DI ROB HOPKINS
Transition Culture
Intervista a Pete North
Il nuovo libro di Pete North “Local Money: how to make it happen in your community” [“Valuta Locale: come farlo nella vostra comunità”, ndt] sarà ufficialmente presentato all’edizione 2010 della conferenza del “Transition Network” e sarà possibile ordinarlo qui dalla prossima settimana [energybulletin.net, ndt]. L’ultimo libro della serie dei “Transition Books”, “Local Money” è una panoramica complessiva sulle valute locali e sul come organizzare ed implementare un tale progetto. È stato scritto sulla base di alcune iniziative di transizione, tracciando una linea da esperienze come quelle del pound di Brixton o di Lewes, fino alle affascinanti storie di altre valute alternative, compresa quella di come il modello monetario locale è stato un elemento fondamentale per le comunità argentine per sopravvivere al crollo finanziario. Per festeggiare l’uscita del suo lavoro, ho intervistato Pete sul libro e sulle valute locali…
“Local Money” sta per essere pubblicato… può dirci, in poche parole, di cosa si tratta?
In poche parole, ho distillato in 240 pagine i frutti dell’adozione delle valute locali negli ultimi 20 anni circa. Ho cercato di trattare sia le valute alternative di lunga durata, come LETS [Sistemi Locali di Scambio Commerciale, ndt] e Time Money, sia le ultime arrivate della serie delle valute di transizione, in modo altrettanto dettagliato. Ho anche tentato di far comprendere al lettore perchè il denaro è nello stato in cui si trova oggi, cosa c’è di positivo nelle diverse forme di moneta, e come si può migliorare. Ho inoltre cercato di dimostrare come la gente ha sperimentato l’adozione di nuove forme di moneta in passato e ciò che possiamo imparare da loro. Di conseguenza, forse non incontrerà i gusti di tutti, ma spero possa comunque risultare informativo ed accessibile. Ho cercato di essere sia chiaro che dettagliato, in quanto bisogna riflettere bene se si vuole creare una propria valuta per farla funzionare a lungo.
Quali nuove intuizioni pensa che il suo lavoro possa apportare al Transition Movement a questo punto della sua evoluzione?
Credo che pensare ai nuovi modelli monetari ci aiuti ad immaginare forme più profonde di fiducia, in cui si produce ciò di cui abbiamo bisogno giorno per giorno in misura maggiore – specialmente cibo, energia, merci di consumo quotidiano e servizi. Riesco ad intravedere una strada verso una vibrante economia locale, seduti al posto del conducente, non lontani da banche e corporazioni. Riesco a vedere il progresso non solo dei modelli monetari locali, ma anche di banche, crediti cooperativi ed altre forme di ricchezza locale. Questi sono tutti elementi chiave nel concetto di transizione, ma probabilmente riguardano gli stadi più avanzati, quando si sposterà verso un’economia a basse emissioni di CO2.
Dicendo così non intendo che queste idee siano valide solo per le iniziative di transizione più avanzate. Un LETS su piccola scala o una “banca del tempo” sono di facile creazione e possono rappresentare un ottimo modo per esibire le risorse e le abilità a livello locale. Può essere un successo rapido e facile.
Quello a cui mi riferivo è il fatto che lei ha iniziato le ricerche per il libro con un approccio alquanto scettico nei confronti delle valute di transizione, e col tempo se ne è innamorato… secondo lei è giusto?
Che domanda sfacciata! Non mi sarei mai definito scettico, ma col passare degli anni ho cominciato a individuare chiaramente due problemi delle valute alternative, che spero non si ripropongano nelle nuove valute di transizione. Per prima cosa, esse non sono, per usare un neologismo, “mai svendute consapevolmente”. In questi anni ho sentito le affermazioni più oltraggiose e avventate su ciò che possono ottenere le valute alternative, molte delle quali erano completamente irrealistiche.
Ho sentito la storia fantastica di una meravigliosa valuta locale non so dove, per poi scoprire che era semplicemente il progetto di un tizio che non aveva ancora concluso nulla. Ho imparato che alcune persone soffrono nell’affrontare i problemi e quindi sono più felici con network accoglienti e storie comode. Sono un empirista inglese vecchio stile. Voglio poter vedere un’azione concreta prima di esaltarmi troppo. Perciò ho sempre evitato in modo cosciente di dire qualsiasi cosa che contribuisca a certi miti.
