COLLEGA I PUNTINI E VEDRAI IL SEGNO DEL DOLLARO
DI RUSS BAKER
WhoWhatWhy
La finta primavera araba:
È vero che la Primavera Araba è una cosa buona.
È vero che Gheddafi è un cattivo elemento. Ma se unite i puntini vedrete
che qualcuno gli ha dato una mano. Le prove indicano che c’è
un piano per creare una “Primavera Araba” per i Soliti Bravi Ragazzi,
CIA, banche, compagnie petrolifere. Leggere per credere.
In un articolo
precedente ci siamo posti
la seguente domanda: “Perché siamo in Libia?” Abbiamo fornito qualche
spunto.
Ora abbiamo altri elementi. Questi
elementi hanno i nomi dei nostri giocatori preferiti: aziende petrolifere,
banche come Goldman Sachs, e ne risulta un quadro di infiniti intrighi
corporativi. Quel genere di intrighi che non viene mai fuori nei media
corporativi.
Vediamo quali.
Lo scorso febbraio, parecchi giorni
dopo le dimissioni di Hosni Mubarak in Egitto, una protesta civile è
iniziata nella confinante Libia. In tutta fretta, il ministro della
Giustizia di Gheddafi è passato dalla parte dei ribelli, diventandone
un leader. E ha sostenuto che il suo ex capo è stato il responsabile
dell’esplosione del volo Pan Am 103:
Il leader libico Mohammar Gheddafi
ha ordinato l’attentato nel 1988 al volo Pan Am 103 sul cielo di Lockerbie,
Scozia, notizia riportata da un giornale svedese mercoledì
scorso e attribuita ad un ex ministro del parlamento libico.
L’ex ministro della Giustizia
Mustafà Mohamed Abud Al Jeleil, che pare abbia rassegnato le dimissioni
questa settimana per le violenze scatenate dal governo contro i manifestanti,
ha detto al tabloid Expressen di essere in possesso delle prove che
Gheddafi aveva ordinato l’attentato che uccise 270 persone.
“Ho le prove che Gheddafi ha dato
l’ordine per l’attentato di Lockerbie”, Expressen cita Al Jeleil
in un’intervista tenuta presso una grande città
libica ignota.
Il giornale non ha detto qual
era la prova del coinvolgimento di Gheddafi nell’attentato.
Un libico, Abdel Basset al-Megrahi,
è stato processato e condannato al carcere in Scozia per l’attentato
e Gheddafi, al potere dal 1969, è
stato marchiato per anni come un paria.
Nel 2009 il governo scozzese ha
liberato al-Megrahi per motivi umanitari dopo che i medici gli hanno
diagnosticato un cancro alla prostata, in uno stadio terminale,
decisione fortemente criticata dagli Stati Uniti.
È tornato in Libia ed è tuttora vivo.
Secondo al Jeleil,“per nascondere
(il suo ruolo nell’attentato), ha fatto tutto il possibile per far
tornare Megrahi dalla Scozia.”
“Lui (Gheddafi) ha ordinato a
Megrahi di farlo.”
Questa è la storia che è comparsa
nei maggiori media del mondo, senza che nessuno si sia fermato un attimo
per fare domande sul vantaggio propagandistico di questa affermazione
o sulla tempistica. Per esempio, il britannico The Telegraph,
ha intervistato Jeleil/Jalil:
In un’intervista al Daily Telegraph,
Mustafà Abdel Jalil, il capo del provvisorio governo ribelle a Bengasi
ed ex ministro della Giustizia, ha detto di avere le prove del coinvolgimento
di Gheddafi nell’attentato del 1988 all’aereo Pan Am 103 sui cieli
di Lockerbie.
“L’ordine era stato dato da
Gheddafi in persona” ha detto a Rob Crilly.
Il signor Abel Jalil ha sostenuto
di avere le prove che l’attentatore condannato Abdelbaset Ali Mohmed
al-Megrahi lavorava per Gheddafi.
“Le prove le abbiamo nelle nostre
mani e abbiamo documenti che provano quel che ho detto, siamo pronti
a fornirli ad una corte criminale internazionale” ha aggiunto.
