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La Redazione

 

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PORRE FINE ALL’ECONOMIA INDUSTRIALE UN ATTO MORALE?

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A cura di supervice
Il 17 Dicembre 2011
99 Views

DI GUY MCPHERSON
Transitionvoice.com

Le persone spesso mi accusano di avere

una condotta inappropriata perché credo che porre fine all’economia

industriale sia una buona idea. È interessante notare come alcune di

queste persone sembrano preoccuparsi della moralità delle grandi banche

nel momento in cui escogitano modi capaci di trarre profitto dalla contrazione

dell’economia industriale. In verità, i politici cercano regolarmente

di prendere le distanze da quei pochi individui informati che hanno

una idea su dove siamo diretti.

Ma torniamo a me – il mio soggetto

preferito, dopo tutto – e alle accuse di condotta inappropriata che

mi tiro addosso, come i serpenti che attaccano le uova degli uccelli

che nidificano sul terreno. Le persone moriranno”,

gridano, mentre intenzionalmente e diligentemente ignorano i milioni

di persone e di altri animali uccisi ogni giorno dall’economia industriale.

Agiscono come se l’economia industriale fosse edificata su solide

basi di amore e pace mondiale. Quella buona vecchia economia industriale,

tutta arcobaleni e farfalle.

E come dovrebbe essere ovvio per ogni

adulto, nessuno ne viene fuori vivo: nascere è mortale.

Le persone mi accusano di condotta

inappropriata perché, in questo mondo sempre più postmoderno, non

si parla del bene e del male. Sensibilità culturali, si sa. Per non

menzionare il relativismo culturale.

Datemi di insensibile – sono stato

chiamato in modi peggiori e ho la pelle dura – ma ritengo che il bene

e il male esistano. Sono troppo postmoderno per credere nell’esistenza

di un bene o di una male assoluti. Ho rinunciato a quel tipo di religione

anni fa. Ma su specifici problemi, in particolari circostanze, si sono

ben poche tonalità di grigio. Persino nel relativamente ampio caso

della cultura industriale si trova molto bianco e nero.

Definire la moralità

La definizione che userò è

tratta dai miei amici Merriam e Webster [dizionario on line, ndt].

Morale: 1. a.: di o in relazione

ai principi del bene e del male nel comportamento: etico (giudizi

morali); b.: esprimere o insegnare un concetto di corretto comportamento

(una poesia morale); c.: conformarsi a uno standard di corretto

comportamento; d.: sancito da o operativo sulla coscienza di qualcuno

o giudizio etico (un obbligo morale); e.: capace di azioni giuste

o sbagliate (un agente morale).

Come ho indicato prima in questo testo,

possono esistere pochi dubbi sul fatto che un sistema che schiavizza,

tortura e uccide le persone è sbagliato. La cultura industriale

fa tutto ciò con straordinaria efficienza. Le grandi fonti energetiche

contaminano la nostra acqua. L’agricoltura delle multinazionali controlla

le nostre sementi, quindi il nostro cibo. Le società farmaceutiche

controllano, attraverso i farmaci, il comportamento dei nostri bambini.

Wall Street controlla il flusso di capitali. Le grandi aziende pubblicitarie

controllano i messaggi che si ricevono ogni giorno. Quelli vergognosamente

ricchi diventano sempre più ricchi attraverso il crimine: l’America

funziona così.

Nonostante tutto ciò, crediamo di

essere liberi.

Diversamente dal concetto di civilizzazione

occidentale, penso che un sistema sia giusto – e persino equo –

se tratta le persone allo stesso modo e le libera, dando loro l’opportunità

di vivere al di là degli obblighi culturali e politici, svincolati

da un sistema monetario sviluppato e potenziato da altri.

Non imboccherò la strada della

oppressione con un fucile spianato o la pala di un bulldozer,

ma è semplice estendere la nozione di schiavitù-tortura-morte all’intera

popolazione e al consorzio vivente. È abbastanza chiaro che non mi

serve percorrere questa strada: siamo del tutto sconnessi dalla terra

e dai nostri vicini che non sappiamo più a cosa assomigli la felicità,

e ancor meno come potremmo farlo comprendere.

