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DI GEORGE MONBIOT
Guardian.co.uk

Quando un uomo come Steve Keen

afferma che i milioni di milioni spesi per il rifinanziamento delle

banche ci ha fregato è veramente il caso di ascoltarlo.

Uscii barcollando nel sole autunnale,

le cifre mi rimbombavano ancora nella testa e cercavo ancora di capire

quello che avevo sentito. Mi sentivo come se avessi partecipato a un

funerale: un funerale in cui tutti noi venivamo seppelliti. Non pretendo

di aver capito ogni singola cosa della lezione: il teorema di Sonnenschein-Mantel-Debreu e l’equazione differenziale di 41 righe erano

circa 15,8 metri sopra la mia testa. Ma le cose che ho colto sono state

abbastanza lampanti. Siamo fregati: fregati a tal punto che quasi nessuno

può rendersene conto.
Il professor Steve Keen è stato uno dei pochi economisti che hanno previsto la crisi finanziaria. Mentre l’OCSE e la Federal Reserve statunitense prevedevano una

grande sobrietà“, una stabilità senza precedenti

e un benessere in crescita costante, lui ci metteva in guardia per affrontare

un crollo imminente. Ora ci avverte che gli stessi fattori che hanno

causato la crisi indicano che finora è abbiamo visto solo l’eco della

tempesta. Senza un radicale cambio di politiche, un’altra Grande Depressione

sarà inevitabile.

Il problema è analizzato dettagliatamente

nella nuova edizione del libro di Keen, “Debunking Economics“. Come la sua conferenza, anche il libro

è rovinato da sgradevoli vanterie e rivalse. Ma i grafici e le cifre

che contiene forniscono un resoconto più convincente sulle cause del

crollo e la sua probabile evoluzione rispetto alle motivazioni addotte

finora da Constitution

Avenue o Threadneedle Street. È complicato, ma è nel vostro interesse

comprenderlo. Quindi, per favore, sopportatemi mentre faccio del mio

meglio per spiegarvelo.

La versione ufficiale, così come è stata formulata da Ben Bernanke, presidente della Federal Reserve, ci dice che sia la prima Grande Depressione sia l’attuale crisi sono state causate da una carenza di moneta di base. La moneta di base o M0 è il denaro che crea la banca centrale. Costituisce le riserve delle banche private, in forza delle quali esse possono prestare denaro ai clienti. La pratica di rilasciare somme di debito diverse volte maggiori rispetto alle riserve bancarie, con la quale le banche private creano denaro che non esisteva prima, è detta riserva frazionaria. La teoria economica convenzionale prevede che quando la banca centrale aumenta l’M0, ciò scatena il moltiplicatore economico: le banche private generano più moneta scritturale (M1, M2 ed M3), aumentando la crescita economica e l’occupazione.

Bernanke,

riprendendo le affermazioni di Milton Friedman, crede che la prima Grande

Depressione negli USA sia stata provocata da un crollo della disponibilità

di M0, che, con le sue

parole, “ha causato […] ribassi del moltiplicatore economico“.

Ma da quanto dimostra Keen, c’è solo una debole connessione tra la

disponibilità di M0 e la depressione economica. Ci sono state ben sei

occasioni in cui, dopo la Seconda guerra mondiale, la disponibilità

è diminuita più velocemente di quanto non avesse fatto nel 1928 e

1929. In cinque di queste occasioni c’é stata una recessione, ma nulla

a che vedere con ciò che avvenne alla fine degli anni Venti. In alcuni

casi la disoccupazione è cresciuta quando la crescita dell’ M0 era

elevata ed è diminuita quando era bassa: risultati che cozzano con

la spiegazione di Bernanke. Il professor Keen sostiene che non sono

i cambiamenti dell’M0 a modificare l’occupazione, ma che è la disoccupazione

a scatenare cambiamenti dell’M0: i governi distribuiscono più denaro

quando l’economia entra in crisi.

Keen propone una spiegazione completamente

differente per la Grande Depressione e per l’attuale crisi. Entrambi

gli eventi, afferma, sono stati scatenati da un collasso della domanda

connessa al debito. La domanda aggregata in un’economia come la nostra

è formata dal PIL più il cambio del livello di debito. È il cambiamento

repentino ed estremo dei livelli di debito a rendere la domanda così

instabile e a scatenare le recessioni. Maggiori sono i livelli di debito

privato, in relazione al PIL, maggiore è l’instabilità del sistema.

