di Rafael Íñiguez
The Oil Crash
Non sono uno scienziato, solo un analista; non mi preoccupano i dati assoluti, ma solo come interagiscono
le attuali componenti “economiche”. Nessuna grande industria è precisa nei suoi dati, che vengono stimati e approssimati quando, in qualche momento, un tecnico li firma per la pubblicazione; e da quel momento iniziano a formare i “dati della nostra realtà” e in alcuni casi dettano addirittura legge. Tanto grossolano è il mondo reale: le misurazioni esatte, quasi nessuno né le ha, né le desidera; solo gli scienziati quantificano con esattezza per conoscere le leggi naturali e per prevedere gli eventi all’interno di certi limiti.
Nonostante questo, l’universo non modifica un solo infinitesimo delle leggi naturali che ci sorreggono e ride di noi ogni volta che ci sbagliamo, o quando pretendiamo di fargli degli scherzi.
Nell’universo in cui viviamo, esistono solo quelle manifestazioni di energia che abbiamo ricondotto ai nostri scopi e interessi grazie alla tecnologia inventata per noi umani. Negli ultimi venticinque anni, abbiamo introdotto il controllo elettronico e poi l’informatica e la disponibilità di vaste quantità di energia, che una volta controllate ci hanno fatto credere di essere dèi; abbiamo bruciato e trasformato quanta energia volevamo, senza pensare oltre i nostri capricci e la nostra vanità. In questo momento, l’energia disponibile per ognuno di noi sta diminuendo, e assistiamo anche a come il nostro ambiente si sia fortemente deteriorato a causa delle nostre attività energetiche. Siamo tutti contrariati, arrabbiati, perché ci spodestano dai nostri troni, ma in realtà non siamo i re di niente: siamo stati solo avventizi ed è arrivata l’ora di svegliarsi da quello che fu “il sogno di un giorno”.
Dopo questa necessaria introduzione, inizio a parlare di un altro spodestato, la nave insegna della flotta salvatrice dei nostri sogni. Delle energie rinnovabili, quella che sembrava più promettente, l’energia eolica, con i maestosi
aerogeneratori che ci avrebbero garantito la fornitura di elettricità
per la comodità delle nostre case, il funzionamento delle nostre città
e la capacità di produzione delle nostre fabbriche. Il dio Eolo al
nostro servizio. Un dominio del mondo così completo!
La mancanza di conoscenze specifiche che abbiamo nei rami del sapere a noi ignoti ci rende molto
vulnerabili alla confusione; se poi c’è anche l’intenzione di confonderci, il cocktail è perfetto. Ci parlano delle energie rinnovabili e delle sue eccellenze, del fatto che sono pulite, inesauribili, gratuite, ecologiche, verdi: la maggioranza di questi presupposti è corretta, ma non ci viene detto tutto; una cosa è l’energia in sé, un’altra la raccolta, la trasformazione e il trasporto.
Nel caso dell’energia eolica, la raccolta presuppone un’opera di ingegneria molto complicata, multidisciplinare e costosa, che comprende la fabbricazione del mulino,
lo studio della collocazione, la pulizia forestale del luogo, la realizzazione di viali con curve ad ampio raggio, i movimenti di terra, la cementificazione, il montaggio, l’installazione, il trasporto di tutti i componenti, le installazioni di alta tensione con i tagli forestali necessari, gli affitti dei terreni, gli studi di impatto ambientale, i costi amministrativi; tutti questi lavori comportano un elevato sforzo economico, ecologico ed energetico.
Una volta che tutto
è stato installato, abbiamo bisogno di un vento forte e costante,
ma, per nostra disgrazia, di solito è intermittente e variabile;
passa da leggere brezze non utilizzabili agli uragani devastanti, in
un’intemperie estrema, con salti di temperatura fino a 50 gradi e piogge,
nevicate, gelate, insolazioni, radiazioni… e questo in un’installazione
continentale. Le installazioni off-shore o marine sono un’avventura
tecnologica ancora maggiore, con tutti gli inconvenienti precedenti
e con quelli ulteriori della collocazione in mare aperto, dell’elemento
corrosivo dell’ambiente marino e della forza delle onde, e a tutto
questo si supplisce con iniezioni di energia: indovinate la provenienza?