Cosa c’è di sbagliato: facciamo

una lista

Cosa non funziona nella cultura industriale?

Cominciamo dalla moralità dei criminali di guerra come Barack

Obama, che, nel distruggere il pianeta vivente e ogni forma di cultura

non ispirata al modello industriale, sta semplicemente seguendo le orme

di altre persone civilizzate, come Thomas Jefferson e George W. Bush.

Consideriamo, per esempio, le azioni

di Obama agli incontri sui cambiamenti climatici mondiali, stretto in

mezzo a una manciata di guerre ancora in corso e da lui iniziate: dà

lustro alla dialettica politica proclamando vittoria, persino quando

che il mondo ha riconosciuto i suoi (e di conseguenza i nostri) terribili

fallimenti.

Le sue azioni mi ricordano la citazione

di John Ralston Saul con la quale ho iniziato uno dei miei libri: “Mai

fallimento è stato così ardentemente difeso alla stregua di un successo.”

In Nord America, abbiamo represso il

terrorismo nel e dal 1492 e perseveriamo, riducendo in polvere il pianeta

continuando a imprigionare e torturare chiunque sbarri il passo alla

civilizzazione. Abbiamo una storia lunga e sordida, che perdura ancora

e ancora e ancora.

In cambio di una vita confortevole

e miserabile, segnata da un misto d’infelicità e di iPod,

tolleriamo qualunque cosa alla quale i nostri dirigenti prescelti ci

assoggettano. Tutta questa attività di prosciugamento e svuotamento

delle nostre vite necessita che ci venga raccontato un numero sempre

maggiore di menzogne assurde, della cui veridicità ci convinciamo.

Fortunatamente, ciò richiede poco sforzo da parte nostra, perché siamo

immersi nella dissonanza cognitiva, nuotando come ci capita nell’oceano

della negazione culturale.

È relativamente semplice fare un caso

morale della distruzione delle terre e delle acque e delle miriadi di

altre specie, compresa la nostra, che hanno bisogno di sopravvivere.

Dobbiamo semplicemente convincerci di non essere veramente parte della

natura. E grazie al sopradetto oceano, tutto ciò non è un problema.

Ma allora esiste una questione più

complessa: il futuro dell’umanità.

Come giustifichiamo la continua e montante

distruzione della vita sul pianeta, ormai appeso a un filo, quando noi

insieme alle future generazioni abbiamo bisogno proprio dell’oceano

per sopravvivere? Come giustifichiamo il mortifero grumo di crescita

economica in nome di carabattole e al prezzo della vita umana? Sembra

giusto? Nel distruggere il pianeta vivente e tutta la speranza per il

futuro dell’umanità per poter presidiare il pianeta, trovo difficile

pensare che stiamo “esprimendo o insegnando una concezione di comportamenti

corretti” mentre “ci conformiamo a uno standard di comportamenti

corretti”.

Le scelte da affrontare

Sono sempre più convinto che

la sola scelta morale consista nell’abbattere l’economia industriale,

il più velocemente possibile e con ogni mezzo necessario. Se questo

significa distruggere la proprietà, pensate alla distruzione di vite

causata dalla cultura industriale. Se i mezzi richiesti per fermare

l’attività industriale sono violenti, pensate alla violenza e alla

morte causata da ogni atto di civilizzazione.

Usare un telefono cellulare è

legale, e persino incoraggiato dalla cultura industriale: ma in Congo

uccide donne e bambini. Di contro, fare a pezzi una torre cellulare

che uccide migliaia di uccelli ogni anno e facilita la morte e la tortura

del popolo congolese è una offesa criminale punibile con la prigione.

Perché fare a pezzi una torre cellulare quasi certamente rappresenta

un atto di terrorismo ed è punibile con la sospensione del diritto

di habeas corpus [nella legislazione anglosassone, appello al

giudice contro una detenzione ingiustificata, ndt], con la tortura e

con una vita in prigione.

