MATT SIMMONS: PETROLIO, LA SITUAZIONE PUO' SOLO PEGGIORARE

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A CURA DI THE ECONOMIST

Il guru del “picco del petrolio” ritiene che la produzione mondiale possa solo diminuire

Per essere un uomo che crede che il mondo come lo conosciamo si stia approssimando alla fine, per lo meno per quanto riguarda l’energia, Matthew Simmons è straordinariamente allegro. Magnanimo, giustifica i precedenti, piuttosto scarsi, dell’Economist nella predizione del prezzo del petrolio: il nostro suggerimento del 1999, dice con tono rassicurante, che il petrolio si sarebbe mantenuto su prezzi bassi era dettato dal senso comune di quel periodo. Passa sopra anche al nostro più recente scetticismo in merito alla sua convinzione che la produzione mondiale di petrolio abbia superato il picco: anche lui spera che il “picco del petrolio” alla fine si dimostri solo un mito, dice. Ma una carriera più che quarantennale nel settore delle banche di investimento, aggiunge Simmons, gli ha insegnato a non confidare in idee velleitarie. La maggior parte degli analisti del settore, secondo lui, è eccessivamente ottimista rispetto alla durata dei giacimenti esistenti, all’eventualità di nuove scoperte, alla capacità tecnologica di sbloccare nuove fonti e prolungare la vita di quelle esistenti, e così via. Lui preferisce fare affidamento sulle cifre piuttosto che su fantasticherie. E secondo i dati del governo Americano, la produzione mondiale di petrolio è rimasta più o meno costante fin dal 2005.

Sono le cifre ad aver reso famoso Simmons. Ha trascorso l’estate del 2003 nella sua seconda casa in Maine esaminando attentamente studi tecnici che descrivevano lo stato dei giacimenti petroliferi dell’Arabia Saudita. Sebbene le autorità saudite non pubblichino molte prove a supporto della loro pretesa di disporre di vaste risorse di petrolio, gli ingegneri della Saudi Aramco, la compagnia petrolifera statale, partecipano a conferenze e pubblicano articoli sulle loro esperienze di modellazione e gestione dei giacimenti di idrocarburi. Sulla base di questi contributi, Simmons era giunto alla conclusione che i maggiori giacimenti dell’Arabia Saudita avevano già oltrepassato il loro picco, stavano richiedendo interventi tecnologici sempre più costosi a sostegno della produzione e sarebbero presto entrati in un periodo di inevitabile e rapido declino.

I “grandi” sauditi hanno respinto con disprezzo il libro che Simmons ha pubblicato nel 2005 su questo argomento, Twilight in the Desert: the Coming Saudi Oil Shock and the World Economy (‘Il crepuscolo nel deserto: l’incipiente shock petrolifero saudita e l’economia mondiale’). Ma altri lo hanno sostenuto quale prova convincente della nozione che la produzione mondiale di petrolio avrebbe presto raggiunto una vetta che mai sarebbe stata superata. L’Arabia Saudita, dopo tutto, è già il maggiore produttore del mondo e ci si aspetta che provveda alla maggior parte della crescente domanda di petrolio per i prossimi anni aumentando ulteriormente la propria produzione. Se, invece, dovesse estrarre meno petrolio, ci sono poche speranze che altri paesi possano compensare l’ammanco. In un tale scenario, mentre la domanda di petrolio continua a crescere a dispetto delle riserve in diminuzione, e mentre la ricerca di sostituti si dimostra infruttuosa, il risultato sarebbe la catastrofe economica.

Simmons contribuisce a dare credibilità a questa visione anche perché è un vecchio e rispettato esperto del settore petrolifero. Ci si è imbattuto per la prima volta nel 1969, grazie ad un incontro fortuito in un albergo di Palm Springs. Era a due terzi di un dottorato in economia e aveva in programma di lavorare, una volta terminati gli studi, nella banca di suo padre nello Utah. Invece finì con l’abbandonare l’università per contribuire a raccogliere il capitale di rischio per una azienda pionieristica di sommozzatori operante negli impianti di trivellazione al largo delle coste della California.


