NEL FRATTEMPO L’ECONOMIA GLOBALE…

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DI TYLER DURDEN
Zero Hedge

Mentre il più grande vincitore

del melodramma politico in corso è C-SPAN, i cui rating non potrebbero essere più alti, e il largo pubblico è logicamente distratto dalla quotidiana mancanza di sviluppo che arriva dalla Casa Bianca, quello che sappiamo
è che il QE2 non è riuscito a generare crescita alcuna nell’economia,
con PIL dopo il Q2 e il Q1 che si è afflosciato in modo spettacolare
a un punto dove una successiva revisione del Q1 sarebbe il punto di
svolta che farebbe di nuovo entrare l’America nella recessione.

Inoltre, abbiamo visto un esempio lampante del serpente economico che si morde la coda, dove il più che proporzionale aumento di prezzo delle commodities, grazie alle politiche di Bernanke, ha represso qualsiasi germe di crescita potenziale che potrebbe essere stato silente nell’economia dopo il Q3 del 2010 attraverso il Q2 del 2011. E tutti questi sono indicatori arretrati. La domanda è cosa succederà all’economia globale andando avanti? Per la risposta dobbiamo ancora riferirci a Sean Corrigan, che segnala alcuni sviluppi davvero preoccupanti nell’arena macroeconomica globale, che, quando è legata ai principi basilari della Teoria Ciclica Austriaca, indica che l’atterraggio morbido globale potrebbe essere un miraggio, e che la discesa in cui già siamo potrebbe convertirsi in uno stallo da cui il Titanic globale non potrebbe salvarsi.

Da Corrigan:

I partecipanti al mercato non

dovrebbero perdere di vista il fatto che, a parte le identiche farse

transatlantiche, un dramma ancora più oscuro sta cominciando a presentarsi

nei termini dell’attività economica mondiale.

I primi segnali di avvertimento

arrivano dall’industria dei trasporti, in cui il traffico dei container

nella West Coast è rallentato in modo notevole. Le importazioni

hanno decelerato a un livello superato solamente

– e comunque di margini risicati

– in una manciata di occasioni negli ultimi quindici anni, provocando

un affossamento del tasso di crescita dal tetto del 26,4% nell’agosto

2010 al minimo da 17 mesi a questa parte del 2,2%.

In linea di massima,

mentre il traffico ferroviario intermodale negli USA sta ancora

registrando i suoi record, i conteggi per ora registrano uno

scarso 2,5% sopra il dato dello stesso periodo del 2010, un brusco calo

dall’incremento del periodo precedente su base annuale del 26%.

A conferma, di là

dal Pacifico, i numeri del porto di Shenzhen riescono appena

a finire nella colonna positiva per quanto riguarda maggio-giugno, mentre

Shanghai è sceso del 18% rispetto allo scorso anno nell’intero 2010,

verso un minimo da 16 mesi nel quadrimestre, toccando il 7,4% in giugno.

Poi abbiamo

i numeri del trasporto aereo di IATA, che registrano il primo

declino globale dall’inizio della crisi, segnato da un drastico calo

del 9,8% su base annua nella regione cruciale dell’Asia-Pacific,

un calo superato solamente durante il crollo mondiale delle esportazioni

tra settembre 2008 e il marzo 2009.

blank

Oltre a una

serie di affermazioni caute emanate dall’industria delle spedizioni,

alcuni importanti produttori di attrezzature hanno invece espresso una

visione meno ottimistica, tra di essi Atlas Copco, Caterpillar, Sandvik,

Alstom, Terex e Siemens. Per un Austriaco,

i segnali di stress di questi produttori di forti ordinativi sono un

chiaro avvertimento della possibilità di una possibile tempesta nel

futuro.

Tutti queste microtendenze sono

state confermate dal declino visto per vari PMI regionali – principalmente in Cina e in

Germania – nell’ultimo mese, così

come nel rallentamento degli ordinativi delle esportazioni di Taiwan

e nella produzione industriale.

