierno stato delle cose limitatamente (ma non esclusivamente relativo) alle interpretazioni che circondano l’11 settembre e spesso lo avvolgono in una nebbia profonda, sia con l’intenzione di sottoporre a più fine analisi e scrutinio, innanzitutto, la raffigurazione che ne viene data dalla cultura cosiddetta alternativa al potere costituito (presunta antagonista, libertaria, ecc.), sia allo scopo di delineare perlomeno un nuovo modo di pensare, di leggere e comprendere la realtà osservabile dell’attuale geopolitica planetaria del capitale. Se a conclusione di questo lungo e impegnativo viaggio nella geografia economico-sociale del dominio e delle sottili forme del potere contemporaneo una diversa concezione del mondo, oppure, più semplicemente, una sua più chiara visione, dovesse emergere nella mente del lettore potremmo forse entrambi esclamare insieme un sobrio: “Ben scavato vecchia talpa!”.
Indice
Prefazione
1. La forma mentis della “sinistra” occidentale: la sua cultura subalterna
2. Il caso Noam Chomsky: gli intellettuali “di sinistra” come agenti dei dominanti
3. One way ticket ovvero la denigrazione delle spiegazioni alternative dagli Stati Uniti all’Italia: natura e funzione della “opposizione fittizia” e della “opposizione controllata”
4. Lo stato delle cose oggi: nascita e ascesa di uno Stato di polizia in America
5. Le concezioni marxiste odierne: la sopravvivenza del meno adatto
6. Il pensiero nomade, ovvero sentieri che non portano da nessuna parte
7. Le trame più profonde del potere e i mondi surreali dei marxisti
8. Riveder infine le stelle. I fiori nuovi del pensiero postoccidentale
Quarta di copertina
Basato su un originale lavoro di ricerca e una imponente documentazione in gran parte inedita nel nostro paese, Il porto delle nebbie rappresenta il primo saggio in Italia a comprovare in maniera impeccabile, e con una profusione di fonti, il ruolo di primo piano svolto dagli intellettuali “di sinistra” e dai marxisti nell’attivo insabbiamento delle responsabilità del governo Bush e dell’establishment finanziario, militare e industriale dominante nell’organizzazione dell’11 settembre. Di contro agli odierni ideologi dell’impero, l’analisi alternativa del libro porta alla luce del sole sia le numerose false piste disseminate in lungo e in largo dai media europei e statunitensi per fuorviare la pubblica opinione internazionale in merito ai veri perpetratori dell’attacco, sia la fallacia degli argomenti da tutti addotti per convalidare la loro spiegazione fotocopia, rigorosamente sulla scia della storia ufficiale, degli avvenimenti del 2001. Franco Soldani tratteggia una critica serrata del pensiero liberal-democratico e della cultura subalterna esistente alle spalle dei variegati punti di vista – di stretta osservanza governativa – attualmente in circolazione. Descrive inoltre i pericolosi processi politici involutivi in avanzata fase di sviluppo negli Stati Uniti, proponendoci infine di cominciare a ragionare in maniera differente rispetto alla logica ancor oggi prevalente nelle società occidentali. Facendo leva sul principio di Jago (il famoso personaggio dell’Otello di Shakespeare) e ricorrendo alla scienza di David Bohm, siamo invitati ad osservare con una diversa mente e un più specifico set di concetti la realtà odierna e il mondo in cui viviamo. Il fine è quello di poterli comprendere entrambi conformemente alla loro complessa natura più intima, resa oggi sempre più opaca e irriconoscibile dall’azione congiunta delle sottili, e tutte oltremodo potenti, mediazioni del potere. Per poter entrare finalmente, con consapevole intelletto, in un altro e distinto universo di conoscenza.
Franco Soldani vive e lavora a Monaco di Baviera. Studioso della società e del pensiero occidentale, è tra i fondatori di Faremondo. Tra i suoi ultimi libri: “La strada non presa. Il marxismo e la conoscenza della realtà sociale”, Pendragon, Bologna, 2002; “Le relazioni virtuose. L´epistemologia scientifica contemporanea e la logica del capitale”, 2 voll., UNI Service, Trento, 2007. Insieme a Roberto Di Marco ed Emanuele Montagna ha pubblicato un manifesto intellettuale per il XXI secolo: “Scrivere il domani. Logica del capitale, intelletto scientifico e riproduzione di società”, Pendragon, Bologna, 2003.
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