[Matthew Simmons ]

Simmons & Company, la banca di investimento che Simmons ha fondato in seguito (assieme a Michael Huffington, industriale petrolifero e uomo politico), ha contribuito ad incanalare denaro e consulenze finanziarie verso la allora nascente industria dei “servizi petroliferi”, che si occupa di attività quali le prospezioni sismiche e il trivellamento dei pozzi per conto delle compagnie petrolifere. In effetti, dice Simmons, è stata proprio la sua banca a coniare l’espressione “servizi petroliferi”. La società ha gestito oltre 500 accordi di fusione e incorporazione nel settore, di cui 49 solo l’anno scorso.

Tutto ciò significa che Simmons può attingere ad una lunga esperienza e profonda conoscenza dell’industria petrolifera. Non mette in discussione la principale critica alla teoria del “picco del petrolio”, ovvero che i miglioramenti tecnologici, spronati dai prezzi elevati, prima o poi permetteranno la scoperta di nuovi giacimenti, maggiori quantità di petrolio estratto dai giacimenti esistenti e la creazione di petrolio artificiale a partire da sostanze quali le sabbie asfaltiche, il carbone e l’argillite bituminosa. Tuttavia, ritiene che tali progressi appariranno più tardi – e avranno un impatto inferiore – rispetto a quanto presumono i suoi detrattori.

Per come stanno le cose, fa notare, tutti gli impianti di trivellazione al mondo stanno lavorando a pieno regime, e i vecchi impianti vengono dismessi più velocemente rispetto alla produzione di quelli nuovi. Lo stesso vale per i geologi e molte altre figure essenziali dell’industria. Tutto ciò determina il rallentamento dello sviluppo di nuovi giacimenti e l’innalzamento dei costi. Alla stessa stregua, alla tecnologia usata oggi per estrarre il petrolio si sta lavorando fin dagli anni Settanta. Ci vorrà molto tempo prima che il clever kit di prossima generazione si diffonda. Oltretutto, molte delle innovazioni tecnologiche sembrano aver meramente accelerato i processi di estrazione piuttosto che aver incrementato la proporzione di riserva estraibile.

Il petrolio timbra il cartellino di fine turno

In breve, come Simmons concede prontamente, il dibattito tra i sostenitori e i critici del “picco del petrolio” si riduce ad una discussione sui tempi. Gli ottimisti ritengono che la tecnologia progredirà in tempi sufficientemente rapidi da compensare il declino della produzione dei giganteschi giacimenti come quelli che Simmons ha studiato in Arabia Saudita. Invece, Simmons e i suoi seguaci ritengono che il calo arriverà troppo presto e sarà troppo brusco perché il mondo possa avere il tempo di adattarvisi. L’intera questione potrebbe essere risolta facilmente, dice, se solo l’Arabia Saudita permettesse a commissari indipendenti di effettuare una valutazione delle sue riserve.

Nel frattempo, Simmons non è disposto a correre rischi. Ha in mente di avviare una fattoria vicino alla sua casa in Maine, nell’eventualità che la catena di fornitura che fornisce gli alimentari all’America si spezzi a causa della carenza di carburante. Fertilizzerà i campi con il letame anziché con sostanze chimiche derivate dal petrolio o dal gas naturale. è dell’idea che la globalizzazione debba essere fermata, e che quanto più possibile delle attività commerciali dovrebbe essere condotto via acqua in modo da preservare il petrolio rimanente.

Ma Simmons non dispera. Ripone grandi speranze nell’energia del moto ondoso, e ritiene che almeno una delle numerose specie di alghe che si trovano lungo la costa del Maine potrà fornire petrolio convertibile in biocombustibili. Ha coinvolto la Simmons & Company nel settore dell’energia alternativa. Una scelta coraggiosa per qualcuno che è così pessimista rispetto alla tecnologia.

Titolo originale: “The only way is down”

Fonte: http://www.economist.com/
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10.07.2008

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ORIANA BONAN

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