Non abbiamo ancora raggiunto inequivocabilmente

un nuovo crollo, ma è innegabile che il rimbalzo provocato dagli stimoli

abbia più o meno esaurito i propri effetti.

Un principio basilare della Teoria Ciclica Austriaca è che il vantaggio dei primi utilizzatori,

conferiti quando un impulso inflazionario

è veicolato all’interno di un’economia, verrà

alla fine dissipato quando i prezzi relativi si adattano in tutti gli

ambiti. Questo implica che per sostenere la loro attività

al di sopra dei livelli che prevarrebbero naturalmente in assenza di

quell’iniziale inflazione, sarebbero necessarie iniezioni più

forti (nominali) in quella che alla fine diventa una corsa della Regina

Rossa per mantenere la struttura produttiva estesa oltre la lunghezza

che i risparmi volontari da soli potrebbero dettare.

In tali circostanze, ogni rallentamento,

se causato da un ritiro brusco degli stimoli o semplicemente da un più

rapido adattamento della sua applicazione, porterebbe a una condizione

degenerativa in cui i margini sono dapprima ristretti, prima che le

entrate fiscali comincino a declinare nel settori precedentemente favoriti

e in quelli dei loro fornitori immediati.

La caratteristica del

“nuota o affoga” di un sistema economico moderno e verticalmente

segmentato è una della ragioni cardinali per cui il famigerato

“atterraggio morbido” è storicamente provato sia così

difficile da ottenere. Visto il grado insolito di allungamento strutturale

realizzato dal boom guidato dalle esportazioni in Asia,

è molto più probabile che tutto questo vada ancora una volta oltre

la capacità dei pianificatori centrali.

E tutto questo ci fa tornare al punto

di partenza: con l’Europa che sta ancora guardando lo specchietto

retrovisore e gli spread spagnoli e italiani ancora una volta

verso il record storico, l’unico rischio rimanente che potrebbe arrivare

nel corso di questa settimana quando il governo “miracolosamente”

riuscirà a trovare un compromesso, portando un’impennata nello S&P,

probabilmente al massimo del 2011, abbinato a una cocente sconfitta

dei bond, particolarmente in quelli a lunga scadenza. A quel punto le

distrazioni finiranno, e il mercato finalmente guarderà avanti con

la mente sgombra, salvo per vedere nient’altro che mari in tempesta.

Purtroppo, quello che sarà il catalizzatore per un QE3 sotto altra

forma (vedi Goldman sull’argomento) porterà probabilmente alle liquidazioni

dei collaterali “call” per l’oro e per gli altri asset con le

migliori prestazioni, mentre i manager cercheranno di vendere

prima i loro migliori prodotti. Il risultato finale di tutto questo

diventerà probabilmente evidente alla fine di agosto quando Bernanke

aprirà un’altra voragine o cambierà per gradi la sua retorica verso

una che contempli più alleggerimenti. Ricordate che il Q3 è una mossa

a “o la va o la spacca” per gli stimoli (e dimenticate gli stimoli

fiscali senza una vacanza del rimpatrio delle tasse in cambio di un’altra

estensione dei pagamenti delle imposte, entrambi superlativamente inutili).

Visto che luglio è finito, ci sono solo due mesi nei quali l’economica

“può” rialzarsi. Fino a questo momento non abbiamo ancora

visto il più flebile barlume che, in assenza dell’alleggerimento

quantitativo, un qualsiasi indicatore ridotto o allargato stia facendo,

anche remotamente, quello che ci si aspettava.

In sintesi: proprio come lo scorso

anno, quando i numeri di agosto dell’NFP erano il catalizzatore per il QE2, dovremo

tutti tenere d’occhio questi dati nel momento in cui nella stessa

settimana, quando il Tesoro presumibilmente finirà i soldi, con ancora

più attenzione a quello che succede alla Camera. Un dato in flessione

garantirà sicuramente l’annuncio di un altro stimolo monetario entro

poche settimane.

Per quello che accadrà dopo,

la versione web di “Dying of Money” si può ancora trovare da qualche parte

*********************************************

Fonte: http://www.zerohedge.com/news/meanwhile-global-economy

30.07.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

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