Tornato dalle ferie, durante le quali, come da tradizione, non mi sono mantenuto “connesso” con i media, ho trovato qualche sorpresa, come la crisi del governo Draghi, che non posso definire spiacevole, ma la situazione sul fronte “covid” mi pare tutt’altro che risolta, soprattutto nella testa della gente. Ad una cena tra amici fuori città, dove qualcuno si è presentato mascherato nonostante il fatto che non si fosse parlato di balli in maschera, ho appreso che due degli amici, super extra vaccinati, avevano preso la terribile malattia versione estiva, ma erano sopravvissuti ed erano anzi “appena usciti dall’isolamento”.
Indagando più a fondo, ho capito che ai due si erano manifestati sintomi di raffreddore e mal di gola. Ma come avevano fatto a sapere di avere il “covid” e non, appunto, un semplice raffreddore? Facile, erano corsi a fare il tampone al primo starnuto e madre e figlio erano risultati positivi (per inciso per la seconda volta), mentre il padre, “inspiegabilmente”, nonostante lo stretto contatto, non lo aveva preso. Se ne deduceva che la malattia, nonostante la vaccinazione, era ancora ben viva e pericolosa per la salute pubblica persino in piena estate.
Abbastanza fantastico, devo dire. A parte il fatto che nessuno sembrava minimamente notare la bizzarria della situazione di persone trivaccinate che si beccano per due volte la malattia, mentre io che viaggio in aereo senza maschera e senza vaccino non prendo assolutamente nulla, sembra chiaro che solo due anni fa, un episodio analogo neppure sarebbe stato notato, meno che mai raccontato o, se lo fosse stato, sarebbe stato attribuito ad un colpo di fresco dovuto “all’aria condizionata” con conseguente golfino legato in vita a mostra della propria straordinaria sensibilità. Di questi tempi, invece, diventa argomento di conversazioni serie e ragione di presentarsi mascherati ad una cena all’aperto con espressione di “serie preoccupazioni” per l’autunno a venire.
Direi, che nonostante non abbia alcuna paura del virus del super raffreddore, sono d’accordo che c’è ragione di essere preoccupati. Con questo stato mentale di molti, superare il prossimo inverno, ancora una volta, non sarà cosa facile. Ho provato a rassicurare i commensali esternando la mia certezza che non moriranno di covid, ma molto più probabilmente di cancro o di qualche altra malattia degenerativa, ma, come c’era da aspettarsi, l’osservazione non mi ha procurato grande popolarità, anche se sospetto che in fondo alla loro testa lo sappiano tutti benissimo che non moriranno di covid, ma più che dalla paura siano dominati da un gran bisogno di conformarsi ai dettami dei media.
La mia personale impressione è che moltissimi siano stati conquistati dalla narrazione covidiana per lo stesso fenomeno sociale per il quale nel XVII secolo gli olandesi furono conquistati dall’amore per i tulipani e le loro varietà e adesso siano tutti ansiosi di mostrare la loro conformità a questa comune credenza che, grattando appena la superficie, mostra facilmente la propria inconsistenza. In fondo basta non grattare la superficie. Perché mai i tulipani dovevano essere così preziosi? A chi era mai fregato nulla dei tulipani? I più preferivano le cipolle che almeno erano buone da mangiare. Ma nessuno ha voglia di chiederselo, preferiscono soddisfare il proprio bisogno di normalità. Se tutti si tolgono il cappello ci sarà pure una ragione, me lo tolgo anch’io.
In fondo tutte le società sono basate su questo tipo di credenze condivise senza le quali non potrebbero andare avanti e di solito quasi nessuno esprime dubbi in proposito. Durante le mie ferie, per esempio, le persone erano felici di offrirmi vitto e alloggio in cambio di foglietti di carta palesemente senza valore, o addirittura in cambio di un gesto rituale come infilare una tessera di plastica dentro una fessura digitando alcune rune magiche. Ci credevano tutti. Ci crediamo tutti. Pare proprio che i rituali covidiani, con le loro maschere apotropaiche, i loro spruzzatori di gel sui tavoli, le loro sedie con la scritta vagamente surrealista di non sedersi, abbiano conquistato i cuori della fetta più “normale” e vogliosa di “essere normale” della popolazione.
Speriamo arrivi presto una nuova era di contestazione come quella che ho vissuto in gioventù, quando andava di moda farsi beffe di alcuni precetti sociali, ma per la prossima collezione autunno inverno consiglio li stilisti di puntare ancora sulla mascherina, magari tutta “impestata di pietre preziose”.