Esatto, principalmente da petrolio, macchine diesel, cemento armato,
costose fibre e materiali sintetici dal petrolchimico, metalli preziosi
come le terre rare, leghe elaborate – dal gran costo energetico -,
rame e acciaio. Un gran festival di energia ma, nonostante tutto, un
aerogeneratore restituisce energia elettrica per un valore dalle 50
alle 60 volte l’investimento energetico per la sua costruzione nelle
installazioni sulla terraferma e la metà per quelli situati in mare,
e tutto questo per una vita di 20 o 25 anni. Ma solo se la crisi si
manterrà a questi livelli; altrimenti, potranno accadere eventi imprevisti,
come, ad esempio, che non si riesca a farli funzionare perché vengono rubati i cavi elettrici
in rame.
Una volta messo in
opera questo sistema di captazione, ci rimane da gestire l’energia che
abbiamo nelle forze dell’asse dell’aerogeneratore, che vanno trasformate
in energia elettrica. Con le limitazioni che c’impone il Secondo Principio della
Termodinamica,
avremo una perdita di energia nel processo di trasformazione e un’altra
quantità verrà dissipata in calore per la frizione e gli sforzi di
torsione.
Dopo, dovremo trasportarla
fino alla rete elettrica principale, sincronizzarla e condurla ai luoghi
di consumo che di solito sono lontani, e questo presuppone che, dell’energia
rimasta, dovremo togliere un altro 50 per cento per le perdite, così
che, con un po’ di fortuna, la quarta parte dell’energia meccanica
creata dal vento potrà essere resa disponibile
e la gran parte delle volte ancora meno: sono davvero limitati i nostri
utilizzi di alta tecnologia, ma non perché siamo rozzi o ignoranti,
ma solo perché ci sono leggi fisiche che impongono queste proporzioni,
senza la possibilità di negoziarle.
Perché ho fatto
questa descrizione tanto accanita delle perdite? Per due ragioni: la
prima, per mostrare l’inefficienza effettiva di questo sistema di captazione;
la seconda, per giustificare che l’altro 50 per cento che rimane nel
mulino non si disintegra come nei film di Star Trek, ma al contrario
riesce molto bene nel suo compito di guastare tutto il resto.
Perché? Molto semplice: questa energia consuma, scalda, affatica, degrada,
deteriora, rompe… Che cosa? Pignoni, cuscinetti, lubrificanti, fissaggi,
strutture, materiali di assemblaggio, picchetti, trasformatori, circuiti,
semiconduttori, eccetera. Di che cosa sto parlando? Della doppia contabilità
che è necessaria per mantenere l’efficienza, dovuta ai continui costi
di “’manutenzione”, quella parola dimenticata
nel nostro paese al momento della pianificazione e che ci ricorda in
modo permanente la scadenza di ogni cosa, soprattutto di ciò che è
sottoposto a grandi tensioni e sforzi, e che tanto maggiori sono gli
sforzi, tanto minore è la durata; se l’ambiente è ostile, sarà ancora
inferiore; e, se saliamo di scala, il suo aumento comporta un aumento
di vulnerabilità. Un gigante di vari megawatt in cima a una catena
montuosa spagnola, all’inizio imponente, cederà alle forze della climatologia,
più prima che poi.
