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La Redazione

 

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POSSIBILIT E LIMITI DELLE ENERGIE “VERDI”

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A cura di supervice
Il 20 Dicembre 2011
96 Views

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di Rafael Íñiguez
The Oil Crash

Non sono uno scienziato, solo un analista; non mi preoccupano i dati assoluti, ma solo come interagiscono
le attuali componenti “economiche”. Nessuna grande industria è precisa nei suoi dati, che vengono stimati e approssimati quando, in qualche momento, un tecnico li firma per la pubblicazione; e da quel momento iniziano a formare i “dati della nostra realtà” e in alcuni casi dettano addirittura legge. Tanto grossolano è il mondo reale: le misurazioni esatte, quasi nessuno né le ha, né le desidera; solo gli scienziati quantificano con esattezza per conoscere le leggi naturali e per prevedere gli eventi
all’interno di certi limiti.
Nonostante questo, l’universo non modifica un solo infinitesimo delle leggi naturali che ci sorreggono e ride di noi ogni volta che ci sbagliamo, o quando pretendiamo di fargli degli scherzi.

Nell’universo in cui viviamo, esistono solo quelle manifestazioni di energia che abbiamo ricondotto ai nostri scopi e interessi grazie alla tecnologia inventata per noi umani. Negli ultimi venticinque anni, abbiamo introdotto il controllo elettronico e poi l’informatica e la disponibilità di vaste quantità di energia, che una volta controllate ci hanno fatto credere di essere dèi; abbiamo bruciato e trasformato quanta energia volevamo, senza pensare oltre i nostri capricci e la nostra vanità. In questo momento, l’energia disponibile per ognuno di noi sta diminuendo, e assistiamo anche a come il nostro ambiente si sia fortemente deteriorato a causa delle nostre attività energetiche. Siamo tutti contrariati, arrabbiati, perché ci spodestano dai nostri troni, ma in realtà non siamo i re di niente: siamo stati solo avventizi ed è arrivata l’ora di svegliarsi da quello che fu “il sogno di un giorno”.

Dopo questa necessaria introduzione, inizio a parlare di un altro spodestato, la nave insegna della flotta salvatrice dei nostri sogni. Delle energie rinnovabili, quella che sembrava più promettente, l’energia eolica, con i maestosi

aerogeneratori che ci avrebbero garantito la fornitura di elettricità

per la comodità delle nostre case, il funzionamento delle nostre città

e la capacità di produzione delle nostre fabbriche. Il dio Eolo al

nostro servizio. Un dominio del mondo così completo!

La mancanza di conoscenze specifiche che abbiamo nei rami del sapere a noi ignoti ci rende molto
vulnerabili alla confusione; se poi c’è anche l’intenzione di confonderci, il cocktail è perfetto. Ci parlano delle energie rinnovabili e delle sue eccellenze, del fatto che sono pulite, inesauribili, gratuite, ecologiche, verdi: la maggioranza di questi presupposti è corretta, ma non ci viene detto tutto; una cosa è l’energia in sé, un’altra la raccolta, la trasformazione e il trasporto.

Nel caso dell’energia eolica, la raccolta presuppone un’opera di ingegneria molto complicata, multidisciplinare e costosa, che comprende la fabbricazione del mulino,
lo studio della collocazione,
la pulizia forestale del luogo, la realizzazione di viali con curve ad ampio raggio, i movimenti di terra, la cementificazione, il montaggio, l’installazione, il trasporto di tutti i componenti, le installazioni di alta tensione con i tagli forestali necessari, gli affitti dei terreni, gli studi di impatto ambientale, i costi amministrativi; tutti questi lavori comportano un elevato sforzo economico, ecologico ed energetico.