Il secondo problema di cui ho preso coscienza è che può risultare molto semplice creare un progetto monetario locale, ma è molto più difficile mantenerlo vivo una volta che l’entusiasmo iniziale è svanito. Il fatto è che ormai viviamo in un mondo davvero globalizzato, dove quasi nulla di ciò che usiamo quotidianamente è prodotto a livello locale. È qualcosa che va cambiato, ma non succederà certo dal giorno alla notte. Fare troppe affermazioni troppo in fretta su ciò che è possibile realizzare con una valuta locale può diventare un problema se si scopre che le imprese locali in realtà non vendono alcuna merce prodotta localmente e quindi non possono spendere la moneta locale che incassano. E far circolare all’infinito i prodotti “Made in China” non aiuta.
Quello che conta è tenere gli occhi sul premio a lungo termine: un’economia elastica e gestita localmente. Poiché la mia conoscenza dei vari modelli monetari è man mano cresciuta facendo ricerche per il libro, sono probabilmente diventato più lucido al riguardo e meno concentrato su “quello che funziona” adesso. Piuttosto, cosa “potrebbe” funzionare in futuro?
Secondo lei quali sono gli ingredienti chiave per un progetto monetario locale di successo?
Un gruppo di gestione ben organizzato, che ragiona sul lungo termine, con buone capacità comunicative. Devono essere in grado di spiegare come potrebbe funzionare ad una vasta gamma di persone, dalla gente del posto fino alle imprese ed i consigli; quindi, produrre materiale pubblicitario, siti web, guide e banconote dall’aspetto serio. Devono essere in grado di ispirare la gente, senza fare affermazioni avventate. Devono essere considerati persone serie e meritevoli di fiducia, magari anche conservatori con la “c” minuscola.
Poi, devono sapere amministrare. Abbiamo a che fare con denaro vero e con gli affari ed i mezzi di sostentamento della gente. È molto importante che sin dall’inizio questa sia considerata un’iniziativa seria, in cui ogni centesimo è contato, e che sia chiaro come verranno prese le decisioni sulle modalità di funzionamento della valuta locale. Tenere registri esatti di ciò che si fa, essere efficienti e cristallini.
L’altro elemento chiave per uno schema vincente è invece meno tangibile: deve avere “monetarietà” e “valutabilità”. Se si tratta di una banconota, assomiglia ai soldi del monopoli o a dei soldi veri, come la Sterlina, l’Euro, il Dollaro? Possono veramente essere spesi per merci e servizi reali? Solo quando la gente prova sulla pelle la capacità di spendere la moneta locale e di valutarla, allora diventa una questione seria. Nel libro ho dedicato alcune pagine per mostrare come farlo, dalle modalità di organizzazione del modello monetario fino al soggetto da mettere sulle banconote.
Una delle parti più affascinanti del suo lavoro sono le riflessioni personali durante il suo soggiorno in Argentina nel periodo della crisi economica, di come le valute locali hanno costituito uno dei punti chiave attraverso i quali le comunità hanno potuto continuare a funzionare. Che lezione ha imparato durante la sua esperienza sul posto?
Sono stato in Argentina subito dopo il crollo finanziario del dicembre 2001 ed ho visto ciò che sarebbe potuto succedere anche a noi se Gordon Brown non avesse effettuato un “allentamento quantitativo” nel 2007. Ho visto quello che succede quando non puoi avere i tuoi soldi dalla banca perché vengono usati per il salvataggio delle altre banche. Per prima cosa ho visto la gente far fronte comune e sostenersi a vicenda, creando letteralmente milioni di monete locali tramite le quali hanno condiviso ciò che possedevano per superare la crisi.
Ho potuto capire che schemi su scala comunitaria gestiti democraticamente funzionavano meglio dei grandi network centralizzati che non sono altrettanto elastici. In questi grandi network ho visto persone senza scrupoli approfittare dei loro compagni. Infine, ho visto la fiducia nelle grandi reti andare distrutta dalle accuse di truffa. Ed ho visto come evitare tutto questo.
Se le cose peggiorano alla stessa velocità con la quale i tagli alle spese colpiscono servizi vitali ed aggravano anche la recessione, o sul lungo termine, come il picco del petrolio e la crisi delle risorse, l’esperienza argentina mostra come possiamo fare fronte comune e sostenerci tramite un’azione a livello locale, con modalità che ci non espongano ad un attacco.
Come fa una comunità a capire quando è pronta alla valuta locale? Quali caratteristiche deve possedere per considerarne l’attuazione?