In mancanza di atti violenti e illegali,

restano a nostra disposizione poche altre possibilità. In verità,

utilizzare tutti i mezzi a nostra disposizione ci consente ancora qualche

migliaia di opportunità, poco meno di una tavolozza completa. Sembra

che persino le nostre azioni più “oltraggiose” risultino insignificanti

se confrontate con l’ampiezza del problema da fronteggiare. I banchieri

comandano, senza alcuna preoccupazione per le conseguenze delle loro

azioni. Il potere che ci resta è quello di svignarcela più velocemente

rispetto a quanto non faccia la giustizia nelle nostre aule di tribunale.

Cosa significa questo per noi, le persone

che sono senza voce? Ci lascia scelte morali? Ci indica come dobbiamo

vivere, in un mondo divenuto terribilmente distorto, mentre sediamo

comodi di fronte allo spettacolo dei mostri?

Qui ho poco da offrire, se non annoiarvi

con consigli pratici sulle risorse personali e l’introspezione. Dovremmo

investire sui nostri vicini, poiché è sempre risultato corretto. E

quei vicini non sono unicamente umani. Sono animali e piante, terreno

e acqua.

Abbiamo bisogno di proteggerli e onorarli

perché procreiamo. Abbiamo bisogno di salvaguardarli dalle devastazioni

della guerra, ma anche da una economia edificata sulla guerra. Abbiamo

bisogno di vivere al di fuori dell’economia industriale e dentro il

mondo reale fatto di lavoro onesto, di ruoli onesti, di piaceri semplici,

assumendoci le responsabilità delle nostre azioni quotidiane. Abbiamo

bisogno di abbandonare un sistema politico che prende senza dare, dopo

averci abbandonati. Ad un più alto livello essenziale, abbiamo bisogno

di ristrutturare la società in modo che i bambini comprendano e apprezzino

le origini del cibo e della vita. Non è più del pianeta vivente che

dovremmo essere preoccupati, ma di noi stessi. La questione morale,

allora è: “Che cosa abbiamo intenzione

di fare a riguardo?

Ma aspettate, c’è dell’altro

Ponderando la questione, tenete presente

l’orribile caso del sovrappopolazione alla quale contribuiamo ogni

giorno. Tenete presente le culture non industriali e i loro linguaggi

che distruggiamo con regolarità. Tenete presente le decine di migliaia

di specie che conduciamo all’estinzione ogni anno. Tenete presente

che, in considerazione della nostra dipendenza da una biosfera sana

e un clima stabile, una delle specie che stiamo conducendo all’estinzione

è l’Homo sapiens.

Se avete proseguito la lettura fin

qui, e concordate anche con una minima parte di questo testo, ormai

non c’è più modo di tornare indietro. Una volta riconosciuto che

l’economia industriale è micidiale e che gli Stati Uniti sono il

maggiore impero distruttore di vita nella storia mondiale, una volta

riconosciuto che i politici sono semplici strumenti dell’imperialismo

nel perdurante miraggio economico, non c’è modo di chiudere semplicemente

gli occhi di fronte alla cultura della morte.

Riconosco la mia responsabilità. Non

voglio portare torture e sofferenza agli umani e agli altri animali.

Non voglio distruggere il pianeta vivente affinché un pugno di esseri

umani possano continuare a vivere in modo confortevole al prezzo di

ogni altra cultura e specie sul pianeta. Non voglio essere responsabile

dell’esaurimento dell’habitat per gli umani sulla Terra.

E voi?

Dopo avere compiuto il primo passo

– allontanarsi dalla cultura industriale – i passi successivi non

comportano nulla di più semplice. Se la cultura sta uccidendo noi,

le altre specie e le prospettive future per una qualche vita umana sulla

Terra, abbiamo l’obbligo di porre fine all’economia industriale.

Se è così, cosa significa? Dobbiamo metterci a rischio di essere imprigionati,

torturati e persino uccisi per salvare il pianeta vivente a favore delle

future generazioni di umani?