Una volta che tutto

è stato installato, abbiamo bisogno di un vento forte e costante,

ma, per nostra disgrazia, di solito è intermittente e variabile;

passa da leggere brezze non utilizzabili agli uragani devastanti, in

un’intemperie estrema, con salti di temperatura fino a 50 gradi e piogge,

nevicate, gelate, insolazioni, radiazioni… e questo in un’installazione

continentale. Le installazioni off-shore o marine sono un’avventura

tecnologica ancora maggiore, con tutti gli inconvenienti precedenti

e con quelli ulteriori della collocazione in mare aperto, dell’elemento

corrosivo dell’ambiente marino e della forza delle onde, e a tutto

questo si supplisce con iniezioni di energia: indovinate la provenienza?

Esatto, principalmente da petrolio, macchine diesel, cemento armato,

costose fibre e materiali sintetici dal petrolchimico, metalli preziosi

come le terre rare, leghe elaborate – dal gran costo energetico -,

rame e acciaio. Un gran festival di energia ma, nonostante tutto, un

aerogeneratore restituisce energia elettrica per un valore dalle 50

alle 60 volte l’investimento energetico per la sua costruzione nelle

installazioni sulla terraferma e la metà per quelli situati in mare,

e tutto questo per una vita di 20 o 25 anni. Ma solo se la crisi si

manterrà a questi livelli; altrimenti, potranno accadere eventi imprevisti,

come, ad esempio, che non si riesca a farli funzionare perché vengono rubati i cavi elettrici

in rame.

Una volta messo in

opera questo sistema di captazione, ci rimane da gestire l’energia che

abbiamo nelle forze dell’asse dell’aerogeneratore, che vanno trasformate

in energia elettrica. Con le limitazioni che c’impone il Secondo Principio della

Termodinamica,

avremo una perdita di energia nel processo di trasformazione e un’altra

quantità verrà dissipata in calore per la frizione e gli sforzi di

torsione.

Dopo, dovremo trasportarla

fino alla rete elettrica principale, sincronizzarla e condurla ai luoghi

di consumo che di solito sono lontani, e questo presuppone che, dell’energia

rimasta, dovremo togliere un altro 50 per cento per le perdite, così

che, con un po’ di fortuna, la quarta parte dell’energia meccanica

creata dal vento potrà essere resa disponibile

e la gran parte delle volte ancora meno: sono davvero limitati i nostri

utilizzi di alta tecnologia, ma non perché siamo rozzi o ignoranti,

ma solo perché ci sono leggi fisiche che impongono queste proporzioni,

senza la possibilità di negoziarle.

Perché ho fatto

questa descrizione tanto accanita delle perdite? Per due ragioni: la

prima, per mostrare l’inefficienza effettiva di questo sistema di captazione;

la seconda, per giustificare che l’altro 50 per cento che rimane nel

mulino non si disintegra come nei film di Star Trek, ma al contrario

riesce molto bene nel suo compito di guastare tutto il resto.

Perché? Molto semplice: questa energia consuma, scalda, affatica, degrada,

deteriora, rompe… Che cosa? Pignoni, cuscinetti, lubrificanti, fissaggi,

strutture, materiali di assemblaggio, picchetti, trasformatori, circuiti,

semiconduttori, eccetera. Di che cosa sto parlando? Della doppia contabilità

che è necessaria per mantenere l’efficienza, dovuta ai continui costi

di “’manutenzione”, quella parola dimenticata

nel nostro paese al momento della pianificazione e che ci ricorda in

modo permanente la scadenza di ogni cosa, soprattutto di ciò che è

sottoposto a grandi tensioni e sforzi, e che tanto maggiori sono gli

sforzi, tanto minore è la durata; se l’ambiente è ostile, sarà ancora

inferiore; e, se saliamo di scala, il suo aumento comporta un aumento

di vulnerabilità. Un gigante di vari megawatt in cima a una catena

montuosa spagnola, all’inizio imponente, cederà alle forze della climatologia,

più prima che poi.