Da allora, non si è mai avuta
alcuna indicazione che queste prove siano state fornite a nessuno. Quindi
non sappiamo se esistono, o se lui stesse dicendo la verità. Ma i titoli
hanno fatto il loro lavoro – chiunque abbia guardato i telegiornali
o letto le notizie sarà rimasto convinto che Gheddafi è dietro questo
vile atto.
Un paio di giorni dopo, per la prima
volta, il presidente Obama chiedeva a Gheddafi di lasciare il suo posto.
E poco dopo, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e i loro alleati si stavano
preparando per avviare un’azione militare contro Gheddafi, inizialmente
indicata come esclusivamente umanitaria, “per proteggere i civili”.
(Alla fine, il personaggio più importante dell’esercito britannico
ammesso che l’inesorabile
bombardamento aveva come obiettivo la rimozione del leader libico).
Torneremo alla macchina propagandistica
e alla sua efficacia più avanti, ma ora esaminiamo la relazione
tra i governi occidentali e Gheddafi. Si è trattato, come presentato
ai media, di fare semplicemente la cosa giusta contro un brutale tiranno?
Contro uno che è anche accusato di essere dietro l’omicidio di quei
passeggeri?
Non è questo il luogo dove riassumere
tutte i rapporti tra Gheddafi e l’alleanza. Basti dire che Gheddafi
è uno della lunga lista di leader stranieri che ha insistito su un
percorso indipendente, includendo un necessario atteggiamento autoritario
nella regione, e questo gli ha procurato guai. In particolare, possiamo
ricordare alcune schermaglie con la marina americana durante l’amministrazione
Reagan-Bush, ma c’è una lunga lista di aggravanti. E, come nel caso
di Hugo Chavez in Venezuela, si deve aggiungere il fatto che Gheddafi
si trova su un territorio con enormi riserve petrolifere. In combinazione
con la sua brutalità, avarizia e maniere bizzarre, ecco servito un
target appetibile e facile da trattare per i dipartimenti propagandistici
dei suoi nemici.
Con l’aumento delle ostilità, alla
Libia è stata affibbiata, possibilmente con qualche motivo, la patente
di forza terrorista e quindi collegata a una serie di offese di enorme
portata con le quali potrebbe avere avuto a che fare o forse no.
Una di queste è stata la morte
di diversi soldati americani in un night a Berlino nel 1986, un’altra
il presunto sostegno a un dirottamento nello stesso anno. Ma quel che
ha messo quasi tutto il mondo contro Gheddafi è stato il presunto ruolo
della Libia nell’attentato che fece esplodere il volo Pan Am 103.
Molti di noi ricordano, distrattamente,
il ruolo della Libia su quel caso come un fatto accertato. Se è così,
siamo fuori strada. Iniziamo con questo documento della BBC del 2001, in seguito alla
condanna di Megrahi, un agente dell’intelligence libica:
Robert Black, il professore
di legge che ha ideato la struttura del processo tenuto in Olanda, ha
detto domenica scorsa di essere “assolutamente sbalordito” dal fatto
che Al Megrahi sia stato giudicato colpevole.
Il signor Black ha affermato che
secondo lui il processo ha avuto “un quadro probatorio estremamente
debole” e che è riluttante a credere che i giudici scozzesi abbiano
potuto “condannare chiunque, anche un libico” sulla base di tali
prove.
Il punto di vista, pubblicato sui
quotidiani britannici, riecheggia quello di alcune famiglie di vittime
britanniche dell’attentato di Lockerbie, che chiedono un’inchiesta
pubblica per trovare “il vero responsabile e quale
è stato il movente”.
Le proteste
Il verdetto di mercoledì
ha scatenato rabbiose proteste in Libia sabato scorso, mentre Washington
e Londra hanno chiesto al governo libico di assumersi la responsabilità
di questa atrocità e di indennizzare le famiglie delle vittime.
I manifestanti hanno condannato
quello che hanno chiamato un verdetto
“dettato dalla CIA” e hanno chiesto di indennizzare le vittime dei
raid americani del 1986 su Tripoli e Bengasi.