I genitori ovviamente non possono rischiare

di finire in prigione. L’obbligo morale verso la famiglia si contrappone

all’obbligo morale verso il pianeta. Ma se il pianeta vivente fosse

la vostra famiglia? E se la longevità dei vostri figli dipendesse completamente

dal porre fine all’economia industriale? Entrambe le cose sono senza

dubbio certe: il pianeta vivente è la vostra famiglia, anche se non

lo riconoscete, e la longevità dei vostri figli dipende dal porre fine

all’economia industriale in un prossimo futuro.

Come vi ricorderanno i vostri figli?

Come un terrorista (alias una combattente per la libertà)? Come un

imperialista indifferente, pronto a sacrificare il pianeta vivente per

il proprio fondo pensione? Come guarderemo in faccia i nostri figli

dopo che avremo distrutto ogni possibile habitat per gli esseri

umani in questo pianeta? O, dopo avere fatto poco, come guarderemo in

faccia i nostri figli quando avremo fallito nella difesa del pianeta

vivente?

Possiamo estendere le motivazioni parentali

a ogni essere umano sul pianeta. Tutti noi abbiamo qualcuno che amiamo

e che ci ama. Esistono poche persone che vivono da eremiti e non credo

possiamo far loro affidamento per salvarci dall’economia industriale.

Eroi contemporanei

Immaginate il mondo senza Patrick Henry

e pochi altri combattenti per la libertà che sono stati pronti

a dare le proprie vite in nome di un futuro più luminoso. Immaginate

se fossero stati pacifisti, desiderando solamente firmare petizioni

ed escogitare boicottaggi. Dare alla pace una possibilità? Ciò è

esattamente quello che gli industriali vogliono da noi: gente passiva,

sempre dipendente dalla televisione e dalla politica, così da poter

derubarci distruggendo il pianeta vivente dal quale dipendiamo. Siamo

come Winnie the Pooh nella vecchia storiella:

Il Cavaliere: Ti piacerebbe essere

il mio lacché?

Pooh: Cosa

è un lacché?

Il Cavaliere: Qualcuno che fa cosa

gli dico, senza porre domande, e senza essere pagato.

Pooh: Dov’è l’inghippo?

Molte persone sostengono che l’era

industriale si sta avviando alla sua conclusione, quindi non sono necessarie

ulteriori azioni da parte nostra. Queste persone sono seriamente surclassate

da quelle che pensano che l’era industriale non finirà mai. Entrambi

i gruppi sono lacchè dell’imperialismo, e non hanno la volontà di

assicurare all’umanità un futuro migliore compiendo azioni coraggiose.

In fine, tutto ciò che mi chiedo

è se farete qualcosa. C’è molto da fare e ognuno può giocare

un ruolo. Vi unirete a me?

Questo brano

è estratto e adattato da un capitolo del libro: Walking Away from

Empire.

All’età

di 49 anni e all’apice di una carriera produttiva e ricca di riconoscimenti,

Guy McPherson, me stesso, ha lasciato la sua posizione ben pagata e

con un lavoro non faticoso da docente a tempo pieno in una prestigiosa

università, per ritornare alla terra. Perché

si dovrebbe lasciare un lavoro sicuro, facile e remunerativo nel quale

si eccelle per impiantare orti e allevare capre, galline e papere? Vengono

in mente quattro ragioni: 1) è un modo per resistere all’imperialismo

consiste nel ritirarsi dall’impero; 2) esiste un imperativo morale

riguardo il modo in cui viviamo; 3) i messaggi di McPherson sulle conseguenze

della nostra dipendenza dai combustibili fossili hanno richiesto molto

più tempo di quanto a sua disposizione nella qualità

di professore nella torre d’avorio; e 4) per credere di poter allungare

la mia vita qualche anno oltre il completamento del collasso,

dell’attuale economia e dell’ambiente, a cui stiamo conducendo la

Terra.

**********************************************

Fonte: Is Terminating The Industrial Economy A Moral Act?

09.12.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ANTONELLA SACCO

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