Principali avarie di un aerogeneratore

Un partecipante a un

forum argentino sulle questioni energetiche ha riassunto gli accadimenti

della sua professione di tecnico manutentore di un parco eolico in Patagonia,

e ha descritto la comparsa di avarie, soprattutto in caso di condizioni

climatiche estreme, e la morte di colleghi per incidenti

sulle torri a 80 metri di altezza, dovendo lavorare su scale gelate,

con poca luce e forte vento. Ha riferito che, nel parco in cui lavorava,

alla fine i mulini giganti non davano benefici per gli alti costi di

mantenimento e che questi venivano abbandonati per concentrarsi sugli

aerogeneratori di medie e piccole dimensioni, più facili da mantenere

e dal maggior rendimento.

Cosa possiamo imparare

da tutto questo? Solo l’evidenza: il vento

è rinnovabile, gli aerogeneratori no. Le apparecchiature di energie

da fonti rinnovabili non sono autosufficienti e la sua costruzione,

installazione e mantenimento sono completamente dipendenti della disponibilità

di petrolio e delle altre energie fossili. E io andrei anche oltre:

direi che hanno bisogno che le energie fossili continuino a essere molto

redditizie – o detto altrimenti, che siano abbondanti e soprattutto

a basso costo, proprio la nostra maggiore preoccupazione, perché questa

condizione sta svanendo e questo che ci ha spinti a cercare una soluzione

nelle rinnovabili. Le cose sembrano stare così? Sì, siamo in un vortice

in cui consumiamo energia fossile senza sosta e non esiste una via di

uscita fornita da una soluzione unica.

Questa problematica

è descritta e ben nota negli studi sulla crisi energetica, nel

caso in cui le attuali fonti di energia rinnovabile vengono usate come

un “Fossil

Fuel Extender”,

un’estensione dei combustibili fossili. Alla fine, solo gli Stati

e le grandi imprese possono sviluppare queste industrie che alla fine

risultano essere solo un altro “business as usual”. Ma che

dipende da una disciplina legale energeticamente disastrosa e da alcune

sovvenzioni pubbliche più disastrose ancora, poiché non si è intervenuti

sulla vera sostenibilità energetica, ma solo a favore di un rapido

beneficio economico e per la promozione politica.

A causa della presenza

di una serie di situazioni concomitanti – come la necessità di

una maggiore fornitura energetica, propria e senza emissioni, l’esistenza

di abbondante capitale di investimento pubblico e privato, la mancanza

di rigore nello studio del rendimento reale, un chiaro appoggio

dei governi e una visione opportunistica di commercio per le grandi

aziende ora convertitesi in “ecologiche” – , si capisce il perché

si è prodotta la recente proliferazione di installazioni di parchi

eolici in tutto il mondo. La cosa principale, come sempre, è stato

l’alto “rendimento” economico, ma non per la sua propria natura,

ma per la facilità del credito, per gli onerosi sussidi e il pagamento

sovvenzionato di circa 250 euro al megawatt nel caso dell’elettricità

eolica in Spagna, quasi il quadruplo del prezzo del mercato all’ingrosso.

Ciò ha scatenato un’avidità investitrice che ha portato, ad esempio,

le azioni di Gamesa fino 35 euro, quando ora non ne valgono la decima

parte. Se l’energia eolica, al momento, fosse realmente

redditizia, sarebbe aumentato come il lievito, allo stesso modo dei

prezzi del petrolio e della stessa elettricità. Senza la bolla finanziaria

e gli aiuti statali, le “energie rinnovabili” hanno bassi ritorni

e, quando non si è calcolata correttamente la sua remuneratività,

sono diventate rapidamente un pozzo senza fondo. Di fatto, per fare

un esempio, negli Stati Uniti vengono abbandonati interi campi eolici

nella cosiddetta “debacle

verde.

Potremmo analizzare

anche l’energia solare fotovoltaica o i biocombustibili che hanno un’EROEI ancora inferiore, ma anche

in questo caso avremmo di fronte un’altra lunga e dettagliata storia

di imbrogli, pallonate e deliri che, anticipo, sono più o meno gli

stessi. Per questo non sono fonti energetiche sulle quali possiamo

confidare il nostro futuro.

**********************************************

Fonte: Viabilidad y límites de las Energías “Verdes”

16.12.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

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