Per avere altre informazioni sui dubbi
circa il ruolo della Libia nell’attentato, consultate l’eccellente
sommario di forte testimonianza sul fatto che i libici potrebbero essere
stati incastrati, testimonianza non presentata al processo, su Wikipedia. (Se da un lato Wikipedia non può essere
considerata una fonte sicura, spesso è un buon sommario di ciò che
si può trovare in giro e quindi un buon punto di partenza per ulteriori
ricerche). Gli elementi problematici, che costituiscono una lista davvero
lunga, includono una presunta offerta di 4 milioni di dollari per una
testimonianza che avrebbe portato a certa incriminazione, la successiva
ammissione di un testimone chiave di aver mentito, dettagli di uno strano
andazzo nei laboratori della scientifica del FBI, e indicazioni che
la bomba potrebbe essere stata introdotta in un aeroporto dove l’imputato
non era presente.
Tuttavia, la condanna di Megrahi e
la deferente cronaca dei media come di giustizia fatta, ha avuto come
conseguenza la continuazione delle sanzioni contro la Libia e Gheddafi,
sanzioni che avevano già isolato il paese per un decennio dalla comunità
internazionale.
Gheddafi ha cercato di liberarsi da
quel marchio, arrivando a consegnare Megrahi per il processo nel 1999.
Ma non ha funzionato e la sentenza di condanna del 31 gennaio 2001,
arrivata appena 11 giorni dopo l’insediamento di George W. Bush alla
presidenza americana, ha minacciato di peggiorare parecchio le cose.
A quel punto, Gheddafi ha dovuto anche badare alla propria sopravvivenza.
Nel maggio 2002, dopo che le truppe
americane in Afghanistan avevano cacciato i Talebani e 4 mesi dopo che
Bush aveva inserito Iran, Nord Corea e Siria nella lista di un certo
“asse del male” nella ricerca di “armi di distruzione di massa”,
la Libia ha avvertito il pericolo. Quel mese, essa offrì di fornire
pagamenti scaglionati alle famiglie delle vittime di Lockerbie, come
parte della negoziazione per la cancellazione delle sanzioni commerciali
da parte dell’ONU e degli Stati Uniti, e della rimozione della Libia
dalla lista dei paesi che sponsorizzavano il terrorismo redatta dal
Dipartimento di Stato americano. In agosto del 2003, diversi mesi dopo
l’invasione dell’Iraq e della rimozione di Saddam Hussein, Gheddafi
negoziò un accordo, come riportato dal New York Times:
La Libia e i legali delle famiglie
delle vittime dell’attentato del 1988 al volo Pan Am 103 su Lockerbie,
Scozia, oggi hanno firmato un accordo per creare un conto di 2.7 miliardi
di dollari come indennizzo dovuto, ha detto un avvocato.
“La Libia e i legali che rappresentano
le famiglie delle vittime hanno firmato un accordo per creare un deposito
presso la Bank for International Settlements” ha detto il legale Saad
Djebbar, un algerino che vive a Londra e che ha seguito il caso dal
1992.
Di conseguenza, ha aggiunto che
le sanzioni delle Nazioni Unite potrebbero essere revocate.
Con l’accordo, la Libia
è tenuta a depositare il denaro nel conto e inviare al Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite una lettera con la quale ammette la responsabilità
per l’attentato nel quale morirono 270 persone.
Oggi a Washington, alcuni membri
delle famiglie hanno dichiarato che il Dipartimento di Stato ha invitato
le famiglie delle vittime a una riunione informativa per venerdì
prossimo.
Si è trattato di un accordo complesso,
che ha avuto molti tentennamenti. La Libia riferì alle Nazioni Unite
che si sarebbe “presa la responsabilità” dei bombardamenti, anche
se, va detto, non ammise alcuna colpevolezza. Infatti, alla fine del
2008, il figlio di Gheddafi, Saif, disse a una squadra di documentaristi
della BBC che l’unico motivo per cui la Libia aveva “ammesso le
responsabilità” era solo per veder rimosse le sanzioni. Il documentario
ha evidenziato che molte famiglie delle vittime avevano rifiutato il
risarcimento perché credevano che la Libia non era davvero la responsabile
dei bombardamenti.
L’accordo del 2003 era comunque sufficiente
per iniziare a dare di nuovo alla Libia la benvenuta nella famiglia
delle nazioni. L’amministrazione Bush avviò rapidamente i commerci
con la Libia. Nel dicembre del 2003 la Libia acconsenti a porre fine
a tutti i programmi esistenti relativi alle armi di distruzioni di massa
per rimuovere le sanzioni del Stati Uniti.
