Jack Bingham – LifeSiteNews – 17 agosto 2021
Ricercatori della Carnegie Mellon University e della Pittsburgh University hanno intervistato 5 milioni di americani e hanno scoperto che non solo i laureati sono i meno propensi a farsi vaccinare contro la Covid-19, ma sono anche i meno propensi a cambiare idea sulla questione.
Il Daily Mail ha riferito che i ricercatori hanno riscontrato un andamento a “U” nel grafico che confronta il livello d’istruzione con “la riluttanza al vaccino”. Dei 5 milioni di persone intervistate, di cui 10.000 laureati, i meno istruiti (livello di scuola superiore o inferiore) e i più istruiti (laurea) sono i meno propensi a farsi vaccinare, e i laureati sono i più scettici con ampio margine.
La Carnegie Mellon ha scoperto che mentre solo l’8,3% di quelli con un master erano esitanti o contrari a farsi vaccinare, il 23,9% dei laureati la pensava allo stesso modo. I possessori di un diploma professionale erano anche più restii rispetto a quelli con una laurea, con un tasso di esitazione del 12,3% e dell’11%, rispettivamente.
Secondo lo studio, l’esitazione a sottoporsi alla vaccinazione è diminuita in tutti i livelli di istruzione, ad eccezione di quelli con dottorato. Il calo più drastico nell’esitazione è stato quello del gruppo “scuola superiore o inferiore”, dove l’esitazione è scesa dal 35% al 20,8% nei primi cinque mesi del 2021. A questo proposito, nel documento si afferma che “quelli con un dottorato di ricerca sono stati gli unici gruppi di istruzione senza una diminuzione dell’esitazione“.
Questo costante mantenimento dell’esitazione a livello di dottorato è un’anomalia anche quando si confronta con raggruppamenti non basati sul livello di istruzione, secondo l’analisi fornita dal Daily Mail.
Nel periodo compreso tra gennaio e maggio, per esempio, è stato registrato nella popolazione nera americana un calo dal 60% al 30% nell’esitazione a vaccinarsi, e la popolazione ispanica ha visto una diminuzione simile. Considerando la popolazione adulta in generale, i dati mostrano un calo dal 25% al 17% nello stesso periodo.
Secondo il Daily Mail, “i ricercatori hanno concluso che le persone più istruite della nostra società – le persone abilitate alla professione medica e alla cura del virus – non solo sono le più esitanti a farsi vaccinare, ma sono anche le meno propense a cambiare idea in proposito“.
Nel sondaggio si chiedeva agli intervistati di elencare le ragioni per cui erano esitanti a farsi vaccinare. Il documento ha riportato che le quattro ragioni principali erano la preoccupazione per gli effetti collaterali, la sfiducia nei vaccini Covid-19, la sfiducia nel governo e il fatto che gli intervistati “ritenevano” di non aver bisogno del vaccino.
Lo studio non è giunto a una conclusione specifica sul perché di tale scetticismo sul vaccino tra coloro che hanno una laurea, ma ha sottolineato che “sono giustificate ulteriori indagini circa la riluttanza a farsi vaccinare tra coloro che hanno conseguito un dottorato di ricerca“.
Nel documento vengono anche evidenziati altri fattori di “rischio” correlati all’esitazione a vaccinarsi, tra cui “la giovane età, la razza non asiatica, il fatto di avere un dottorato di ricerca oppure un’istruzione inferiore alla scuola superiore, vivere in una contea rurale con un maggiore sostegno a Trump 2020, la mancanza di preoccupazione per la Covid-19, lavorare fuori casa, non aver mai evitato intenzionalmente il contatto con gli altri e non aver fatto il vaccino antinfluenzale l’anno precedente”.
Il documento, e i dati in esso contenuti, devono ancora essere sottoposti al processo completo di revisione paritaria prima di poter essere pubblicati ufficialmente in una rivista scientifica.
Traduzione di Cinthia Nardelli per ComeDonChisciotte
Nota del redattore
Da “La Repubblica” del 24 maggio scorso: Vaccino Covid: chi sono gli italiani che lo rifiutano
L’identikit dello scettico italiano
Escludendo coloro che non possono immunizzarsi per motivi di salute, il profilo dello scettico italiano è il seguente: è uomo, ha un età compresa tra i 35 e i 49 anni (17%), è disoccupato (26%); ha un livello educativo mediamente basso (30%); ha una salute molto buona (23%) e vive in aeree rurali (34%). Ma soprattutto si informa perlopiù tramite social media (31%): spazi virtuali che ben si prestano ad ospitare disinformazione e infodemia.