DI GUY MCPHERSON
Transitionvoice.com
Le persone spesso mi accusano di avere
una condotta inappropriata perché credo che porre fine all’economia
industriale sia una buona idea. È interessante notare come alcune di
queste persone sembrano preoccuparsi della moralità delle grandi banche
nel momento in cui escogitano modi capaci di trarre profitto dalla contrazione
dell’economia industriale. In verità, i politici cercano regolarmente
di prendere le distanze da quei pochi individui informati che hanno
una idea su dove siamo diretti.
Ma torniamo a me – il mio soggetto
preferito, dopo tutto – e alle accuse di condotta inappropriata che
mi tiro addosso, come i serpenti che attaccano le uova degli uccelli
che nidificano sul terreno. “Le persone moriranno”,
gridano, mentre intenzionalmente e diligentemente ignorano i milioni
di persone e di altri animali uccisi ogni giorno dall’economia industriale.
Agiscono come se l’economia industriale fosse edificata su solide
basi di amore e pace mondiale. Quella buona vecchia economia industriale,
tutta arcobaleni e farfalle.
E come dovrebbe essere ovvio per ogni
adulto, nessuno ne viene fuori vivo: nascere è mortale.
Le persone mi accusano di condotta
inappropriata perché, in questo mondo sempre più postmoderno, non
si parla del bene e del male. Sensibilità culturali, si sa. Per non
menzionare il relativismo culturale.
Datemi di insensibile – sono stato
chiamato in modi peggiori e ho la pelle dura – ma ritengo che il bene
e il male esistano. Sono troppo postmoderno per credere nell’esistenza
di un bene o di una male assoluti. Ho rinunciato a quel tipo di religione
anni fa. Ma su specifici problemi, in particolari circostanze, si sono
ben poche tonalità di grigio. Persino nel relativamente ampio caso
della cultura industriale si trova molto bianco e nero.
Definire la moralità
La definizione che userò è
tratta dai miei amici Merriam e Webster [dizionario on line, ndt].
Morale: 1. a.: di o in relazione
ai principi del bene e del male nel comportamento: etico (giudizi
morali); b.: esprimere o insegnare un concetto di corretto comportamento
(una poesia morale); c.: conformarsi a uno standard di corretto
comportamento; d.: sancito da o operativo sulla coscienza di qualcuno
o giudizio etico (un obbligo morale); e.: capace di azioni giuste
o sbagliate (un agente morale).
Come ho indicato prima in questo testo,
possono esistere pochi dubbi sul fatto che un sistema che schiavizza,
tortura e uccide le persone è sbagliato. La cultura industriale
fa tutto ciò con straordinaria efficienza. Le grandi fonti energetiche
contaminano la nostra acqua. L’agricoltura delle multinazionali controlla
le nostre sementi, quindi il nostro cibo. Le società farmaceutiche
controllano, attraverso i farmaci, il comportamento dei nostri bambini.
Wall Street controlla il flusso di capitali. Le grandi aziende pubblicitarie
controllano i messaggi che si ricevono ogni giorno. Quelli vergognosamente
ricchi diventano sempre più ricchi attraverso il crimine: l’America
funziona così.
Nonostante tutto ciò, crediamo di
essere liberi.
Diversamente dal concetto di civilizzazione
occidentale, penso che un sistema sia giusto – e persino equo –
se tratta le persone allo stesso modo e le libera, dando loro l’opportunità
di vivere al di là degli obblighi culturali e politici, svincolati
da un sistema monetario sviluppato e potenziato da altri.
Non imboccherò la strada della
oppressione con un fucile spianato o la pala di un bulldozer,
ma è semplice estendere la nozione di schiavitù-tortura-morte all’intera
popolazione e al consorzio vivente. È abbastanza chiaro che non mi
serve percorrere questa strada: siamo del tutto sconnessi dalla terra
e dai nostri vicini che non sappiamo più a cosa assomigli la felicità,
e ancor meno come potremmo farlo comprendere.
