DI JOSHUA FRANK
Counterpunch
Quattro anni fa, quando il sentimento contro l’amministrazione Bush aumentò, tutta la sinistra si strinse ben stretta intorno a John Kerry, tenendo cara la vita. I critici la chiamarono la sindrome “chiunque ma non Bush” ma sarebbe stato più adatto “nessuno eccetto Kerry”.
Virtualmente ogni causa progressista, dal lavoro all’ambiente, era stata cooptata in modo da assicurare più o meno lo stesso. Non fu esercitata alcuna pressione su Kerry a cambiare, ed infatti non lo fece. Come risultato il movimento contro la guerra collassò senza alcuna manifestazione ed in stretto accordo con la campagna democratica a favore della guerra. Fortunatamente il movimento per terminare la guerra risorse con Cindy Sheehan che, mesi dopo, si accampò fuori la tenuta di Bush in Texas.
Oggi troviamo il nostro clima politico in uno stesso stato di shock. Chiamatela epidemia “nessuno tranne Obama”. Il senatore Barack Obama ha ora sigillato la sua nomination per i Democratici ed i soliti sospetti, da MoveOn.org a Progressive Democrats for America, stanno cadendo uno dopo l’altro. Tristemente, ciò che sembra imperare in quest’anno di elezioni è anche peggio della tempesta che colpì i nostri problemi nel 2004.Dopo otto lunghi ed orrendi anni di Bush, ci si attende che parecchi elettori supporteranno qualunque candidato democratico se ciò significasse buttar fuori dalla Casa Bianca i Repubblicani sciagurati. Il messaggio di cambiamento di Obama ha sicuramente avuto una eco positiva. Ma sotto la sua retorica vi è una brillante campagna di pubbliche relazioni, orchestrata dai membri interni al sistema di Washington DC, che è vuota di ogni sostanza.
Nel 2006 i democratici erano annunciati al Congresso con l’aspettativa che avrebbero messo fine alla guerra in Iraq. La campagna democratica attraversò la nazione e sfruttò il sentimento popolare anti Bush, promettendo che reali cambiamenti erano all’orizzonte.
Questo è comunque un ritornello già noto.
Due anni dopo, non abbiamo nulla da mostrare a suo favore. I democratici hanno controllato entrambe le camere del Congresso, hanno già approvato virtualmente tutte le spese della guerra in Iraq che sono state proposte, assicurando il bagno di sangue per gli anni a venire. Tutti i principali democratici hanno seguito la linea di Bush sull’Iran, assicurando uno scontro militare se il paese non cessa i suoi test nucleari. Insomma la retrograda politica estera verso il medio oriente di Bush non ha avuto alcun tipo di opposizione dal Congresso.
Come la maggior parte dei suoi colleghi, Obama ha fatto molto poco per cambiare la faccia della politica americana. Lui ha votato per la spesa militare, ha tranquillizzato la lobby pro-Israele, ed ha aiutato a tirare su lo scorretto caso contro l’Iran, non dicendo nulla dell’abbondante arsenale militare israeliano e delle testate nucleari. In breve Barack Obama non è un alleato di quelli di noi che si oppongono all’ambigua guerra al terrore.
“Voglio che sappiate che oggi io parlo col cuore, e come un sincero amico di Israele”, Obama annunciava ad una folla di fanatici sostenitori di Israele il giorno dopo che si era assicurato la sua nomination. “Quando incontro l’AIPAC sono tra amici. Amici che condividono l’impegno a far si che il legame tra USA ed Israele sia infrangibile oggi, domani e per sempre.”
Siamo di nuovo qui come nel 2004, con i progressisti e gli altri della destra che guardano desiderosi e speranzosi alla candidatura. Ma non è solo l’appoggio di Obama alla guerra che dovrebbe farci imbestialire.
Obama appoggia la pena di morte, si oppone ad un sistema sanitario pubblico a fondo unico [Single-payer health care n.d.r.], supporta l’energia nucleare, si oppone alla tassa sull’inquinamento da carbone, è favorevole all’embargo a Cuba, e non metterà fine ai numerosi aiuti che le multinazionali ricevono, incluse quelle del cartello del petrolio e del gas.
Poiché gli Stati uniti sono scivolati in questa profonda recessione, Barack Obama sta promettendo ancora più della stessa solfa, nonostante il suo criticare il piano economico di John McCain. Ma dietro il sipario del gruppo strategico di Obama ci sono gli stessi economisti trogloditi e gli stessi intellettuali che ci hanno condotto nell’attuale disastro finanziario.
Il gruppo dei consiglieri di Obama comprende l’economista di Harvard Jeffrey Liebman, un ex consigliere di Clinton, che crede che dovremmo privatizzare la previdenza sociale. Poi abbiamo il conosciuto David Cutler, anche lui di Harvard, che crede che la nostra economia potrebbe riprendersi privatizzando di più i costi del sistema sanitario. Scrivendo per il New England Journal of Medicine nel 2006, Cutler spiegava: “i crescenti costi del sistema sanitario sono stati la fonte di taglienti discussioni dei media e del pubblico, senza che nessuno ne analizzasse seriamente i benefici tratti”.
E questa è solo la punta di un immenso iceberg.
Forse tutte queste questioni stanno favorendo la candidature indipendente di Ralph Nader, a cui i sondaggi danno il 5% a livello nazionale. Questo nonostante la sua assenza sui media ed il poco supporto tra i progressisti.
Nader affronta ancora diversi ostacoli, dall’accesso al voto alla raccolta fondi, ed il suo supporto è più elevato ora rispetto a come era nel 2000 al suo “Green Party bid”. Io credo ancora che se Nader volesse mettere effettivamente sotto pressione Obama e i Democratici quest’anno concentrerebbe le sue limitate risorse ed energie sugli stati che contano di più: Ohio e Florida.
In generale, progressisti ed altri che lavorano per portare reali cambiamenti in questo paese, dovrebbero uscire dall’oscura nube “Nessuno ma Obama” che li copre. Per la sua campagna, quando si tratta dei principali problemi del momento, Obama non rappresenta alcun “cambiamento” o “speranza” in più rispetto al senatore McCain.
Joshua Frank è autore di “Left Out!” (Common Courage Press) e co-editore, con Jeffrey St. Clair, di “Red State Rebels: Tales of Grassroots Resistance in the Heartland” (AK Press). Visitate il nuovo sito web di Red State Rebels all’indirizzo www.RedStateRebels.org.
Titolo originale: “Why I Can’t Support Barack Obama”
Fonte: http://www.counterpunch.org
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11.06.2008
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ANTO SARNO