DI WILLIAM KOTKE
CarolynBaker.net
Alcuni gruppi di esperti stanno calcolando che ad un certo punto tra il 2030 e il 2050 necessiteremo di due “pianeti Terra” per poterci procurare le risorse necessarie a soddisfare gli attuali trends di produzione e consumo. Nonostante tutto ciò sembri piuttosto improvviso, ci sono persone tuttora vive che nello spazio della loro esistenza hanno visto raddoppiare la popolazione mondiale. Non avremo tempo di trovare un’altra Terra da sfruttare per poter prevenire l’inevitabile esplosione. Possiamo vedere come il consumo crescente di risorse non rinnovabili termini con la devastazione della civiltà e la morte di massa (escludendo forse i gruppi tribali che ancora cacciano e coltivano).
Alcuni affermano che il colpevole è l’economia, altri la politica, ma in realtà si tratta di un cattivo adattamento alla Terra. Il problema della civiltà è biologico. Viviamo in una società che prende l’energia dai flussi energetici biologici della Terra senza però riempire nuovamente la sorgente [di tali flussi] mediante una retroazione positiva continua.
Il cibo, la luce del sole, viene consumato dai vegetali per poi costruire la biomassa. Foglie, rami e altri detriti organici cadono a terra e sono a loro volta consumati da milioni di entità, sia macroscopiche che microscopiche, che costituiscono la “comunità del suolo”. Gli escrementi di questi organismi, che entrano in soluzione tra di loro nel suolo, costituiscono il nutrimento delle radici delle piante. Ciò apre la strada alla biodiversità. La maggior parte delle piante necessita di un moderato strato superficiale fertile per sopravvivere, il quale si accumula al ritmo di un pollice ogni 300-1000 anni in un sistema ecologico ottimale. Quando le culture di Babilonia e della dinastia cinese Han, biologicamente male adattate, iniziarono a “pulire la terra” seimila anni fa per favorire l’agricoltura, la circolazione energetica biologica cessò, perché non c’era più un sistema ecologico che la nutrisse.
Nelle Great Plains statunitensi, metà dello strato superficiale è già stato tolto e ora i nuovi contadini industrializzati scaricano erbicidi e pesticidi sul terreno, i quali uccidono ulteriormente la “comunità del suolo”. I contadini ripristinano la fertilità del suolo con dei fertilizzanti artificiali, derivati da combustibili fossili, questi ultimi in rapido esaurimento.
Questo è un piccolo esempio di come i flussi energetici terrestri vengono distrutti dall’ agricoltura, dalla deforestazione, dalla desertificazione, dall’inquinamento e dalla costruzione di case sullo strato fertile del suolo.
Nonostante gli uomini siano stati buoni abitanti del pianeta per alcuni milioni di anni, seimila anni della cosiddetta civiltà ci hanno portato ad una catastrofe in cui la specie umana potrà forse estinguersi, portando con se una larga parte della vita sulla terra, a causa ultima delle radiazioni nucleari.
La nostra cultura esiste e cresce estorcendo energia biologica dalla vita terrestre, senza poi dare niente in cambio. Questo scenario ci pone davanti ad alcune scelte. Possiamo tentare di “riformare” la nostra attuale cultura oppure possiamo fare un salto e creare un nuovo stile di vita, ma non potremo permetterci di non fare nulla.
Adattarsi ai flussi energetici biologici è la questione di vita o di morte per la specie umana. Questo è fondamentalmente l’impiccio in cui si è cacciata l’umanità.
UNA CULTURA DI ADATTAMENTO
I nostri lontani antenati sono riusciti per intere ere ad adattarsi biologicamente alla vita sulla terra e ora, se la specie deve sopravvivere, dobbiamo adattarci alla nuova curva della spirale della vita. Non possiamo tornare indietro e vestirci con perizomi e mangiare bacche e radici. La selvaggina è scomparsa e le bacche e le radici sono state coperte dalle città. Dovremo creare una cultura che favorisca la vita anziché estirparla.
Le culture si formano normalmente su lunghi periodi di tempo e attraverso il condizionamento dei giovani generazione dopo generazione. Noi non abbiamo tutto questo tempo. Al momento, abbiamo enormi quantità di informazioni provenienti da varie culture che possiamo sintetizzare e usare per ideare e creare nuove istituzioni sociali. Possiamo riscontrare come negli anni passati un’ampia diversità di colonie e comunità sia stata costituita intenzionalmente e ciò dimostra come sia possibile fondare una nuova cultura.
All’inizio del 21° secolo la scelta tra il vivere in una comunità autosufficiente, di svoltare verso l’autosufficienza e vivere in una regione biologica autosufficiente, rappresenta sia una soluzione per sopravvivere che una scelta per creare una nuova realtà caratterizzata da un restauro culturale ed ecologico.
Appurato che la civiltà ha utilizzato oltremisura le sue risorse e non ha futuro, abbiamo bisogno di una nuova idea. Ogni membro della specie umana che si prenda la responsabilità biologica della sua esistenza costituisce una nuova idea. Se gli esseri umani diventassero maggiormente responsabili, potremmo promuovere collettivamente delle comunità autosufficienti sperimentali in molte aree biologiche del pianeta. Queste comunità si definirebbero sperimentali nel senso che sarebbe affrontata la questione centrale del “vivere in equilibrio con la natura”. Noi civilizzati non abbiamo conoscenze in questo senso ed esperimenti effettuati da differenti culture in differenti regioni ci farebbero progredire.
Esse rappresenterebbero delle legittime “comunità della crescita”, concentrate sulla crescita di esseri viventi piuttosto che sull’aumento del denaro e del potere. Se alcuni gruppi si ponessero in questo modo sullo spartiacque del cambiamento, cominciando un fase di restauro ecologico e, lentamente diffondendola a valle, il risultato sarebbe che aria ed acqua pulita proverrebbero proprio da queste aree.
Dato il principio della crescita della vita, il restauro ecologico rappresenterebbe il punto centrale. La “permacultura”, tecnica che farebbe crescere una maggior quantità di cibo per acro rispetto al sistema industriale nutrendo contemporaneamente il suolo, dovrebbe essere usata nelle zone vicine alle abitazioni, le quali verrebbero costruite a mano utilizzando materiali del luogo. Sebbene sembri un’impresa, esistono comunità sul pianeta che riescono a fare tutto ciò ( www.gaia.org). Alla fine della sua vita la quercia inizia a disintegrarsi e nel mentre spunta una ghianda. Il nostro compito è di incoraggiare il germogliare della ghianda e lasciare che la quercia muoia.
William H. Kotke viaggia molto e i suoi scritti vengono ampiamente pubblicati. Il suo ultimo libro, edito da Planet Garden, è il classico dell’ambiente underground “The Final Empire: The Collapse of Civilization and the Seed of the Future” [L’ultimo impero: il collasso della civiltà e il seme del futuro, ndt]. Potete contattarlo all’indirizzo [email protected].
Titolo originale: “BEYOND CIVILIZATION: THE BIRTH OF A NEW HUMAN CULTURE”
Fonte: http://carolynbaker.net/
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26.11.2008
Traduzione di MAURO SACCOL per www.comedonchisciotte.org