Cosa c’è di sbagliato: facciamo
una lista
Cosa non funziona nella cultura industriale?
Cominciamo dalla moralità dei criminali di guerra come Barack
Obama, che, nel distruggere il pianeta vivente e ogni forma di cultura
non ispirata al modello industriale, sta semplicemente seguendo le orme
di altre persone civilizzate, come Thomas Jefferson e George W. Bush.
Consideriamo, per esempio, le azioni
di Obama agli incontri sui cambiamenti climatici mondiali, stretto in
mezzo a una manciata di guerre ancora in corso e da lui iniziate: dà
lustro alla dialettica politica proclamando vittoria, persino quando
che il mondo ha riconosciuto i suoi (e di conseguenza i nostri) terribili
fallimenti.
Le sue azioni mi ricordano la citazione
di John Ralston Saul con la quale ho iniziato uno dei miei libri: “Mai
fallimento è stato così ardentemente difeso alla stregua di un successo.”
In Nord America, abbiamo represso il
terrorismo nel e dal 1492 e perseveriamo, riducendo in polvere il pianeta
continuando a imprigionare e torturare chiunque sbarri il passo alla
civilizzazione. Abbiamo una storia lunga e sordida, che perdura ancora
e ancora e ancora.
In cambio di una vita confortevole
e miserabile, segnata da un misto d’infelicità e di iPod,
tolleriamo qualunque cosa alla quale i nostri dirigenti prescelti ci
assoggettano. Tutta questa attività di prosciugamento e svuotamento
delle nostre vite necessita che ci venga raccontato un numero sempre
maggiore di menzogne assurde, della cui veridicità ci convinciamo.
Fortunatamente, ciò richiede poco sforzo da parte nostra, perché siamo
immersi nella dissonanza cognitiva, nuotando come ci capita nell’oceano
della negazione culturale.
È relativamente semplice fare un caso
morale della distruzione delle terre e delle acque e delle miriadi di
altre specie, compresa la nostra, che hanno bisogno di sopravvivere.
Dobbiamo semplicemente convincerci di non essere veramente parte della
natura. E grazie al sopradetto oceano, tutto ciò non è un problema.
Ma allora esiste una questione più
complessa: il futuro dell’umanità.
Come giustifichiamo la continua e montante
distruzione della vita sul pianeta, ormai appeso a un filo, quando noi
insieme alle future generazioni abbiamo bisogno proprio dell’oceano
per sopravvivere? Come giustifichiamo il mortifero grumo di crescita
economica in nome di carabattole e al prezzo della vita umana? Sembra
giusto? Nel distruggere il pianeta vivente e tutta la speranza per il
futuro dell’umanità per poter presidiare il pianeta, trovo difficile
pensare che stiamo “esprimendo o insegnando una concezione di comportamenti
corretti” mentre “ci conformiamo a uno standard di comportamenti
corretti”.
Le scelte da affrontare
Sono sempre più convinto che
la sola scelta morale consista nell’abbattere l’economia industriale,
il più velocemente possibile e con ogni mezzo necessario. Se questo
significa distruggere la proprietà, pensate alla distruzione di vite
causata dalla cultura industriale. Se i mezzi richiesti per fermare
l’attività industriale sono violenti, pensate alla violenza e alla
morte causata da ogni atto di civilizzazione.
Usare un telefono cellulare è
legale, e persino incoraggiato dalla cultura industriale: ma in Congo
uccide donne e bambini. Di contro, fare a pezzi una torre cellulare
che uccide migliaia di uccelli ogni anno e facilita la morte e la tortura
del popolo congolese è una offesa criminale punibile con la prigione.
Perché fare a pezzi una torre cellulare quasi certamente rappresenta
un atto di terrorismo ed è punibile con la sospensione del diritto
di habeas corpus [nella legislazione anglosassone, appello al
giudice contro una detenzione ingiustificata, ndt], con la tortura e
con una vita in prigione.
