DI PAUL KRUGMAN
New York Times
La disuguaglianza è di nuovo
nei notiziari, fondamentalmente grazie a Occupy Wall Street, con un
aiuto fornito dal Congressional Budget Office. E cerchiamo di
capire di cosa si parla: è l’ora di spazzare vie le nebbie!
Chiunque abbia seguito l’argomento
nel tempo sa cosa intendo. Quando si minaccia di analizzare con più
attenzione le disparità di reddito, c’è sempre un’affidabile sequela di difensori che cerca di confondere le idee. I think tank fanno pubblicare articoli dove si afferma che la disuguaglianza non sta davvero aumentando, o che la cosa non è importante. Gli esperti cercano di edulcorare il fenomeno, affermando che non si parla dei pochi ricchi contro tutti gli altri, ma che sono i più istruiti contro i
meno istruiti.
E allora si deve sapere che tutte queste dichiarazioni sono in effetti tentativi per oscurare la chiara realtà dei fatti: siamo in una società in cui i soldi sono sempre più concentrati nella mani di pochi e in cui questa concentrazione di reddito e di ricchezza minaccia di rendere la democrazia una parola vuota.
In resoconto del CBO, vengono riportati i cambiamenti, in percentuale, delle quote di reddito, ripartite su tre gruppi. Il quintile più altro escludendo l’1 per cento più alto – che è sostanzialmente coincide che le persone molto istruite che non fanno parte dei pochi fortunati – è riuscito solamente a tenere il passo della crescita totale dei redditi. Quasi tutta la redistribuzione è passata dalla fascia che comprende l’ultimo 80 per cento dei redditi al primo 1 per cento (e sappiamo
anche che gran parte se ne è andato nelle tasche del primo 0,1 per cento).
L’ufficio del bilancio ha fatto trapelare parte di questa chiara realtà in un recente report che ha documentato il drastico declino nel totale dei redditi della quota relativa agli americani di classe bassa e media. Ci piacerebbe pensare di essere una nazione composta dalla classe media. Ma con l’80 per cento dei proprietari che percepiscono meno della metà del totale degli introiti, si tratta di una considerazione che cozza sempre più con la realtà.
Come risposta, i soliti sospetti hanno sciorinato i consueti argomenti: i dati sono errati (non lo sono), i ricchi sono un gruppo sempre mutevole (non è vero) e così
via. L’argomento preferito ora sembra essere che non forse non siamo più una società della classe media, ma che siamo ancora una società in cui la classe medio-alta dei lavoratori più istruiti, che hanno
le competenze per lavorare nel mondo moderno, stanno facendo davvero bene.
È una bella storia, e molto meno deviante rispetto alla descrizione di una nazione in cui un gruppo molto più ristretto di ricchi sta diventando sempre più dominante. Ma non è vera.
I lavoratori con la laurea hanno in effetti, in media, fatto meglio di quelli senza, e la forbice si è allargata sempre più nel corso del tempo. Ma gli americani con un’educazione superiore non sono stati assolutamente immuni alla stagnazione dei redditi e alla crescente insicurezza economica. Gli incrementi di reddito per la gran parte dei lavoratori laureati sono stati insignificanti (e inesistenti dal 2000), e i ben istruiti non possono più contare su impieghi con alti benefit. In particolare, in questi giorni i lavoratori con una laurea ma senza formazione successiva hanno più difficoltà a trovare una copertura sanitaria col posto di lavoro rispetto ai lavoratori che
nel 1979 avevano solamente un diploma.
E allora chi sta percependo i forti
guadagni? Una piccolissima e ricca minoranza.
Il report dell’ufficio del
bilancio ci dice che essenzialmente che la redistribuzione dei maggiori
redditi si è spostata dall’80 per cento verso il più ricco 1 per
cento degli americani. Di questo si tratta, e i manifestanti che ritengono
di rappresentare gli interessi del 99 per cento hanno fondamentalmente
ragione, e gli esperti – che li assicurano con solennità che tutto
questo riguarda solo la formazione e non i guadagni di una piccola élite
– hanno totalmente torto.
Va invece detto che i contestatori
stanno ponendo la staffa troppo in basso. Il resoconto recente dell’ufficio
del bilancio non analizza in profondità l’1 per cento, ma un documento
precedente, che arriva solo al 2005, ha riportato che quasi i due terzi
degli incrementi di reddito nelle fasce più alte è andato davvero
al primo 0,1 per cento, le migliaia di americani più ricchi che hanno
visto le proprie entrate crescere più del 400 per cento nel periodo
che va dal 1979 al 2005.
Chi c’è in questo 0,1 per cento?
Sono gli eroici imprenditori che creano posti di lavoro? No, per la
gran parte sono dirigenti delle multinazionali. Le recenti ricerche
mostrano che circa il 60 per cento del primo 0,1 per cento per reddito
sono dirigenti di compagnie non finanziarie o che fanno i soldi con
la finanza, come esempio si può portare Wall Street in senso allargato.
Aggiungete gli avvocati e gli agenti immobiliari, e si arriva a circa
il 70 per cento di quelle fortunate migliaia.
Ma perché questa sempre maggiore
concentrazione di ricchezza affluisce in così poche tasche? Parte
della risposta è data dal fatto che la crescente disuguaglianza
porta a una nazione in cui la maggior parte delle famiglie non hanno
alcun beneficio dalla crescita economica. Un’altra parte della risposta
è che una volta che si è capito quanto più ricco è diventato chi
ricco lo era già, l’ipotesi che aliquote più alte sui redditi più
alti debba fare parte di un qualsiasi accordo di lungo termine sui redditi
diventa inoppugnabile.
La risposta, comunque, è che
l’estrema concentrazione dei redditi è incompatibile con la democrazia.
Si può negare seriamente che il nostro sistema politica è stato devastato
dall’influenza dei grandi capitali, e che la devastazione sta peggiorando
mentre la ricchezza di pochi diventa sempre più grande?
Alcuni esperti stanno ancora cercando
di sminuire le preoccupazioni sulla maggiore disuguaglianza come se
fosse un argomento stupido. Ma in verità è lo stato di salute della
nostra società che è in bilico.
Fonte: Oligarchy, American Style
03.11.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE
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