E più il debito assume la forma dello schema

Ponzi – si chiedono prestiti

per finanziare la speculazione finanziaria – peggiore sarà l’impatto.

Keen mostra come, a partire dagli anni

Sessanta, il debito del settore privato negli USA abbia iniziato a superare

il PIL. Il debito si è portato a livelli largamente instabili a partire

dai tardi anni Novanta, con punte nel 2008. L’inevitabile collasso con

questi tassi di credito ha fatto abbassare la domanda aggregata del

14%, causando la recessione.

Col senno di poi avremmo dovuto capirlo

facilmente, ma ciò che gioca a favore dell’analisi di Keen è

che lui lo ha previsto. Nel dicembre 2005, redigendo una perizia per

un caso giudiziario, Keen andò a cercare il rapporto fra debito

privato e PIL nella sua patria, l’Australia, per vedere come era cambiato

dagli anni Sessanta. Rimase attonito nello scoprire che era cresciuto

esponenzialmente. Poi fece lo stesso per gli Stati Uniti, con risultati

simili. Subito diede l’allarme: una situazione del genere dava adito

a una crisi economica molto più grave di quella della metà degli anni

Settanta o dei primi anni Novanta. Un’enorme bolla speculativa era

sul punto di scoppiare. Ovviamente fu ignorato dai decisori politici.

Keen ci dice che se non affrontiamo

questi problemi, la crisi continuerà a sopravanzare. Le “forze

della deflazione da debito” che si sono scatenate “sono

molto maggiori rispetto a quelle che causarono la Grande Depressione“.

Negli anni Venti il debito privato crebbe del 50%. Tra il 1999 e il

2009 è cresciuto del 140%. Il rapporto debito-PIL negli USA è molto

più marcato di quanto non lo fosse all’inizio della Grande Depressione.

Se Keen ha ragione, le notevoli somme

che sono state spese sulle due sponde dell’Atlantico per rifinanziare

le banche sono state uno sperpero inutile di denaro. Non hanno fatto

ripartire l’economia e non lo faranno, perché il denaro fornito dall’M0

non è un fattore determinante.

Il Presidente Obama ha giustificato

il salvataggio delle banche motivando che “un dollaro di capitale

in una banca può consentire prestiti di otto o dieci dollari alle famiglie

e alle imprese. Perciò si ha effetto moltiplicatore.” Ma l’effetto

moltiplicatore non si avuto. I 1,3 miliardi di dollari che Bernanke

ha immesso hanno aumentato di poco il denaro in circolazione: l’aumento

del 110% dell’M0 non ha portato a una crescita dell’800% o del 1.000%

dell’M1, come ipotizzato da Obama, ma solo un aumento del 20%. I salvataggi

hanno avuto risultati fallimentari perché l’M0 non era la causa della

crisi. Il denaro avrebbe dato migliori risultati se fosse stato consegnato

direttamente alla gente. Ma, come

hanno dimostrato Angela Merkel e Nicolas Sarkozy nella fine settimana, i governi non hanno imparato nulla da questo

fiasco e cercano solo di ripeterlo.

Invece, afferma Keen, la chiave per

evitare o limitare una seconda Grande Depressione è ridurre i

livelli di debito privato attraverso una cancellazione unilaterale,

un giubileo. I prestiti irresponsabili che le banche hanno concesso

non dovrebbero essere onorati. Ciò significa che molte banche sarebbero

sottoposte ad amministrazione controllata. Altrimenti il debito privato

si rimetterà in sesto da sé con i mezzi tradizionali: fallimenti di

massa, che genereranno una crisi ancora peggiore.

Queste sono misure a breve termine.

Mi piacerebbe vederle rivalutare gli scopi della nostra economia e convertirsi a una economia

stazionaria, del tipo proposto da Herman Daly e Tim Jackson. I governi e le banche centrali ora hanno

un’occasione mai avuta prima per imparare dagli errori catastrofici

che hanno fatto. È un’occasione che, sembra, non vogliano cogliere.

**********************************************

Fonte: It’s in all our interests to understand how to stop another Great Depression

10.10.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GIADA GHIRINGHELLI

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