In mancanza di atti violenti e illegali,
restano a nostra disposizione poche altre possibilità. In verità,
utilizzare tutti i mezzi a nostra disposizione ci consente ancora qualche
migliaia di opportunità, poco meno di una tavolozza completa. Sembra
che persino le nostre azioni più “oltraggiose” risultino insignificanti
se confrontate con l’ampiezza del problema da fronteggiare. I banchieri
comandano, senza alcuna preoccupazione per le conseguenze delle loro
azioni. Il potere che ci resta è quello di svignarcela più velocemente
rispetto a quanto non faccia la giustizia nelle nostre aule di tribunale.
Cosa significa questo per noi, le persone
che sono senza voce? Ci lascia scelte morali? Ci indica come dobbiamo
vivere, in un mondo divenuto terribilmente distorto, mentre sediamo
comodi di fronte allo spettacolo dei mostri?
Qui ho poco da offrire, se non annoiarvi
con consigli pratici sulle risorse personali e l’introspezione. Dovremmo
investire sui nostri vicini, poiché è sempre risultato corretto. E
quei vicini non sono unicamente umani. Sono animali e piante, terreno
e acqua.
Abbiamo bisogno di proteggerli e onorarli
perché procreiamo. Abbiamo bisogno di salvaguardarli dalle devastazioni
della guerra, ma anche da una economia edificata sulla guerra. Abbiamo
bisogno di vivere al di fuori dell’economia industriale e dentro il
mondo reale fatto di lavoro onesto, di ruoli onesti, di piaceri semplici,
assumendoci le responsabilità delle nostre azioni quotidiane. Abbiamo
bisogno di abbandonare un sistema politico che prende senza dare, dopo
averci abbandonati. Ad un più alto livello essenziale, abbiamo bisogno
di ristrutturare la società in modo che i bambini comprendano e apprezzino
le origini del cibo e della vita. Non è più del pianeta vivente che
dovremmo essere preoccupati, ma di noi stessi. La questione morale,
allora è: “Che cosa abbiamo intenzione
di fare a riguardo?”
Ma aspettate, c’è dell’altro
Ponderando la questione, tenete presente
l’orribile caso del sovrappopolazione alla quale contribuiamo ogni
giorno. Tenete presente le culture non industriali e i loro linguaggi
che distruggiamo con regolarità. Tenete presente le decine di migliaia
di specie che conduciamo all’estinzione ogni anno. Tenete presente
che, in considerazione della nostra dipendenza da una biosfera sana
e un clima stabile, una delle specie che stiamo conducendo all’estinzione
è l’Homo sapiens.
Se avete proseguito la lettura fin
qui, e concordate anche con una minima parte di questo testo, ormai
non c’è più modo di tornare indietro. Una volta riconosciuto che
l’economia industriale è micidiale e che gli Stati Uniti sono il
maggiore impero distruttore di vita nella storia mondiale, una volta
riconosciuto che i politici sono semplici strumenti dell’imperialismo
nel perdurante miraggio economico, non c’è modo di chiudere semplicemente
gli occhi di fronte alla cultura della morte.
Riconosco la mia responsabilità. Non
voglio portare torture e sofferenza agli umani e agli altri animali.
Non voglio distruggere il pianeta vivente affinché un pugno di esseri
umani possano continuare a vivere in modo confortevole al prezzo di
ogni altra cultura e specie sul pianeta. Non voglio essere responsabile
dell’esaurimento dell’habitat per gli umani sulla Terra.
E voi?
Dopo avere compiuto il primo passo
– allontanarsi dalla cultura industriale – i passi successivi non
comportano nulla di più semplice. Se la cultura sta uccidendo noi,
le altre specie e le prospettive future per una qualche vita umana sulla
Terra, abbiamo l’obbligo di porre fine all’economia industriale.
Se è così, cosa significa? Dobbiamo metterci a rischio di essere imprigionati,
torturati e persino uccisi per salvare il pianeta vivente a favore delle
future generazioni di umani?