Questo ha dato un abbrivio non solo
alla Libia, ma anche alle maggiori compagnie occidentali, che da anni
scalpitavano per prendersi un pezzo dei beni libici, tra cui le ingenti
riserve petrolifere e le entrate da queste generate.
L’inesorabile macchina del commercio
continuò a fare la sua corsa. Nel giro di poche settimane Bush firmò
un ordine esecutivo per ripristinare l’immunità della Libia dai processi
per terrorismo e per porre fine alle richieste di risarcimento ancora
pendenti negli Stati Uniti.
Nel 2007, spinta con decisione dalla
compagnia BP, li Regno Unito iniziò a spingere per avanzare
una richiesta di estradizione in Libia per Megrahi, che hanno poi portato
a una serie di eventi che sono culminati nel 2009 con il suo rilascio
per supposti motivi di salute. (Nuove informazioni sul ruolo della BP
sono apparse di recente, quando Hillary Clinton e i più importanti
senatori al Congresso espressero
sconcerto e dichiararono la loro intenzione di avviare un’indagine. Nessuna menzione da parte dei Democratici
sui dubbi di questa incriminazione, ma solo indignazione che un “assassinio”
fosse stato liberato.)
Nel 2009, lo stesso anno in cui Megrahi
fu rilasciato, Gheddafi, di fronte alle rigide richieste di pagamento
per Lockerbie, iniziò a pressare le compagnie petrolifere per fargli
pagare somme più alte in modo da aiutarlo a pagare il proprio debito.
Abbiamo appreso delle pressioni sulle
compagnie petrolifere durante gli sforzi propagandistici di questi giorni
che si sono adoperati per fornire il supporto per l’azione militare
contro Gheddafi. In un articolo
del New York Times intitolato
“Trattative nell’ombra hanno aiutato Gheddafi a costruirsi una fortuna
e un regime”, il nodo della questione secondo cui Gheddafi avrebbe
agito in modo losco (senza però parlare delle compagnie petrolifere)
consiste nella gemma che segue. È stato subito tralasciata e abilmente
fraintesa:
Nel 2009 i collaboratori più stretti del colonnello Muammar Gheddafi hanno riunito a sé quindi manager delle compagnie energetiche mondiali che operano nei campi
petroliferi libici e gli hanno fatto una richiesta straordinaria, quella
di tirare fuori i soldi per il conto da 1,5 miliardi di dollari che
la nazione deve pagare per il suo ruolo nell’abbattimento del volo
Pan Am Flight 103 e per altri attacchi terroristici.Nel caso in cui le compagnie
non avessero acconsentito, i funzionari libici hanno assicurato il profilarsidi “serie conseguenze” per le loro licenze petrolifere,
secondo un resoconto del meeting stilato dal Dipartimento di Stato.
Ma come mai Gheddafi aveva un così
disperato bisogno di soldi? L’articolo non lo dice. Ma se collego
i punti correttamente, allora suggerisco di leggere un altro documento,
e poi collegarli insieme.
il Wall Street Journal
con un’esclusiva del 31 maggio che è enormemente importante ma che
è sempre stata messa in disparte, scollegata dalle questioni relative
al petrolio summenzionate. Raccomando di leggere l’intero estratto
che segue:
All’inizio del 2008 il fondo sovrano
libico, controllato dal colonnello Moammar Gheddafi, ha affidato 1,3
miliardi di dollari al gruppo Goldman Sachs per investirlo in valute
e in altri complicati strumenti finanziari. Gli investimenti
hanno perso il 98% del loro valore,
secondo i dati di un documento interno di
Goldman.
[…] Nel 2004 il governo degli
Stati Uniti elevò un primo pacchetto di sanzioni […] che aprì
la strada a decine di banche europee e statunitensi, agli
hedge funds e ad altre agenzie di investimenti per addossarsi alla
nazione nord-africana.
L’Autorità
degli Investimenti Libica inaugurò
la sede al 22esimo piano di quello che era l’edificio più
alto di Tripoli e partì nel giugno del 2007 con circa 40 miliardi di
dollari in asset. La Libia avvicinò
25 istituzioni finanziarie, offrendo a ciascuna la possibilità
di gestire almeno 150 milioni di dollari, come ricorda una persona a
conoscenza con i progetti del fondo.
