DI AMBROSE EVANS-PRITCHARD
Telegraph.co.uk
L’Ungheria si è ripresentata a testa
bassa al Fondo Monetario Internazionale dopo buttato fuori gli ispettori
lo scorso anno, diventando il primo paese dell’Europa dell’Est a
soccombere al contagio arrivato dagli stress test dell’eurozona.
L’aumento degli interessi sui
bond e un fiorino debole hanno costretto il governo di Fidesz a
ingoiare il proprio orgoglio e a richiedere un credito “precauzionale”
sia dal Fondo Monetario Internazionale che dall’Europa, attorno ai
4 miliardi di euro.
La sempre maggiore probabilità
che il debito ungherese venga declassato ha accelerato la fuga dei capitali,
facendo sì che i rendimenti sul debito a due anni saltassero dal
5,5 al 7,5 per centro da settembre.
“L’Ungheria
è un cattivo segnale“, ha affermato Neil Shearing di Capital
Economics. “È il paese che in quella regione ha i rischi più
acuti, quindi è dove ci si aspetta che sorgano i problemi. Temiamo
che ciò si possa diffondere all’Ucraina e ai Balcani. L’Europa
dell’Est ha enormi necessità di finanziamento per il sistema bancario.
Non saranno in grado di rinnovare i debiti se c’è un blocco creditizio
in Europa Occidentale.” Shearing ha detto che l’Ungheria
dovrà innalzare il finanziamento esterno per il 18 per cento del PIL
nel prossimo anno. I dati sono del 14 per cento per la Croazia e del
13 per la Bulgaria.
L’Europa Orientale dipende dai prestatori
dell’eurozona e le loro sussidiarie per circa l’80 per cento del
suo sistema bancario. Per questo la regione è vulnerabile a una stretta
creditizia quando i gruppi stranieri tagliano i propri prestiti –
di 3 trilioni di euro in 18 mesi, secondo uno studio di Deutsche Bank
– per soddisfare i requisiti dell’UE del 9 per cento per il capitale tier 1.
I regolatori occidentali hanno già
iniziato a farsi sentire presso le banche per tagliare la quantità
di prestiti concessi all’estero per avviare una stretta in casa. La
banca centrale austriaca ha ordinato a Erste Bank, Raiffeisen e Unicredit
Austria di restringere la concessione di prestiti in Europa dell’Est
fino a quanto sia possibile con i depositi interni, forse un’iniziativa
di Vienna per salvaguardare la tripla A del rating nel mezzo
della bufera dell’UEM. L’esposizione dell’Austria verso l’Europa
Orientale è di circa 270 miliardi di dollari, il 70 per cento del PIL.
Le sue banche hanno elargito prestiti per il 40 per cento in Croazia,
per il 30 in Romania e per il 25 per cento in Ungheria.
Fitch Ratings ha avvertito lunedì
che le banche dell’Europa Occidentale potrebbero ritirarsi se la crisi
del debito dell’eurozona dovesse aggravarsi. “Lo stress potrebbe
diffondersi dall’eurozona alle banche dell’Europa Centrale e Orientale.
Anche se le sussidiarie delle banche dell’eurozona riuscissero a sopportare
una qualche riduzione nei finanziamenti in arrivo dai controllanti,
sarebbero costrette a tagliare la concessione di credito e limitare
ancora di più i propri bilanci, con un effetto avverso sulla crescita
del PIL“, ha affermato.
Lars Christensen di Danske Bank ha
detto che gli stati balcanici sono sulla linea di rito mentre gli istituti
greci sono corsi ai ripari: “La Bulgaria sta affrontando una
stretta significativa perché le banche greche e italiane formano il
60 per cento dei prestiti.“
La storia in Ungheria è stata
complicata da un governo inaffidabile accusato di aver violato i principi
dell’UE su tutta la linea, dalla confisca delle pensioni private alla
imposizione di una tassa bancaria ad hoc, dall’abuso giudiziario
al limitare la libertà di stampa.
“Non stanno rispettando il
ruolo della legge“, ha dichiarato Christensen: “Questa
ultima mossa di tornare dal FMI puzza di disperazione. Hanno fatto un
voltafaccia.”
Non è chiaro come il FMI risponda,
dato che i dirigenti ungheresi hanno promesso di resistere alle richieste
straniere per i cambi da apportare in politica. “Il FMI semplicemente
non rinnoverà e non creerà nuovi strumenti per l’Ungheria quando
assiste a politiche su cui è in disaccordo“, ha detto Peter
Attard Montalto di Nomura.
La dura realtà potrebbe dettare
gli eventi. Il debito pubblico è vicino all’80 per cento del
PIL, alto per un’economia con una crescita vicina allo zero e con
costi per il debito tra il 7 e l’8 per cento. L’Ungheria deve rimborsare
5,9 miliardi di prestiti dell’UE e del FMI, partendo dall’inizio
di quest’anno. Le necessità lorde di finanziamenti esterni per il
2012 sono pari al 34 per cento del PIL, banche incluse.
Quasi due terzi dei debito per i mutui
e le imprese sono nel potentissimo franco svizzero, creando così una
discrepanza letale con il traballante fiorino. La banca centrale potrebbe
dover alzare i tassi per puntellare la moneta, anche se ci sono le minacce
recessive. L’Ungheria ha contratto il classico vizio del debito estero.
Fonte: Hungary turns to IMF as stress mounts in Eastern Europe
21.11.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE