Che la musica possa essere utilizzata a scopi curativi non è una novità, quel che sta emergendo sempre di più è che ha anche un potente effetto neuroprotettivo.
Qualche tempo fa Science Daily, un sito web specializzato su articoli scientifici, riportò uno studio effettuato dall’Università di Helsinky che attestava gli effetti favorevoli della musica di Mozart su apprendimento e memoria. Per la precisione la ricerca dimostrò che ascoltare, anche per soli 10-15 minuti, un concerto per violino del grande compositore, da un lato potenzia l’attività dei geni coinvolti nel rilascio e trasporto della dopamina e le funzioni sinaptiche, mentre dall’altro disattiva l’attività di geni coinvolti nel Parkinson e nei problemi di neuro degenerazione.
Più di recente anche uno studio presentato nell’annuale incontro della Società di Radiologia del Nord America che si è svolto a Chicago, ha sottolineato i profondi e benefici effetti della musica sull’attività cerebrale.
In base ai risultati esposti suonare uno strumento musicale e prendere lezioni di musica comporterebbe numerosi benefici nei bambini, incrementando le connessioni cerebrali e rivelandosi un ottimo rimedio per il trattamento dell’autismo e dei deficit dell’attenzione.
Nello specifico sono stati sottoposti ad esame 23 bambini dell’età di 5-6 anni, non affetti da alcuna patologia, ai quali hanno fatto prendere delle lezioni di xilofono. Tutti, sia prima che dopo i corsi, sono stati sottoposti a delle valutazioni mediante ‘Imaging’, una risonanza magnetica tecnologica in grado di evidenziare il flusso delle molecole d’acqua extracellulari lungo le fibre nervose che costituiscono la materia bianca del cervello e che rappresentano le vie di comunicazione tra le varie regioni cerebrali. Ebbene, in seguito a nove mesi di istruzione musicale, i risultati hanno evidenziato un allungamento delle fibre nervose in diverse zone cerebrali dei bambini.
Dunque la musica ha la capacità di favorire la formazione delle reti tra neuroni e di incentivare l’attività delle vie cerebrali già esistenti. Secondo gli esperti ciò è possibile perché per poter suonare uno strumento si attivano le connessioni tra i due emisferi del cervello.
Dal momento che già altre ricerche passate hanno dimostrato uno stretto legame tra autismo o disturbi dell’attenzione dovuti ad iperattività e riduzione tanto di volume quanto di collegamento nella fibra che costituisce la corteccia frontale cerebrale, si spera che presto possano essere disponibili percorsi terapeutici specifici che prevedano al loro interno anche un utilizzo mirato della musica. All’estero, in molti paesi, ciò avviene già da tempo.
__
VB