Presto iniziò
a spargere frazione del capitale nelle aziende di tutto il mondo. Oltre
a Goldman, queste istituzioni comprendevano
Société Générale SA, HSBC Holdings PLC,
Carlyle Group, J.P. Morgan Chase & Co.,
Och-Ziff Capital Management Group e
Lehman Brothers Holdings Inc., secondo una registrazione interna
del fondo controllata dal Journal.
“La nazione ha preso la matura
decisione di unirsi ai grandi”, ha detto Edwin Truman, un importante
membro del Peterson Institute for International Economics ed ex assistente
del Segretario al Tesoro. Fino ad allora, le somme del fondo d’investimento
erano depositate nella banca centrale libica, ottenendo scarsi ritorni
da obbligazioni di alta affidabilità.
Goldman colse al volo l’opportunità.
Nel maggio del 2007 alcuni partner di
Goldman si incontrarono con i libici nel loro
’ufficio londinese. Mustafa Zarti, l’allora direttore aggiunto del
fondo, e Hatem el-Gheriani, il suo capo-ufficio agli investimenti, invitarono
i clienti di Goldman di andare a visitare il quartier generale del fondo
in Libia. Zarti era un sodale molto stretto del figlio del colonnello
Gheddafi Saif al-Islam e un amico di lunga data del comandante libico.
[…] Goldman elaborò
presto un nuovo business con i libici con delle opzioni
– investimenti che danno ai compratori il diritto di acquistare azioni,
divise o altri asset in una data futura a un prezzo prefissato. Tra
gennaio e giugno del 2008 il fondo
libico pagò 1,3 miliardi di dollari di opzioni scelte tra un paniere
di divise e sei azioni: Citigroup Inc., la banca italiana
UniCredit SpA, lo spagnolo Banco di Santander, il gigante delle assicurazioni
tedesco Allianz, la compagnia energetica francese
Électricité de France e quella italiana
Eni SpA. Il fondo avrebbe iniziato a ottenere profitti se i prezzi
delle sottostanti azioni o divise fosse salito ai livelli contrattati.
Ma quell’inverno la crisi del
credito colpì in modo cieco, facendo fallire
Lehman Brothers e le banche in tutto il mondo dovettero far fronte
a una crisi finanziaria. Il miliardo e trecentomila dollari di opzioni
furono colpiti in modo molto pesante. Il valore dei titoli sottostanti
crollò e tutti gli scambi persero soldi, secondo i
dati di un memo interno di Goldman controllato dal
Journal. Il memorandum evidenziava che gli investimenti avevano un
valore di circa 25,1 milioni di dollari nel febbraio del 2010, una perdita
del 98%.
I funzionari del fondo sovrano
accusarono Goldman di aver mascherato la modalità dell’investimento
e di aver concluso la trattativa senza una propria autorizzazione,
secondo le parole di persone a conoscenza dei fatti. Nel luglio
del 2008, Zarti, il direttore aggiunto del fondo, convocò
Kabbaj, il direttore di Goldman per il Nord Africa, a una riunione con
il legale del fondo e il personale addetto, secondo le
email dell’Autorità degli Investimenti Libica controllate dal
Journal.
Una persona che ha assistito alla
riunione ha detto che Zarti era “come un toro scatenato”, offendendo
e minacciando Kabbaj e un altro impiegato di Goldman. Goldman
ingaggiò agenti per la security per proteggere i dipendenti fino al
momento della partenza dalla Libia del giorno successivo, secondo persone
a conoscenza dei fatti.
[…]Dopo questa resa dei conti,
il fondo ha richiesto la restituzione e ha fatto vaghe minacce per un’azione
legale.
Il Journal prosegue nel descrivere
la risposta di Goldman, la cui “audacia” non inizia nemmeno a descrivere.
Goldman ha offerto di sistemare la questione vendendo alla Libia una
enorme compartecipazione… di Goldman stessa. L’articolo del Journal deve
essere letto, come questo
saggio da Rolling Stone,
ma tutto questo non significa davvero che le compagnie occidentali,
alla cosa, vogliano che andarci davvero a fondo.
