MA DI CHI E’ LA COLPA SE HA VINTO RENZI ?

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DI TONGUESSY
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I recenti risultati elettorali hanno scatenato la prevedibile, lunghissima serie di commenti negativi sul carattere assolutamente conservatore del popolo italiano, mosso com’è (sempre secondo questa ben nota analisi) da una mentalità che ha una paura innata verso il cambiamento. Pare quasi che carattere e mentalità siano un dono infuso, e non delle capacità indotte.

Troppo spesso sento parlare degli italiani in questi termini, come se il nostro DNA fosse solo questo, e non ci fossero elementi condizionanti all’interno del panorama culturale (in senso lato) del Belpaese. Ma a ben vedere gli elementi di condizionamento del comune sentire (quindi del carattere e della mentalità del popolo italiano) non mancano. Ad esempio: come siamo messi a libertà di stampa? Secondo Reporter senza frontiere l’Italia occupa il 57° posto, la Francia il 37° ed il Regno Unito il 29°. [1] E come viene usata quel poco di libertà che dicono esistere? Esiste una qualche pluralità di informazione oppure c’è solo un granitico blocco mediatico che ripete ossessivamente gli stessi mantra, indipendentemente dal tipo di emittente?

Come siamo messi poi nella classifica della corruzione? Transparency International ci classifica al 69° posto contro Francia al 25° e Regno Unito al 20°. [2]
E come dimenticare il problema del conflitto di interessi, del voto di scambio, dell’influenza delle lobbies nelle scelte politiche e così via? Non a caso il Giappone è scivolato di parecchie posizioni nelle classifiche internazionali a causa del disastro di Fukushima (a causa dell’informazione falsata per soddisfare le esigenze delle lobbies).

Il conflitto di interessi merita un discorso a sé. Ciò che viene chiesto per garantire un buon funzionamento dello Stato sono una serie di “chiare regole per affrontare conflitti di interesse specifici, un contesto legale che punisca i comportamenti scorretti, una sorveglianza da parte sia della legislatura che della società tramite sue organizzazioni, il pubblico accesso ai documenti interni, la presenza di una stampa indipendente. Tali meccanismi sono tanto più efficaci quanto nella società sono diffusi i principi di integrità e onestà e valori che enfatizzino la fiducia e la lealtà.”[3]

Capito come funziona? Non c’entra nulla il DNA di un popolo, conta invece molto a cosa quel popolo viene esposto. L’ultima frase virgolettata esprime il classico gioco a spirale (cane che si morde la coda): se una classe politica dà continui esempi di pessima gestione della Res Publica e ottima gestione dei propri interessi, quali “principi di integrità e onestà” potranno mai attecchire nella mentalità del popolo da loro governato?

Quello che intendo dire è che qualsiasi corpo sociale immerso per un periodo prolungato nei miasmi del consociativismo, del berlusconismo, del vendolismo (“il paroliere delle Puglie” secondo un amico salentino) e via elencando alla fine non può non puzzare. Nei paesi dove il consociativismo, ad esempio, non è la prassi politica ma esistono ancora schieramenti contrapposti con proprie identità non in svendita, le cose stanno in modo diverso. E facilmente i commentatori non si affannano, come qui su CDC, a scrivere peste e corna su sè stessi e sulla gente che sta attorno a loro.
Invece nel paese del Partito Unico (pure con molte ed inutili sfumature) cosa succede? “All’insegna del consensualismo e sotto la parola d’ordine del meticciato culturale, si scatena un’orgia centrista, che travolge ogni barriera. Unico punto fermo rimane l’originale impianto liberale, ininterrottamente ribadito e rinforzato”.[4]

Berlusconi (aiutato nel ventennio del suo califfato dai suoi sodali a “sinistra”) ha sicuramente dato una gran mano nel plasmare l’italica mentalità nella direzione opposta a quanto auspicato dal sito della “Cultura dell’integrità nella Pubblica Amministrazione”[3] proprio a causa dei molti e verificati legami esistenti tra i rendimenti dei titoli mediaset e la sua permanenza in parlamento. [5] Non solo: queste ultime elezioni ci offrono anche la prova di come i vincoli di legge possano mutare i rapporti tra le forze politiche, e l’Italia non fa eccezione.

I dati dell’affluenza (in calo generale) registrano un aumento proprio nel Regno Unito (+5%) e in Francia (+2%), Paesi dove esistono ancora (pur con tutti gli evidenti limiti) delle possibilità per sviluppare un dissenso sociale (libertà di stampa, legalità, scarso consociativismo e corruzione etc..). Al contrario in Italia il calo registrato è dell’8%. Mauro Fotia, analizzando i guasti del consociativismo, annotava già alcuni anni fa come siamo abituati alla “spassionatezza e al distacco, come se nessuna virtù politica fosse più in grado di mobilitare verso un ideale. Su questa base non può non insinuarsi nella coscienza collettiva come una sorta di inutilità dei perdenti”.[6] Un perdente considerato inutile, ecco come ci hanno abituati a considerarci, in perfetta sintonia con il pensiero mainstream che attualmente alberga nelle menti degli italiani. Pavlov non avrebbe potuto istruire i suoi cani in modo migliore.

Secondo quanto esposto la mentalità che ci ha portati a questi risultati elettorali sono il risultato di politiche culturali ben studiate, e non sono il frutto casuale di una pianta sconosciuta. Se il modello culturale è ciò che produce il “fittest to survive” (darwinismo sociale), quando siamo stati per decenni bombardati di messaggi (neanche tanto subliminali) di eterna giovinezza, soldi a volontà, belle donne, auto veloci, ville prestigiose e via elencando cose acquisite con furberia al limite (e spesso ben oltre) della legalità, cosa ci si può aspettare che venga riconosciuto come valore primario? Forse una sanguinosa rivoluzione? Oppure quel borghese “coltivare il proprio orto” nella speranza che passi anche questa tempesta?

Insomma senza pretendere di assolvere gli italiani che in questo processo involutivo hanno dato carta bianca al neoliberismo di “sinistra” (alla Soros), credo che applicare le attenuanti generiche prima di decretare la sentenza finale sia un atto dovuto. Sennò va a finire che è colpa dello studente se il docente insegna cose sbagliate. Certo, lo studente deve sempre stare attento ai cattivi maestri, ma se ne trovano ancora, di buoni maestri?

“Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè, la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante” K. Marx

[1]http://rsfitalia.org/classifica-mondiale-della-liberta-di-stampa-2013/classifica-liberta-di-stampa-2013-tabella-con-i-179-paesi/#jp-carousel-6494
[2]http://it.wikipedia.org/wiki/Indice_di_percezione_della_corruzione
[3]http://integrita.sspa.it/?page_id=5783
[4]M. Fotia “Il consociativismo infinito”, pg 231
[5]http://www.economiaweb.it/mediaset-sbanda-sulla-crisi-di-governo/
[6] M. Fotia “Il consociativismo infinito”, pg 55

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