I genitori ovviamente non possono rischiare
di finire in prigione. L’obbligo morale verso la famiglia si contrappone
all’obbligo morale verso il pianeta. Ma se il pianeta vivente fosse
la vostra famiglia? E se la longevità dei vostri figli dipendesse completamente
dal porre fine all’economia industriale? Entrambe le cose sono senza
dubbio certe: il pianeta vivente è la vostra famiglia, anche se non
lo riconoscete, e la longevità dei vostri figli dipende dal porre fine
all’economia industriale in un prossimo futuro.
Come vi ricorderanno i vostri figli?
Come un terrorista (alias una combattente per la libertà)? Come un
imperialista indifferente, pronto a sacrificare il pianeta vivente per
il proprio fondo pensione? Come guarderemo in faccia i nostri figli
dopo che avremo distrutto ogni possibile habitat per gli esseri
umani in questo pianeta? O, dopo avere fatto poco, come guarderemo in
faccia i nostri figli quando avremo fallito nella difesa del pianeta
vivente?
Possiamo estendere le motivazioni parentali
a ogni essere umano sul pianeta. Tutti noi abbiamo qualcuno che amiamo
e che ci ama. Esistono poche persone che vivono da eremiti e non credo
possiamo far loro affidamento per salvarci dall’economia industriale.
Eroi contemporanei
Immaginate il mondo senza Patrick Henry
e pochi altri combattenti per la libertà che sono stati pronti
a dare le proprie vite in nome di un futuro più luminoso. Immaginate
se fossero stati pacifisti, desiderando solamente firmare petizioni
ed escogitare boicottaggi. Dare alla pace una possibilità? Ciò è
esattamente quello che gli industriali vogliono da noi: gente passiva,
sempre dipendente dalla televisione e dalla politica, così da poter
derubarci distruggendo il pianeta vivente dal quale dipendiamo. Siamo
come Winnie the Pooh nella vecchia storiella:
Il Cavaliere: Ti piacerebbe essere
il mio lacché?
Pooh: Cosa
è un lacché?
Il Cavaliere: Qualcuno che fa cosa
gli dico, senza porre domande, e senza essere pagato.
Pooh: Dov’è l’inghippo?
Molte persone sostengono che l’era
industriale si sta avviando alla sua conclusione, quindi non sono necessarie
ulteriori azioni da parte nostra. Queste persone sono seriamente surclassate
da quelle che pensano che l’era industriale non finirà mai. Entrambi
i gruppi sono lacchè dell’imperialismo, e non hanno la volontà di
assicurare all’umanità un futuro migliore compiendo azioni coraggiose.
In fine, tutto ciò che mi chiedo
è se farete qualcosa. C’è molto da fare e ognuno può giocare
un ruolo. Vi unirete a me?
Questo brano
è estratto e adattato da un capitolo del libro: Walking Away from
Empire.
All’età
di 49 anni e all’apice di una carriera produttiva e ricca di riconoscimenti,
Guy McPherson, me stesso, ha lasciato la sua posizione ben pagata e
con un lavoro non faticoso da docente a tempo pieno in una prestigiosa
università, per ritornare alla terra. Perché
si dovrebbe lasciare un lavoro sicuro, facile e remunerativo nel quale
si eccelle per impiantare orti e allevare capre, galline e papere? Vengono
in mente quattro ragioni: 1) è un modo per resistere all’imperialismo
consiste nel ritirarsi dall’impero; 2) esiste un imperativo morale
riguardo il modo in cui viviamo; 3) i messaggi di McPherson sulle conseguenze
della nostra dipendenza dai combustibili fossili hanno richiesto molto
più tempo di quanto a sua disposizione nella qualità
di professore nella torre d’avorio; e 4) per credere di poter allungare
la mia vita qualche anno oltre il completamento del collasso,
dell’attuale economia e dell’ambiente, a cui stiamo conducendo la
Terra.
Fonte: Is Terminating The Industrial Economy A Moral Act?
09.12.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ANTONELLA SACCO