DI MIGUEL MARTINEZ
Kelebleker.com
“Ora è inutile
lamentarsi che la futura politica economica sarà scritta dai nostri
creditori: abbiamo avuto la nostra chance di decidere per noi e l’abbiamo
sprecata consegnandoci al Nano. E visto che il popolo è sovrano, adesso
non ci si può lamentare se paghiamo duramente le nostre scelte collettive.”
Così scriveva
ieri un commentatore su questo blog.[1]
Leggendolo, ho capito
qual è la mia difficoltà con le persone della sinistra maggioritaria
in questo paese.
Vivo in Italia, ho
la nazionalità italiana, ma non mi integrerò mai in questo
paese.
Sono anni che sento
un coro di persone che sostengono che
il Nano abbia rovinato l’Italia. Già il termine Nano
non mi entusiasma, e non mi entusiasma per lo stesso motivo per cui
non mi entusiasma chi chiama Obama il Negro o Vendola
il Frocio.
Personalmente, preferisco
chiamare Berlusconi il Pierino, cioè un signore che interpreta
in maniera geniale uno dei ruoli chiave della psiche collettiva italiana:
il maschietto,
l’ometto, viziato, impunito, che riceve l’ammirazione del padre quando torna a casa con
la merenda rubata ai compagni d’asilo.
“Birichino!”
Ho dovuto assistere
a un numero sufficiente di matrimoni per riconoscere subito la tipologia
dello Zio Silvio, che fa battute ammiccanti sulle prestazioni dello
sposo, distribuisce regali, guida i cori e spiega i segreti di come
evadere le tasse sulla seconda casa o come cucinare bene un arrosto.
Berlusconi ha fatto
abbastanza cronaca da far ridere le prossime cento generazioni.
Ha fatto una serie
di riforme confusionarie e inconcludenti, cercando di fare l’impossibile:
realizzare i tagli mostruosi imposti dalla Banca Centrale Europea senza
perdere elettori.
Ma non ha fatto
la storia.
Non ha fatto la storia
dell’espansione capitalista del dopoguerra, che nasce grazie al Piano
Marshall e alla decisione di creare un mercato mondiale, per le merci
statunitensi innanzitutto, garantendo sicurezza sociale a centinaia
di milioni di occidentali.
Non ha fatto la storia
della successiva contrazione del sistema del capitalismo sociale, che
non parte dall’Italia, ma addirittura – come ci ricorda Marino Badiale
– dalla lontana Nuova Zelanda, e pure con un governo di centrosinistra.
E in tempi in cui Silvio Berlusconi era un piccolo agente immobiliare.
Non è Berlusconi
che ha creato l’Europa-sistema, non è lui che ha creato i mercati
globali, non è lui che ha creato la delocalizzazione della produzione
e dei capitali che rende impossibile per qualunque Stato “tassare
i ricchi”.
Non è lui che
ha introdotto il bipartitismo
che obbliga a scegliere tra due schieramenti con lo stesso programma.
Abolendo di fatto la possibilità al demos
di contrapporsi alle oligarchie economiche.
Non è lui che
ha fatto aderire l’Italia alla Nato e a tutta una rete di altri “impegni”
internazionali, talvolta segreti, che tolgono sovranità al paese.
Non ha fatto nulla
di lontanamente “fascista“, visto che non ha mobilitato la
popolazione, non ha promosso alcuna forma di autarchia economica, non
ha introdotto alcuna ideologia. E non ha introdotto alcuna dittatura,
tanto che quando qualcuno molto più forte di lui ha deciso che era
ora di chiudere lo spettacolo, se ne è andato.
Non è lui che
ha inventato le “riforme del mercato del lavoro” che hanno facilitato
i licenziamenti e distrutto le organizzazioni dei lavoratori.
Non è lui che
ha inventato il TAV e i “grandi lavori”. Se è lui che non ha toccato
il bilancio
militare,
è anche perché su questo tema l’opposizione ha taciuto.
Solo in piccola misura,
nel ruolo di un capitalista qualunque, Berlusconi ha partecipato alla
creazione di un sistema speculativo che è esploso addosso al mondo.
In una parola,
non esiste solo l’Italia.
O meglio, non esiste un’Italia a sé, che non riesce a essere Seria
e Civile come i paesi anglosassoni.
Un unico processo sta
mettendo in ginocchio l’umanità: ciò che è successo all’Italia
sono briscole rispetto ai venti milioni di contadini che hanno
perso le loro terre a causa del trattato del 1994 tra il Messico e gli
Stati Uniti, ad esempio. E lì non c’era Berlusconi. Come non c’era
Berlusconi né in Grecia né in Spagna, due paesi governati, anzi, dal
centrosinistra.
Se sono “scelte collettive”,
si tratta di scelte collettive di tutti gli abitanti del pianeta.
Siccome Silvio Berlusconi
non poteva fare nulla nel campo della politica reale, assieme a una
banda di commensali singolarmente incompetenti, si è dedicato a ciò
che a Roma chiamano il cazzeggio. Suscitando risate di
simpatia da una parte e urla di rabbia dall’altra.
Sicuramente ha fatto
qualche legge al limite della costituzionalità per tenere se stesso
e i suoi amici fuori dalla galera. Una cosa inqualificabile, ma che
non è certo causa della catastrofe economica e sociale che incombe
sull’Italia. Ha fatto innumerevoli piccoli favoritismi, come quando
ha deciso di esonerare gli insegnanti di religione dalle misure che
colpivano tutti gli altri insegnanti: però non è questo
che ci ha messi nella condizione in cui ci troviamo.
Silvio Berlusconi è
un buffone, e in quanto tale è privo di importanza.
Mentre ciò che
sta arrivando, ha l’aria di essere terribilmente
serio.
Nota:
[1] Il commento che cito è solo
un pretesto per parlare del flusso di idee che ha fatto venire in testa
a me. Non intendo criticare il suo autore, che ha spesso contribuito
cose interessanti a questo blog e che ringrazio.
Fonte: Perché non ce ne importa niente di Silvio Berlusconi
14.11.2011
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