Una piccola rete di condivisione delle competenze può essere avviata immediatamente: bisogna condividere le proprie abilità e le proprie necessità senza denaro o con uno schema LETS per accumulare punti. L’iniziativa di transizione deve contare un basso numero di membri benestanti o distretti, oppure deve costituirsi di una comunità con cui poter lavorare e cominciare a pensare ad una valuta temporanea. Entrambi questi schemi sono testati e provati e funzionano in alcune particolari circostanze, sebbene non sempre si ottenga il coinvolgimento delle imprese locali. Se il gruppo di transizione conta più persone mentalmente radicate che vogliono condividere le loro abilità, perché non provare una soluzione “ad ore” – una valuta cartacea limitata nel tempo? Tutto questo può essere realizzato velocemente, fintanto che il gruppo di lavoro abbia l’energia per farlo.
Potresti non essere d’accordo con me, Rob, visto come avete organizzato velocemente la sterlina di Totnes, ma io preferirei trattenere una valuta locale fino a quando non si è parte integrante dello schema locale, quando si hanno già dei precedenti, si è affidabili e si è presi sul serio dalle piccole imprese locali. Bisogna prendersi il tempo di parlare con le imprese e di ascoltarle e di rispettarle. Prendersi il tempo per sviluppare una valuta cartacea che assomigli a soldi veri, non a dei voucher o a quelli del monopoli. Assicurarsi di essere in grado di affrontare i problemi, aiutare le imprese a spendere la valuta ed evitare di farsi una reputazione, che è una buona idea ma che non in realtà non funziona. Crederci fino alla fine.
Quali evoluzioni future delle valute locali prevedere oltre quelle cartacee? Dove si potrà arrivare?
Penso che dipenda dalla visione che si ha sull’utilità della tecnologia in termini di “piccolo è bello”, quindi se si ha un approccio tecnologico appropriato, ed anche dalla considerazione di quanto velocemente ed a fondo stiamo entrando in un mondo post-petrolio. Poiché molti di noi usano le carte di credito online o per gli acquisti quotidiani, l’idea di una banconota magari sembra fuori moda. Molti pensano: perché non andare sul digitale?
Sono d’accordo fino ad un certo punto, ma non sopporterei l’idea di fare affidamento su una tecnologia che a lungo andare potrebbe non essere recuperabile. Se si considerano affidabili internet ed i computer sul lungo termine, allora bene. Ma non mi va giù l’idea di una valuta locale gestita su web da un server in Sud Africa, sebbene possa risultare d’aiuto in un primo tempo, non credo che possa essere così elastica per un lungo periodo. Bisogna inoltre risolvere il problema del costo delle carte di credito e dei lettori di carte. Di certo non sono economici.
Un secondo problema è il fatto che attualmente disponiamo di due soli modi per valutare una moneta: il tempo ed il confronto con le altre valute nazionali. Riesco a vedere la nascita di un nuovo modello monetario: valute energetiche, magari misurate in Watt o tonnellate di Co2. Sarebbe davvero interessante.
Forse più concreto, sul medio termine mi piacerebbe vedere svilupparsi di più valute regionali o bioregionali che includano un numero sufficiente di imprese al fine di permettere il vero scambio di una valuta locale e che sul lungo termine aiuti a produrre di più a livello locale ciò di cui si ha bisogno. Ha senso, ad esempio, produrre tavoli e sedie in legno fatti a mano in ogni cittadina, oppure è meglio un’organizzazione regionale? Si dovrebbe mirare al potenziamento delle nostre comunità usando le risorse regionali di vento, acqua e biomasse? A Liverpool abbiamo enormi risorse idriche ed eoliche che mancano alle città dell’entroterra: vorrei che le condividessimo con loro.
Potremmo iniziare a pensare di ampliare la gamma di prodotti locali, magari con l’aiuto di banche regionali o organizzazioni di sviluppo? Credo che, dal punto di vista economico, dovremmo pensare più in termini di regioni e bioregioni e meno in quelli di piccole comunità e cittadine. Questo potrebbe essere davvero recuperabile ed è la mia visione a lungo termine… più alla EF Schumacher che alla Steve Jobs.
La cosa bella della creazione di un piccola moneta locale è che fa davvero riflettere su certi problemi. Ecco perchè negli ultimi vent’anni mi è piaciuto studiarle ed organizzarle.
Titolo originale: “An Interview with Peter North”
Fonte: http://transitionculture.org
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25.05.2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ROBERTA PAPALEO