HA FATTO LUCE SULL’INDIFFERENZA DI ISRAELE PER I DIRITTI UMANI
DI RANDA MUSA
Guardian.co.uk
Attraverso il suo stesso dolore,
Khadar ha aiutato a mettere a nudo la realtà
dei palestinesi tenuti sotto “detenzione amministrativa”
Il nome di mio marito, Khadar Adnan, è ora diventato famoso in tutto
il mondo. Fino a quattro mesi
fa era sconosciuto al di fuori della nostra terra, la Palestina. Il
suo sciopero della fame di 66 giorni lo ha reso un simbolo evidente
della lotta del mio popolo a livello globale.La nostra vita è stata stravolta
il 17 dicembre 2011, quando le truppe israeliane hanno assaltato la
nostra casa nel villaggio di Araba, a sud di Jenin, in Cisgiordania.
Erano circa le tre del mattino quando hanno sfondato la porta e fatto
irruzione. Il loro scempio rimarrà per sempre impresso nella memoria
delle nostre due figlie, Ma’ali di quattro anni e Baysan di un anno
e mezzo. Non sarei sorpresa se anche il figlio che stiamo aspettando
ne sarà influenzato, tanto è stato il trauma che il raid israeliano
ha portato con sé.
Khader Adnan’s Hunger Strike: Palestinian Resistance, Steadfastness and Courage
Khadar è stato uno studente attivista
per molti anni. Non è una figura in ombra, piuttosto un dirigente
locale contro l’occupazione senza peli sulla lingua. Sia l’Autorità
Palestinese di Ramallah che le autorità dell’occupazione israeliane
lo conoscono molto bene. Entrambi lo hanno detenuto senza accuse per
vario tempo.
Questa continua vessazione gli ha impedito
terminare i suoi studi specialistici in economia. Tuttavia, restiamo
una coppia normale, che ha bisogno della tanto desiderata stabilità
e libertà per crescere i propri figli; per dargli la felicità che
gli spetta di diritto. Avendo ottenuto un mio titolo universitario,
non ho dubbio che come genitori siamo ben attrezzati per realizzare
le nostre ambizioni. Ma la vita sotto l’occupazione militare israeliana
ha trasformato i nostri sogni in un incubo.
Per l’ennesima volta, Khadar ha usato
lo sciopero della fame, la sua potente forma di protesta pacifica, di
grande impatto. Quando nel 2010 le forze dell’Autorità Palestinese
lo hanno detenuto, ha continuato il suo sciopero per dodici giorni costringendo
il governo di Ramallah a rilasciarlo.
Allo stesso modo, Khadar ha inscenato
scioperi della fame nei campi di detenzione. L’ultimo è stato nel 2005,
che è durato nove giorni in una cella di isolamento.
Cosa spinge mio marito nel perseverare
in questa forma di resistenza tanto difficile e pericolosa? Sono sicura
sia l’ingiusta natura della “detenzione amministrativa” e i suoi
noti metodi di tortura e umiliazione. Dal momento in cui è stato spinto
in quel veicolo militare in dicembre, gli sono stati rivolti minacce
e insulti. Hanno anche cercato di scioccarlo psicologicamente dicendogli
che lo tradivo, una crudele calunnia che ha subito scartato con disprezzo.
Conosco bene mio marito: lo amo e gli
sarò sempre fedele. Lui lo sa ed è per questo che ha rifiutato
con sdegno le chiacchiere dei suoi tormentatori.
Khadar non è mai stato motivato
da fastidi o offese personali. Lui, come migliaia di altri giovani palestinesi,
è determinato nel vedere la fine dell’occupazione. È guidato da una
logica superiore: mostrare al mondo la condizione dei prigionieri palestinesi.
Dal 1967, più di 65.000 palestinesi sono passati per le carceri israeliane
– molti di loro sotto detenzione amministrativa – con una media
di uno su quattro nei territori occupati.
La detenzione amministrativa è
una misura vaga e vendicativa usata dall’occupazione contro le nostre
donne e i nostri uomini. È uno dei più crudeli retaggi del vecchio
mandato inglese in Palestina. Oggi, in assenza di qualsiasi deterrente
o condanna da parte della comunità internazionale, Israele la utilizza
sempre più frequentemente contro gli studenti e professori universitari,
giovani professionisti e persino parlamentari. Circa trecento sono stati
trattenuti. Il tutto fa parte di una politica immorale usata per mantenere
i palestinesi in uno stato di perenne povertà e sottosviluppo.
Quando un comandante militare emana
un ordine di detenzione amministrativa, non vengono fornite prove. Non
vengono fatte accuse contro le vittime e l’occupazione non ha nessun
obbligo di motivare la detenzione. Questo non è affatto un meccanismo
legale. È semplicemente una misura draconiana e arbitraria usata per
infierire psicologicamente e fisicamente sulle vittime. Quando hanno
la fortuna di essere portati di fronte a un giudice, possono essere
condannati alla detenzione per periodi di sei mesi che possono essere
estesi in maniera indefinita. Il problema dei prigionieri è oggi così
preminente che i palestinesi hanno dovuto creare un ministero ad
hoc che si occupi della questione.
So che mio marito non è un egoista.
È per questo che l’ho sostenuto passo dopo passo. Come ogni moglie
devota, mi sento in dovere di aiutarlo a portare il fardello del nostro
popolo oppresso. I nostri parenti e familiari ci hanno sostenuto con
la stessa forza d’animo. Di certo non mentirei nell’affermare che tutti
i palestinesi lungo l’intero spettro politico e i milioni di amanti
della libertà nel mondo ci avrebbero sostenuti. L’occupazione ha deciso,
sotto pressione, di liberare mio marito ad aprile, ma a centinaia continueranno
a languire in celle putride sotto lo stesso disegno illegale e disumano.
Khadar, tuttavia, ha mandato un messaggio: questa lunga notte di tirannia
e disumanità finirà.
Siamo ben consapevoli del fatto che
Israele potrebbe cercare di venir meno all’impegno di questa settimana
– come hanno fatto con il recente scambio di prigionieri – arrestando
di nuovo coloro che ha liberato. Ma a ogni occasione ci sarà una risposta
e non dubito che mio marito non esiterebbe nel riprendere la sua lotta
stoica con ancora più forza e determinazione.
Per me, la parte più difficile
di questa prova è stato sapere che in ogni momento avrei potuto ricevere
la telefonata dell’annuncio della morte di mio marito. Ma è il prezzo
per la nostra libertà. È il sacrificio necessario per fare in modo
che i nostri figli possano un giorno godere di una vita degna e libera.
Al mondo libero, ai milioni che hanno
sentito parlare di Khadar e lo hanno sostenuto reclamando il suo rilascio,
esprimo di cuore la nostra gratitudine e il nostro apprezzamento.
Fonte: My husband, Khadar Adnan, has shed a light on Israel’s disregard for human rights
22.02.2012
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ROBERTA PAPALEO