Il punto, almeno per me, è che
la Libia ha seguito il consiglio di un’azienda americana e ha investito,
e perso, un’enorme somma dei fondi che si pensava dovessero generare
profitti da usare per governare la Libia. Come ad esempio fornire il
tipo di servizi che all’inizio hanno tenuto i libici vicini a Gheddafi.
È davvero una sorpresa che, dopo questo
disastro bancario, Gheddafi nel 2009 si rivolse disperatamente alle compagnie
petrolifere occidentali, che stavano facendo davvero bene in Libia,
chiedendo loro di pagare diritti più alti per finanziare gli accordi
relativi all’affare Lockerbie? Accordi che forse non avrebbe nemmeno
dovuto pagare?
***
Nel dicembre del 2010, quando un tunisino
si è dato fuoco, la Primavera Araba prese avvio, in Egitto, in
Bahrein e ovunque. Molto velocemente, fu chiaro che le potenze occidentali
era a rischio di perdere cruciali forniture petrolifere, oltre a basi
militari di vitale importanza.
È fu certamente positivo che, proprio
in quel momento, la Libia mostrasse l’intenzione di muoversi nella
direzione opposta, dalla parte degli Stati Uniti. Leggete il nostro articolo sui legami della CIA con le rivolte libiche.
Poi considerate, nel febbraio, la tempistica
delle dichiarazioni avventate degli ufficiali disertori libici secondo
cui era Gheddafi stesso che aveva ordinato il bombardamento del Lockerbie.
Ma siccome tutto questo, per il dipartimento
della propaganda, non era sufficiente per sollecitare una maggiore collaborazione
dell’opinione pubblica, è così apparsa la storia degli stupri. La
persona comune non ha il tempo o la voglia di seguire questa ridda di
complicate manovre che tanto ci affascinano, ma viene comprensibilmente
scossa dai bombardamenti sui civili e dagli stupri.
Abbiamo scritto qualcosa sulla storia degli stupri. Il nostro punto di vista, che è ancora ben
saldo, è che si tratta di una cosa molto inusuale che le vittime degli
stupri e le loro famiglie si facciano avanti pubblicamente. È una cosa
praticamente sconosciuta nei paesi arabi, dove le conseguenze possono
essere davvero gravi. (Aggiornamento: la donna e la sua famiglia sono state trasferite in
Occidente e lei ha detto
che ha piacere di venire in America.)
Abbiamo compreso la tempistica della
storia, l’alacrità con cui la stampa occidentale l’ha fatta propria
e l’ha diffusa, e il semplice fatto che non ci sono prove che legano
in alcun modo Gheddafi a questi atti. Persino la stessa donna non lo
dice. Ma ha infuriato milioni e milioni di persone che hanno riempito
di post la rete, e tutto questo ha mosso l’opinione pubblica nelle
colonne a supporto dell’azione militare per rimuovere il leader
libico.
Il fatto che i media mainstream
non possano, o non vogliano, vedere quello che è successo ci dice quanto
poco ci siamo allontanati dalla Risoluzione
del Golfo di Tonchino.
Comunque ci riesce bene capire cosa
potrà accadere se stiamo con le antenne ben alzate. Ad esempio, l’altro
giorno il sito web Politico si è brevemente interessato a una riunione
informale tra Hillary Clinton e i manager esecutivi sulle opportunità
di business in Iraq.
FIRST LOOK: WALL STREET IN IRAQ? –
Il Segretario di Stato Hillary Clinton e il Segretario Aggiunto Tom
Nides (in precedenza funzionario-capo amministrativo a Morgan Stanley)
hanno ospitato un gruppo di manager esecutivi questa mattina
come parte dell’Iraq Business Roundtable. I manager delle trenta
maggiori multinazionali degli Stati Uniti – che comprendono aziende
della finanza come Citigroup, JPMorganChase e Goldman
Sachs – si uniranno ai funzionari statunitensi e iracheni per
discutere delle opportunità economiche nel nuovo Iraq. Questa la lista
completa dei partecipanti: http://politi.co/kOpyKA
Diamogli un paio di anni e faranno
un’altra festicciola per celebrare un nuovo regime bendisposto in
Libia.
Fonte: http://whowhatwhy.com/2011/06/06/libya-connect-the-dots-you-get-a-giant-dollar-sign/
06.06.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di RENATO MONTINI E SUPERVICE