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blankDI JAMES PETRAS
CounterPunch

Le guerre in Afghanistan e Iraq sono l’inizio della fine per l’Impero Americano?

Washington aveva indicato senza mezzi termini i propri piani per intraprendere in regolare successione guerre in Medio Oriente, nel Sudovest e Nordest asiatico e nei Caraibi. Con l’insolente dottrina militare della “guerra preventiva” e della “guerra globale al terrorismo” la corsa degli Stati Uniti alla conquista militare era stata avallata da Israele, Gran Bretagna e da diversi nuovi stati dell’Est europeo da poco asserviti agli USA. Lo schema grandioso di conquista del mondo della Casa Bianca è stato orchestrato e celebrato prematuramente dai vertici Zioncon (sionisti conservatori) radicati al Pentagono, alla Casa Bianca e al Consiglio Nazionale della Sicurezza.

Le guerre imperiali di conquista, però, si sono bruscamente fermate al primo stadio: Iraq e Afghanistan. Dopo l’invasione e occupazione dell’Iraq e dell’Afghanistan, un’eccezionale resistenza armata emerse clandestinamente, aiutata dal vasto consenso popolare.
La stragrande maggioranza dell’opinione pubblica, delle comunità religiose, di attivisti sindacali, di piccole aziende e di comunità di quartiere locali si sono opposte in ogni occasione, sia attivamente che passivamente, alle forze occupanti guidate dagli Stati Uniti, procurando supporto logistico e d’intelligence alla resistenza non-violenta e a quella armata. Una situazione analoga si è creata più tardi in Afghanistan. Nonostante drastiche misure militari, con bombardamenti di centri abitati, sistematici rastrellamenti di civili seguiti da brutali torture, gli Stati Uniti non sono riusciti a consolidare il loro dominio nemmeno con l’insediamento di governi fantoccio. Con la crescita della resistenza, gli sforzi di Washington nel fomentare guerre settarie etnico-religiose abbinato alla frammentazione del territorio non sono servite a nulla. Dalla fine del 2006 era chiaro che la sola conquista dell’armata imperiale erano i bunkers nella cosiddetta “Zona Verde”. Nel 2007 Washington ha deciso di accrescere il numero delle sue truppe in uno sforzo disperato di respingere l’incombente sconfitta e di recuperare il considerevole consenso perduto tra la propria gente.

Dal punto di vista storico mondiale, la resistenza irachena e afgana hanno avuto successo poiché hanno precluso a Washington la corsa al dominio mondiale, corsa da svilupparsi tramite una serie di guerre di aggressione. Il successo dei movimenti nazionali di liberazione ha portato a estendere troppo le forze armate dell’impero statunitense, indebolendo così gli impegni programmati di lanciare guerre territoriali contro l’Iran, la Siria e altrove. La resistenza prolungata, abbinata alle continue vittime americane e ai costi stellari dei conflitti hanno provocato nella popolazione statunitense una condivisa posizione antigovernativa.

Inoltre, la demoralizzazione della fanteria statunitense e della guardia nazionale ha impedito a Washington di dar seguito, con un’invasione militare diretta, al fallito colpo di stato in Venezuela contro il presidente Hugo Chavez.

Il deteriorarsi della prolungata guerra in Afghanistan, con l’aumento e il raggruppamento delle milizie combattenti, in modo particolare tra la popolazione civile, ha spinto la coalizione coloniale guidata dagli USA ad intraprendere una serie di bombardamenti indiscriminati sui civili, con la conseguente crescita della resistenza ai colonizzatori.

I successi dei movimenti di liberazione in Iraq e Afghanistan e il richiamo del loro esempio ha incoraggiato nuovi eccezionali sforzi anticolonialisti, capitanati da Hezbollah nel Libano, Hamas in Palestina, le Corti Islamiche Unite in Somalia, come pure il rafforzamento della determinazione delle autorità iraniane a resistere alle pretese degli Stati Uniti di sospendere il loro programma nucleare. Ancor più in là, l’indebolimento della capacità di intervento militare dell’esercito degli Stati Uniti a livello planetario ha alleviato la pressione sul governo riformista in Venezuela e rivoluzionario a Cuba. Il consolidamento del governo nazional-populista venezuelano ha avuto un forte impatto dimostrativo in tutta l’America Latina, incoraggiando nuovi movimenti anti-imperialisti e governi dissidenti in Ecuador e oltre. Nella battaglia senza tregua delle idee, programmi, aiuti dall’estero e solidarietà, Bush sta perdendo contro il presidente Chavez. Incapace di lanciare una congrua azione militare per eliminare il governo Chavez, Washington ha fallito nella gara ai ricchi sussidi petroliferi e nel promettere proposte alternative di integrazione: ALBA [“Alternativa Bolivariana per le Americhe” n.d.r.]
ha prevalso su ALCA [“Area di Libero Commercio delle Americhe”, favorita dagli USA, n.d.r.].

Il fallimento della volontà di conquista di un impero mondiale da parte di Washington ne ha ridotto i poteri in relazione alla situazione globale prima del 2001, e questo è in gran parte dovuto all’abilità combattiva e alla resistenza organizzata in Iraq e Afghanistan. Entrambi hanno dimostrato che nonostante l’immenso arsenale di moderne armi tecnologiche e il monopolio della propaganda mediatica degli Stati Uniti, le guerre sono decise sul territorio e dalla maggioranza delle persone direttamente colpite. Sono loro che innescano la conversione di entusiastiche maggioranze pro-guerra negli USA in minoranze demoralizzate; sono loro che hanno dato fiducia e robustezza ai governi del Medio Oriente che oscillano tra la collaborazione con gli invasori e il loro rigetto.

James Petras, già professore di Sociologia all’Università di Binghamton, New York, ha alle spalle 50 anni di lotte sociali, fa da consulente ai senza terra e senza lavoro in Brasile e Argentina ed è co-autore del libro Globalization Unmasked [“Globalizzazione smascherata” n.d.t.] (Zed). Il suo ultimo libro, scritto con Henry Veltmeyer, Social Movements and the State: Brazil, Ecuador, Bolivia and Argentina [“Movimenti Sociali e lo Stato: Brasile, Ecuador, Bolivia e Argentina” n.d.t.] è stato pubblicato nell’ottobre del 2005.
Potete contattare James Petras a [email protected]

Titolo originale: “Imperial Rot”

Fonte: http://www.counterpunch.org
Link: http://www.counterpunch.org/petras05262007.html
27.05.2007

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GIANNI ELLENA

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