Principali avarie di un aerogeneratore
Un partecipante a un
forum argentino sulle questioni energetiche ha riassunto gli accadimenti
della sua professione di tecnico manutentore di un parco eolico in Patagonia,
e ha descritto la comparsa di avarie, soprattutto in caso di condizioni
climatiche estreme, e la morte di colleghi per incidenti
sulle torri a 80 metri di altezza, dovendo lavorare su scale gelate,
con poca luce e forte vento. Ha riferito che, nel parco in cui lavorava,
alla fine i mulini giganti non davano benefici per gli alti costi di
mantenimento e che questi venivano abbandonati per concentrarsi sugli
aerogeneratori di medie e piccole dimensioni, più facili da mantenere
e dal maggior rendimento.
Cosa possiamo imparare
da tutto questo? Solo l’evidenza: il vento
è rinnovabile, gli aerogeneratori no. Le apparecchiature di energie
da fonti rinnovabili non sono autosufficienti e la sua costruzione,
installazione e mantenimento sono completamente dipendenti della disponibilità
di petrolio e delle altre energie fossili. E io andrei anche oltre:
direi che hanno bisogno che le energie fossili continuino a essere molto
redditizie – o detto altrimenti, che siano abbondanti e soprattutto
a basso costo, proprio la nostra maggiore preoccupazione, perché questa
condizione sta svanendo e questo che ci ha spinti a cercare una soluzione
nelle rinnovabili. Le cose sembrano stare così? Sì, siamo in un vortice
in cui consumiamo energia fossile senza sosta e non esiste una via di
uscita fornita da una soluzione unica.
Questa problematica
è descritta e ben nota negli studi sulla crisi energetica, nel
caso in cui le attuali fonti di energia rinnovabile vengono usate come
un “Fossil
Fuel Extender”,
un’estensione dei combustibili fossili. Alla fine, solo gli Stati
e le grandi imprese possono sviluppare queste industrie che alla fine
risultano essere solo un altro “business as usual”. Ma che
dipende da una disciplina legale energeticamente disastrosa e da alcune
sovvenzioni pubbliche più disastrose ancora, poiché non si è intervenuti
sulla vera sostenibilità energetica, ma solo a favore di un rapido
beneficio economico e per la promozione politica.
A causa della presenza
di una serie di situazioni concomitanti – come la necessità di
una maggiore fornitura energetica, propria e senza emissioni, l’esistenza
di abbondante capitale di investimento pubblico e privato, la mancanza
di rigore nello studio del rendimento reale, un chiaro appoggio
dei governi e una visione opportunistica di commercio per le grandi
aziende ora convertitesi in “ecologiche” – , si capisce il perché
si è prodotta la recente proliferazione di installazioni di parchi
eolici in tutto il mondo. La cosa principale, come sempre, è stato
l’alto “rendimento” economico, ma non per la sua propria natura,
ma per la facilità del credito, per gli onerosi sussidi e il pagamento
sovvenzionato di circa 250 euro al megawatt nel caso dell’elettricità
eolica in Spagna, quasi il quadruplo del prezzo del mercato all’ingrosso.
Ciò ha scatenato un’avidità investitrice che ha portato, ad esempio,
le azioni di Gamesa fino 35 euro, quando ora non ne valgono la decima
parte. Se l’energia eolica, al momento, fosse realmente
redditizia, sarebbe aumentato come il lievito, allo stesso modo dei
prezzi del petrolio e della stessa elettricità. Senza la bolla finanziaria
e gli aiuti statali, le “energie rinnovabili” hanno bassi ritorni
e, quando non si è calcolata correttamente la sua remuneratività,
sono diventate rapidamente un pozzo senza fondo. Di fatto, per fare
un esempio, negli Stati Uniti vengono abbandonati interi campi eolici
nella cosiddetta “debacle
verde”.
Potremmo analizzare
anche l’energia solare fotovoltaica o i biocombustibili che hanno un’EROEI ancora inferiore, ma anche
in questo caso avremmo di fronte un’altra lunga e dettagliata storia
di imbrogli, pallonate e deliri che, anticipo, sono più o meno gli
stessi. Per questo non sono fonti energetiche sulle quali possiamo
confidare il nostro futuro.
Fonte: Viabilidad y límites de las Energías “Verdes”
16.12.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE